PROCESSO DIAZ - La sentenza

13.3 Ricostruzione dei fatti > > > > > > > > > | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 |

Arrivo delle forze dell’ordine presso il complesso scolastico Diaz

Vengono dunque formate le due colonne che dovevano raggiungere la scuola.
Secondo quanto riferito dall’imputato Mortola (v. verbale s.i.t. 10/8/2001), le due colonne giunsero insieme fino in via Saluzzo, da dove presero direzioni diverse: la prima si diresse in via Trento e piazza Merani e la seconda in via Nizza, raggiungendo quindi via Battisti rispettivamente da monte e da mare.
L’arrivo delle forze dell’ordine è descritto da numerosi testimoni; uno di questi, Benjamin Coelle, riferisce:
“… il sabato lavoravo per Indymedia in un banco posto all’esterno della Diaz. Eravamo seduti al tavolo delle informazioni e l’atmosfera era molto tranquilla; davamo informazioni e chiacchieravamo tra di noi. Ad un tratto mi sono alzato ed ho visto un gran numero di poliziotti che scendevano dalla strada con atteggiamento aggressivo. Ho iniziato ad avvertire tutti a voce alta che stava arrivando la Polizia. Ho visto che circa cinque o al massimo dieci persone chiusero i battenti del cancello. I poliziotti picchiavano con i manganelli contro il cancello e la gente correva verso l’interno e così anch’io. Le porte della scuola vennero a loro volta chiuse. Tutti avevano molta paura. Qualcuno tentava di scappare. Da una finestra vidi un bus della Polizia che sfondava il cancello ed i poliziotti cercarono di irrompere nella scuola; il portone era stato barricato, non ricordo bene con che cosa da un gruppo di circa tre o quattro persone”.
Il teste Jones David Charles riferisce:
“Sono giornalista libero professionista; sono tornato verso le 23,30 nella scuola Pascoli con un mio amico con cui mi ero recato in centro; quattro o cinque camioncini della polizia si sono fermati vicino a noi sulla stradina che è un po’ fuori della pianta che mi viene mostrata (che congiunge via Trento a  piazza Merani). I poliziotti sono scesi; io ed il mio amico abbiamo iniziato a camminare più velocemente; i poliziotti di un camioncino si sono schierati in gruppo formando alcune file. Noi ci siamo spaventati perché i poliziotti indossavano divise antisommossa e avevano i manganelli. La polizia si muoveva molto velocemente; noi eravamo davanti ed eravamo entrati in via Battisti. Sulla strada davanti alla Pascoli vi erano diverse persone che hanno iniziato a correre verso entrambi i palazzi. Quando noi siamo arrivati al cancello della Pascoli sulla strada non c’era più nessuno; siamo stati gli ultimi ad entrare nella Pascoli e dietro di noi sono state chiuse le porte”.
Il teste Ugo Del Gais, sottotenente dei carabinieri, riferisce:
“… Avevo l’incarico di fare una cinturazione degli edifici … L’attività di cinturazione è iniziata prima che la PS entrasse … Noi eravamo schierati alla destra del cancello guardando la scuola. All’inizio a destra fuori della scuola sulla strada c’era solo il nostro reparto, poi arrivarono altri carabinieri; era una situazione concitata. Non ricordo di aver visto alcun ferito  vicino al cancello”.
Il teste Alessandro Minisci racconta:
“Ad un tratto qualcuno diede l’allarme, dicendo che stavano arrivando le forze dell’ordine; io ero in strada e vidi sopraggiungere dai due lati della via Battisti ingenti quantitativi di forze dell’ordine, carabinieri e polizia”.
La presenza di reparti di carabinieri nei pressi della scuola nelle fasi iniziali dell’operazione viene riferita anche da altri testi [20].

L’arrivo delle forze dell’ordine è altresì descritto da diversi imputati.
Il dr. Mortola, nel corso del suo interrogatorio del 27/10/01, riferisce:
“Verso le ore 23.00 siamo partiti dalla Questura dividendoci nelle due colonne così come programmato; al momento della partenza il Dr. Canterini mi lasciò la sua radio in maniera da tenermi in contatto con lui e con gli uomini dell’altra colonna; ricordo che lasciai sul cruscotto la radio al momento dell’arrivo in Piazza Merani, anche perché avendo provato ad usarla non aveva funzionato; il mio ruolo era quello di guida della colonna, quale conoscitore della città; la mia colonna era composta da quattro autoblindo del Reparto Mobile, più altri veicoli dei Carabinieri, del Reparto Prevenzione e delle DIGOS; passammo da via Pozzo e via Trento raggiungendo Piazza Merani. Scesi dai mezzi, con passo sostenuto, raggiungemmo il cancello della scuola Diaz. Ricordo che nella fase di avvicinamento alla scuola il passo era sostenuto, ma non di corsa così come mi viene contestato. Potevamo vedere a questo punto che, al nostro sopraggiungere,  le persone al di fuori dell’edificio scappavano e,  chiudendo dietro di sé il cancello, entravano all’interno della scuola. Nel frattempo, dalle finestre dell’altro edificio scolastico, la Pascoli, si affacciavano molte persone urlando ed inveendo contro la Polizia. Davanti alla scuola dopo poco si ricompattarono le due colonne; nel frattempo il piazzale era rimasto deserto con il cancello chiuso”.
Il dr. Di Sarro a sua volta racconta:
“… Effettivamente io avevo la funzione di scout, nel senso che avrei dovuto condurre una colonna all’obbiettivo; con me vi era personale del reparto mobile di Roma, comandato dal dott. Fournier. Mortola mi aveva detto di giungere fino a P.zza Massa e di aspettare una sua telefonata, che peraltro non è mai giunta perché la batteria del suo cellulare si era scaricata. Giunti sul posto indicato, di lì a poco abbiamo raggiunto a piedi l’obbiettivo, perché il dott. Fournier, dopo aver inquadrato i suoi, disse che si doveva andare perché l’altra colonna si era già mossa. Quando sono giunto di fronte alla scuola Diaz il cancello era già stato sfondato e per quello che potevo vedere gli uomini del Reparto mobile erano in gran parte ammassati alle entrate” (int. 16/10/2002).
Il dr. Ferri descrive così l’arrivo presso la scuola Diaz:
“Io facevo parte della colonna guidata dal dott. Mortola, che se non erro ha raggiunto l’obiettivo per prima. Abbiamo lasciato le autovetture a circa 200 metri dall’edificio scolastico, poi ci siamo avviati a piedi, a passo svelto. Dopo circa 40 metri siamo giunti alla vista dell’edificio. Io e i miei uomini eravamo in posizione retrostante. Davanti a noi c’erano gli uomini del reparto Mobile che andavano di corsa e così si sono avvicinati all’edificio. Dalla distanza, ho notato che vi era un gruppetto di persone nel cortile antistante, alcuni di loro alla nostra vista hanno chiuso il cancello e poi tutti si sono rintanati nell’edificio. Gli uomini del Reparto Mobile erano già ammassati davanti al cancello, tentando di forzarlo a spinte, ma senza risultato” (int. 18/12/2001).

