Don Giuseppe (Peppino) Diana nasce a Casal di Principe il 4 luglio 1958 da Gennaro Diana e Jolanda Di Tella. Ha frequentato il Liceo Classico e in seguito si è laureato in Filosofia e si è licenziato il Teologia Biblica. Il 25 aprile del 1981 fu ordinato diacono e, il 14 marzo 1982, fu ordinato presbitero. Peppino Diana visse negli anni della Camorra casalese e “per amore del suo popolo” incitò i suoi concittadini a non tacere e ribellarsi a chi gestiva non solo enormi traffici illeciti, ma anche gli enti locali. A Natale del 1991 inviò a tutte le chiese di Casal di Principe uno storico scritto: "PER AMORE DEL MIO POPOLO non tacerò"

…Una volta mentre celebrava un funerale e le stesse parole furono poi di don Tonino Bello.

Don Peppino era stanco di celebrare funerali

in una terra che aveva il primato

per morti ammazzati e morti bianche sul lavoro.

Iniziò così la sua provocazione:

"A me non importa sapere chi è Dio".

Non è difficile immaginare il brusio delle navate di una chiesa di paese

che sente pronunciare tali parole roventi:

"Mi importa sapere da che parte sta ".

Avere una parte,

essere in grado di capire ancora che natura ha un paese,

in che condizioni si trova,

come avvicinarlo con uno sguardo che voglia vedere,

vedere per capire,

per comprendere e per raccontare.

Prima che sia troppo tardi,

prima che tutto torni ad essere considerato normale e fisiologico,

prima che non ci si accorga più di niente...

“Il Natale lo si celebra sulle strade della vita, nell’impegno quotidiano per far nascere un mondo “altro”. A. Zanotelli

“Natale: Pasqua del Signore nella carne” – amava dire San Gregorio Magno”

Siamo preoccupati

Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra.

Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione. Coscienti che come chiesa “dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che é la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.

La Camorra

“…I figli delle famiglie che nascono in altri luoghi d’Italia a quell’età vanno in piscina, a fare scuola di ballo, qui non è così …Quindici anni è un’età che bussa alla coscienza di chi ciancia di legalità, lavoro, impegno. Non bussa con le nocche, ma con le unghie.”

P. Mauro al funerale di Emanuele, ragazzo quindicenne napoletano assassinato dalla camorra

La Camorra oggi é una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana.

I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario; traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato.

Precise responsabilità politiche

E’ oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche é caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio.

Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili.

Impegno dei cristiani

Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno.

Dio ci chiama ad essere profeti.

  • Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);
  • Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
  • Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
  • Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 58)

Coscienti che “il nostro aiuto é nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che é la fonte della nostra Speranza.

NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO

Appello

"Le nostre Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe”

Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa;

Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinche gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26).

Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace... abbiamo dimenticato il benessere... La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,... dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare... sono come essenzio e veleno”.

* Agli uomini della camorra:

- ritrovate la vostra vera dignità di uomini, creati ad immagine di Dio, fatti per il bene. Ripudiate ogni forma di violenza. Con Cristo vi diciamo: «Convenitevi e credete al Vangelo» (Me, 1,15). Sappiate scrivere i vostri no­mi nel libro della vita e non in quello della morte.

* Alle famiglie:

- siate autentiche comunità educatrici ai veri valori della vita e della so­cietà. Amatevi e siate scuola di amore, di accogliena, di perdono, di dialogo e di rispetto. Educate i figli alla sensibilità verso i più deboli, verso gli an­ziani e i sofferenti; educateli alla verità, alla giustizia, alia generosità. Siate vere «chiese domestiche», in cui Cristo sia sempre presente come «via, verità e vita» (cfr. Gv, 14, 6).

* Agli educatori:

- la vostra esperienza di vita ispiri il vostro magistero. Fate intendere a tutti che, nella vita e per la vita, è bene e vale effettivamente soltanto ciò che suscita ed alimenta l'amore. Insegnate che vivere insieme è, e deve essere, palestra di reciproco rispetto, promozione ed affetto.

* Ai giovani:

- voi siete esposti alla tentazione della violenza e del facile benessere in una società che spesso vi offre soltanto esempi di violenza e di idolatria del benessere. Ma avete anche grandi risorse di generosità e di amore. La vita è un grande dono che ha vissuto nella fede e nell'amore. Sappiate amare i grandi ideali che costituiscono una vera storia dell'uomo, di ogni uomo, la sua grandezza e felicità. Con coraggio e lealtà, come è proprio della vostra età.

* Alle autorità e alle forze politiche:

- la vostra fedeltà al ruolo che esercitate e la vostra saggezza vi ispirino

una politica di risanamento effettivo della Campania, in cui trovino priorità le necessità ed i diritti fondamentali dell'uomo: la casa, il lavoro, i servizi so­ciali, l'istruzione per tutti. Il Mezzogiorno non deve marcire nell'assistenzia­lismo, che mortifica l'uomo e crea spazi per la violenza e per la camorra. Il vostro servizio a favore delle popolazioni, la vostra onestà e competenza, il vostro culto per la verità, la giustizia e la libertà, saranno di sprone e di so­stegno nella lotta contro la camorra ed alimenteranno la speranza fondata in un domani migliore e non troppo remoto. Le nostre genti ve ne saranno gra­te, più di quanto possa essere grata la camorra verso i dosonesti uomini pub­blici.

* Alle comunità cristiane:

- siate vere comunità di fede e di amore. Il fenomeno della camorra ci interroga in maniera perentoria sul nostro modo di essere Chiesa; oggi, in Campania, ci sfida ad essere una vera contrapposizione, una autentica pro­posta di civiltà, ad essere non solo credenti, ma credibili. Impegnamoci in una vera conversione lasciandoci formare da Cristo nella preghiera, nella Parola di vita, nei sacramenti, nella vita comunitaria, così che Cristo, per la nostra fede e il nostro amore, sia il cuore della Campania.

Rivivano le tradizioni presenti in tanta parte della nostra gente: la pace, l'accoglienza, il rispetto, la famiglia, la fedeltà.

La materna protezione della Madonna, tanto venerata nei santuari del­la nostra Regione, e l'intercessione dei nostri Santi Patroni, così cari alle no­stre popolazioni, ci sorreggano in questo impegno di rinnovamento della no­stra vita cristiana.

29 giugno 1982, Solennità dei SS. Pietro e Paolo.

Forania di Casal di Principe

(Parrocchie: San Nicola di Bari, S.S. Salvatore, Spirito Santo - Casal di Principe.

Santa Croce e M.S.S. Annunziata - San Cipriano d’Aversa

Santa Croce - Casapesenna

M. S.S. Assunta - Villa Literno

M.S.S. Assunta - Villa di Briano

SANTUARIO DI M.SS. DI BRIANO )

La morte di Peppino

"..."Chi è don Peppino?” ”Sono io”… L’ultima risposta. 5 colpi che rimbombarono nelle navate, 2 pallottole lo colpirono al volto, le altre bucarono la testa, il collo e una mano. Avevano mirato alla faccia, i colpi l’avevano morso da vicino. 1 pallottola gli aveva falciato il mazzo di chiavi agganciato ai pantaloni. Don Peppino si stava preparando a celebrare la messa. Aveva 36 anni..."

R. Saviano, da "Gomorra"