PROCESSO DIAZ - La sentenza
8. Dirigenti, funzionari e operatori delle forze dell’ordine
Dirigenti, funzionari e operatori delle forze dell’ordine
Santopolo Sandro (udienza 14/6/06)
(verbale – trascrizione)
Appartenevo al Reparto Prevenzione Crimini Calabria; eravamo circa un trentina di persone nel reparto; il dirigente era Fabbrocini Alfredo.
Dovevamo formare un cordone intorno allo stabile, perché i colleghi dovevano entrarvi per perquisirlo. Le istruzioni ci vennero date nella piazza adiacente alla Questura.
Il reparto mobile dei CC. doveva entrare e noi dovevamo occuparci di bloccare la zona per evitare che qualcuno scappasse.
Inizialmente non sapevamo quale stabile si dovesse perquisire; dovevamo seguire gli altri.
Un funzionario in borghese scaglionava le partenze.
Lasciata la macchina proseguimmo a piedi nella strada ove si trovavano i due edifici; era praticamente impossibile formare un cordone intorno agli stabili. Vi erano sulla sinistra molti colleghi e noi ci sistemammo sulla destra; ci fermammo sulla strada all’inizio degli stabili; dalle finestre vi erano molti ragazzi che gridavano contro di noi insulti di tutti i tipi; per quanto ricordo i ragazzi erano affacciati in entrambi gli stabili.
Feci una relazione di servizio soltanto qualche mese dopo, perché al momento non era necessaria in quanto non era accaduto niente di rilevante. Il dirigente mi chiese poi di redigerla, descrivendo quello che avevo fatto.
Segno sulla piantina che mi viene mostrata la posizione in cui ci trovavamo.
I colleghi stavano entrando nel cortile attraverso il cancello.
Nel filmato Rep. 239 p. 3 (min. 22,15 del contatore) (estratto), che mi viene mostrato, non si vedono le persone di cui ho detto, che erano infatti affacciate ai piani superiori.
Noi indossavamo la divisa atlantica; pantaloni, camicia con maniche corte di colore blu e giubbotto d’ordinanza in Gore Tex; avevamo il cinturone nero, casco e manganello.
Personale in divisa come la nostra ed altri in borghese con una pettorina con la scritta “Polizia” aprirono il cancello della scuola sulla destra (Pascoli) e vi entrarono.
Subito dopo un collega in borghese (con la pettorina) ci chiese di dare loro una mano perché erano in pochi.
Noi entrammo quindi dietro di loro attraverso il cancello sul lato destro; percorremmo il corridoio al primo piano, un po’ rialzato rispetto alla strada, ma non trovammo nessuno nelle stanze, che erano praticamente vuote, vi era soltanto qualche mobile; quindi scesi con alcuni colleghi, mentre altri salivano ai piani superiori.
Al piano terra, entrai nella prima stanza sulla mia destra, ove c’erano numerose persone almeno una trentina; alcuni stavano scrivendo al computer, la maggior parte era però a terra in ginocchio con le mani sopra la testa. Dissi di smettere di scrivere al computer, anche perché visto il numero delle persone presenti volevo evitare problemi per la nostra sicurezza. Due persone uscirono attraverso la finestra, quando entrai. Dissi di stare fermi, che si trattava di un’operazione di polizia e che potevano sedersi. Non credo che nessuno avesse ordinato loro di stare in ginocchio.
Non credo che prima di me e del mio collega, Cursolo Davide, fossero entrati altri colleghi, anche perché in tal caso qualcuno sarebbe certamente rimasto nella stanza. Ci trattenemmo circa quindici venti minuti. Aspettavo che arrivasse qualcuno che ci dicesse che cosa si doveva fare ed anche per aiutarci. Uscii nel corridoio e dissi ad un collega nel corridoio, che non era del nostro reparto di entrare nella stanza ad aiutare il Cursolo; cercai il mio dirigente in strada a cui riferii che eravamo entrati nella Pascoli e gli chiesi che cosa dovevamo fare. Sulla strada il mio dirigente incontrò un altro funzionario in borghese, che non conosco, con cui parlò e poi ci disse di uscire dall’edificio. Dissi al collega Cursolo di uscire e poi mi recai nella stanza vicina, ove vidi il collega Ass.te Macrone a cui dissi di uscire. Anche in tale stanza si trovavano molte persone, controllate dal solo Macrone.
Non sapevo con precisione quale fosse l’operazione di polizia in corso.
Nelle foto che mi vengono mostrate mi pare di riconoscere l’ingresso principale attraverso cui sono entrato; la stanza visibile nella foto 61 potrebbe essere quella ove si trovava l’Ass.te Macrone.
Non so quanti dei colleghi del mio reparto siano entrati nella Pascoli: saremmo stati da cinque a dieci.
Dopo essere tornato sulla strada, vidi l’arrivo di diverse ambulanze e l’uscita di feriti.
Il mio era un reparto d’appoggio a disposizione delle diverse questure; prendevamo quindi disposizioni dalla Digos e dai funzionari della Questura.
Colacicco Alessandro (udienza 15/6/06)
(verbale – trascrizione)
Appartenevo quale gregario al reparto anticrimine sezione Calabria; il capo pattuglia era l’Ag. Sc Greco Massimiliano. Ci radunammo davanti alla Questura; vi erano reparti dei CC. e della G. di F..
Il nostro capo pattuglia ci disse che dovevamo formare un cordone intorno alla scuola, dove doveva essere effettuato un controllo. Eravamo in coda agli altri mezzi. Avevamo la divisa atlantica; mi pare portassimo anche il giubbotto.
Arrivati, scendemmo dall’auto e il dirigente ci indicò la scuola intorno alla quale dovevamo formare una cintura. Con l’Ass.te Macrone e l’Ag. Sc. Greco venimmo avvicinati da colleghi in borghese che ci dissero di aiutarli per controllare alcune persone che si trovavano all’interno della scuola Pascoli. I colleghi, che erano della Digos e dello SCO, erano già entrati nella Pascoli.
Entrammo nella scuola e all’interno, mi pare nel corridoio, vidi diverse persone già allineate lungo il muro; erano molto tranquille; vi erano anche giornalisti e parlamentari. Non appena entrati da un accesso a destra li vedemmo subito. Le persone sedute ci chiesero se potevano alzarsi; mi pare che quando siamo entrati vi fosse una poliziotta. Noi ci togliemmo subito i caschi perché vi era dialogo con i presenti. Il nostro dirigente ci chiese come mai fossimo entrati nella Pascoli e alla nostra risposta di essere stati invitati a farlo da altri funzionari ci disse di uscire dalla scuola.
Alcuni mesi dopo i fatti mi venne chiesto dal nostro dirigente, dr. Fabbrocini, di stendere una relazione su quanto avevamo fatto.
Il reparto prevenzione crimine aveva il cinturone nero.
Il personale della Digos presente sul posto era in borghese. Il mio capo equipaggio mi disse che eravamo a supporto della Digos.
Greco Massimiliano (udienza 21/6/06)
(verbale – trascrizione)
All’epoca ero in servizio a Genova, quale Ag sc. del reparto prevenzione crimine di Siderno, agli ordini del dr. Fabbrocini.
Venimmo radunati presso la Questura, ove il dr. Fabbrocini ci disse che dovevamo assicurare una “cinturazione” esterna di alcuni edifici. Dovevamo seguire gli altri reparti, Digos, SCO, Sq. Mobile ed anche CC. e agire in ausilio della Digos. Eravamo in divisa atlantica.
Qualche tempo dopo i fatti, il Dr. Fabbrocini mi chiese di redigere una relazione su quanto avvenuto, che io depositai il 2 ottobre.
Quando arrivammo sul luogo, ci fermammo molto prima della scuola perché eravamo tra gli ultimi. Il dr. Fabbrocini ci disse di fare un cordone intorno alla scuola Pascoli. Le porte erano aperte ed i colleghi erano già entrati. Ne uscirono alcuni in borghese che ci chiesero di aiutarli a controllare le persone che erano state trovate all’interno, per consentire loro di controllare gli altri piani. Con me c’erano Macrone, Colacicco ed altri colleghi. Siamo entrati e nel corridoio abbiamo trovato diverse persone che apparivano del tutto tranquille, tanto che abbiamo parlato con loro e abbiamo cercato di metterle a loro agio, chiedendo anche se avessero bisogno di acqua o di qualcos’altro.
Quando siamo entrati erano in ginocchio e noi li abbiamo fatti mettere comodi. Li abbiamo trovati dopo l’angolo di un corridoio ad “elle” a cui siamo arrivati salendo qualche gradino.
I colleghi del mio reparto non mi pare che siano saliti ai piani superiori. Il nostro dirigente entrò e ci chiese come mai fossimo entrati e alla nostra risposta che ci era stato chiesto dai colleghi in borghese ci disse che avremmo subito terminato il servizio e di tenerci pronti perché saremmo andati via da lì a poco.
Ci dissero che vi erano stati scontri nell’altra scuola e che vi erano feriti cosicché, dato che le nostre auto erano le ultime, dovevamo andare via per lasciare libero il passaggio e scortare le ambulanze.
Gli agenti in divisa atlantica visibili nel filmato Rep 192.20, min 8,58 (estratto), che mi viene mostrato, dovevano essere della Questura, noi avevamo il cinturone nero. Non ricordo personale femminile; nel reparto di Siderno non ve ne era. Io non ricordo se sono stato nei luoghi che si vedono nel filmato; ricordo un corridoio con delle aule.
Quando arrivammo davanti alle scuole sulla strada, i colleghi erano se ben ricordo già entrati nel cortile della Pertini, ma non all’interno della scuola; i colleghi in borghese erano già entrati nella Pascoli.
Il dr. Fabbrocini ci disse che doveva esserci un’operazione della Questura nella scuola ed una perquisizione e che noi dovevamo organizzare una cintura intorno agli edifici. Noi eravamo a disposizione della Digos. C’erano anche reparti dello SCO (Ufficio Centrale e Sq. Mobili).
Santangelo Amedeo (udienza 21/6/06)
(verbale – trascrizione)
All’epoca ero in servizio a Genova, quale Ag sc. del reparto prevenzione crimine Calabria agli ordini del dr. Fabbrocini.