Nella fase di avvicinamento al cancello del cortile della scuola Diaz avvengono i primi fatti violenti in danno di Francesco Frieri [21], consigliere comunale di Modena, ed in particolare del giornalista inglese Mark Covell.
Narra quest’ultimo:
“Verso le 23 sono sceso e per la prima volta mi sono recato nella scuola Pertini. Sono rimasto al piano terra; ho parlato con alcuni giornalisti; ho visto diverse persone che stavano preparandosi per dormire. Io ero vicino alla porta d’ingresso. Verso le 23,45 un italiano è entrato di corsa, dicendo qualcosa come “carabinieri è una retata”; oggi non sono sicuro se abbia detto “carabinieri” o “polizia”, io ero concentrato sul termine “retata”.
Con un giornalista tedesco, di nome Sebastian, abbiamo cercato di rientrare nella Pascoli e così siamo usciti di corsa dalla Pertini; ci siamo fatti aprire il cancello del cortile, che in quel momento era chiuso, e siamo usciti sulla strada; Sebastian era davanti a me e abbiamo cercato di attraversare di corsa la strada. Sentii un forte rumore provenire dalla mia destra, mentre stavamo uscendo dal cancello. Pensai però di riuscire a completare l’attraversamento; Sebastian vi riuscì, ma dalla mia destra sopraggiunse un gran numero di poliziotti; la prima fila mi colpì con i manganelli; io riuscii a restare in piedi e ad arrivare a metà della strada prima di essere colpito nuovamente. Vi era anche oltre alla prima fila di poliziotti una persona che dava ordini; poi tutto avvenne velocemente: venni circondato; io urlavo “stampa”, ma un poliziotto, sventolandomi davanti il manganello, mi disse in inglese “tu non sei un giornalista, ma un black block e noi ammazzeremo i black block”.
Venni colpito ripetutamente da quattro poliziotti con gli scudi, che mi spinsero indietro verso il muro di cinta della Pertini. Cercai di correre verso il lato sud della strada ma non c’era modo di fuggire. Venni colpito con i manganelli sulle ginocchia e caddi a terra; vi erano moltissimi poliziotti ed io iniziai a temere per la mia vita. Sono rimasto in terra per almeno cinque minuti.
Un poliziotto mi colpì alla spina dorsale e mi diede alcuni calci; quindi altri poliziotti si unirono a picchiarmi provocandomi la frattura di otto costole e della mano. I poliziotti ridevano e mi sembrava di essere un pallone da football a cui a turno i poliziotti dovessero dare dei calci. Venni poi preso da dietro e riportato dove mi trovavo all’inizio da un poliziotto, che mi controllò le pulsazioni al polso e cercò quindi di evitare che io venissi ancora colpito; rimase vicino a me per un po’ di tempo. Vidi un camioncino della Polizia che sfondava con due manovre il cancello della Pertini; subito dopo un gran numero di poliziotti entrò nella Pertini, mentre la strada si svuotava. Vi erano inoltre poliziotti anche verso il muro della Pascoli: non indossavano divise ma erano in borghese. Io temevo per la mia vita e quindi non guardavo molto intorno. Vidi un poliziotto che arrivava da sud e mi colpì nuovamente, questa volta in faccia: persi diversi denti; subii poi un colpo sulla testa e svenni.
Quando li vidi i poliziotti stavano scendendo lungo via Battisti: erano schierati in file e vicino alla prima vi era un persona che sembrava desse ordini muovendo il manganello; fu questa persona che mi colpì per primo. Era buio e non potevo quindi vedere molto bene
Avevano uniformi scure con caschi scuri su cui mi pare vi fosse qualche segno identificativo; erano in tuta antisommossa (l’avevo vista nei giorni precedenti in occasione delle manifestazioni). La persona che dava gli ordini aveva un uniforme blu ed era senza casco, aveva soltanto un cappello, su cui mi pare che vi fossero i gradi.      
Nelle mie precedenti dichiarazioni ho usato il termine “carabinieri” perché non so distinguere le diverse forze dell’ordine italiane; inizialmente io pensai che si trattasse di carabinieri. Soltanto in seguito fui avvisato dal mio avvocato che vi erano diverse forze dell’ordine e così quando vidi i filmati mi resi conto della diversità. Comunque ancora oggi credo di aver visto alcuni con la scritta carabinieri”.  
Tale violenta aggressione oltre ad essere stata filmata dal teste Hamish Campbell (Rep. 239 p. III –estratto), viene descritta anche da altri testi [22].
Se da un lato dunque non sussistono dubbi sull’accaduto e sulle gravi lesioni riportate dal Covell, dall’altro non risulta per nulla chiaro quali siano state le forze dell’ordine che lo colpirono ed in particolare chi ne fosse al comando. Lo stesso Covell non sa indicare con precisione se si trattasse di carabinieri o di poliziotti, anche giustificatamente, data la sua scarsa conoscenza della composizione delle forze di polizia italiane, ma neppure la teste Battifora sa precisarlo. Comunque, anche seguendo quanto riferito dai testi Cordano e Costantini circa l’attribuzione del fatto a poliziotti, appare assai difficile identificare a quale corpo appartenessero e del resto neppure nei capi d’imputazione risultano individuati gli autori materiali delle lesioni, peraltro oggetto di un diverso procedimento.
I testi Matteo Nanni, Giuseppe Scribani e Paolo Tizzetti [23] descrivono altre violenze, avvenute nei loro confronti in questa fase dell’operazione, in parte visibili anche nei filmati acquisiti (Rep. 164.159 p. I; Rep. 234 p. II).

Il dr. Mortola, nell’interrogatorio del 27/10/2001, prosegue così il suo racconto dei fatti:  “… Tutto il personale del Reparto Mobile si assembrò davanti al cancello, cercando di forzarlo a spinta; non riuscendo nel tentativo. Poi, non so su disposizioni di chi, venne deciso lo sfondamento con autoblindo dello stesso Reparto; immediatamente la Polizia si riversò nel piazzale della scuola; io in questa fase rimasi fuori dal cancello; ricordo che ero in compagnia del Dr. Luperi della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione; non ricordo di aver visto in quel frangente altri dirigenti che ho poi incontrato invece all’interno della scuola”.
L’arrivo delle forze dell’ordine in via Battisti, le violenze nei confronti di Frieri e di Covell, lo sfondamento del cancello, del portone centrale e poi di quello laterale sinistro dell’edificio e l’ingresso dei primi agenti all’interno della scuola risultano documentati nei filmati Rep. 234 e 239 p. 3, rispettivamente ripresi dai testi Vincenzo Mancuso e Hamish Campbell.

