PROCESSO DIAZ - La sentenza
4. Operazione presso la scuola Diaz Pertini > > > > | T | 1 | 2 | 3 | 4 | E |
Secondo piano
(piantina)
Doherty Nicole Anne (udienza 19/1/2006; parte civile, assunta ex art. 197 bis c.p.p.)
(verbale – trascrizione)
Sono venuta a Genova con il mio compagno Richard Moth; abbiamo dormito in piazzale Kennedy il giovedì ed il venerdì notte; il sabato, dopo aver assistito ad alcune violenze da parte della Polizia, abbiamo saputo da amici del centro esistente presso la scuola Diaz, che ci era stato indicato come un luogo più sicuro, e così ci siamo trasferiti alla Diaz, dove siamo arrivati verso le nove, nove e mezzo di sera.
Tutto era tranquillo; abbiamo lasciato i nostri sacchi nella hall, al piano terra della scuola, e siamo andati in un bar a mangiare qualcosa. Io e il mio amico siamo ritornati alla scuola verso mezzanotte. Eravamo sistemati nel locale palestra sul retro verso le finestre, circa nel punto che indico sulla piantina che mi viene mostrata. Mentre stavamo mettendoci a dormire, abbiamo sentito rumori e movimenti dall’ingresso; avevo molta paura e non sapevo che cosa stesse accadendo; ero convinta che fosse la Polizia nella strada. Siamo saliti al secondo piano e dal corridoio ci siamo affacciati alla finestra; abbiamo così visto moltissimi poliziotti che stavano entrando nella scuola. Siamo rimasti nel corridoio insieme ad altre sei sette persone.
Poco dopo ho visto i poliziotti in fondo al corridoio; io mi sono sdraiata in terra e Richard si è steso sopra di me. Anche altre persone si sono stese a terra.
Indico sulla piantina che mi viene mostrata la finestra (la prima o la seconda), la posizione in cui mi sono sdraiata a terra e la parte da cui è arrivata la polizia.
I poliziotti hanno iniziato a picchiarci con i manganelli; sentivo i colpi che riceveva Richard ed a mia volta sono stata colpita diverse volte sul lato del corpo non coperto dal mio compagno; piangevo e come altre persone chiedevo che smettessero di picchiarci. I poliziotti urlavano ed erano molto aggressivi; sembrava che ci odiassero; avevano divise scure e portavano caschi. Ad un certo punto ci è stato detto di alzarci. Ho visto un poliziotto con un coltello in mano che mi si è avvicinato, io ho tirato la testa indietro, ma penso che mi abbia preso una ciocca di capelli. Quindi ci hanno condotto al piano inferiore; mentre stavamo scendendo la scale ho visto una signora in terra in fondo agli scalini, forse svenuta.
Nella palestra ci hanno fatto sedere; Richard sanguinava dalla testa ed io ho tentato di tamponargli la ferita. Vi erano molte persone, alcune sedute ed altre in piedi; in mezzo alla gente vi erano i poliziotti.
Vi erano anche poliziotti in borghese con una pettorina con la scritta Polizia. Abbiamo dato le nostre sacche ai poliziotti, che le svuotavano, ma piuttosto disordinatamente; tutto il contenuto veniva ammucchiato insieme; io avevo una borsa sulle spalle, ma nessuno mi ha chiesto di vederla. Non ho visto mazze, bastoni od altri oggetti che potessero essere usati come armi improprie.
Successivamente è arrivato il personale paramedico che ha iniziato a soccorrere i feriti; uno mi si è avvicinato e mi ha legato il braccio con un cartone. Uno voleva portarmi in ospedale, ma io non volevo lasciare Richard; poi sono andata in ospedale accompagnata da un paramedico.
Nessuno ci disse che eravamo in stato di arresto. Io pensavo di andare in ospedale e poi di ritornare a casa. Soltanto il martedì o mercoledì seppi che ero stata arrestata. Non ho subito alcuna perquisizione.
Ho riportato la frattura del polso e lividi su diverse parti del corpo. Quanto accaduto mi ha provocato disturbi emotivi; anche adesso nel ricordare i fatti provo timore; sono stata assente dal lavoro per sei settimane. Lavoro per un’associazione che assiste i disabili.