Vi fu un briefing in cui il nostro dirigente ci disse che avremmo dovuto organizzare un cordone intorno ad alcuni edifici che dovevano essere perquisiti. Ero con il Sovr. Arcuri Giuseppe e Ficarra Ferdinando. Vi erano diversi reparti, Prev crimine Calabria, volanti della Questura, reparti mobili.
Arrivati sul posto, alcuni colleghi in borghese ci chiesero di aiutarli; insieme al mio capopattuglia Arcuri entrammo quindi nella scuola Pascoli da un ingresso mi pare laterale; abbiamo trovato tutto tranquillo; c’erano parecchie persone sia nei corridoi sia nelle stanze.
Mi pare di ricordare che le persone fossero in piedi; entrai anche in una stanza ove però non c’era nessuno.
All’interno vi era personale in borghese. Vi restammo per circa una mezzora. Poiché tutto era tranquillo, siamo usciti ed abbiamo poi riferito al nostro funzionario. Probabilmente il mio capopattuglia aveva ricevuto ordini in tal senso. Quando uscimmo vidi il dr. Fabbrocini. Non mi pare sia stato il dr. Fabbrocini a dare tale disposizioni.
Segno sulla piantina che mi viene mostrato l’ingresso da cui sono entrato nell’edificio (a sinistra). Non ricordo se vi erano anche Colacicco e Mastroianni.
Indossavamo la divisa atlantica estiva con sfollagente e casco.
Non ricordo di avere scortato ambulanze o altre persone; non ricordo poi che cosa abbiamo fatto; mi pare che siamo tornati in Questura.
A settembre, su richiesta del dirigente, redassi una relazione su quanto accaduto.
Non entrai nella Diaz, c’era una certa confusione, ma io non mi sono avvicinato e non ho visto che cosa accadeva in tale istituto.
Vannozzi Anna (udienza 28/9/06)
(ex art. 210 cpp)
(verbale – trascrizione)
Ero in servizio a Genova presso la Questura, ero aggregata alla Digos; per la conoscenza della lingua inglese dovevo lavorare con la scorta a distanza del presidente Bush. Ho prestato servizio insieme a colleghi americani. La sera del 21 luglio mi trattenni in ufficio fino alle 20, seppi quindi che c’era un servizio di osservazione da fare. Mi offrii nel caso persone straniere potessero avere bisogno di un interprete di inglese. Ero con l’Ass. Padovani Maurizio e con Bassani Anacleto; vi era anche l’Ass. Pattanella Giovanni.
Il servizio doveva svolgersi presso il plesso scolastico Diaz. Io mi offrii per tradurre qualora avessero fermato qualche straniero. Ci muovemmo in colonna dalla Questura; noi eravamo quasi alla fine della colonna; sbagliammo anche strada; arrivammo in fondo ad una strada in salita, mi pare via Trento; vi erano già molti mezzi. Lì ci lasciò il collega Padovani; scesero tutti tranne lui che andò a parcheggiare.
Alla mia sinistra avevo la Pertini, alla destra la Pascoli. I reparti stavano entrando, il cancello era già aperto; qualcuno era entrato, qualcuno era ancora fuori e stava entrando. Ricordo che c’erano delle impalcature con dei ragazzi che si stavano arrampicando. Io ho perso contatto con i miei colleghi, sono rimasta ad osservare. Poi fui raggiunta da Padovani. Sentimmo gridare dall’istituto Pascoli, dai piani alti. Non avevo visto entrare personale nella Pascoli. Entrammo; dentro c’era già del personale.
Quando arrivammo, i reparti erano già in parte entrati nella Diaz ed il cancello era aperto vi erano alcune impalcature e vidi alcuni ragazzi che vi si stavano arrampicandosi.
Sentii gridare dalla scuola Pascoli. Non eravamo in divisa, avevamo solo il casco. Mi pare che la direzione del gruppo l’avesse Bassani. Il mio referente era Maurizio Padovani. Siamo entrati nella Pascoli, ove al primo piano vidi nei corridoi diversi ragazzi seduti sui lati a terra.
I colleghi all’interno erano in parte in borghese in parte in divisa atlantica, alcuni con la sola pettorina, alcuni con il mefisto (una specie di passamontagna).
Rimanemmo all’interno al massimo un quarto d’ora. Non entrammo nelle stanze interne.
Ritornammo alla macchina, ove venimmo raggiunti dopo circa mezzora dai colleghi.
Vidi che alcuni colleghi portavano una scatola con dischetti floppy, che poi vidi repertati. Non vidi alcuna videocassetta. So che venne redatta in proposito una relazione, ma non ricordo di averla sottoscritta.
Il giorno dopo ripresi servizio presso il mio ufficio.
Nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 234 p.2 min. 11,19 – estratto): riconosco soltanto la collega Garbati che indossava una tuta bianca e nera.
Sbordone Antonio (udienza 28/9/06)
(ex art. 210 cpp)
(verbale – trascrizione)
Provenivo dalla Digos di Napoli ed avevo il compito di individuare persone potenzialmente pericolose provenienti dalla mia zona tra i manifestanti; con me vi erano gli Isp. Conte e Crispino.
Erano state organizzate pattuglie miste di osservazione (cui partecipavano elementi provenienti da vari uffici e varie questure - Ufficio Prevenzione Crimine, Digos e reparto Mobile).
L’Isp. Crispino mi riferì al termine di questo servizio che, transitando davanti ad una scuola, le auto erano state circondate da alcune decine di persone che li avevano minacciati ed avevano anche lanciato contro di loro oggetti. Mi disse anche che erano stati riconosciuti come provenienti da Napoli da parte di una giovane.
Riferii i fatti al dr. Mortola che era già al corrente e che mi disse che forse si sarebbe proceduto ad una perquisizione; dopo circa un’ora mi confermò che la perquisizione sarebbe in effetti avvenuta; dissi che avevo intenzione di parteciparvi per assicurarmi della presenza di persone conosciute di Napoli.
Vi fu una riunione durante la quale venne ribadito che era necessario procedere alla perquisizione e si parlò delle sue modalità; il dr. Canterini disse che forse sarebbe stato necessario usare i lacrimogeni per entrare nella scuola, ma tale ipotesi venne scartata. Alla riunione partecipò il dr. Mortola, Murgolo, La Barbera, Gratteri, Canterini, Luperi il questore e alcuni ufficiali dei CC.
La perquisizione non venne decisa nella riunione di cui ho parlato: era già stata decisa. Si ribadì soltanto la sua necessità e si discusse delle sue modalità.
Venne deciso che all’interno della scuola sarebbe entrato per primo il reparto mobile di Roma e che i Carabinieri non sarebbero dovuti entrare.
Vi erano reparti della Digos e di varie provenienze; poliziotti in divisa atlantica ed in borghese.
A me nessuno disse che cosa avrei dovuto fare; il dr. Mortola mi disse che se volevo potevo andare anch’io e così feci per cercare di individuare persone pericolose provenienti dalla mia zona.
Ho atteso che venisse fatta l’irruzione e poi sono entrato con i miei uomini.
Ricordo che si decise di formare due colonne e di arrivare alla scuola da due direzioni diverse. Io ero sull’auto con i miei uomini.
Quando arrivammo sul posto, praticamente tutti insieme, trovammo il cancello del cortile della Diaz chiuso con una catena. Davanti al cancello vi erano già molti operatori. Sul posto vi erano per quanto ricordo il dr. Gratteri, Luperi e Mortola.
Vi era anche il Prefetto La Barbera e la cosa mi stupì, anche perché il prefetto non ha la disponibilità dei reparti operativi. Ho pensato che volesse seguire personalmente le cose.
Si cercò di aprire il cancello forzandolo e poi si utilizzò un mezzo.
Sulla strada non vidi alcun tafferuglio né persone che venivano fermate.
Credo che mi trovassi dietro agli agenti con i caschi, visibili nel filmato (Rep. 189 p. 2 min. 2,19 – estratto) che mi viene mostrato a circa una decina di metri dal cancello.
Dopo l’apertura del cancello il reparto entrò nel cortile ed io entrai dietro di loro. Non ricordo con precisione come i reparti entrarono nella scuola.
Il portone venne infine aperto e dopo circa tre o quattro minuti dall’ingresso del reparto mobile, entrai anch’io.
Non ricordo di aver sentito grida o rumori forti mentre ero nel cortile, né vidi atti di resistenza.
Entrai con due dei miei uomini, Conte e Oratorio, in un locale molto vasto ove si trovavano diversi ragazzi, alcuni seduti, altri sdraiati sul pavimento, alcuni nel sacco a pelo; vi erano gli agenti vicino ai ragazzi. La situazione sembrava del tutto tranquilla; non vi era in atto alcun atto di resistenza.
Se a suo tempo dichiarai di aver sentito qualcuno lamentarsi, evidentemente avevo un migliore ricordo; oggi avrei riferito tali lamenti ad una fase successiva.
Nella sala vi era Luperi, Gratteri e La Barbera e qualcuno dei dirigenti disse che era inutile restare tutti in quella stanza ove sembrava che i ragazzi fossero tutti “fatti”. Ebbi la sensazione che fossero ubriachi; non posso sicuramente esserne certo, ma la mia impressione fu questa.
Alcuni colleghi iniziarono a salire ai piani superiori ed io li seguii.
Vidi alcuni colleghi che spingevano con il manganello dei ragazzi per farli scendere; sentii lamenti ed in particolare ricordo un ragazzo che steso in terra urlava che non ci sentiva più. Vidi anche alcune gocce di sangue. Sentii urlare e sentii anche qualcuno che disse: “Basta, ora basta”. Il dr. Ciccimarra, della Squadra Mobile di Napoli, mi disse che aveva cercato di contenere qualche operatore che stava eccedendo, ma che era stato mandato a “quel paese”.
Nella palestra venivano controllati gli zaini alla ricerca di armi. Ciascuno faceva riferimento ai propri funzionari; non ho percepito che vi fosse qualcuno che dirigesse l’intera operazione.
Ricordo di aver visto soltanto una vanga. Quando scesi vidi sistemate in un angolo del locale palestra alcune bottiglie e forse qualche catena ed altri oggetti.
Successivamente venni a sapere che un agente era stato aggredito con un coltello mentre stava entrando nella scuola e che presentava un taglio nell’uniforme. Non ricordo altri particolari.
Ero sicuramente alle spalle del gruppo che si ammassava contro il portone, visibile nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 239 min 1,09 – estratto), ma non saprei precisare il punto esatto in cui mi trovavo.