L’esame dei filmati che riprendono le fasi dell’arrivo delle forze dell’ordine e dell’ingresso nella scuola Diaz Pertini, non sono invece determinanti al fine di affermare od escludere se vi sia stato un lancio di oggetti dai piani superiori della scuola, come riferito da diversi imputati  e testi [24] e negato invece da altri [25].
Si è già osservato, invero, che nella valutazione delle dichiarazioni testimoniali deve sempre tenersi presente che i testi sono di norma, anche inconsciamente ed in perfetta buona fede, portati a ricordare, riferire, sottolineare ed anche ampliare, prevalentemente i fatti e le circostanze favorevoli ai loro amici, conoscenti, colleghi o affini ideologicamente e che con il trascorrere del tempo tale situazione si cristallizza, determinando spesso la convinzione di aver assistito esclusivamente a tali fatti, cosicché è comprensibile che le persone che si trovavano all’interno della Diaz o a queste ideologicamente vicine non abbiano alcun ricordo di oggetti lanciati nel cortile, come è altrettanto comprensibile che gli operatori delle forze dell’ordine e le persone a loro vicine abbiano invece un ricordo opposto.
Il teste Aldo Mattei, consulente del P.M., ha affermato in proposito:
“Sono in servizio presso il RIS di Parma e comando la sezione impronte e fotografie. … Abbiamo analizzato anche le scene delle fasi dell’ingresso nella scuola, per verificare se vi sia stato lancio di oggetti nei confronti del personale operante … Abbiamo focalizzato l’attenzione sul personale nel cortile e  su eventuali soggetti che potessero lanciare oggetti dalle finestre. Vi sono dei limiti derivanti dalla distanza della ripresa, oggetti di piccole dimensioni come monete e sassi non avremmo potuto vederli. Dalle immagini non si vede lancio di oggetti di dimensioni maggiori. Non abbiamo potuto vedere persone che lanciavano oggetti dalle finestre. Dall’analisi del materiale a disposizione non è stato possibile vedere persone che lanciavano oggetti, oggetti lanciati e soggetti colpiti da tali oggetti, né se vi siano stati lanci. Abbiamo analizzato anche tutti i comportamenti di soggetti evidenziabili presenti all’interno della scuola, non solo nel cortile, ma sulla facciata, sulle varie finestre illuminate o meno per cercare di evidenziare comportamenti che potessero essere testimonianza visiva di comportamenti lesivi. Nella fase finale dell’ingresso si vedono gli scudi levati in alto dagli operanti; in tale scena abbiamo evidenziato ogni comportamento delle forze di polizia che potesse essere sintomo di lesioni ricevute. Non abbiamo avuto esito, con le nostre tecniche non abbiamo apprezzato oggetti che arrivassero su tale personale”.
Certo è che dalle immagini riprodotte nei filmati Rep. 189 dal min. 23,06,35 del contatore (estratto), Rep. 239 dal min. 22,16,40 (estratto) e nelle foto a pag. 23 dell’elaborato del RIS, appare evidente che soltanto dopo un certo periodo di tempo gli agenti che si trovavano nel cortile in attesa di entrare attraverso il portone principale, alzarono gli scudi e che gli operatori, che da detto portone si portavano verso quello di sinistra, alzavano gli scudi sopra la testa abbassandosi, come se la necessità di ripararsi si fosse in effetti determinata nel corso dell’operazione.
Tali immagini dunque, valutate unitamente alle dichiarazioni  di coloro che hanno affermato di aver visto il lancio di oggetti, confermano che, anche se assai probabilmente non si trattò di un lancio “fittissimo”, qualche oggetto dovette in effetti essere stato lanciato contro le forze dell’ordine.
Non è del resto credibile che tutti i testi, tra i quali anche persone estranee alle forze dell’ordine,  che hanno riferito di aver visto la caduta di oggetti, abbiano riferito circostanze non veritiere, mentre deve d’altra parte osservarsi che i testi che hanno negato tale caduta non hanno escluso, e non potevano certamente farlo tenuto conto della confusione che si era determinata, che vi sia stato il lancio di qualche oggetto, ma hanno soltanto dichiarato di non averlo visto.
Va anche rilevato che il teste Galanti, infermiere intervenuto alla guida della prima ambulanza giunta sul posto, ha riconosciuto la sua voce nella chiamata al 118 n. 11 (00.01.18), nella quale avverte: “Stanno buttando giù tutto”.
E’ certo dunque che tale affermazione, pronunciata spontaneamente proprio mentre il fatto stava avvenendo e prima del sorgere di ogni polemica e discussione in proposito, debba ritenersi del tutto attendibile, anche se forse in parte ampliata dall’agitazione e dalla preoccupazione del momento.

Prima dell’arrivo delle forze dell’ordine, secondo quanto riferito da alcuni imputati [26], diversi giovani travisati e vestiti di nero, si sarebbero allontanati dalla scuola; tali dichiarazioni sono peraltro rimaste prive di riscontri.
Risulta invece sicuramente accertato, in base alle conformi affermazioni di diversi testi, il tentativo di altri giovani, accortisi dell’arrivo della polizia, di allontanarsi dalla scuola, uscendo sui ponteggi e calandosi quindi nei giardini degli edifici vicini [27].
Tale tentativo, del resto, almeno in un caso, ebbe successo, come riferito dal teste Emiliano Bocchino, che ha dichiarato:
“… molti scappavano come noi verso il piano superiore altri rimasero nella palestra. Al pianerottolo vi era una finestra; un ragazzo la ruppe e così siamo usciti; dietro di me Christian (Mirra) invece non è riuscito a passare … Io sono sceso all’esterno e quindi sono salito su un muro e sono arrivato in un giardino, poi in un altro finché sono giunto in una piazza e mi sono accorto di essere in corso Italia”.

Le forze dell’ordine, entrate nel cortile della scuola Diaz, si dirigono quindi verso i due portoni, centrale e di sinistra, della scuola, entrambi chiusi, e di fronte a quello centrale, barricato all’interno, si ammassano principalmente gli agenti del VII Nucleo.
Il teste Michael Gieser riferisce:
“Il portone era chiuso; accanto vi era una finestra da cui io stavo guardando. Quando mi sono affacciato la Polizia era già all’interno del cortile. Alcuni giovani hanno iniziato a bloccare la porta; in particolare ho visto un giovane che prendeva una panca e la poneva contro il portone ed una ragazza parlando in tedesco gli disse che era un gesto "imbecille". Volevo dirgli la stessa cosa, ma in quel momento venne sfondata la porta”.
La chiusura del portone centrale viene descritta anche da altri testi [28].

L’imputato Fournier riferisce a sua volta le fasi dello sfondamento dei portoni e dell’ingresso nell’edificio affermando:
“Quando arrivammo stavano forzando il cancello del cortile della Diaz con un automezzo. Vi era un gran  numero di poliziotti; la situazione fu per me una sorpresa anche perché io ritenevo si trattasse di irrompere in un magazzino o simile e non in una scuola. La catena di comando si interruppe proprio per la confusione ed il numero delle forze di polizia. Venne dato un ordine collettivo di procedere all’apertura dei portoni. Venne quindi forzata un’anta del portone e i poliziotti dei diversi reparti si accalcarono per entrare.
Vi erano numerosi dirigenti della Digos e di altri reparti. Quale comandante della forza ritenni di entrare per verificare che tutto procedesse regolarmente anche se formalmente la forza dipendeva dal funzionario. Fu piuttosto difficile entrare per il numero delle persone che si accalcavano all’ingresso. Penso che trascorse qualche minuto. Comunque entrai tra i primi, ma probabilmente non come dissi settimo od ottavo. Mi pare che venne aperto prima il portone centrale.  Non so dire chi avesse il comando delle operazioni: vi erano diversi funzionari che dirigevano: il pref. La Barbera, il dr. Luperi, il dr. Gratteri, il dr. Murgolo.
Il nostro compito era praticamente di conquistare l’edificio ed in particolare i piani alti, come avviene di regola in ogni irruzione in immobili; non dovevamo partecipare all’operazione di cui non conoscevamo gli scopi”.

Sulla base della ricostruzione effettuata dal RIS mediante la comparazione tra i fotogrammi dei diversi filmati e gli orari di alcune telefonate negli stessi raffigurate, ricavati dai tabulati telefonici acquisiti, l’ora approssimativa dell’arrivo delle forze dell’ordine nella zona di via Battisti dovrebbe stabilirsi intorno alla mezzanotte. Ed invero il primo fotogramma del Rep. 234, in cui peraltro sono già visibili diversi agenti che scendono lungo via Battisti, riporta in sovrimpressione l’ora 00.21.32, cosicché, sottraendo l’intervallo di tempo tra l’ora impressa e quella reale calcolata dal RIS, si ottiene l’ora effettiva della ripresa 23.59.09 [29]. Il RIS ha inoltre indicato in base ai fotogrammi del filmato Rep. 239, l’ora di apertura del cancello intorno alle 23.59.16, e quella del portone centrale alle 00.00.17, rilevando una sfasatura tra l’ora in sovrimpressione (22.15.55) e quella reale di un’ora, 44 minuti e 22 secondi.
Secondo la ricostruzione delle parti civili, presentata all’udienza del 14/11/2007 dal consulente tecnico Roberto Ciabattoni, fondata sull’ora della conversazione telefonica tra il dr. Luperi e il dr. La Barbera, avvenuta secondo i tabulati Wind alle ore 00.41.33, visibile nel reperto 199 all’orario in sovrimpressione 23:38:43:16, l’arrivo delle forze dell’ordine in via Battisti dovrebbe fissarsi intorno alle ore 23.57.00, lo sfondamento del cancello alle ore 23.59.10 circa e quello del portone alle ore 00.00.19. 
Secondo la ricostruzione della difesa riportata nella memoria depositata il 21/7/2008 gli orari elaborati dal RIS e dalle parti civili non sarebbero precisi, atteso che la sfasatura dell’ora in sovrimpressione sul filmato Rep. 234, determinata sulla base della telefonata effettuata dall’Ass. Michele Burgio, al dr. Troiani, visibile dal min. 00.50.34 al min. 00.50.58 e indicata nei tabulati TIM come avvenuta alle ore 00.34.00, sarebbe di 16 minuti e 34 secondi, cosicché il primo fotogramma in cui sono visibili gli agenti in via Battisti corrisponderebbe alle ore 00.04.58. Seguendo gli stessi calcoli, la sfasatura degli orari visibili in sovrimpressione sul filmato Rep. 239 sarebbe poi di un’ora, 51 minuti e 26 secondi, e di conseguenza lo sfondamento del cancello sarebbe avvenuto alle ore 00.06.11 e quello del portone centrale alle ore 00.07.19.
Deve in proposito rilevarsi che gli orari più plausibili, confortati dalle numerose corrispondenze tra i fotogrammi dei filmati in cui sono visibili operatori intenti a telefonare e le ore di tali telefonate ricavate dai tabulati telefonici, nonché dall’ora in cui radio GAP dà la prima notizia dell’intervento delle forze dell’ordine, restano quelli indicati dal RIS e dalle parti civili. Gli orari indicati nella memoria depositata dalla difesa (Avv. Corini) sono in contrasto con gli orari  accertati di altre telefonate e non risultano altresì in alcun modo confermati da altri riscontri oggettivi. Va anche tenuto presente in proposito che i tabulati riportano esclusivamente le telefonate effettuate con risposta e quindi con relativo addebito, e che di conseguenza non può escludersi che la scena visibile nel Rep. 234 non corrisponda alla telefonata effettuata dall’Ass. Burgio al dr. Troiani, ma ad un semplice tentativo rimasto senza risposta o ad altre telefonate; ed invero dai tabulati risultano diverse altre telefonate ricevute o effettuate dal Burgio sia alcuni minuti prima sia alcuni minuti dopo quella presa in considerazione delle ore 00,34.
Va comunque osservato che un eventuale spostamento in avanti di pochi minuti di tutti i fatti non sembra poter assumere un rilievo determinante ai fini della decisione, atteso che il principale interesse nella determinazione degli orari si riferisce alla sequenza temporale di quanto avvenuto e alla sua durata e non a stabilire con assoluta precisione l’ora di inizio dell’operazione e delle singole fasi della stessa.