Moth Richard Robert (udienza 19/1/2006; parte civile, assunto ex art. 197 bis c.p.p.)
(verbale – trascrizione)
Sabato mi ero sistemato presso la scuola Diaz insieme alla mia compagna Nicole Anne Doherty. Circa a mezzanotte siamo rientrati; tutto era calmo; abbiamo avvicinato i sacchi a pelo per dormire.
Ad un tratto due persone sono corse verso l’ingresso; ho sentito dei colpi molto forti all’esterno ed alcune persone sono corse nell’angolo ove si trovavano i computer; eravamo tutti spaventati e anche noi siamo corsi verso i computer, seguendole; pensavamo che sapessero come uscire dal palazzo; c’era una gran confusione. Siamo saliti al secondo piano e siamo rimasti nel corridoio; dalle finestre abbiamo visto molti poliziotti nel cortile. Non sapevamo che cosa fare. Poco dopo abbiamo visto alcuni poliziotti in fondo al corridoio che si avvicinavano urlando in modo molto aggressivo. Le persone che erano nel corridoio si sono stese a terra e così anche noi; i poliziotti hanno iniziato a colpirci ed io mi sono steso sopra la mia compagna per proteggerla; i poliziotti colpivano con i manganelli e con calci cercavano di colpire Nicole Ann, che era protetta dal mio corpo; erano circa sei, otto. Poco dopo è arrivato un altro gruppo di poliziotti che colpivano a loro volta tutte le persone che si trovavano stese nel corridoio. Successivamente ci hanno fatto alzare in piedi; un poliziotto tagliò con un coltello una ciocca di capelli ad uno dei presenti e poi anche a Nicole Ann. Io ero stato colpito sulla testa e sanguinavo.
Non sono in grado di dire come fossero vestiti i primi poliziotti che ci hanno picchiato; quelli arrivati dopo indossavano i jeans con la parte superiore del corpo protetta con un’imbottitura.
I poliziotti visti dalla finestra erano in tenuta antisommossa, elmetti, armature, mi sembrava una divisa scura. Per armatura intendo un’attrezzatura protettiva davanti al corpo e ginocchiere, mi è difficile ricordare esattamente.
La seconda ondata non era in divisa, avevano i blue jeans e un gilet.
Non mi ricordo se sul gilet c’era scritto polizia, il tipo di abbigliamento che ho descritto è quello mostrato nella foto contrassegnata Diaz, che mi viene mostrata.
Tra il momento in cui ho visto i poliziotti nel cortile e quello in cui li ho visti in fondo al corridoio sono trascorsi soltanto pochi secondi. I manganelli che usavano i poliziotti arrivati nella seconda ondata erano normali, dritti non a “t”.
Ci hanno condotto giù per le scale nella sala principale, ove ci hanno fatto sedere in terra. C’erano molte persone ferite che sanguinavano, piangevano e si lamentavano. Mi faceva male la gamba ed avevo una ferita in testa; Nicole Ann pensava che il suo polso fosse rotto. Ci consolavamo a vicenda. I poliziotti urlavano ed alzavano i manganelli. Ci chiedevano di passare le sacche fino a loro che le svuotavano poi per terra; i poliziotti prendevano articoli di abbigliamento neri e ne facevano una pila. Sfilavano inoltre dal telaio degli zaini l’intelaiatura di metallo. Non vi è stata una perquisizione vera e propria, ma soltanto una ricerca all’interno degli zaini senza per di più collegarli in alcun modo al proprietario.
Non ho visto nella scuola oggetti del tipo di quelli raffigurati nelle foto raid 54 e raid 55.
Successivamente è arrivato il personale paramedico che ha iniziato a soccorrere i feriti; mi è stata data una garza per tamponare la mia ferita alla testa e a Nicole Anne un cartone per bloccarle il polso. I feriti più gravi sono stati posti su alcune barelle o brandine e portate fuori sulle ambulanze. Anch’io venni portato in un’ambulanza. Non sapevo quale fosse il mio stato e nessuno ci ha mai detto che potevamo farci assistere nel corso della perquisizione.
Io venni medicato per una ferita in testa ed una sulla gamba, che fortunatamente non era rotta; riportai inoltre ematomi vari.