Ho visto diversi ragazzi portati via su ambulanze, ma non su furgoni della Polizia.
Quando arrivai alla scuola Diaz le luci all’interno erano spente. Vidi soltanto una pietra lanciata verso di noi. I poliziotti tenevano gli scudi sopra la testa per difendersi da eventuali lanci di oggetti dai piani superiori: è la stessa tecnica usata per lo sgombero di edifici occupati. Il Prefetto La Barbera si oppose all’uso dei lacrimogeni anche perché avrebbe potuto comportare, come è noto, pericolo per gli occupanti.
Vidi il dr. Canterini in prima fila all’esterno della scuola; non lo vidi più all’interno della scuola. Il reparto mobile aveva il compito di prendere possesso dell’edificio; la perquisizione avrebbe poi dovuto essere effettuata da altri reparti. Non sapevo che il reparto mobile fosse stato diviso in due gruppi comandati da Mortola e Di Sarro; Canterini era il capo; gli uomini normalmente vengono messi a disposizione del funzionario della questura del posto. Il reparto mobile doveva prendere possesso dell’edificio. Ero al piano terra quando ho sentito la conversazione tra l’agente e Luperi: l’agente raccontava di essere stato aggredito al momento in cui era entrato, ho percepito che si trattasse del momento di ingresso nella scuola.
Cremonini Luigi (udienza 30/11/06)
(verbale – trascrizione)
Ero in servizio a Genova; comandavo il 4° Battaglione C.C. Veneto. Mentre ero in piazza della Commenda, verso le 22 – 22,30 chiamarono in Questura i comandanti e cioè io ed il St. Del Gais.
In Questura la riunione era già iniziata; ci dissero che all’interno della scuola Diaz vi erano alcuni black block e che vi erano stati lanci di oggetti contro una pattuglia che era passata in via De Amicis. Dovevamo quindi entrare nella scuola e verificare la presenza di black block. Alla riunione quando arrivai stava parlando il Questore. A ciascuno gruppo fu assegnato un funzionario che doveva accompagnarci sul posto, perché noi non conoscevamo la zona. In quel momento avevo inteso che saremmo dovuti entrare nella scuola anche noi insieme alla Polizia di Stato. Eravamo il mio contingente quello del reparto mobile Campania e la Polizia di Stato. Mi pare che fossero state formate due colonne; noi dovevamo seguire l’ultima colonna della polizia di Stato. Oltre ai mezzi del reparto mobile ben riconoscibili vi erano anche altre macchine Subaru civili senza scritte d’istituto e noi seguivamo queste ultime.
In teoria avremmo dovuto parcheggiare i mezzi davanti alla scuola, ma arrivati sul posto ci dissero che vi erano troppi veicoli sulla via e quindi lasciammo i nostri veicoli abbastanza lontano dall’ingresso.
Scesi, procedemmo di corsa per arrivare il prima possibile; seguivamo il funzionario che ci era stato assegnato. Quando arrivammo all’ingresso notai il cancello sfondato; entrammo nel cortile e un tenente colonnello in divisa di ordine pubblico ci disse di formare un cordone intorno al complesso scolastico. Vicino all’ingresso vi erano alcune persone, in particolare all’interno del cortile.
Mentre predisponevo il cordone, i miei uomini mi dissero che vicino al muro nei pressi del cancello vi era una persona a terra, che non avevamo visto prima, anche perché la strada non era molto illuminata. Quando arrivammo avevamo in effetti notato che c’era qualcosa a terra, ma non avevamo capito che si trattasse di una persona; abbiamo visto un’ombra.
Ho detto agli uomini di restare intorno a quella persona, ma di non avvicinarglisi ed andai nel cortile per avvisare del fatto.
Al centro del cortile vi era un funzionario in abito civile, in giacca, mi pare con un vestito completo, con la barba e i capelli corti, che mi disse che stavano arrivando le ambulanze e quindi di tornare presso i miei uomini. Riconobbi in seguito dalle foto sui giornali il funzionario, che era il dr. Gratteri. Mi sembrava che fosse già al corrente della situazione. La persona a terra era rannicchiata in posizione fetale e non se ne vedeva il volto. Quando arrivammo la zona ove giaceva la persona a terra era sgombera.
Dopo circa una decina, quindicina di minuti arrivarono le ambulanze.
Guardando il filmato, Rep. 234 p. 1 min. 6,40 (estratto) che mi viene mostrato, non sono in grado di riferire se si trattasse del mio contingente o dell’altro (battaglione Campania).
Nel filmato Rep. 172 p. 1 min. 01.45 del contatore (estratto) riconosco la persona a terra che era proprio in quella posizione. Peraltro, quando arrivammo il mezzo visibile nel filmato non c’era.
Si sentivano rumori come di vetri rotti, provenire dall’interno, ma vi era abbastanza silenzio.
I nostri contingenti erano di circa 35 persone ciascuno ed altrettanti dovevano essere i poliziotti.
L’altro contingente (Campania) arrivò dopo di noi; insieme a loro predisponemmo il cordone.
Il funzionario cui eravamo affidati scese con noi dai mezzi, ma poi lo persi di vista.
Nei pressi della scuola doveva esserci anche un altro battaglione dei Carabinieri; io chiesi anche rinforzi che arrivarono però dopo molto tempo, verso l’una.
La prima ambulanza che arrivò da mare, soccorse la persona a terra; poi arrivarono altre ambulanze che però non si fermavano presso l’ingresso della scuola, ove invece arrivavano soltanto le barelle.
Avevamo ordine di non fare entrare nessuno nell’edificio. Uno che voleva entrare era Agnoletto altri ci fecero vedere le tessere di parlamentari di Rifondazioni Comunista, altri erano avvocati, giornalisti, ma noi non facemmo entrare nessuno.
Non avevamo disposizioni circa l’edificio di fronte alla Pertini; non sapevo che si trattasse di un’altra scuola.
Non sono in grado di riconoscermi nell’ufficiale che alza il tonfa visibile nel filmato Rep. 234 p. 1 (00.25.33 del contatore – estratto) che mi viene mostrato; l’alzare il tonfa è un segnale convenzionale di avanzare che può essere dato non solo da ufficiali.
Quando nel corso dell’interrogatorio innanzi al P.M. mi venne mostrata la foto del dr. Gratteri dissi che mi sembrava di riconoscerlo, ma che non ero sicuro al cento per cento.
Mi pare di riconoscerlo al minuto 23.06 del contatore (estratto) nella persona che si volta davanti all’auto, in giacca e cravatta con la barba, e al minuto 00.24.07.08 (estratto) nel funzionario che si sta allontanando dalla Pertini; parlai con il dr. Gratteri, che teneva il casco in mano, dopo l’arrivo dei carabinieri, visibili al min 00.25.30 del contatore (estratto), e dopo aver predisposto il cordone.
Insieme alla foto del dr. Gratteri mi vennero mostrate anche le foto di altri funzionari.
Riconosco la persona con cui ho parlato in quella con la barba in giacca e cravatta, visibile nel filmato Rep. 177 p 5, min 7,49 (estratto).
Caldaci Giuseppe (udienza 6/12/06)
(verbale – trascrizione)
La sera del 21 luglio ero di turno presso il parco dell’Acquasola. Verso le 23 venni chiamato dal dr. Salvo, che mi disse di raggiungerlo in Questura. Il dr. Salvo ci disse di muoverci con urgenza per effettuare un servizio che doveva svolgersi in una scuola ove si trovavano degli anarchici. Ero il responsabile del contingente dei CC della Scuola di Torino. Vi era anche il reparto mobile di Bologna, che era affidato al dr. Bordesano, funzionario della Questura, ed il reparto mobile di Roma
Non mi venne comunicata l’esatta natura del servizio. Non sapevo chi dirigeva l’operazione né con precisione che cosa dovessimo fare.
Utilizzavamo un autobus molto lento ed arrivammo quindi per ultimi alla scuola; posteggiammo piuttosto lontano perché la strada era già occupata da molti mezzi e persone. Quando arrivai vidi e sentii che all’interno della Diaz si stava svolgendo l’operazione, mentre fuori si erano radunate molte persone che inveivano e protestavano. Organizzai un cordone; vidi poi il dr. Gratteri ed il dr. Luperi, che conoscevo, cui riferii che avevo organizzato un cordone, prima dell’ingresso del cortile della Pertini. Da loro non ricevetti particolari disposizioni.
Se non ricordo male vi era un altro reparto dei Carabinieri schierato oltre l’ingresso delle due scuole.
Non ho partecipato alle operazioni all’interno delle scuole; all’interno della Pertini operava il reparto mobile di Roma. Nel cortile, per quanto ricordo, vi erano pochi uomini, mi pare che la maggior parte si trovasse all’interno della scuola. Ho continuato a mantenere la mia posizione impedendo l’ingresso di persone non autorizzate.
Con il reparto mobile di Roma vi era il dr. Fournier, che conoscevo personalmente, ed il loro dirigente dr. Canterini. Conoscevo il dr. Troiani, ma non ricordo di averlo visto sul posto e non sapevo che fosse impegnato in quel servizio.
Dopo circa una ventina di minuti dal mio arrivo gli operatori iniziarono ad uscire; io quindi entrai al piano terra, più che altro per curiosità, quando iniziò ad arrivare il personale sanitario. Vi erano diverse persone, alcune decine, con evidenti ferite al volto e alla testa, sedute per terra; il personale in borghese stava controllando le borse e gli zaini.
Vidi gli stessi dirigenti di cui ho detto che entravano ed uscivano dalla scuola. Non ricordo di aver visto dirigenti dare ordini al personale; ricordo che il dr. Gratteri diede qualche disposizione circa l’avvicinamento dei mezzi ed il trasporto dei feriti.
Quando arrivai, per quanto ricordo, non vi erano mezzi davanti al cancello. Ero in divisa; indossavo un casco opaco e una cintura scura. Alla fine delle operazioni notai un certo trambusto vicino al portone dell’edificio ed un signore che cercava di entrare trattenuto dal personale; questo signore mi strappò i gradi dalla divisa e dicendo “questi li tengo io”, se li mise in tasca; seppi poi trattarsi dell’On. Mantovani. Non ritenni di fare nulla in proposito per evitare ulteriori incidenti.
Non ricordo di aver visto persone ferite a lato del cancello come appare nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 239 p 3 min. 22 15 contatore - estratto), ricordo soltanto una gran confusione; dalla scuola opposta lanciavano anche qualche oggetto, alcune bottiglie, contro di noi.