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[20] Maurizio Capovani: “Faccio parte della Digos … Ero alla guida e con me c’erano l’assistente Garbati, l’agente scelto Vannozzi, il sovrintendente Bassani e l’assistente capo Pantanella … Arrivai nei pressi della Diaz da via Trento; i carabinieri erano già sul posto; vi era una gran folla e tanta confusione”.
Anacleto Bassani: “… nel 2001 ero aggregato alla Digos … Ci siamo quindi recati alla scuola Diaz; quando arrivammo c’erano già molti mezzi e molta confusione … vidi  molti carabinieri, poliziotti, divise di diverso tipo”.
Giovanni Pantanella: “Facevo parte della Digos … Quando arrivammo c’erano già tutti i mezzi della polizia e dei carabinieri: reparto mobile, Digos ecc.”
Anna Vannozzi: “Ero in servizio a Genova presso la Questura … Ci muovemmo in colonna dalla Questura … mi sembra che all’inizio ci fossero delle auto in borghese, …  poi c’erano i furgoni del reparto mobile, … due furgoni mi sembra dei Carabinieri”

[21] “Dormivo presso la scuola Pascoli, ove lavoravo nella sala stampa. La sera del 21 stavo ormai partendo per ritornare a casa insieme al sig. Prosperi e ci stavamo dirigendo in via Battisti a riprendere la nostra auto, che era posteggiata sul marciapiede che costeggia la scuola Diaz. Avevamo riposto i bagagli nell’auto e aspettavamo tre ragazzi che erano andati a cena; Prosperi si era già cambiato mentre io ero ancora con il pass al collo e la maglietta grigia del Media Center con la scritta “No G8”. Arrivarono quattro poliziotti con jeans e pettorina con la scritta “Polizia”. Io dissi subito “Stampa, stampa”. I poliziotti si volsero vero il loro dirigente, chiedendo che cosa dovessero fare e alla risposta di proseguire, iniziarono a colpirci con i manganelli dalla parte del manico finché non caddi a terra. Il pass mi venne strappato e non fu più ritrovato; mi vennero poi chiesti i documenti ed io diedi la mia tessera di consigliere comunale. Il poliziotto rimase stupito e mi disse: “Che cazzo ci fa lei qui ?”. In precedenza mi avevano detto: “Che cazzo scrivete voi bastardi?”. Arrivò poi un dirigente, presumo lo stesso di cui ho detto prima che aveva autorizzato i poliziotti a proseguire, che mi disse che si erano sbagliati.   I poliziotti venivano dall’alto (da piazza Merani). Venni sentito dal P.M. alla fine del maggio del 2006; non mi sono presentato prima al P.M. perché non ero in grado di riconoscere il poliziotto che mi aveva picchiato ed ero scappato da Genova”.

[22] Battifora Monica: “Vidi un gruppo di un centinaio di persone in divisa, non saprei dire se polizia o carabinieri. Ricordo con precisione un ragazzo, che poi ho saputo dopo chi era, che ha alzato le braccia e non si è mosso dalla strada. Lui è stato travolto immediatamente, sembrava un “birillo”. Ricordo che quelle persone avevano degli scarponi grossi; stavano andando verso la Pertini … Tornando al ragazzo visto sulla strada, che poi ho saputo che si chiamava Mark, ricordo alcuni calci quando era in terra, la calca su di lui subito e ricordo che ha sbattuto contro la cancellata”.
Cordano Enrico: “Vidi anche colpire con manganelli alcune persone che si trovavano sulla strada ed in particolare una vicino al cancello mi pare sulla sua destra che venne picchiata anche con calci; detta persona non reagiva in alcun modo: era ferma in piedi quando venne colpito. I poliziotti portavano scarponi anfibi.”
Costantini Massimo: “Ho visto un ragazzo in mezzo alla strada che faceva con le mani alzate il gesto di fermarsi rivolto verso i poliziotti; questi non si sono fermati ed il ragazzo ha cercato di fuggire, voltandosi, ma è caduto in terra, e almeno tre poliziotti hanno cominciato a pestarlo con il manganello per parecchi secondi, mentre il ragazzo cercava di proteggersi; infine ho visto un poliziotto che gli dava un calcio violento nella pancia”.
Cremonini Luigi: “Ero in servizio a Genova; comandavo il 4° Battaglione C.C. Veneto … Mentre predisponevo il cordone, i miei uomini mi dissero che vicino al muro nei pressi del cancello vi era una persona a terra, che non avevamo visto prima, anche perché la strada non era molto illuminata. Quando arrivammo avevamo in effetti notato che c’era qualcosa a terra, ma non avevamo capito che si trattasse di una persona; abbiamo visto un’ombra. Ho detto agli uomini di restare intorno a quella persona, ma di non avvicinarglisi ed andai nel cortile per avvisare del fatto. Al centro del cortile vi era un funzionario in abito civile, in giacca, mi pare con un vestito completo, con la barba e i capelli corti, che mi disse che stavano arrivando le ambulanze e quindi di tornare presso i miei uomini. Riconobbi in seguito dalle foto sui giornali il funzionario, che era il dr. Gratteri. Mi sembrava che fosse già al corrente della situazione. La persona a terra era rannicchiata in posizione fetale e non se ne vedeva il volto. Quando arrivammo la zona ove giaceva la persona a terra era sgombera. Dopo circa una decina, quindicina di minuti arrivarono le ambulanze.
Minisci Alessandro: “Vidi sulla strada una persona che veniva picchiata da due o tre agenti; non sono in grado di dire se si trattava di poliziotti o carabinieri; la persona veniva trascinata verso il cancello, rannicchiata in terra e colpita con calci e manganellate. In seguito seppi che si trattava di un corrispondente inglese di Indymedia, detto “Sky”. Il fatto avvenne sul marciapiede opposto e cioè quello prospiciente la Diaz Pertini”

