PROCESSO DIAZ - La sentenza
13.6 Ricostruzione dei fatti > > > > > > > > > | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 |
La perquisizione
Terminata la “messa in sicurezza” dell’edificio ed usciti e radunatisi nel cortile gli operatori del VII Nucleo, iniziavano le operazioni di perquisizione da parte degli agenti con funzioni di polizia giudiziaria.
Tali operazioni sono descritte da coloro che si trovavano all’interno della scuola come assai confuse, principalmente dirette a cercare indumenti di colore nero ed eseguite senza in alcun modo avvertire i presenti di quanto stava avvenendo nonché dei loro diritti e comunque con modalità tali da non consentire il collegamento di quanto rinvenuto ai singoli proprietari [37].
Pur dovendo necessariamente valutare le dichiarazioni rese dai predetti testi tenendo presente sia la loro posizione processuale e quindi il combinato disposto degli artt. 197, comma 6, e 192, comma 3, c.p.p., sia la loro comprensibile animosità nei confronti delle forze di polizia, deve certamente riconoscersi che la conformità di dette dichiarazioni induce a ritenerle sostanzialmente attendibili, come del resto già osservato in ordine a quanto dai medesimi riferito circa le violenze subite.
All’esito della perquisizione vennero comunque sottoposti a sequestro numerosi reperti tra cui, a parte le due bottiglie molotov di cui si dirà in seguito, diversi coltelli, sia di tipo svizzero (dieci), sia a serramanico (sette), sia da cucina (quattro), sia multiuso (due), due mazze da carpentiere, tre mazze di ferro, un piccone, un tubo Innocenti ricurvo, maschere antigas (quattro complete di protezione per gli occhi ed undici prive di tale protezione), otto maschere da sub, tredici occhialetti da piscina, tre caschi da motociclista e due da cantiere, cinque passamontagna ed un cappello di lana neri, sei parastinchi, quattro ginocchiere, undici protezioni fisiche artigianali di plastica resistenti, uno striscione nero con scritte inneggianti alla resistenza globale seguite da una stella a cinque punte, sessanta magliette nere di cui diverse con scritte inneggianti alla resistenza e alla violenza contro lo Stato, quindici pantaloni, sedici giacche, diciassette giubbotti, cinque sciarpe, quattro cappelli tipo zuccotto, tutti di colore nero.
I reperti vennero inizialmente disposti sullo striscione nero, steso sulla sinistra dell’ingresso e successivamente raccolti nello stesso striscione e portati su un veicolo per essere trasferiti alla Questura, in seguito alle notizie pervenute circa l’imminente arrivo di un gruppo di contestatori, appartenenti al c.d. black block, come riferito dai testi Pifferi, Catania e Riccitelli [38].
La mattina successiva vennero infine mostrati ai giornalisti durante la conferenza stampa in Questura (v. foto raid 56).
Per quanto attiene agli attrezzi di tipo edile, va rilevato che l’edificio scolastico era in ristrutturazione e che in un locale chiuso a chiave erano in effetti custoditi diversi attrezzi, come riferito dai testi Del Papa e Gaburri i quali peraltro non hanno riconosciuto come a loro appartenenti tutti gli attrezzi sequestrati [39].
In base agli elementi probatori acquisiti, non è possibile accertare se la porta di tale vano sia stata forzata ed aperta dagli agenti nel corso della perquisizione, ovvero da altri anche nei giorni precedenti all’irruzione della polizia e se dunque detti attrezzi fossero o no nella disponibilità di alcuni di coloro che si trovavano all’interno della scuola.
Va in proposito rilevato che quanto riferito dal teste Curto, che vide nei pressi della Diaz alcuni giovani, uno dei quali aveva una mazza che teneva nascosta sotto un telo [40], non può certamente valere a provare né che si trattasse di uno degli attrezzi in questione né che non lo fosse. Così come le dichiarazioni circa la caduta di un maglio nei pressi del portone della scuola all’atto dell’irruzione delle forze dell’ordine, peraltro non suffragate da elementi certi, nulla possono aggiungere in proposito.