Il Sottotenente che comandava il contingente di Torino faceva riferimento a me quale funzionario della Questura.
Il settimo nucleo di Roma aveva la mia stessa divisa da ordine pubblico, in più avevano il nuovo manganello del tipo tonfa.
Diedi disposizioni al mio contingente di chiudere la strada e di non fare entrare nessuno. Vi furono diverse persone che si qualificavano o come medici, tra cui il dr. Agnoletto, o come euro parlamentari, in particolare una donna, o come giornalisti o avvocati, che chiedevano di entrare.
Il dr. Murgolo era presente presso la Diaz, ma non ricordo di averlo visto dare disposizioni; lo vidi parlare con altri dirigenti.
Non ricordo di aver sentito il dr. Gratteri parlare con giornalisti, dicendo che un poliziotto era stato accoltellato, ma se a suo tempo lo dichiarai probabilmente avevo un ricordo migliore.
Mi riconosco nel funzionario con il casco e gli occhiali visibile nel filmato Rep. 70 p. 1 min. 2,1 (estratto)
Il contingente dei CC. di Torino era di trenta persone.
Piccolotti Maurizio (udienza 31/1/07)
(verbale – trascrizione)
Nella giornata del 21 il compito che mi era stato assegnato sostanzialmente prevedeva uno sbarramento in Corso Marconi all’altezza di Piazza Rossetti, per impedire che eventuali facinorosi potessero procedere nella direzione della Fiera del Mare dov’era stata organizzata la, diciamo, cittadella delle forze dell'ordine e che potessero eventualmente accedere verso Viale Brigate Partigiane e quindi avvicinarsi al centro.
Iniziammo i servizi verso metà mattinata e inizialmente non avvenne nulla. Verso le 13.00 - 13.30 si cominciarono a formare delle masse consistenti che cominciarono prima a fronteggiare lo schieramento a distanza e poi a bersagliarlo di corpi contundenti ed altro.
Questa aggressione fu via via sempre più violenta, inizialmente soltanto sassi, bottiglie, successivamente con lancio più ravvicinato anche petardi, bombe carta, oggetti incendiari, fumogeni eccetera. Le violenze cominciarono a scaricarsi anche sui veicoli che erano parcheggiati nella zona, cassonetti ed altro; fu creata una barricata con diverse vetture incendiate al centro della carreggiata e alcune in un secondo tempo sotto edifici, dove fra l’altro furono distrutti anche alcuni uffici.
I miei collaboratori erano il dr. Caprio, il dr. Guaglione ed il dr.Azzolini.
La sera stessa stilai una relazione sui fatti avvenuti nel corso della giornata, che riconosco in quella che mi viene mostrata. Riportai succintamente un episodio avvenuto nel corso del pomeriggio. Verso le 18 - 18,30 erano state disposte due cariche ed era avvenuto un contatto con i facinorosi circa all’altezza dei bagni di Punta Vagno. Le frange si allontanarono e noi rimanemmo nella posizione; quindi venne disposto che tornassimo sulle posizioni precedenti arretrando a scacchiera. In questa circostanza nel guardare tra le cose rimaste sulla strada il dr. Guaglione rinvenne e mi mostrò due bottiglie incendiarie contenute in un sacchetto di nylon, di quelli della spesa; si trattava di normali bottiglie cilindriche da vino con uno stoppino inserito nel collo che fuoriusciva; non feci particolare attenzione alle etichette. Il tipo e l’odore di benzina mi fecero classificare le due bottiglie come molotov; non feci nessun controllo sul liquido che contenevano.
Il dr. Guaglione tenne i due reperti per poi depositarli; non gli dedicai particolare attenzione, trattandosi di una cosa normale in servizi di quel tipo. Il dr. Guaglione mi disse di averli rinvenuti in un’aiuola; mi mostrò le bottiglie, estraendole per pochi secondi da un sacchetto.
Vidi diverse foto di bottiglie molotov sequestrate: le prime due foto che mi vengono mostrate oggi (n. 1 e 2) si riferiscono al tipo di bottiglie che avevo visto e descritto.
Se non ricordo male il colore dello stoppino era chiaro: fuoriusciva dal collo delle bottiglie e odorava di benzina. Quando mi vennero mostrate le fotografie ebbi l’impressione che fossero state chiuse con cellophane per evitare che il liquido evaporasse; non mi pare che fossero chiuse al momento in cui le vidi, anche perché non avrei percepito l’odore di benzina.
Le bottiglie rimasero nella disponibilità del dr. Guaglione.
Il dr. Guaglione era vice questore, grado equivalente a quello di tenente colonnello e quindi difficilmente provvedeva direttamente alle relazioni e all’attività conseguente al reperimento, che assai probabilmente, di norma, delegava ad altri.
Dopo aver terminato il servizio verso le 20 – 20,30 ritornai in Questura, ove iniziai a stilare la mia relazione sui fatti accaduti, come mi era stato richiesto o dal capo di gabinetto o dal suo vice.
Mentre stavo scrivendo la relazione, verso le 21 – 21,30, giunse il dr. Guaglione con il quale individuammo il punto ove eravamo arrivati; menzionai anche il ritrovamento delle molotov, su richiesta dello stesso dr. Guaglione.
In quell’occasione il dr. Guaglione accennò di aver consegnato le molotov ad un funzionario, il dr. Donnini, che era passato su un mezzo, e mi chiese di indicare tale circostanza nella mia relazione; gli dissi che era un compito di sua competenza, anche perché ero più preoccupato per l’incendio di un mezzo.
Terminai di redigere la mia relazione verso mezzanotte; il dr. Guaglione era già andato via da tempo. In precedenza il dr. Salvo mi aveva chiesto se fossi disponibile ad assumere la direzione di un altro servizio di ordine pubblico, ma poiché ero molto stanco dissi di cercare un altro funzionario. Nell’ufficio in cui mi trovavo non notai nella serata particolari movimenti o agitazione.
Il dr. Donnini giunse in corso Italia insieme al Questore e si trattennero molto poco perché si recarono più avanti ad accertarsi di quanto era accaduto.
Il giorno dopo eravamo ancora a disposizione del Questore di Genova e al pomeriggio vi fu una riunione con i ringraziamenti ed i saluti.
Successivamente non vidi fotografie delle bottiglie se non sulla stampa.
Per quanto ricordo confermo quanto dichiarai a suo tempo al Procuratore della Repubblica di Firenze e al dr. Zucca circa il fatto di aver visto le bottiglie all’interno di un sacchetto e di non averne quindi notato le etichette, anche perché all’epoca la mia memoria era più fresca. Si vedeva che vi erano le etichette ma non ebbi modo di notarle con precisione.
Confermo che riguardando le fotografie ebbi l’impressione che il nastro di chiusura ed il nailon fosse stato apposto successivamente e non fosse invece presente quando le vidi la prima volta; non attribuii particolare importanza a dette bottiglie e quindi non feci molta attenzione alla loro condizione.
Non vidi più le bottiglie, ma soltanto le fotografie.
In un primo tempo non mi ricordavo che il dr. Guaglione mi avesse chiesto di inserire nella mia relazione l’avvenuta consegna delle molotov; successivamente focalizzai i miei ricordi e riferii tale circostanza. Venni più volte sollecitato in proposito dal P.M..
Donnini Valerio (udienza 31/1/07)
(verbale – trascrizione)
Ero il dirigente di una task force che doveva interessarsi del coordinamento operativo e logistico della polizia di stato. Vi fu in proposito un decreto del Ministero, del direttore generale della polizia di stato. Avevamo il compito di reperire i posti letto, le mense ecc. Tra i miei collaboratori vi era il dr. Troiani. Era stato inviato alcuni giorni prima; eravamo a disposizione anche per compiti operativi. Vi era anche l’Ass. Burgio del reparto mobile di Roma, svolgeva l’incarico di autista; lo svolse anche per il dr. Troiani.
Il 21 luglio ero nel mio ufficio quando sentii sirene e rumori e affacciatomi vidi che erano partiti diversi reparti. Scesi per vedere che cosa stesse accadendo; incontrai il dr. Murgolo che mi disse che stavano caricando il corteo; cercai quindi di raggiungere i reparti. Raggiunsi la testa del contingente e poi contribuii a farli ritornare indietro.
In questi frangenti venne da me il dr. Guaglione che mi mostrò una busta con due bottiglie incendiarie. La busta di plastica mi pare fosse celestina, piuttosto sporca, e conteneva due bottiglie classiche da vino; emanavano un forte odore di benzina; non ricordo se avevano un’etichetta. Mi disse che erano state trovate nascoste in mezzo ad un cespuglio. Mi trovavo vicino ai mezzi del nostro contingente; ero sul marciapiede e i cespugli erano sulla mia destra; ebbi l’impressione che il dr. Guaglione le avesse trovate da qualche minuto; le guardai e le annusai sommariamente. Mi pare che poco più avanti vi fosse un locale, un ristorante.
Presi il sacchetto e guardai le bottiglie, rendendomi subito conto che si trattava di bottiglie incendiarie; non le presi in mano. La mia attenzione era principalmente rivolta a calmare gli animi e non ricordo quindi molto di quanto mi disse il dr. Guaglione; riposi il sacchetto con le bottiglie sul sedile posteriore di un nostro mezzo, un Magnum fuoristrada, che era guidato da Burgio. Le bottiglie erano tappate, ma non ricordo come. Mi parve di favorire il collega consentendogli di riporre le bottiglie sul mezzo.
Dopo mi allontanai insieme al Questore che era giunto sul posto e non ebbi più contatti con il dr. Guaglione. Successivamente, ritornato in Questura, venni chiamato dal Questore che mi disse di organizzare alcuni pattuglioni per bloccare eventuali persone violente.
Per rientrare alla “cittadella” alla fiera utilizzai il Magnum condotto da Burgio; sul mezzo non vi era nessun altro, non feci caso alle bottiglie, i miei pensieri erano rivolti al reperimento del personale per i pattuglioni. Saranno state le 17,30 - 18. Non ricordo che l’agente Burgio mi abbia chiesto qualcosa sulle bottiglie.
Chiamai Troiani e gli dissi di reclutare il personale del reparto mobile, venti trenta persone, per formare alcune squadre per organizzare i pattuglioni con Magnum blindati. Mi pare che vennero reperiti circa una ventina di persone dei reparti mobili di Roma e forse di Napoli.