[23] Nanni Matteo: “Ero stato chiamato dal GSF per aiutare l'ufficio legale quale interprete di lingua tedesca vivendo da molti anni in Germania. Operavamo in una stanza del primo piano della Pascoli … Verso le ore 23,30, ho sentito arrivare la Polizia ed interpretandola coma una minaccia, ho avuto paura ed ho deciso di uscire dalla scuola dalla porta posteriore. Ero con Scribani e Tizzetti. Ci ritroviamo così in una piazzetta dietro la Pascoli. Vedo arrivare una moltitudine di poliziotti da piazza Merani. Un gruppo più piccolo di poliziotti si stacca da quello principale e viene verso di noi dicendoci di metterci in ginocchio. Pur molto contrariato non ho reagito in alcun modo e mi sono messo in ginocchio. I poliziotti in divisa avevano la faccia coperta da un fazzoletto. Ci fanno rialzare ed appoggiare ad un auto con le gambe aperte e ci perquisiscono. Mi prendono il portafoglio con documenti che non ho più rivisto. Veniamo divisi e Tizzetti ed io veniamo fatti distendere a terra, e poi presi di forza e portati all'angolo tra la via Battisti e l'altra dietro alla scuola, con la faccia contro il muro. A Tizzetti viene dato un calcio da dietro che lo fa cadere a terra. Poi mi fanno stendere a terra con le mani dietro la nuca. Ci hanno poi messo le manette (legandoci i polsi con fascette di plastica), quindi ci hanno portano verso via Trento; ho visto anche altre persone che venivano portate via dalla Pertini (4 o 5 ragazzi) con le braccia legate. In via Trento vi era una colonna di veicoli della Polizia. Siamo stati aggregati ad un altro gruppo di fermati; un poliziotto ci disse con fare arrogante e con accento romanesco di metterci faccia a terra, posizione umiliante e difficile da assumere con le braccia legate dietro la schiena. Non ho chiesto che cosa stesse accadendo perché avendo visto che alle lamentele di Tizzetti i poliziotti avevano risposto picchiandolo, ritenevo fosse più vantaggioso non dire nulla. Non ho notato la presenza di superiori dei poliziotti. Eravamo in un gruppo di circa una decina di persone. Poi ho sentito qualcuno dire "attenzione arrivano quei rompicoglioni dei giornalisti"; subito la situazione cambiò ed uno dei poliziotti ci disse di alzarci; quindi venimmo affidati ad un poliziotto genovese”.
Scribani Giuseppe: “Mi trovavo nella scuola Pascoli perché facevo servizio di volontariato, per organizzare il centro di assistenza legale … Ho poi sentito alcuni rumori che mi hanno allarmato (rumore di vetri infranti); poiché conoscevo l'esistenza di una porta sul retro, senza nemmeno affacciarmi, insieme a Tizzetti e Nanni  siamo usciti sulla piazzetta sul retro. Quindi ho visto scendere in via Cesare Battisti un gruppo forse di carabinieri o di poliziotti, con elmi scuri in tenuta antisommossa; non posso dire con esattezza se avessero elmi scuri o invece azzurri. Un gruppetto di 3 o 4 poliziotti con una pettorina con la scritta Polizia ed il casco azzurro, si diresse verso di noi. Ci fermarono e chiesero i documenti a Tizzetti e Nanni. Ho avuto la sensazione che mi conoscessero, anche perché il poliziotto che "si prese cura" di me non mi chiese i documenti, non mi perquisì e disse ad un altro poliziotto che a me avrebbe pensato lui. Veniamo quindi portati alla fine della discesa che porta in via Battisti; qui perdo di vista i miei amici; vengo fatto sdraiare a terra davanti alla scuola Pertini. Qualcuno disse indicandomi: "questo è l'uomo del dottore". Poi arrivò uno in abiti borghesi (vestito marrone), cui fui indicato e subito dopo venni portato in piazza Merani e nuovamente sdraiato a terra. Durante tutto tale periodo non sono riuscito praticamente a vedere quanto accadeva. Sono stato affidato ad un altro poliziotto assai meno gentile nei miei confronti. Mi vennero messe le manette. Sentii il nome Fabbrocini nei dialoghi tra il mio custode ed altri poliziotti. Venni condotto in via Trento dal poliziotto che mi teneva da dietro con un manganello e posto in ginocchio. Erano arrivati i giornalisti, legali ed anche un parlamentare, Martone. Sono stato portato in un furgone, presso cui venne anche l'Avv. Tartarini. Nessuno mi spiegò che cosa stesse accadendo, ma soltanto dal primo, di stare tranquillo e che ero un amico. Poi arrivò l'Avv. Caruso, che disse ai poliziotti che conosceva la mia identità; venni però ugualmente portato nella Caserma di Bolzaneto”.
Tizzetti Paolo: “… Più tardi ho sentito alcune voci dall'esterno "Polizia arriva la Polizia", e quasi contemporaneamente il rumore di passi pesanti (scarponi). Mi sono affacciato ed ho visto i poliziotti che scendevano dalla sinistra in via Battisti e dietro alcuni furgoni ed auto. Avevano il casco, manganello, scudo trasparente e qualcuno batteva il manganello sugli scudi. Quelli che stavano sotto sono rientrati ed hanno chiuso il cancello della Pascoli. Non ho visto chiudere il cancello della Pertini e non ho neppure notato se fosse chiuso od aperto. Dopo pochi secondi ho visto che la polizia stava spingendo il cancello; sono subito rientrato ed insieme a Scribani e Nanni siamo usciti da una porta sul retro in una piazzetta posteriore. Mentre cercavamo di allontanarci sono arrivati verso di noi alcuni poliziotti, in divisa, senza scudo. Oltre alla Polizia dietro vi erano anche alcuni carabinieri. Ci hanno intimato di fermarci e di metterci faccia a terra; i poliziotti che ci hanno fermato non erano molti (5 o 6). Sentii una voce di donna che ci insultava e qualcuno che ci diceva "avete distrutto al città adesso ve la facciamo pagare". Un poliziotto mi ha schiacciato una mano con lo scarpone. Uno mi ha preso i documenti e mi ha spento il cellulare. Poi ci hanno fatto alzare e ci hanno separato; Scribani lo hanno portato da un'altra parte e siamo rimasti Nanni ed io. Ci hanno spinto verso la parete della strada; vi erano anche altre persone allineate con la faccia al muro. Ero l'ultimo della fila: avevo sulla destra Nanni. Ad un tratto un agente mi sferrò un calcio con l'anfibio sulla coscia ed io caddi a terra. Un suo collega o un superiore lo riprese pesantemente anche dicendogli "che cosa fai ci sono le telecamere". Non riuscivo a rialzarmi per il dolore alla gamba. Subito dopo ci hanno riportato nella piazzetta e ci hanno ammanettato, anzi ci hanno messo una fascetta di plastica ai polsi che si stringeva sempre di più ad ogni movimento e faceva male. Un poliziotto con accento meridionale mi chiese se mi faceva male ed alla mia risposta affermativa, strinse ancora di più la fascetta, dicendomi "tanto poi vi faremo anche più male". Ho quindi rivisto Scribani; ho sentito dai balconi dire "ma che cosa fate, lasciateli stare". Ad un tratto tutto cambiò, erano infatti arrivati i giornalisti, le telecamere ed alcuni avvocati. Ricordo un ragazzo francese che mostrava alle telecamere le manette. Arrivò quindi un ufficiale o comunque un superiore, che disse "adesso vi togliamo i lacci e le manette". A quel punto eravamo un po' staccati dagli altri fermati. C'era una gran confusione, mi pare anche tra le forze dell'ordine. L'ufficiale aveva un pizzetto ed il casco, forse non era in divisa ma aveva soltanto una pettorina, ma non ne sono sicuro. Ci ha quindi tagliato con un coltello le fascette ai polsi. Gli avvocati insistevano perché ci rilasciassero e dopo un po' il predetto superiore ci disse che potevamo andare. Abbiamo chiesto la restituzione dei documenti, che peraltro non si trovavano e così su consiglio dello stesso ufficiale ci allontanammo”.