Nel corso della perquisizione vennero anche sequestrati uno zaino attribuito a Gieser Michael e alcuni documenti, oltre ad un coltello a serramanico e due multiuso, a Szabo Jonas.
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[37] Bruschi Valeria “… Poi entrarono alcuni poliziotti in abiti civili con una pettorina con la scritta "Polizia". Mi chiesero i documenti e poi raccolsero i nostri zaini e le borse, dopo averli svuotati ed averne rovesciato il contenuto in un mucchio a terra. Non ho visto mazze o bastoni”.
Nogueras Chabier Francho Corral: “… Quando il pestaggio cessò vennero accese tutte le luci e i poliziotti iniziarono ad aprire e perquisire gli zaini. Entrarono molti altri poliziotti, uno con una fascia tricolore altri in borghese; quelli in uniforme aprivano gli zaini lasciando in terra il loro contenuto. Nessuno ci chiese nulla ed ho la sensazione che non cercassero nulla di preciso. Non ho visto prendere qualche oggetto”.
Madrazo Francisco Javier Sanz: “… Quando hanno smesso di picchiarmi si sono accese tutte le luci, ho visto alcuni poliziotti in borghese con il casco ed una pettorina con la scritta Polizia; hanno preso gli zaini e rovesciato a terra il contenuto.
Moret Fernandez David: “… La Polizia, trascorso un po’ di tempo, ha raccolto gli zaini ed ha iniziato a svuotarli sul pavimento, piuttosto disordinatamente”.
Martinez Ferrer Ana: “… Poi si accesero le luci ed entrarono alcune persone in giacca, con una fascia tricolore. Quindi iniziarono a prendere gli zaini e a svuotarli al centro della sala, lontano da noi. Ho solo visto che separavano i capi di abbigliamento neri”.
Balbas Ruiz Aitor: “… I poliziotti hanno preso gli zaini e ne hanno svuotato il contenuto sul pavimento in un’altra zona della sala.
Ho visto prendere soltanto alcune macchine fotografiche; a me hanno preso 120 euro, lo zaino e qualche capo d’abbigliamento”.
Herrmann Jens: “… Successivamente quando smisero di picchiarmi, dissero di spostarmi nella parte opposta della sala vicino ad altri feriti; i poliziotti che avevano picchiato vennero richiamati e ne entrarono altri, che non picchiavano ed apparivano più calmi; questi raccoglievano gli zaini e ne svuotavano il contenuto in un mucchio nel centro della sala, dal quale poi raccoglievano diversi oggetti (ad esempio il mio termos di metallo); tutto sembrava molto strano; non sembrava che seguissero un preciso sistema o che cercassero qualcosa di specifico”.
Hager Morgan Katherine: “… I poliziotti prendevano i sacchi, li aprivano e li svuotavano; ponevano poi il contenuto in diverse pile. Non ho visto mazze, picconi o altri attrezzi. Io ero interessata al mio zaino”.
Sparks Sherman David: “… I poliziotti dissero quindi di consegnare gli zaini; li raggrupparono e li svuotarono, ponendone il contenuto in una pila. Non ricordo di aver visto in tale occasione bastoni, mazze o altri arnesi”.
Galante Stefania: “… Le borse vennero poste in un mucchio tutte insieme e quindi svuotate in una pila unica; da parte, in un’altra pila, venivano posti gli indumenti neri”.
Galante Stefania: “… Le borse vennero poste in un mucchio tutte insieme e quindi svuotate in una pila unica; da parte, in un’altra pila, venivano posti gli indumenti neri”.
Blair Jonathan Norman: “… Non vi fu una perquisizione accurata, al centro della stanza vi era una pila di zaini e vari oggetti personali; i poliziotti svuotavano gli zaini e quindi probabilmente stavano cercando qualcosa. Nessuno però si preoccupava di collegare i sacchi ai loro proprietari”.
Mc Quillan Daniel: “… I poliziotti aprivano gli zaini e li svuotavano in terra, spargendone il contenuto qua e là ed anche questo mi spaventava moltissimo, anche perché non mi sembravano normali comportamenti della Polizia. Ho avuto la sensazione che i poliziotti agissero su specifiche istruzioni”.