Non ebbi poi più alcun contatto con il dr. Troiani. Non ricordo le telefonate con il dr. Troiani che risultano dai tabulati: probabilmente mi riferiva quanto stava facendo.
Verso le 21, mentre eravamo a cena, ricevemmo una telefonata dal Questore che chiedeva cento, centocinquanta uomini per un’operazione urgente. Gli feci presente che era assai difficile reperire il personale richiesto ed il Questore mi parlò del VII nucleo di Roma. Vicino a noi cenava il dr. Canterini, cui chiesi se poteva assumere l’incarico. Il dr. Canterini si disse disponibile ed io così richiamai il Questore, dicendogli che avevo trovato il personale; poiché non raggiungevamo il numero richiesto, il Questore disse che avremmo utilizzato anche alcuni reparti dell’Arma.
Seppi successivamente che il dr. Troiani si era posto a disposizione del dr. Caldarozzi per i pattuglioni e che un pattuglione aveva subito un’aggressione.
Il dr Troiani partecipò all’operazione della Diaz come tutti gli altri e dopo seppi che era stato incaricato della cinturazione del complesso.
Non ricordo che qualcuno mi abbia informato degli avvenimenti della notte; soltanto la mattina successiva un funzionario della polizia francese che io conoscevo mi chiese che cosa fosse accaduto nella notte.
Incontrai il dr. Canterini cui chiesi notizie sull’operazione della Diaz e che mi disse che loro non c’entravano nulla e che non avevano fatto niente.
Nell’estate 2002 incontrai il dr. Troiani, che era stato chiamato a Genova per testimoniare, con il quale parlai superficialmente del ritrovamento delle bottiglie molotov, di cui avevano parlato i giornali. Io gli dissi che due bottiglie erano state trovate in viale Kennedy sul lungomare. Probabilmente parlai di “quelle” bottiglie, perché i giornali ne avevano parlato, facendo riferimento al Magnum su cui erano state riposte.
Probabilmente, nel corso dell’interrogatorio innanzi al P.M, ho visto la fotografia (120 43 pz) che mi viene mostrata,.
Sono arrivato ad identificare Burgio quale autista del mezzo sul quale avevo riposto le molotov in seguito alle stesse dichiarazioni rese da lui.
Il sacchetto visibile nel filmato Rep. 199 min. 8,55 (estratto) è dello stesso tipo di quello in cui si trovavano le due bottiglie molotov.
Giandomenico Angelo Vito (udienza 1/2/07)
(verbale – trascrizione)
All’epoca ero l’autista del dr. Guaglione. Il pomeriggio del 21 eravamo sul lungomare e durante le operazioni di contenimento dei dimostranti rastrellavamo anche la zona per recuperare gli arnesi utilizzati dai no global: bottiglie, bastoni, bombe. Vi era stata una fase di scontri nella quale era stato impegnato il nostro contingente. La raccolta dei reperti veniva eseguita man mano che si avanzava. Venne trovato dai ragazzi del reparto mobile un sacchetto di plastica con due bottiglie, che emanavano un forte odore di benzina; tale reperto venne consegnato al dr. Guaglione ed io quindi lo vidi e sentii l’odore di benzina. Vi era sulla destra, verso mare, un locale un bar ed una montagnetta con un grande cespuglio, ove si trovavano i dimostranti che lanciavano tutto ciò che trovavano; in tale cespuglio venne reperito il sacchetto.
Davanti vi erano agenti a piedi e dietro vi erano i mezzi.
Si affiancò una macchina, un fuoristrada più alta delle altre con le insegne d’istituto, probabilmente un Magnum, sul quale vi era un Primo Dirigente (in divisa con le stellette), che io non conoscevo e l’autista; il dr. Guaglione gli consegnò il sacchetto con le bottiglie, che, per quanto ricordo, vennero subito riposte sul sedile posteriore. Avevamo necessità di lasciarle perché, dovendo continuare il servizio, non potevamo portarle con noi. Le bottiglie sembravano artigianali con un stoppino di stoffa che scendeva di lato ed il nastro adesivo intorno al collo che le chiudeva.
Nel filmato Rep. 164.149 p. V, min 12,01 (estratto) riconosco il dr. Guaglione di spalle con una camicia blu e pochi capelli, più alto degli altri. Le immagini si riferiscono ad un momento posteriore al ritrovamento delle bottiglie.
Il mezzo su cui vennero riposte le bottiglie era uguale a diversi altri e quindi non potevo distinguerlo.
Le bottiglie erano a collo lungo da 0,75 litri.
Se a suo tempo dichiarai che il sacchetto di plastica era bianco, probabilmente avevo un ricordo migliore. Si trattava di un sacchetto della spesa di plastica e come già dissi, probabilmente era bianco; non sono certo del colore del sacchetto, era chiaro.
Le bottiglie visibili nella foto che mi viene mostrata (120 43 pz) sono dello stesso tipo di quelle che vidi nel sacchetto, ma per quanto ricordo non c’era la plastica intorno al collo ma soltanto il nastro adesivo; non ricordo le etichette.
Non credo proprio che il sacchetto visibile nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 199 min. 8,55 - estratto) sia quello che ho visto, non gli assomiglia per nulla: il colore è diverso, è più scuro.
Le bottiglie erano dello stesso tipo di quelle raffigurate nel filmato Rep. 191 min. 10,14 (estratto).
Sgalla Roberto (udienza 8/2/07)
(verbale – trascrizione)
Ero e sono responsabile dell’ufficio relazioni esterne. Al termine della manifestazione fui allertato dal Questore, in vista di una prossima operazione, mentre stavo recandomi a cena con alcuni collaboratori tra i quali il dr. Viola; verso le 23 ricevetti un’altra chiamata dal Questore che mi chiedeva di avvertire i giornalisti, perché nella scuola Diaz era in corso un’operazione di perquisizione a carico di black block. Abbiamo contattato Pino Scaccia del TG 1, Pastanella del TG 5, ed altri giornalisti, ai quali abbiamo detto che era in corso un’importante operazione.
L’autista ci portò alla scuola, ove arrivammo quando l’operazione era praticamente conclusa, verso mezzanotte. Lasciammo la macchina a qualche centinaio di metri dalla scuola; davanti alla scuola vi era il cancello aperto; nel cortile sulla destra vi era schierato il reparto mobile, sulla sinistra vi erano diversi funzionari; mi fecero notare che in terra vi erano pezzi di marmo; entrati nella scuola mi fecero vedere diversi oggetti, mazze, bandiere ecc. rinvenute all’interno, nonché un giubbotto antiproiettile con un taglio. Vi era il dr. Mortola, il dr. Luperi, il Pref. La Barbera, il dr. Murgolo, con i quali parlai degli oggetti ritrovati, mi pare vi fosse anche il dr. Gratteri. Nel cortile erano presenti anche altri funzionari: il dr. Canterini sulla destra ed il dr. Dominici.
All’interno gli oggetti rinvenuti erano posti su una coperta; vi erano ragazzi appoggiati al muro, vi erano feriti, con evidenti lesioni e sangue; ho ritenuto che si trattasse di lesioni conseguenti ad una resistenza. Mi era stato detto, appunto, mostrandomi gli oggetti di cui ho detto, pezzi di marmo, corpetto tagliato, che vi era stata una forte resistenza.
Se a suo tempo dichiarai che mi era stato detto che alcuni erano stati feriti mentre resistevano alle forze dell’ordine e che altri avevano invece ferite pregresse, evidentemente ricordavo meglio i fatti.
Parlai con i giornalisti, dicendo che vi era stata resistenza e che alcune ferite erano pregresse.
Nell’androne della scuola vidi ragazzi in condizioni tali che potevano far presumere che alcune ferite fossero pregresse.
Attualmente non ricordo con precisione che cosa dissi ai giornalisti circa gli oggetti rinvenuti: se all’epoca dichiarai di aver parlato soltanto di sequestri di indumenti (maglie nere, croci) e materiale vario senza specificarlo, certamente così è stato.
Mi dissero che tutti coloro che si trovavano nella scuola erano stati identificati e che sarebbero stati denunciati; non mi dissero che sarebbero stati arrestati.
Vidi anche due bottiglie molotov, che il mattino dopo vennero infatti mostrate in una conferenza stampa. Non menzionai il ritrovamento delle due bottiglie ai giornalisti nella notte. Sul piano della comunicazione mi parve più importante accentrare le notizie sugli indumenti rinvenuti, piuttosto che su altro materiale e sulle bottiglie molotov.
Andai poi a dormire e il mattino dopo predisposi il comunicato ai giornalisti, insieme al mio collaboratore, dr. Mortola, e quindi lo sottoposi al Pref. Andreassi; vennero poi chiamati i giornalisti; gli oggetti rinvenuti e sequestrati furono disposti su un tavolo e venne letto il comunicato; non si trattò di una vera conferenza stampa; si ritenne infatti che fosse sufficiente la semplice visione degli oggetti rinvenuti.
Nel filmato (Rep. 234 p. 2, min 4,20 - cont. 31.01 - estratto) che mi viene mostrato, mi riconosco insieme alle altre due persone, dr. Viola e dr. Pignarosa; è il momento in cui siamo arrivati.
Mi riconosco anche nel filmato Rep. 199, min. 5,10 (estratto); come ho detto si vede nel cortile sulla destra il reparto mobile schierato.
Nel filmato Rep. 164.159 p. 2, min 4,55 (estratto) mi riconosco nella persona che parla con i giornalisti.
Quando arrivai entrai nell’edificio accompagnato da alcuni funzionari; quindi uscii e poi incontrai i giornalisti. Non mi sono posto il problema se i pezzi di marmo che mi erano stati indicati fossero stati sequestrati. Non ricordo su che cosa erano posti gli oggetti rinvenuti; erano ordinati e disposti in fila; un operatore mi fece vedere un giubbotto tagliato all’altezza dello sterno; oggi non ricordo se vidi l’agente che indossava il giubbotto, ma se a suo tempo lo dichiarai evidentemente avevo un ricordo migliore. Non mi disse che era stato trovato un coltello. Vidi anche le due molotov che erano poste dritte.
Il filmato Rep. 191 min. 10 (estratto) riproduce la conferenza stampa alla Questura il mattino successivo.