Pollok Rafael (udienza 8/2/2006; parte civile, assunto ex art. 197 bis c.p.p.)
(verbale – trascrizione)
La sera del 21 ero presso la scuola Pertini, ove intendevo passare la notte; vi ero arrivato nel pomeriggio; avevo un appuntamento in tale scuola con altri due amici; siamo rimasti a chiacchierare nel cortile. Ad un tratto ho visto una donna che correva gridando “Polizia” ed in quel momento i poliziotti erano già arrivati dalla destra davanti al cancello, che era stato chiuso con una catena. Mi sono rifugiato nella scuola, come tutti quelli che si trovavano nel cortile. Io mi ero sistemato per dormire sulla destra dell’ingresso, nella posizione che indico sulla piantina che mi viene mostrata.
Ho recuperato le mie medicine dallo zaino ed una giacca ed ho cercato di fuggire. Sono salito sulle scale passando davanti al portone, c’era molta gente che cercava di scappare. Alcuni hanno cercato di passare sulle impalcature da una finestra, ma dato che c’era troppa gente che cercava di passare per tale via, sono salito al piano superiore, mi pare il secondo; ho guardato dalla finestra ed ho visto che nel cortile c’erano molti poliziotti ed una macchina della Polizia era contro il cancello. Non ho visto gettare oggetti sui poliziotti. La Polizia era già all’interno della scuola sulla scala. Ci ha raggiunto e ci ha fatto sedere in terra con le mani sulla testa. I poliziotti hanno spento la luce ed hanno iniziato a picchiarci. Noi eravamo una decina ed i poliziotti di più; indossavano una divisa blu scuro; mi pare che i pantaloni fossero un po’ più chiari della giacca; avevano un’imbottitura sulle ginocchia e sui gomiti, guanti neri, stivali e il casco. Ci picchiavano con i manganelli; hanno colpito anche me sulla testa ed in particolare con una ginocchiata sulla faccia, facendomi perdere un dente; mi hanno dato calci, anche sul basso ventre (tra le gambe); perdevo molto sangue dalla bocca. Anche gli altri che erano vicini a me vennero picchiati nello stesso modo; ad uno vennero tagliati i capelli che un poliziotto si mise nella tasca. Poi mi hanno fatto scendere le scale; un poliziotto mi ha colpito e mi ha fatto urtare la testa contro il muro; dopo venni aiutato a scendere da una donna di nazionalità tedesca; venni quindi picchiato nuovamente.
Le foto n. 47 e 49 potrebbero raffigurare il punto in cui è avvenuta la spinta contro il muro, ma non credo si tratti del mio sangue.
Mi hanno poi portato nella palestra al piano terra ove c’era molta gente ferita e molto sangue; io ero disteso per terra. Alcuni poliziotti chiacchieravano tra loro, altri svuotavano gli zaini rovesciandone il contenuto in terra. Non ricordo se vi fossero poliziotti che davano ordini; i poliziotti erano quasi tutti in divisa; uno era in abiti civili, indossava un vestito con una giacca marrone e portava un casco blu; era piccolo e vecchio.
Sono stato poi portato con una barella su un’ambulanza che mi ha condotto in ospedale ove sono stato medicato velocemente; quindi insieme ad un tedesco sono stato portato in una cantina - prigione; le mie cose sono rimaste alla scuola Diaz e non mi sono mai state restituite. Avevo una ferita in testa, un braccio rotto, ho perso un dente e mi hanno ricucito una gamba. Nella cantina ho ricevuto uno schiaffo da un poliziotto. Nessuno mi ha avvertito che mi trovavo in stato di arresto. Mi hanno messo nella doccia con il braccio ingessato; dovevo guardare in alto e fare flessioni sulle ginocchia; ogni volta che mi rialzavo ricevevo uno schiaffo sulla faccia; il sangue schizzava sulle piastrelle ed io dovevo pulirlo; ciò avvenne 6-10 volte. Fui poi portato in una stanza, ove ricevetti ancora qualche schiaffo.
Quando il giudice ci disse che eravamo liberi, la Polizia mi ha espulso in Germania insieme a due tedeschi: di uno conosco solo il nome Steffen e dell’altro solo il soprannome Mulin, mentre Michel fu portato a Roma per espellerlo.