[24] Vincenzo Canterini: “Entrai dietro a tutti gli altri; mi diressi verso il portone di sinistra; venne sfondato e poi vidi che gli uomini alzavano gli scudi e nel timore di essere a mia volta colpito mi posi sotto uno scudo; mi pare che fossi sulla sinistra;  ricordo un paio di tonfi uno sullo scudo che mi riparava ed un altro sullo scudo vicino, una bottiglia che cadeva e forte rumore di vetri infranti.  Vi era un lancio di oggetti non fittissimo ma comunque di diversi oggetti. Sentii il rumore di un tonfo vigoroso come di un oggetto a mio parere del peso di almeno tre chili”.
Spartaco Mortola: “dal punto in cui ero vidi volare dall’alto qualche bottiglia, anche se non so quantificare il numero; vidi inoltre distintamente sulla parte sinistra del portone centrale un grosso maglio spaccapietre che poi abbiamo sequestrato. L’ho visto cadere dall’alto rasente al muro. Il lancio di oggetti non era peraltro fitto” (V. int. 27/10/01).
Arnaldo La Barbera: “Ribadisco quanto dichiarato (‘Appena il contingente si avvicinò al cancello, che era chiuso, nell’intento di sfondarlo, venne fatto oggetto di un lancio nutrito di pietre ed altro’), anche se non so precisare l’esatta quantità e provenienza degli oggetti lanciati . Peraltro ho successivamente pensato, ritornando con la mente a quel momento, che la provenienza del lancio di oggetti fosse da individuare non nell’edificio da perquisire ma dall’altro che si trovava di fronte . Sono sicuro comunque del lancio di oggetti in tale fase, tanto che, come ho dichiarato, fu l’autista sopra menzionato che mi rincorse e mi offrì il casco di protezione” (V. int. 19/06/2002) .
Carlo Di Sarro: “Personalmente posso testimoniare soltanto dell’effettivo lancio di pietre alcune delle quali mi sono cadute vicino; non avendo protezioni mi sono subito allontanato; non so precisare la quantità degli oggetti che ho visto né la loro provenienza o direzione se non genericamente che mi sembrava provenissero dall’istituto da perquisire. Non posso esser preciso perché mi sono appunto allontanato subito per i motivi che ho detto. Il lancio ha raggiunto la mia posizione che era nei pressi del cancello esterno dell’istituto. Ribadisco di non essere in grado di riferire altri dettagli ed in particolare di non poter aggiungere nulla sulla provenienza del lancio se e da quali finestre eventualmente individuabili; posso aggiungere di aver raccolto in loco anche altre informazioni simili, ad esempio ricordo che il dott. Mortola ci disse di stare attenti perché avevano tirato una specie di martello. Non so dire perché nessuno degli oggetti lanciati sia stato sequestrato, ma vorrei precisare che  per le mie funzioni e compiti, soprattutto quelli di osservazione e sicurezza all’esterno, non avrei dovuto certo procedere personalmente a tale tipo di attività” (V. int. 16/10/2002).
Filippo Ferri: “Io facevo parte della colonna guidata dal dott. Mortola, che se non erro ha raggiunto l’obiettivo per prima … Dalla distanza, ho notato che vi era un gruppetto di persone nel cortile antistante, alcuni di loro alla nostra vista hanno chiuso il cancello e poi tutti si sono rintanati nell’edificio … A  quel punto ho sentito cose cadere per terra, nel cortile. Mi è parso di sentire il rumore di cocci di bottiglia. Ho visto persone che si erano affacciate su un terrazzo dell’edificio, e ho visto anche che qualcuno si portava rapidamente ai piani superiori. Non posso essere più preciso sul lancio di oggetti, io ho avuto questa sensazione, dai rumori che sentivo, ho anche avuto la sensazione che oggetti provenissero anche dall’altro edificio scolastico, quello di fronte … Non so precisare se una volta entrati nel cortile tutti gli uomini, sia continuato il lancio di oggetti, anche se tale è sempre la mia sensazione” (V. int. 20/09/2002).
Fabio Ciccimarra: “Prima dell’ingresso nella scuola ho potuto percepire il lancio di oggetti provenienti dai piani superiori dell’edificio. Non so precisare che tipo di oggetti veniva lanciato, anche perché indossavo il casco. La mia è stata più che altro una sensazione dettata dalla percezione del rumore di vetri rotti. Ho poi potuto notare che alcune persone all’interno dell’edificio passavano velocemente davanti alle finestre e pertanto ho collegato tale elemento alla sensazione che avevo avuto” (V. int. 13/10/2001).
Giuseppe Galanti: “Sono infermiere professionale del 118 e lo ero anche all’epoca dei fatti … Quando sono arrivato non vidi all’esterno alcun ferito; la mia ambulanza fu la prima ad arrivare sul posto … C’era un gran fracasso; urla e grida aggressive; rumori di oggetti che si rompevano e che arrivavano dall’alto: erano cioè gettati dalla scuola … Riconosco la mia voce nella chiamata al 118 n. 11 (00.01.18), dico “stanno buttando giù tutto”, davamo l’avviso di proteggersi ai mezzi di soccorso che erano in arrivo … Sceso dall’ambulanza mi sono diretto di corsa al portone sotto un lancio di oggetti che avveniva tra il cancello e l’ingresso della scuola. I lanci probabilmente arrivavano anche dall’altra scuola. Sulla strada non arrivavano oggetti lanciati, ma soltanto tra il muretto ed il portone. Non ho visto materialmente l’impatto di oggetti in terra, ma si sentivano rumori inequivocabili ed in particolare di vetri che si infrangevano”.
Roberto Sgalla: “… nel cortile sulla destra vi era schierato il reparto mobile, sulla sinistra vi erano diversi funzionari; mi fecero notare che in terra vi erano pezzi di marmo … Non mi sono posto il problema se i pezzi di marmo che mi erano stati indicati fossero stati sequestrati”.
Mario Viola: “… Confermo che quando arrivai vidi in terra nel cortile della Diaz pietre o calcinacci, bastoni ecc. La domanda mi venne riproposta diverse volte dal P.M. ed io confermai la presenza del materiale di cui ho detto, che per quanto ricordo si trovava principalmente tra la scaletta d’ingresso ed il muro a sinistra, guardando il portone”.
Fabio Pignalosa: “… Quando uscii dalla scuola ed ero presso la cancellata, mi cadde vicino una bottiglia che non so da dove sia stata lanciata; ho sentito rompersi il vetro; non ho visto altri lanci di oggetti. Se dichiarai di aver visto lanci di oggetti e di una bottiglia, lo confermo.
Non ho guardato in terra nel cortile e non ho fatto caso alla presenza di oggetti, sassi o bottiglie”.
Alessandro Songini: “All’epoca ero Ass. della Polizia di Stato … Nel cortile vi era in terra di tutto, vetri, sassi e lattine; si doveva guardare dove mettere i piedi”. 
Giovanni Fiorentino: “Prestavo servizio alla direzione centrale servizi prevenzione il cui direttore era il Pref. Arnaldo La Barbera … Nel cortile vicino alle scale vidi qualche pezzo di legno e di marmo; oggi non ricordo di aver visto anche lattine, ma se allora lo dissi, certamente avevo un migliore ricordo dei fatti”.
Patrizio Alveti: “Sono Ass. capo della Polstato … Affacciandomi alla finestra vidi la scuola di fronte, la Diaz, e i colleghi che cercavano di entrarvi. Vi erano anche persone affacciate ai piani superiori della Diaz che lanciavano oggetti sui colleghi … Quando scesi vidi alcune persone dalle finestre dalla Pascoli che lanciavano oggetti e urlavano contro di noi. Quando mi affacciai dalla finestra della Pascoli vidi in un attimo le persone affacciate alle finestre della Diaz che lanciavano qualcosa; si tratta di un flash, un’immagine di un attimo, non sarei in grado di dire da che piano e che cosa venisse lanciato”.
Davide Sascaro:“Sono Ass. presso la Questura di Oristano … Siamo scesi ed arrivati di fronte ad una delle due scuole vidi che i colleghi stavano cercando di aprire un cancello. Dalla scuola venivano lanciati oggetti vari, bottiglie, lattine ecc. Indossai infatti il casco ai primi rumori di oggetti che cadevano”.
Alessandro De Donno: “Sono operatore del I reparto mobile di Roma … Dal tetto della scuola arrivavano diversi oggetti: calcinacci, pietre, pezzi di muro, ecc.”
Luigi De Bari: “Ero comandante di una pattuglia di carabinieri … Ci recammo così in via Battisti ove venimmo dislocati all’esterno dell’edificio scolastico Diaz per effettuare la “cinturazione” … La situazione era piuttosto caotica: vi erano civili sulla strada, manifestanti che gridavano. Ricevetti un “sampietrino” sull’elmetto e alzata la testa, vidi che venivano lanciati oggetti vari, tra i quali anche sedie e notai una scrivania a metà di una finestra. Ribadisco che venni colpito da un sampietrino e quindi vidi lanci di sedie ed un oggetto di dimensioni più rilevanti a cavallo di una finestra. Il lancio avveniva dalla scuola Diaz Pertini. Ciò avvenne mentre stavamo scendendo e posizionandoci. A suo tempo dissi di aver sentito il rumore di una schianto; vidi un grosso oggetto a cavallo di una finestra e successivamente sentii il rumore che attribuii allo schianto della stesso oggetto; non lo vidi cadere a terra. La finestra era sul lato sinistro dell’edificio non visibile nelle foto che mi vengono mostrate. Non mi pare vi fossero ponteggi davanti alla finestra. Non ho accertato se vi fossero resti in terra. Non so dire da dove sia arrivato il sampietrino. La finestra di cui ho detta era laterale a sinistra dell’edificio; non dava su via Battisti”.
Pietro Mastroianni: “Ero nel reparto di Siderno … Quando arrivai vidi che dalle impalcature cadevano oggetti; non sono in grado di specificare che tipo di oggetti cadevano, ma sono certo che i colleghi erano oggetto della loro caduta; poteva trattarsi di calcinacci. L’ingresso, che era già aperto quando arrivai, era quello all’angolo dell’edificio; io ero all’esterno del cortile di fronte al cancello; le impalcature di cui ho detto erano quelle visibili sulla sinistra nella foto n. 1 . Non sono in grado di specificare di quali oggetti si trattasse né le loro dimensioni”.
Margherita Fenelli:“Appartenevo alla Squadra Mobile di Genova avevo il compito di “scout”… Non entrai nella scuola; mi affacciai al portone principale; vi era tanta confusione, tanta gente; andai quindi subito via. Ricordo che cadevano oggetti dall’edificio della Diaz, tanto che mi misi subito il casco. Non sono in grado di dire che cosa fossero e non ricordo neppure da dove cadessero. Ricordo che cadeva qualcosa dall’alto ma non che cosa e da dove”.
Giuseppe Barbacetto: “Lavoravo presso la Digos di Genova, sez. informativa … Dalla Diaz vidi che tiravano della roba; ricordo che ad alcune persone che volevano avvicinarsi alla scuola dissi che era pericoloso perché tiravano oggetti”.
Michele Francione:“Non sono più in servizio come carabiniere; al tempo del G8 ero al battaglione di Mestre come sottotenente … Noi avevamo il compito di fare un cordone per contenere i manifestanti; vi fu qualche spinta, qualche lancio di oggetti; io venni colpito da una pietra lanciata dalla scuola di fronte; sarà stata di circa quindici centimetri. Avevo il casco; la pietra ha colpito il casco, io ho sentito il colpo e il collega davanti a me che si è girato per la botta. Non ho potuto vedere chi avesse lanciato la pietra, ero con le spalle alla Diaz e venni colpito frontalmente; la pietra venne lanciata da qualche piano della Pascoli. Io avevo messo la maschera antigas e  mentre stavo agganciando il casco ho ricevuto la pietra.