Vedendo il coltello poggiato sulla giacca tagliata (min. 12,35 - estratto) non ebbi dubbi che si trattasse del coltello con cui era stato colpito l’agente.
Non so chi abbia preso l’iniziativa di portare le bottiglie molotov sul tavolo.
Le notizie che ho dato al telegiornale erano quelle al momento in mio possesso, se poi si sono rivelate non corrette rientra nell’ordinario.
Viola Mario (udienza 8/2/07)
(verbale – trascrizione)
All’epoca ero all’ufficio relazioni esterne ed ero venuto a Genova insieme al dr. Sgalla.
Verso mezzanotte del 21, mentre eravamo in una pizzeria il dr. Sgalla ricevette una telefonata dal Questore dr. Colucci, che lo informava di un’operazione di polizia che si stava svolgendo presso la scuola Diaz, ove era stata individuata la presenza di black block, e disse che avremmo dovuto avvertire qualche organo di stampa per eventualmente comunicarne gli esiti positivi. Feci quindi alcune telefonate a giornalisti (Pino Scaccia del TG 1; Filippo Nanni del GR Rai; Alberto Pastanella del TG5; Maurizio Crovato del TG2), con cui avevo preso contatto nei giorni precedenti, e quindi ci recammo presso la scuola Diaz. Ricordo che era circa mezzanotte, ma poteva essere anche un po’ prima. L’auto ci lasciò nello slargo prima della scuola, proseguimmo a piedi e sulla sinistra vi era la scuola; ero insieme al dr. Sgalla e al dr. Pignarosa
Quando arrivammo non c’era una situazione di gran confusione; mi preoccupai di ricevere le telefonate dei giornalisti che avevo avvertito e che stavano arrivando; andai incontro a Pino Scaccia, che aveva qualche difficoltà a trovare la scuola; rimasi quindi ad aspettarlo, scendendo lungo la strada e girando poi in una via che scendeva a destra, per circa un quarto d’ora. Per quanto ricordo nel cortile, quando passai, vi erano operatori di polizia. Incontrato Scaccia, rifeci la strada che trovai occupata da molta gente e da ambulanze. La situazione era diventata molto movimentata; c’era una squadra di poliziotti e carabinieri che si erano schierati fuori dalla scuola. Rimasi per lo più sulla strada, mentre il dr. Sgalla era nel cortile e parlava con alcuni funzionari; ricordo che erano presenti il dr. Luperi, il dr. Gratteri il dr. Caldarozzi, che conoscevo perché di Roma; vi erano anche altri funzionari che non conoscevo, mi pare vi fosse il Pref. La Barbera. Vidi alcuni feriti che venivano portati fuori dalla scuola su lettighe delle ambulanze.
Il dr. Sgalla rilasciò qualche intervista, mi pare una radiofonica. Vi erano persone con il microfono che chiedevano informazioni. Ricordo che il dr. Sgalla uscì dalla scuola e parlò con alcuni giornalisti di cui qualcuno aveva un microfono in mano. Spiegò che erano stati trovati indumenti neri, mazze, spranghe di ferro ed altri oggetti contundenti, che potevano essere ricondotti ai black block. Si avvicinò anche il regista Tognazzi che chiese notizie.
Nel filmato Rep. 164.159 p. 2, min 4,55 (estratto), che mi viene mostrato, mi riconosco insieme al dr. Sgalla; sono io che dico: “No ragazzi ..”; stavo chiedendo di non effettuare riprese, perché non si trattava di informazioni ufficiali.
Non ricordo se il dr. Sgalla parlò di bottiglie incendiarie; non mi pare, ma non posso affermarlo con certezza. Venni informato successivamente del ritrovamento delle bottiglie molotov, probabilmente mentre stavamo rientrando in Questura. Seppi anche, ma non riesco a ricordare in quale momento, che una pattuglia nella serata era stata oggetto di un’aggressione nei pressi della scuola, fatto che poi era stato uno dei motivi dell’operazione.
Altro episodio importante di cui ho avuto notizia riguarda un corpetto con un taglio; non vidi né il corpetto né l’operatore che aveva subito l’aggressione.
Rimanemmo circa due ore, fino al termine delle operazioni. L’Isp. Pignarosa salì su un’auto e il dr. Sgalla ed io salimmo poi su un’altra e rientrammo in Questura; non entrai negli uffici, rimasi all’esterno in attesa del dr. Sgalla.
Il giorno dopo fui presente alla conferenza stampa; ricevetti alcuni giornalisti che accompagnai all’interno. Venne preparato un tavolo sul quale venne posto il materiale sequestrato (non so se tutto). Era stato predisposto un comunicato stampa che venne letto. Ricordo che alcuni giornalisti formularono alcune domande circa gli oggetti sequestrati, e mi pare che le risposte vennero date dal dr. Sgalla. Non ricordo se si fece riferimento a feriti.
Confermo che quando arrivai vidi in terra nel cortile della Diaz pietre o calcinacci, bastoni ecc. La domanda mi venne riproposta diverse volte dal P.M. ed io confermai la presenza del materiale di cui ho detto, che per quanto ricordo si trovava principalmente tra la scaletta d’ingresso ed il muro a sinistra, guardando il portone.
Ricordo che mi venne chiesto se vi fosse un cantiere e fossero in corso lavori di ristrutturazione
Mi venne mostrata la foto n. 4 e alla domanda se il materiale da me visto potesse essere in relazione ai lavori di ristrutturazione risposi affermativamente.
Successivamente venni a sapere che vi erano stati lanci di pietre sugli operatori e così ricollegai i due fatti.
Pignarosa Fabio (udienza 14/2/07)
(verbale – trascrizione)
Ero addetto con il mio direttore dr. Sgalla alle relazioni esterne e al cerimoniale.
Mentre eravamo a cena con il dr. Sgalla ed il dr. Viola arrivò dal Questore, dr. Colucci, una telefonata verso le 23,30 o 23,45 che avvertiva il dr. Sgalla dell’operazione in corso e gli chiedeva di prendere contatti con i giornalisti.
Arrivammo alla Diaz verso la mezzanotte; ci lasciarono qualche centinaio di metri prima e quindi proseguimmo a piedi. Ricordo che la strada era piena di gente; vi era un cordone di polizia che tratteneva le persone; mi pare di ricordare che vi era un giornalista, Pino Scaccia del TG1.
Nel filmato (Rep. 234 p. 2 min. 05,05 - estratto) mi riconosco, sono insieme ai miei superiori e stiamo attraversando la strada.
Quando arrivammo la perquisizione era terminata; ricordo che vi erano feriti che venivano trasportati.
Entrai nella scuola dietro al dr. Sgalla e vidi che in terra erano disposti diversi oggetti, tra i quali ricordo in particolare una mazza di ferro. Vi erano magliette e passamontagna neri, bastoni.
Erano presenti all’interno della scuola alcuni funzionari, che non conoscevo. All’esterno, se ben ricordo, vidi il dr. Gratteri, Caldarozzi ed il Pref. La Barbera.
Nel filmato Rep. 199 min. 9,38 (contatore 23 42 00 - estratto) mi riconosco; sono insieme al mio direttore, al dr. Gratteri ed al dr. Caldarozzi. Confermo che erano all’interno della scuola.
Non ho visto bottiglie incendiarie né ho saputo alcunché in proposito.
Non ero presente alla conferenza stampa del mattino dopo.
Vidi portare via con le ambulanze i feriti; vi era molta agitazione; qualcuno cercò di entrare nella scuola, tra questi ricordo il dr. Agnoletto, ma vennero fermati. Erano tutti piuttosto agitati, urlavano.
Verso le due meno un quarto ritornai alla Questura, ove rimasi all’esterno in attesa dell’uscita del direttore e del funzionario.
Quando uscii dalla scuola ed ero presso la cancellata, mi cadde vicino una bottiglia che non so da dove sia stata lanciata; ho sentito rompersi il vetro; non ho visto altri lanci di oggetti.
Se dichiarai di aver visto lanci di oggetti e di una bottiglia, lo confermo.
Non ho guardato in terra nel cortile e non ho fatto caso alla presenza di oggetti, sassi o bottiglie.
Gli oggetti rinvenuti e sequestrati erano disposti in ordine, ma non ricordo se fossero su un telo nero.
Vidi il Pref. La Barbera dopo un po’ di tempo, non quando arrivai. Ricordo di aver visto un filmato in cui appariva il dr. La Barbera, mi pare di averlo visto mentre usciva.
Pifferi Lucio (udienza 22/2/07)
(verbale – trascrizione)
Ero all’epoca e sono tuttora dirigente Digos di Padova.
La sera del 21 eravamo a cena a Nervi insieme ai colleghi di Venezia.
Verso le 23 - 23,30 ricevetti una telefonata dall’Ass. Fabio Bezzon che mi avvertiva dell’operazione presso la Diaz; mi disse che vi erano stati diversi arresti e che vi era impegnato numeroso personale.
Apprendo che l’ora delle telefonate, che risulta dai tabulati, è successiva alle ore 24: evidentemente il mio ricordo dei tempi è erroneo.
Ritenni opportuno avvicinarmi ai luoghi. Ci perdemmo per le strade di Genova, ma poi aiutati da un collega di Padova, che incontrai nei pressi della Questura, riuscimmo a raggiungere l’istituto scolastico.
Giunti sul posto verso la mezzanotte e trenta, mezzanotte e quarantacinque, e lasciata l’auto ad una certa distanza, scendendo lungo la strada, vidi numerose persone davanti alla scuola e reparti delle forze dell’ordine; vi era molta agitazione.
Mi pare di riconoscermi nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 234 p. 2, min. 23,42 del contatore – estratto) nella persona con il giubbotto bianco; ero insieme ad altri funzionari del mio ufficio, l’Ass. Catania e mi pare il dr. Filocamo.
Incontrai sulla strada nei pressi del cancello il dr. Mortola, che mi mise al corrente dell’operazione e mi disse che c’era molto materiale rinvenuto all’interno da preparare per la repertazione.
Mi pare vi fosse anche il dr. Murgolo e il dr. Gratteri, che peraltro all’epoca non conoscevo. Vi era personale che entrava ed usciva dall’edificio. Ritengo che l’incarico di preparare il materiale sia stato dato oltre a me anche alla dr.ssa Mengoni.
Entrai quindi nella scuola insieme all’Ass. Catania. Non avevo l’incarico di repertare, ma soltanto di raccogliere ed organizzare il materiale in modo che la scientifica potesse esaminarlo. Vi era molta confusione.