Riconosco le divise ed il fazzoletto rosso visibili nel filmato Rep. 172 p 2 min. 7,40 estratto).
Secondo me vi erano uniformi di diversi tipi, ma non sono in grado di specificarne le differenze; mi pare che le cinture fossero scure.
Sono disoccupato.
Zehatschek Sebastian (udienza 22/2/2006; parte civile, assunto ex art. 197 bis c.p.p.)
(verbale – trascrizione)
Ho partecipato alle dimostrazioni contro il G8 a Genova ed avendo saputo che si poteva dormire presso la scuola Pertini, vi arrivai verso le ore 23 del 21; non conoscevo nessuno e sono arrivato da solo.
Sono entrato e mi sono messo subito a dormire; mi ero sistemato nel mio sacco a pelo, un po’ a destra, entrando, rispetto all’ingresso. Ad un tratto sono stato svegliato da qualcuno che mi disse in inglese: “Sta arrivando la polizia”. Sentii alcuna grida e colpi dall’esterno; il portone era chiuso, ma non ho guardato bene come. Ho visto diverse persone che facevano i loro bagagli e molti salivano ai piani superiori. Anch’io mi alzai e rimisi il sacco a pelo nello zaino; quindi salii velocemente al secondo piano. Non ho visto nessuno che desse l’impressione di volere fare resistenza alla Polizia; molti si mettevano infatti con le mani alzate. Ho percorso circa una diecina di metri del corridoio al secondo piano; la polizia arrivava dietro di me; io mi nascosi disteso sotto un tavolo al bordo del corridoio; vidi una donna che veniva picchiata dai poliziotti e poi calpestata quando cadde a terra.
I poliziotti correvano lungo il corridoio avanti e indietro e non sono quindi in grado di dire quanti fossero. Vicino a me vi era solo la donna di cui ho detto; non so dire quante persone vi fossero nel corridoio, almeno cinque; i poliziotti saranno stati almeno una ventina; indossavano uniformi blu scure; alcuni avevano i caschi; avevano manganelli a forma di T. Io ricevetti diversi colpi con i manganelli, uno molto forte sulla testa che mi provocò una lacerazione.
Dopo circa una decina di minuti ci fecero inginocchiare nel corridoio con le mani sulla nuca. Un poliziotto mi chiese se tutto era OK, io risposi di no e venni subito colpito sulla testa; quando mi ripeté la domanda risposi di si.
Successivamente mi portarono nella palestra nell’angolo a sinistra insieme ad altre persone. Non ricordo con precisione come vi arrivai anche forse per le conseguenza del colpo in testa. Alcuni poliziotti ci controllavano ed altri esaminavano e svuotavano gli zaini, raccogliendo in particolare indumenti neri. Il mio bagaglio era rimasto al secondo piano; l’ho poi riavuto da alcuni conoscenti che lo avevano ritrovato vuoto. Venni portato fuori dalla scuola da alcuni sanitari e posto in un’ambulanza.
Non ricordo se vi fossero poliziotti non in uniforme; non ho osservato bene la scena.
Indico sulla piantina che mi viene mostrata, con due segni, non ricordandola con precisione, la posizione in cui mi trovavo al momento dell’arrivo della Polizia.
Non vi erano tutti i tavoli che si vedono nella foto 123; io ero sotto un tavolo vicino alla porta di un’aula.
Non ho visto all’interno della scuola alcuno degli oggetti raffigurati nelle foto Raid 54 e seguenti.
Avevo in tasca un coltellino svizzero, senza lama fissa, che mi venne sequestrato da un poliziotto che me lo prese quando venni portato in ospedale senza farmi firmare alcunché.
Nessuno mi disse quale fosse la mia situazione, né venni avvisato della possibilità di farmi assistere da un legale.
In ordine alla rogatoria, preciso che non mi rifiutai di deporre in modo generale, ma soltanto in ordine agli avvenimenti che non erano in relazione con la scuola Diaz; si trattò di una mia decisione politica perché all’epoca vi era ancora un procedimento a mio carico; il mio avvocato riferì la mia volontà di testimoniare in ordine a quanto avvenuto nella scuola Diaz, ma tale mia disponibilità non venne percepita.