Reichel Ulrich: “… Al piano terra c’era un gran caos: vi erano diverse persone ferite, sangue dovunque, il contenuto degli zaini erano sparsi per terra … C’erano anche poliziotti non in uniforme. Uno venne da noi e ci disse di buttare le borse in mezzo alla sala … Ho visto alcuni poliziotti che svuotavano gli zaini facendone un gran mucchio. Non ho visto poliziotti prendere qualche oggetto particolare dal contenuto degli zaini”.
Figurelli Attilio: “… Ci hanno poi portato al piano terra nella palestra. Un poliziotto che non era in divisa mi ha detto di mettere lo zaino insieme ad altri in un mucchio; non ho più saputo nulla delle mie cose. Ho notato che i poliziotti prelevavano da uno zaino un moschettone che era attaccato all’esterno, sembrava che cercassero qualcosa”.
Hinrichs Meyer Thorsten: “… Sono stato portato nella palestra e mi hanno fatto sdraiare in terra vicino ad altri. I poliziotti hanno radunato gli zaini in un cumulo; le persone non sono state perquisite. Ho riavuto il mio zaino da persone che avevano raccolto le cose sparse in giro. Non ho invece riavuto altre cose di un certo valore, tra cui un mio coltello tipo svizzero multiuso”.
Weisse Tanja: “… Ci fu ordinato di radunarci nella palestra … Vidi che i poliziotti svuotavano gli zaini: prendevano casualmente gli zaini da terra e li svuotavano”.
Hubner Tobias: “… Alcuni poliziotti prendevano i bagagli e li svuotavano in un grande mucchio, mettendo da parte gli indumenti scuri. Un poliziotto, in jeans e camicia con la pettorina Polizia, raccoglieva i documenti”.
Treiber Teresa: “… Nel frattempo vennero svuotati gli zaini e tutto il loro contenuto venne ammucchiato in terra. I vestiti e gli indumenti neri vennero posti in un mucchio a parte”.
Coelle Benjamin: “… Tutto venne perquisito senza peraltro alcun sistema e senza collegare in alcun modo gli oggetti rinvenuti ai loro proprietari”.
Ottovay Kathryn: “… Gli zaini venivano svuotati e mi sembra che tutti gli indumenti neri venivano raccolti in un mucchio … Lo zaino mi fu invece restituito diversi giorni dopo da persone che avevano cercato di raccogliere le cose rimaste nella scuola. Non venni perquisita”.
Patzke Julia: “… I poliziotti frugavano gli zaini; il mio era rimasto al primo piano ed avevo con me soltanto una piccola borsa. Ci dissero di consegnare le nostre borse, ma io non lo feci perché avevo paura di restare senza documenti … Nell’uscire chiesi ad un poliziotto in abiti civili se potevo tenere la mia borsa ed egli rispose di si”.
Reschke Zeuge Manfred Kai: “… Ci hanno fatto sedere nella palestra vicino al muro. I poliziotti hanno svuotato tutti i bagagli, buttandone il contenuto in un solo mucchio”.
Bachmann Britta Agnes: “… Fummo fatti scendere nella palestra, ove vi erano molte persone ferite. Ci fecero consegnare gli zaini che vennero svuotati in un mucchio tutti insieme, senza alcuna distinzione”.
Zapatero Garcia Guillermina: “… La situazione era caotica; vi erano borse sacchi a pelo sparsi; le persone erano raggruppate intorno al muro; si sentivano gemiti, pianti; vi erano persone stese a terra ferite, alcune immobili … Vi erano poliziotti che guardavano negli zaini; avevano un’uniforme diversa, non imbottita, alcuni portavano una pettorina; erano cioè vestiti in modi diversi. Ho capito che si trattava di una perquisizione ma molto caotica; prendevano gli zaini li svuotavano senza preoccuparsi a chi appartenessero; dividevano ciò che pensavano fosse di loro interesse dal resto; tutto ciò che era di colore nero veniva posto in un mucchio e nell’altro tutto ciò che ritenevano fossero armi: coltellini svizzeri, pezzi di legno. Ho visto prendere uno zaino, romperlo sul retro sfilare i rinforzi metallici e porli nel mucchio delle cosiddette armi. Un agente prese anche la macchina fotografica di Moritz. Non ho più avuto indietro nulla”.