Dal portone entrai in un corridoio che separava l’ingresso dalla palestra; sulla sinistra, ammucchiati contro la parete vi erano molti oggetti, bastoni, mazze, coltelli, vi erano anche le due bottiglie molotov di cui poi si è parlato molto, che erano alla base del muretto, a vista, erano parzialmente piene di liquido ed avevano intorno al collo un rivestimento di nastro adesivo cellophane e stoffa; erano confezionate come bottiglie molotov.
Nella foto n. 18 riconosco la palestra; gli oggetti erano ammucchiati nel corridoio che corre accanto alla palestra; nella foto n. 15: si vede il corridoio; il materiale era a terra oltre alla colonna centrale.
Le bottiglie erano come quelle visibili nella foto; a mio parere erano pronte all’uso e costituivano i reperti più importanti, data la loro pericolosità.
Vi era anche uno striscione, un drappo di colore nero, appallottolato; con la dr.ssa Mengoni lo srotolammo e iniziammo a porvi sopra gli oggetti.
Non ricordo se vi fossero altri funzionari.
Lo striscione di cui ho detto può essere quello che si intravede stendere dietro l’ingresso nel filmato (Rep. 199 min 9,12 - estratto).
Il dr. Mortola modificò poi l’incarico che mi aveva dato e visto che vi era all’esterno una forte contestazione, mi disse di raggruppare tutto il materiale, che sarebbe stato successivamente repertato presso la Questura. Il materiale venne quindi raccolto nello striscione.
Le bottiglie molotov furono immediatamente affidate all’Ass. Catania, data la loro pericolosità.
Nel filmato (Rep.174 p.1 min. 2,50 - estratto) mi riconosco al centro con il giubbotto bianco; sulla mia sinistra riconosco l’Isp Maiorana e dietro di me vi sono l’ass. Pezzon (a sinistra in primo piano con maglietta bianca e giubbotto) e l’ass. Catania, accanto a lui al centro; non ricordo perché stavamo uscendo, forse aspettavamo la scientifica; non credo che avessimo concluso.
Nel filmato (Rep. 150 p. 3 p 2 min. 4,13 estratto) si vede lo striscione di cui ho detto e l’ass. Catania che tiene in mano le bottiglie molotov; ci dirigiamo verso il mezzo di trasporto; vicino al mezzo vi sono l’Ass. Barbieri e l’Ass. Fazio; la persona con la maglia verde è il dr. Filocamo.
Quando giungemmo in Questura nei locali della Digos e venne aperto lo striscione, vidi anche una giacca di un operatore e la protezione sotto giacca; rimasi sorpreso e, informatomi, seppi che si trattava del giubbotto di un agente che era stato vittima di un accoltellamento.
Confermo che vidi per la prima volta il giubbotto in Questura, anche se in un primo momento dichiarai di averlo visto alla scuola Diaz. Ho successivamente ricostruito i fatti e me li sono ricordati meglio.
Non posso dire con precisione se sia stato il dr. Mortola o il dr. Murgolo a dirmi di organizzare i reperti, erano presenti entrambi; ritengo più verosimile che sia stato il dr. Mortola; anche per quanto attiene al cambio degli ordini potrebbe essere stato il dr. Murgolo a dirmi di portare via tutto, come dissi a suo tempo.
Catania Dario (udienza 22/2/07)
(verbale – trascrizione)
Sono Assistente capo. La sera del 21 eravamo andati a cena con il dr. Pifferi.
Il dr. Pifferi ricevette una telefonata che lo avvertiva dell’operazione alla Diaz e così ci portammo sul posto.
Nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 234 p. 2 - estratto): mi riconosco nella persona con una maglietta chiara ed un gilet senza maniche.
Quando siamo arrivati siamo rimasti nel cortile ed il dr. Pifferi parlò con i colleghi; quindi entrammo nella scuola. Vi erano oggetti ammucchiati e il dr. Pifferi mi disse di tenere le due bottiglie molotov che riconosco nella foto e che si trovavano in terra sulla sinistra. Le due bottiglie erano a vista e non vi era alcun involucro. Vi erano bastoni, mazze, maschere antigas ecc.
I colleghi poi avvolsero tutti gli oggetti e li portarono in un veicolo.
Nel filmato (Rep. 174 min. 2,54 – estratto) che mi viene mostrato, mi riconosco mentre esco dal portone; sulla sinistra vedo Bezzon e sulla destra un altro collega di Padova con la maglia scura, di cui non ricordo il nome.
Il dr. Pifferi mi disse di riordinare all’interno della Diaz i reperti che erano tutti ammassati perché doveva arrivare la scientifica; poi quando vide le molotov mi incaricò di tenerle. Ricordo che vi era una tuta bianca appesa; può darsi che abbia steso in terra il telo ed abbia iniziato a riordinare i reperti; mi ero anche messo i guanti di lattice. Penso che il telo sia stato steso per poter poi trasportare i reperti. Dopo un po’ di tempo il dr. Pifferi disse di raccogliere tutto e di portare via il materiale, dato che sembrava che stessero arrivando altri manifestanti.
Nel filmato (Rep. 150.3 p 2 min. 4,13 – estratto) mi riconosco nella persona che sta portando le due bottiglie con i guanti bianchi; si vede il fagotto formato con il telo nero, che viene caricato sul furgone. Io tenni le bottiglie nella nostra macchina e le portai in Questura nell’ufficio della Digos. Tutti gli oggetti rinvenuti alla Diaz vennero sistemati insieme in attesa di essere repertati. Non ricordo di aver visto tra gli oggetti sequestrati un giubbotto e di aver sentito parlare di un agente che aveva subito un accoltellamento, anzi ricordo di averlo sentito dire in Questura. Mi pare di aver visto in Questura il giubbotto in questione, ma non era nel sacco formato con il telo nero di cui ho detto.
Nel filmato (Rep. 199 min. 9,12 – estratto): si vede stendere il telo nero pressoché davanti al portone sulla sinistra.
Bezzon Fabio (udienza 7/3/07)
(verbale – trascrizione)
Il 21 luglio 2001 ero a Genova come operatore Digos; ero alla Diaz per l’operazione; non ricordo se chiamai io Pifferi o se fu lui a chiamarmi. Gli dissi che stavamo facendo una perquisizione con tanto personale; disse che mi avrebbe raggiunto e mi chiese di indicargli la strada, che io peraltro non conoscevo. Non gli ho parlato di arresti; l’operazione non era ancora finita e non sapevo a che punto fossero. Non sono entrato nella scuola, sono rimasto all’esterno.
Quando Pifferi è arrivato sul posto, abbiamo provato ad entrare, ma i funzionari al portone ci dissero che non si poteva. Insieme a Pifferi vi era Catania. Io non sono entrato nella scuola, sono entrati poi Pifferi e Catania. Ho visto alcuni colleghi che avevano un telo tenuto ai quattro angoli con dentro oggetti, che non so cosa fossero. Poi sono andato in Questura; in ufficio non sono più andato; non dovevo fare verbali, non avendo partecipato all’operazione. Quella sera ero in servizio di vigilanza in città, ci chiamarono in Questura; restai in auto, ero alla guida e quando i funzionari ritornarono, ci dissero che dovevamo recarci alla Diaz per una perquisizione, dato che all’interno, secondo quanto si diceva, vi sarebbero stati i black block.
Lasciammo l’auto davanti ad una caserma della finanza, a circa settecento metri dalla scuola, che raggiungemmo a piedi dal basso; quando arrivammo l’irruzione era già in corso; il personale era già entrato.
Non ho visto le fasi dell’irruzione riprodotte nel filmato Rep. 239 p. 3 min 3,20 (min. 22 15 50 del contatore - estratto); sono arrivato poco dopo; non ho visto feriti vicino al cancello.
Mi riconosco nel filmato Rep. 174 min. 2,54 (estratto); si tratta del momento in cui sono arrivato con Pifferi e ci dissero che non si poteva ancora entrare nella scuola.
Non sono entrato nella scuola.
Canepa Anna (udienza 15/3/07)
(verbale – trascrizione)
Era stato predisposto per la settimana dal 17 al 22 luglio un turno particolare per il G8 con tre sostituti, io, il dottor Franz e il dottor Pinto; si andava in ordine alfabetico dal lunedì alla domenica.
Rimaneva inoltre attivo il turno ordinario per i reati comuni.
Vi era un telefono cellulare apposito che passava tra i colleghi di turno in modo che potessero essere sempre reperibili.
Vi erano state riunioni preliminari anche con i dirigenti della Digos; si prevedevano infatti diversi arresti, in particolare per reati di resistenza; vi erano state anche operazioni preventive e controlli di coloro che arrivavano a Genova.
I funzionari Digos di riferimento erano il dr. Mortola ed il dr. Perugini.
Le giornate furono molto concitate; iniziò con l’attentato alla caserma. Gli arresti furono moltissimi cosicché per farvi fronte dovemmo richiamare anche altri colleghi.
Ricordo una discussione su una perquisizione del sabato 21 in via Maggio con il dr. Scrofani, che voleva procedere ad arresti in base all’art. 416 c.p., al quale feci presente le difficoltà di provare tale reato e quindi di convalidare il relativo arresto.
La notte del 21 rimasi nella caserma fino a tarda sera a interrogare il C.re Placanica sulla morte di Giuliani. Tornata a casa mentre dormivo profondamente, mi arrivò una telefonata sul mio cellulare personale verso le 23 e 15 in cui il dr. Caldarozzi, dello SCO, mi disse che stava per avvenire una perquisizione ex art. 41 in una scuola; che vi era stata un’aggressione a vetture della polizia mi pare con lancio di pietre dalla finestra di una scuola e che quindi si doveva procedere alla perquisizione, tenuto presente che all’interno vi potevano essere black block. Successivamente mi richiamò il dr. Caldarozzi che mi disse che era in corso la perquisizione e che stavano incontrando una forte resistenza con molti arresti. Non ricordo se in quell’occasione mi disse anche che un poliziotto era stato accoltellato mentre cercava di entrare.