Venni espulso.
Ero arrivato a Genova il 16 luglio con un autobus, con altre persone, Ralf e Bettina, i quali mi riportarono lo zaino a Berlino.
Ho conosciuto preso la scuola Pertini una donna polacca che era coricata accanto a me nella palestra e che venne portata via con me nella stessa ambulanza; in ospedale ci divisero e non la vidi più.
Non ho visto persone riconducibili all’organizzazione black - block.
Non sono in grado di dire se tutti i poliziotti portassero i caschi o se vi fosse qualcuno che non lo portava. Posso solo dire che vari poliziotti almeno una decina indossavano il casco e che di questi dieci alcuni hanno picchiato sia me sia la donna di cui ho detto; degli altri non so dire particolari più precisi; i manganelli che ho visto erano tutti del tipo a T che ho indicato; non ho visto poliziotti senza manganelli.
Non ho sporto querela.
Galloway Ian Farrel (udienza 5/7/06; parte civile, assunto ex art. 197 bis c.p.p.)
(verbale – trascrizione)
Mi trovavo nella scuola Pertini, ove mi ero recato alla sera, quando stava diventando buio, per utilizzare internet; ero nel Media center alla scuola Pascoli e qualcuno mi disse che nell’edificio di fronte avrei potuto utilizzare i computer per connettermi ad internet.
Ero vicino ai computer, che si trovavano sulla sinistra entrando, quando sentii urlare: “Polizia”; c’era molta confusione; vidi che le porte venivano chiuse. All’esterno vi erano molti poliziotti che cercavano di entrare, picchiando sia sul portone principale sia su quello laterale vicino alla postazione dei computer. Ero molto nervoso e spaventato. Sono salito al terzo piano, contando il piano terra (II piano); sono andato nel corridoio nella parte illuminata, la maggior parte era buia; ho quindi atteso la polizia, con le mani alzate; nel corridoio davanti a me vi erano altre due persone , non so quante dietro. Arrivò il primo poliziotto che batté con un bastone su una scrivania dicendoci: “Bastardi”. Arrivarono altri poliziotti; vidi che il primo aveva iniziato a picchiare le due persone davanti a me e così anche gli altri poliziotti; io mi sono arrotolato come una palla per proteggermi ed ho coperto la testa con le mani; hanno iniziato a picchiarmi; hanno tagliato tre pezzi dei miei capelli da dietro; non so per quanto tempo ho tenuto le mani sulla testa, poi me le hanno tolte e mi hanno picchiato sulla testa; mi sentivo svenire. Venni colpito ripetutamente sulla testa; rimasi stordito; le altre persone continuavano a pregare i poliziotti di smettere di picchiarli, ma più li pregavano più i poliziotti li colpivano.
Segno sulla piantina che mi viene mostrata il punto in cui mi pare mi trovassi, anche se oggi non ricordo bene.
Le persone visibili nel filmato Rep. 137 p. 7 min 6,25 (Doherty), che mi viene mostrato potrebbero essere quelle che erano davanti a me.
I poliziotti indossavano una divisa che mi pare fosse imbottita; avevano un manganello dritto, credo flessibile.
Ci fecero poi mettere in fila e quindi ci fecero scendere le scale. Fui il primo ad arrivare al piano terra; vi erano due file di poliziotti; venni spinto in terra vicino ad altri. I poliziotti urlarono qualcosa che non capii; mi stesi in terra con la faccia rivolta in basso; ricevetti un altro calcio. Vi erano molte persone e molti poliziotti.
Venni infine accompagnato ad un’ambulanza. Nessuno mi informò che ero in arresto e nemmeno dopo mi pare che mi sia stato detto.
Ho riportato ematomi sulla schiena e sulle gambe e colpi sulla testa; in ospedale mi dimisero subito. Il mio passaporto venne preso in ospedale e non mi venne più restituito.
Dopo essere stato liberato, sono stato accompagnato all’aeroporto dalla Polizia.
Ho inviato alla procura alcune mie fotografie che avevo scattato al Consolato a Milano, ove mi ero recato dall’aeroporto perché ero senza documenti. Le riconosco in quelle che mi vengono mostrate.