Von Unger Moritz: “… Ci portarono nella sala dove mi spaventai moltissimo perché vi era un grande caos: feriti in terra, zaini sparsi e svuotati e sangue dovunque … La polizia spingeva le persone verso la nostra parte a sinistra mentre svuotavano gli zaini sulla destra”.
Olsson Hedda Katarina: “… Nella sala vi erano molte persone, qualcuno aveva perso i sensi; alcuni poliziotti svuotavano le borse, spargendone il contenuto sul pavimento. Non vidi perquisire i nostri bagagli, che erano rimasti al primo piano”.
Heglund Cecilia: “Vi erano molti poliziotti in divisa ed in borghese, con jeans, maglietta e casco. Raccoglievano svariati oggetti personali, vestiti, che ammucchiavano in una pila al centro della sala. Non ho visto mazze spranghe o altri oggetti che potessero essere utilizzati come armi”.
Doherty Nicole Anne: “Abbiamo dato le nostre sacche ai poliziotti, che le svuotavano, ma piuttosto disordinatamente; tutto il contenuto veniva ammucchiato insieme; io avevo una borsa sulle spalle, ma nessuno mi ha chiesto di vederla”.
Moth Richard Robert: “Ci chiedevano di passare le sacche fino a loro che le svuotavano poi per terra; i poliziotti prendevano articoli di abbigliamento neri e ne facevano una pila. Sfilavano inoltre dal telaio degli zaini l’intelaiatura di metallo. Non vi è stata una perquisizione vera e propria, ma soltanto una ricerca all’interno degli zaini senza per di più collegarli in alcun modo al proprietario”.
Pollok Rafael: “Mi hanno poi portato nella palestra al piano terra ove c’era molta gente ferita e molto sangue; io ero disteso per terra. Alcuni poliziotti chiacchieravano tra loro, altri svuotavano gli zaini rovesciandone il contenuto in terra”.
Zehatschek Sebastian: “Successivamente mi portarono nella palestra nell’angolo a sinistra insieme ad altre persone. Alcuni poliziotti ci controllavano ed altri esaminavano e svuotavano gli zaini, raccogliendo in particolare indumenti neri”.
Sievewright Kara: “I poliziotti presero gli zaini e li riunirono in una pila; vidi che li svuotavano e ne toglievano l’intelaiatura … I poliziotti ammucchiavano tutto in una pila senza preoccuparsi di dividere gli oggetti attribuendoli a qualcuno”.
Bartesaghi Gallo Sara: “Al centro della stanza vi era un mucchio di zaini ed un poliziotto ci ha mostrato con il manganello una maglietta nera; non ho visto la Polizia prendere alcun particolare oggetto”.
[38] Pifferi Lucio: “… Incontrai sulla strada nei pressi del cancello il dr. Mortola, che mi mise al corrente dell’operazione e mi disse che c’era molto materiale rinvenuto all’interno da preparare per la repertazione. Entrai quindi nella scuola insieme all’Ass. Catania. Non avevo l’incarico di repertare, ma soltanto di raccogliere ed organizzare il materiale in modo che la scientifica potesse esaminarlo. Vi era molta confusione. Dal portone entrai in un corridoio che separava l’ingresso dalla palestra; sulla sinistra, ammucchiati contro la parete vi erano molti oggetti, bastoni, mazze, coltelli, vi erano anche le due bottiglie molotov di cui poi si è parlato molto … Vi era anche uno striscione, un drappo di colore nero, appallottolato; con la dr.ssa Mengoni lo srotolammo e iniziammo a porvi sopra gli oggetti. Il dr. Mortola modificò poi l’incarico che mi aveva dato e visto che vi era all’esterno una forte contestazione, mi disse di raggruppare tutto il materiale, che sarebbe stato successivamente repertato presso la Questura. Il materiale venne quindi raccolto nello striscione. Le bottiglie molotov furono immediatamente affidate all’Ass. Catania, data la loro pericolosità. Nel filmato (Rep. 150 p. 3 p 2 min. 4,13 estratto) si vede lo striscione di cui ho detto e l’ass. Catania che tiene in mano le bottiglie molotov”.