[25] Daniel Thomas Albrecht: “Quando mi sono affacciato … non ho visto se cadevano oggetti dalle finestre lanciati verso la polizia”.
Enrico Fletzer: “… mi sono recato presso la scuola Pascoli … Non ho notato se venivano lanciati oggetti contro le forze dell'ordine”.
Hamish Campbell: “I poliziotti tentavano di entrare tutti insieme attraverso il portone; ad un tratto ho anche visto che i poliziotti tenevano gli scudi in alto sopra la testa, ma non ho visto cadere alcun oggetto; i poliziotti non guardavano verso l’alto”.
Marco Livio Cheli: “… Non ho visto lanci di oggetti dalla scuola … Ho avuto la sensazione che dalla scuola Pascoli provenissero insulti e che qualcosa cadesse, anche se materialmente non vidi nessun oggetto cadere”.
Gianni Cozzi: “… Non vidi alcun lancio di oggetti contro la polizia ... Rimasi sempre vicino al cancello della Pascoli”. Giovanni Carlo Camogliano: “Sono infermiere professionale del 118 e lo ero anche all’epoca dei fatti … Quando arrivai trovai altre due ambulanze; la mia fu la terza ad arrivare; il collega Galanti aveva già fatto una prima cernita dei feriti più gravi … Quando sono arrivato non ricordo lanci di oggetti”.
Giovanni Alagna: “All’epoca prestavo servizio alla Digos … Arrivai quando già i colleghi erano nel cortile. Non ho visto oggetti cadere, era buio e sentivo rumori in particolare di vetri rotti … Non ricordo di aver visto in terra nel cortile oggetti, vetri o altro; c’era poca illuminazione; non posso escludere che ce ne fossero”.
Michelangelo Fournier: “Non ho visto lancio di oggetti prima di entrare, ma non avevo percepito neanche un elicottero sopra la scuola; ero sveglio da 48 ore e potevo anche non accorgermi di un lancio di bottiglie; la mia percezione era offuscata”.

[26] Pietro Stranieri: “Ci siamo quindi messi a correre lungo una strada che dallo stradario che mi viene mostrato indico in Via Nizza, quindi abbiamo proseguito per via Cocito e ad un certo punto io mi accorsi che sulla mia destra vi erano delle persone che stavano scappando in maniera sospetta. Erano circa una decina e avevano il volto travisato; venne messa anche una macchina per traverso come per impedirci il passaggio da cui poi scese una persona che si diede alla fuga; rimasi sconcertato dal fatto che nonostante la presenza di quelle persone fosse stata percepita da tutti i presenti, il funzionario della Digos che ci guidava proseguì avanti facendo cenno di seguirlo” (V. int. 21/09/2001).
Angelo Cenni: “Lungo il tragitto ho notato di fronte a me, in una strada stretta a fianco della scuola, forse una scalinata, un gruppo di persone, sicuramente in un numero maggiore di venti che uscivano dal retro dell’edificio. Erano vestiti tutti uguali, di nero o comunque di scuro ed avevano passamontagna, anzi preciso che alcuni avevano il volto coperto da altri indumenti, qualcuno aveva anche un casco. Ci hanno visti arrivare ma non hanno accelerato il passo e sono sfilati  in un attimo. Ciò che mi ha colpito è il fatto che camminavano compatti e come inquadrati, in particolare, specialmente gli ultimi, non acceleravano il passo e ciò mi è sembrato uno strano modo di scappare, posto che dalla direzione da cui provenivano era evidente che stessero cercando di defilarsi.” (V. int. 22/09/2001).
Vincenzo Compagnone: “ … quando siamo scesi dal mezzo ho visto sette o otto persone che attraversavano la strada in salita; queste persone erano vestite di nero e correvano accucciate come per scappare; nessuno degli appartenenti alla Polizia li inseguì; voglio precisare che venne dato proprio l’ordine di lasciarli andare e di proseguire per la nostra strada” (V. int. 20/09/2001).