Ho avuto per parecchi mesi incubi e agitazione. Gli occhiali che avevo in tasca vennero rotti in conseguenza dei colpi che mi diedero i poliziotti.
Digenti Simona (udienza 7/12/06; parte civile, assunta ex art. 197 bis c.p.p.)
(verbale – trascrizione)
Sono arrivata alla scuola Diaz il venerdì. Sapevo che quello era un luogo ufficiale dove poter dormire. La sera del 21 dalle 18 o 19 ero nella Diaz. Ero sistemata nell’entrata, pressoché nel punto che segno sulla piantina, che mi viene mostrata. Avevo intenzione di ripartire, ma le strade erano bloccate e così decisi di restare.
Ad un tratto sentii gridare: “La polizia, la polizia”.
Radunai le mie cose e corsi ai piani superiori, mi pare utilizzando la scala a sinistra. Non ricordo con precisione a quale piano mi fermai, mi pare di aver percorso due rampe di scale. Anche se a suo tempo dichiarai di essermi fermata al primo piano non ne sono per nulla sicura. Ero vicina ad altre due persone che peraltro non conoscevo. Mi sono quindi nascosta nel bagno, che si trova alla fine della seconda rampa, almeno così credo anche se non ne ho un ricordo certo. Probabilmente dopo il primo piano ho percorso ancora una rampa di scala; ricordo infatti di aver percorso un corridoio e di aver aperto una porta da dove iniziava un’altra rampa di scale.
Arrivò un poliziotto che aprì la porta e gridò che dovevo uscire; avevo paura di essere picchiata ed infatti venni colpita una volta; poi il poliziotto si diresse verso altre persone. Andai avanti ed entrai in una sala grande dove i poliziotti stavano picchiando altre persone; qualcuno mi tirò dentro questa stanza; venni picchiata nuovamente diverse volte e cercai di ripararmi la testa con le mani. Alla fine svenni e quando mi ripresi ero stesa sul pavimento e così rimasi immobile sperando di non venire più colpita. Un poliziotto mi fece alzare tirandomi per i capelli; venni ancora colpita e caddi a terra; rimasi immobile sempre nella speranza di non essere più colpita. Qualcuno poi mi trascinò, tirandomi per una gamba sempre nella stessa stanza; arrivò un altro poliziotto che, prendendomi per i capelli, mi portò al piano terra in un angolo dell’entrata ove si trovavano altre persone arrestate.
Non ricordo l’abbigliamento dei poliziotti, ma soltanto che quello che mi portò giù aveva un casco.
Dovevamo stare tutti molto vicini ed io infatti ero sulle gambe di uno che era ferito.
Nella stanza vi erano molte persone e molti poliziotti; non sono in grado di ricordare che cosa stessero facendo.
Un poliziotto mi portò fuori e venni fatta salire su un pulmino.
Filmato Rep 199 min. 6,40 (estratto): mi riconosco nella ragazza visibile in secondo piano con la maglia scura e le mani sulla testa (min. 23.31.58 del contatore).
Non ho visto alcuna reazione all’intervento della polizia, ma soltanto persone che cercavano di scappare. Non ho visto mazze, bastoni o bottiglie incendiarie nella scuola.
Avevo segni delle lesioni sulle mani e sul sopracciglio sinistro da cui usciva sangue, avevo molti bernoccoli sulla testa e vari ematomi sulla schiena, che feci anche vedere al giudice che mi interrogò.
Mi riconosco nella foto segnaletica che mi viene mostrata. Nessuno mi informò della mia situazione. Capii di essere stata arrestata quando mi fecero salire sul pulmino.
Non ho più riavuto i miei bagagli.
Per quanto ricordo sono stata colpita soltanto con i manganelli da diversi poliziotti in più fasi.
Ricordo che mentre scendevo le scale venni colpita da dietro. Avevo una mano che sanguinava e mostrandola ad un poliziotto, lo toccai e questi si arrabbiò, mi colpì, mi insultò e mi minacciò.
Stavo studiando medicina veterinaria e sto proseguendo gli studi. La mia memoria però è molto diminuita così come la mia capacità di riconoscere le persone.
Ricordo che il poliziotto che mi portava giù disse più volte agli altri di smettere di picchiarmi e soltanto dopo un po’ gli altri smisero.
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