Catania Dario: “… entrammo nella scuola … Vi erano oggetti ammucchiati e il dr. Pifferi mi disse di tenere le due bottiglie molotov che riconosco nella foto e che si trovavano in terra sulla sinistra … Vi erano bastoni, mazze, maschere antigas ecc. I colleghi poi avvolsero tutti gli oggetti e li portarono in un veicolo”.
Riccitelli Mauro: “ … Vidi poi che vicino alla porta venne steso in terra uno striscione con una scritta inneggiante a qualche movimento anarchico sul quale vennero riposti gli oggetti reperiti nella scuola. Lo striscione venne poi usato come un sacco e utilizzato per trasportare tutti i reperti … Si era sparsa la voce che stava sopraggiungendo un gruppo di black block e così venne deciso di rientrare in Questura”.
[39] Del Papa Luigi: “All’epoca lavoravo presso la Diaz; stavamo ristrutturando la scuola per la ditta Tecnoconsul del Sig. Gaburri.
Avevamo diverso materiale che era stato lasciato in un’aula chiusa a chiave. Quando ci venne restituita la scuola constatai che mancavano gli oggetti che ho poi visto in televisione; la porta era sfondata, così come le altre. Escludo che la mazza visibile nelle foto Rep 120 raid 56 e precedenti sia la nostra; per quanto ricordo la nostra era colorata di verde nella parte metallica; riconosco il randino (rastrello), mentre neppure il piccone mi pare fosse il nostro, perché non mi sembra che avesse il manico di quel colore.
La bottiglia con i chiodi visibile nella foto Rep 120 raid 46 potrebbe essere la nostra. Vidi in televisione la nostra mazza che veniva mostrata su un tavolo, circa una settimana dopo. Il titolare della ditta veniva regolarmente in cantiere; non ho redatto una lista di attrezzi mancanti”.
Gaburri Sergio: “La ditta di cui ero socio, stava provvedendo a lavori di ristrutturazione della scuola Diaz Pertini. Quando la scuola venne consegnata ai manifestanti, vi era parte della nostra attrezzatura; tutti gli attrezzi erano stati riposti in un vano, che venne chiuso con lucchetti. Quando mi venne riconsegnata la scuola, constatai che la porta era sfondata e che mancavano diversi attrezzi che ho poi elencato in una lista. Non ricordo di aver rivisto il materiale in questione in televisione. Riconosco nella foto Rep 120 raid 46 i chiodi e l’elmetto; nella foto Rep 120 raid 54 il manico di un piccone; circa gli attrezzi visibili nella foto Rep 120 raid 55, le mazze potrebbero essere quelle del cantiere, ma non posso esserne certo, il piccone con il manico arancione non lo riconosco, non mi pare che ne abbiamo mai avuto di colore arancione; il randino potrebbe essere il nostro”.
[40] Curto Calogero: “All’epoca abitavo in via Battisti … Il giovedì 19 mentre transitavo in via Cocito, vi era molta gente appollaiata sui muretti di via Battisti e via Cocito; vidi persone che avevano zaini, zainetti e materiale non meglio identificato. La cosa che mi colpì di più fu che ad un ragazzo che aveva accanto a sé un qualcosa, coperto da un telo, si avvicinò uno degli altri ragazzi che erano nella zona, chiedendogli che cosa vi fosse sotto, e questo alzò il pezzo di stoffa e così vidi che era un “martellozzo” di grosse dimensioni, di quelli da spaccapietre; lo mostrò all'altro ragazzo con un atteggiamento compiaciuto, come dire: <Guarda, che cosa siamo riusciti a rimediare>”.