[27] Szabo Jonas: “Sono rientrato e sono salito al primo piano; ho quindi cercato un’uscita e così mi sono calato dalla finestra della toilette, attraverso le impalcature, nel cortile dietro la scuola; ho scavalcato un recinto e sono arrivato in un terreno; mi sono steso su un muro; ero relativamente nascosto e venni arrestato dopo circa mezzora, periodo durante il quale sentivo urla, rumori di vetri rotti e colpi”.
Wagenschein Kirsten: “Qualcuno cercava di uscire sulle impalcature ed anch’io uscii sulle impalcature; ma poi mi parve troppo pericoloso e così rientrai”.
Plumecke Tino:Vidi anche alcune persone che cercavano di uscire dalla scuola utilizzando le impalcature esistenti”.
Baro Wolfgang Karl: “Salii di corsa ai piani superiori; non so a che piano uscii da una finestra; l’edificio era circondato da impalcature, su cui mi arrampicai fino a raggiungere il tetto”.
Fiorentino Giovanni: “ … nel frattempo si sentivano sulle impalcature dell’ala sinistra dell’edificio in ristrutturazione il rumore di passi”.
Giovannetti Ivan: “Sono salito al primo piano e sono uscito da una finestra, ma poi sono rientrato ed andato in un’aula … Prima di me probabilmente erano usciti altri ragazzi sulle impalcature”.
Olivari Giulia: “Abito in via Battisti … Per quanto ricordo vidi tre ragazzi che scappavano scendendo dalle impalcature della Pertini”.
Riccitelli Mauro: “Ci avvicinammo alla scuola … e vedemmo alcuni giovani che fuggivano dalle impalcature intorno all’edificio scolastico”.
Curto Calogero: “Ricordo che la notte al momento dell’arrivo delle forze dell’ordine, vidi tre giovani con zaini che passando sulle impalcature scesero dietro all’edificio e si rinchiusero in un gabbiotto”.
Mastroianni Pietro: “Vidi alcune persone che tentavano di darsi alla fuga attraverso le impalcature”.
Mirra Christian: “ … dopo la prima rampa di scale vidi alcuni ragazzi che cercavano di uscire da una finestra. Il mio amico uscì attraverso la finestra, mentre io rimasi incastrato con lo zaino; mi girai e vidi i poliziotti che stavano arrivando”.
Baumann Aydin Barbara: “… Mi sono così accorta che una finestra era distrutta ed ho visto diverse persone che uscivano, attraversandola; non sono in grado di riferire a quale piano si trovasse tale finestra o se vi fosse all’esterno un’impalcatura”.
Jaeger Laura: “… Sono corsa ancora più in alto, di mezzo piano, e poiché ero molto impaurita ho deciso di uscire dalla finestra, come stavano facendo altri (due o tre prima di me e forse qualcuno dopo). Sono riuscita a scendere in un giardino intorno alla scuola; sono corsa verso il recinto (un muro); mi ci sono arrampicata sopra e sono entrata in un terreno privato, ove si trovavano altri due uomini”.

[28] Nogueras Chabier Francho Corral: “Ad un tratto sentii urlare dall’esterno “Polizia Polizia”; le persone che erano nel cortile rientrarono nell’edificio e chiusero il portone; alcuni iniziarono ad utilizzare alcuni mobili, sedie e panche, per bloccarlo. Prima che la porta venisse sfondata ho visto che i poliziotti rompevano i vetri delle finestre e mi sono molto spaventato”.
Madrazo Francisco Javier Sanz: “Davanti al portone vi erano alcune persone  che cercavano di bloccarla; i miei amici cercavano di calmarli e di farli desistere. Ho visto una panca che veniva usata da queste persone, ma non sono in grado di riferirne l’uso preciso; quando sono uscito dal bagno la panca era già posta contro la porta. Il mio gruppo di Saragozza era nel luogo ove ci eravamo posti per dormire; ho visto le persone che erano davanti al portone allontanarsi e salire ai piani superiori”.
Moret Fernandez David: “Ho visto entrare alcune persone che erano fuori dell’edificio ed alcune che chiudevano la porta e la bloccavano con una panca; alcuni di noi hanno gridato di non farlo perché era assurdo … I vetri delle finestre che davano sul cortile si sono rotti – ho visto i vetri cadere
Riconosco nella finestra a sinistra del portone d’ingresso visibile nella foto n. 1 quella di cui ho visto rompersi i vetri”.
Martinez Ferrer Ana: “ … alcuni chiusero la porta e la bloccarono con una panca e tre o quattro sedie … una parte del mio gruppo cercò di calmare gli animi ed io stessa, che mi ero avvicinata alla porta, dissi in inglese che era del tutto inutile chiuderla”.
Balbas Ruiz Aitor: “Ad un tratto ho sentito un forte rumore ed ho visto alcune persone entrare dall’esterno e chiudere la porta … Ho sentito rompersi vetri e quindi colpi sulla porta, finché non si è aperta”.
Sicilia Heras Jose’ Luis: “ … ho sentito alcuna urla dall’esterno “Polizia”; ho visto alcune persone che chiudevano la porta, ponendovi contro alcune panche della palestra; abbiamo detto a quelle persone di non chiudere la porta; ho sentito rompersi i vetri delle finestre vicino all’ingresso, in particolare di quella a sinistra sempre dall’esterno”.
Marcuello Felix Pablo: “ … ho sentito alcune urla dalla strada “polizia, polizia”; entrarono correndo circa otto persone e alcune di queste, quattro, che non erano spagnoli, chiusero la porta, bloccandola anche con banchi. Una mia compagna disse loro che era inutile e stupido … Ho sentito il rumore dei vetri della finestra a destra della porta principale, che venivano rotti con i manganelli e ciò nonostante la finestra fosse anche protetta con sbarre; quindi la Polizia ha sfondato la porta. In quel momento le persone che avevano chiuso la porta si sono allontanate e sono salite sulle scale verso i piani superiori”.
Campbell Hamish: “Ho visto i poliziotti rompere i vetri delle finestre della Pertini, evidentemente per spaventare quelli che si trovavano all’interno, dato che le finestre erano protette con sbarre”.
Herrmann Jens: “Ho notato circa quattro persone che chiudevano il portone e vi ponevano davanti alcune panche; tali persone parlavano diverse lingue e non sembravano agissero in collegamento con altri; credo che qualcuno abbia iniziato a bloccare la porta e gli altri lo abbiano seguito spinti dalla paura”.
Coelle Benjamin: “Ho visto che circa cinque o al massimo dieci persone chiusero i battenti del cancello. I poliziotti picchiavano con i manganelli contro il cancello e la gente correva verso l’interno e così anch’io. Le porte della scuola vennero a loro volta chiuse. Da una finestra vidi un bus della Polizia che sfondava il cancello ed i poliziotti cercarono di irrompere nella scuola; il portone era stato barricato, non ricordo bene con che cosa da un gruppo di circa tre o quattro persone”.

[29] In effetti nel fascicolo fotografico del RIS i fotogrammi del filmato Rep. 234 non riportano in sovrimpressione l’ora della ripresa, mentre risulta indicata nella didascalia soltanto l’ora del timer ed il riferimento all’ora reale calcolata in base al raffronto con altri filmati ed in particolare con gli orari di alcune telefonate ricavati dai tabulati telefonici, come già detto. Se si raffronta il fotogramma riprodotto in alto a sinistra  alla pag. 058 del fascicolo del RIS, corrispondente a quello contrassegnato dall’ora impressa 00.24.59 del filmato Rep. 234 si può determinare la differenza tra l’orario in sovrimpressione e quello del timer (23.01.35) in un’ora, 23 minuti e 24 secondi e quindi la sfasatura in aumento tra l’ora indicata in sovrimpressione e quella reale, determinata in base ai calcoli del RIS, in 22 minuti e 23 secondi. L’ora indicata dunque nel primo fotogramma in cui sono visibili gli agenti in via Battisti (00.21.32) corrisponderebbe alle ore effettive 23.59.09.