Il mattino successivo vidi il TG di Canale Cinque, in cui si accennava a qualcosa di grave avvenuto in una scuola di Genova. Avevo appuntamento al bar Mangini con il Col. Ricciarelli che mi raccontò quanto era accaduto; ricevetti anche una telefonata dal collega Pinto che mi disse di chiamare il procuratore capo e di vederci tutti in ufficio. Sentii successivamente il dr. Caldarozzi al quale sollecitai la trasmissione degli atti, che non arrivavano e che finalmente giunsero in Procura verso le 18,30. Gli atti mi pare siano stati portati nell’ufficio del Procuratore Capo dal dr. Mortola e dal dr. Caldarozzi - forse c’era anche l’allora capo della Mobile dr. Dominici - alla presenza mia, del dr. Lalla, procuratore aggiunto, del dr. Pinto e sicuramente del Procuratore Capo dr.Meloni.
Non ricordo se fosse previsto un turno per la domenica, tanto che il fascicolo venne assegnato al procuratore aggiunto.
Nella notte era di turno il dr. Pinto. Il dr. Caldarozzi mi informava in via informale.
Mi pare di ricordare che mi venne parlato del ritrovamento di bottiglie molotov vicino all’ingresso, ma non sono in grado di precisare quando; sicuramente ne venni a conoscenza quando arrivarono gli atti in procura.
Il lunedì mattina venni delegata dall’Aggiunto a effettuare un sopralluogo al complesso scolastico; e nel pomeriggio sempre su delega dell’Aggiunto, andammo a interrogare all’ospedale San Martino un giornalista il cui nome finiva in … ucci e Cestaro. Era con noi il Presidente del Consiglio dell’Ordine Avv. Di Rella.
Nelle indagini eseguite sulle devastazioni e saccheggi in effetti venne accertata la presenza di materiali riferibili ai cd. black block nel complesso scolastico ed in particolare uno striscione con la scritta “Smash” nella scuola Pascoli.
Telefonai al dr. Meloni la mattina della domenica per avvisarlo di quanto era accaduto; il dr. Meloni era sorpreso e non ne sapeva nulla.
Mi pare che qualche sostituto si sia lamentato per il fatto che la polizia si rivolgesse non al sostituto di turno, ma anche ad altri sostituti.
Il fatto che il Procuratore Capo dovesse essere avvisato dal sostituto di turno di fronte ad eventi di una certa gravità discende dalle normali regole dell’ufficio.
Quando lo sentii la mattina della domenica il dr. Pinto era ampiamente informato dei fatti.
Songini Alessandro (udienza 15/3/07)
(verbale – trascrizione)
All’epoca ero Ass. della Polizia di Stato. Ero a Genova con mansioni di autista del dr. Gratteri.
Ci siamo mossi per recarci alla Diaz con un certo ritardo, con noi vi era anche il dr. Caldarozzi; vi erano molti mezzi e quindi aspettammo che fossero partiti quelli con le insegne di istituto. Ho anche sbagliato strada e sono dovuto tornare indietro; poi sono passati altri mezzi di istituto, cui ci accodammo. Posteggiammo ad una certa distanza dalla scuola perché vi erano molti veicoli fermi ed in posteggio. Arrivammo davanti alla scuola con circa una ventina di minuti di ritardo; il portone della scuola era aperto e nel cortile vi era un reparto schierato.
Nel filmato che mi viene mostrato (Rep 199 p. 1 min. 23.21.50 del contatore - estratto) mi riconosco nella persona coperta da una sbarra del cancello in giacca grigia; al min. 9,15 (estratto) mi riconosco nella persona di spalle sul portone che tiene dietro la schiena un manganello.
Mi riconosco inoltre nelle quattro immagini in basso della pag. 13 dell’album fotografico RIS (Rep.174 p. I); alla pag. 14 riconosco nel soggetto 6 il dr. Mortola; alla pag. 22 riconosco il dr. Gratteri con il casco ed il dr. Caldarozzi nella foto in basso a destra senza casco.
Non so dire a che ora siamo arrivati sul posto. Entrai nella scuola insieme al dr. Gratteri dopo un po’ di tempo; siamo rimasti ad aspettare sul marciapiede opposto a quello dell’ingresso.
Nel cortile vi era in terra di tutto, vetri, sassi e lattine; si doveva guardare dove mettere i piedi.
Quando entrai nella palestra vidi un sacco di oggetti sul pavimento e gli occupanti della scuola seduti a terra da una parte molto tranquilli con tre o quattro persone in divisa che li guardavano. Vidi che i colleghi iniziarono a raccogliere il materiale: coltellini, bastoni, sassi, almeno così mi pare, che venivano raggruppati sulla sinistra. Non ricordo di aver visto bottiglie incendiarie. Il mattino dopo in Questura vidi due bottiglie molotov.
Nel filmato Rep. 174 min. 3,10 (estratto) mi riconosco nella persona in giacca che esce dallo schermo a destra e poi passa davanti alla telecamera.
Non ho percepito di che cosa stessero parlando i funzionari anche per la grande confusione che c’era.
Nel filmato Rep. 199 min. 9,15 (estratto) vedo stendere un telo nero, ma non ricordo nulla in proposito.
Andai via con il dr. Gratteri; ci recammo in Questura, ove rimasi fino a quando accompagnai il dr. Gratteri al suo alloggio; non ricordo l’ora.
Non ricordo di aver visto alla scuola un giubbotto ed un paraspalle, l’ho visto in Questura.
Salvo Sebastiano (udienza 15/3/07)
(verbale – trascrizione)
Prestavo servizio all’Ufficio di Gabinetto della Questura e durante il G8 avevo l’incarico di sovrintendere l’ufficio destinato alla pianificazione dei servizi di ordine di sicurezza pubblica.
Avevo in uso un telefono cellulare che l’amministrazione lasciava di volta in volta a diversi funzionari secondo necessità.
Ricordo che il dr.Troiani era un funzionario che lavorava al Ministero e mi pare che fosse stato inviato a Genova per occuparsi della logistica e della sistemazione dei reparti.
Il dr. Troiani faceva parte dello staff del dr. Donnini.
Non ricordo con precisione le telefonate intercorse con il dr. Troiani risultanti dai tabulati; non ne ricordo il contenuto. Ero presente di turno all’Ufficio di Gabinetto; può darsi che per avere notizie su che cosa stesse accadendo alla Diaz abbia telefonato al dr. Troiani; è anche possibile che abbia poi telefonato al dr. Troiani per reperire i mezzi per trasportare i fermati alla scuola Diaz, anche tenuto conto delle pressanti richieste che mi giungevano in proposito.
L’esigenza di avere informazioni faceva parte del mio lavoro, anche per riferire al Questore; lo stesso dr. Colucci mi aveva sollecitato il reperimento dei mezzi.
Mengoni Daniela (udienza 28/3/07)
(verbale – trascrizione)
All’epoca ero funzionario della Digos di Firenze, ora lavoro alla direzione centrale della polizia di prevenzione.
Terminata la manifestazione, nella serata del 21 rientrai in Questura per avere disposizioni. Il dirigente dr. Mortola mi disse che ci sarebbe stata una riunione a cui dovevo partecipare.
In quell’occasione appresi che vi era stato un lancio di oggetti contro una pattuglia della polizia e che di conseguenza era stata disposta una perquisizione nella scuola da cui era avvenuta l’aggressione. Nella riunione ci venne spiegato come avremmo dovuto raggiungere la scuola e come si sarebbe dovuta svolgere l’operazione. C’era il dr. Mortola, qualcuno del reparto mobile, il dr. Di Sarro; la riunione era presieduta dal Questore e vi era il Pref. La Barbera.
Con il personale che avevo a disposizione seguimmo in auto gli altri mezzi; non avevo compiti specifici, ma mi era stato detto di aggregarmi agli altri.
Raggiungemmo il posto e scendemmo un po’ prima della strada della scuola; l’autista proseguì per posteggiare l’auto. In quel momento vi era altro personale che stava operando presso la scuola; io ero insieme ai miei tre collaboratori. Dalla piantina che mi viene mostrata vedo che siamo scesi da piazza Merani e ci siamo fermati all’angolo con via Cadore sul lato opposto della strada. Avevo un telefono cellulare, ma con la batteria scarica; ero peraltro riuscita a telefonare al mio fidanzato.
Vidi il personale del reparto mobile che stava dirigendosi verso la scuola; non credo di aver assistito all’inizio dell’operazione.
Non sono in grado di riconoscermi nel filmato Rep. 234 p. I min. 22:58:20 del contatore – (estratto), mentre riconosco il luogo in cui mi trovavo.
Sono rimasta in attesa che si potesse operare in sicurezza, anche perché vi erano diverse persone che si affacciavano dalla scuola di fronte e vi era la possibilità che vi fosse un lancio di oggetti.
Non ricordo di aver visto sfondare il cancello; non so dire quanto tempo sia passato; se ho a suo tempo dichiarato mezzora evidentemente avevo un ricordo più preciso.
Non ho visto lanci di oggetti e non ricordo di aver visto persone fatte stendere a terra o ammanettate.
Quando mi sono resa conto che la situazione era diventata più tranquilla mi sono avvicinata insieme ai miei collaboratori al cancello; sono stata quindi chiamata dal dr. Luperi e sono entrata nel cortile, ove vi erano diverse persone, funzionari e personale in divisa; il dr. Luperi mi affidò un sacchetto di plastica di colore azzurro che aveva in mano e che conteneva due bottiglie, dicendomi che si trattava di oggetti pericolosi che dovevano essere custoditi insieme ad altri reperti e che dovevo tenerli al sicuro. Mi trovai così pressoché al centro del cortile con il sacchetto con le due bottiglie. Non sapevo come mettere al sicuro le bottiglie; non potevo uscire dal cortile perché vi erano molte persone e una certa confusione; avevo anche perso di vista i miei collaboratori, ai quali non potevo neppure telefonare perché il mio cellulare aveva la batteria scarica. Vidi poi una persona che conoscevo, un ispettore della Digos, mi pare di Napoli, di cui non ricordo il nome, che si trovava vicino al cancello; insieme a lui mi recai all’ingresso mi pare sul lato sinistro dell’edificio e poggiai quindi il sacchetto subito dopo l’ingresso; dissi all’Isp. di aspettarmi un attimo e andai a cercare i miei collaboratori.
Non ricordo di essere entrata dal portone principale; mi pare di essere andata a sinistra; il locale ove lasciai le bottiglie era vuoto, era una specie di rientranza.
Trovati i miei collaboratori fuori dal cancello, rientrai all’interno con loro e non trovai più né le bottiglie né l’ispettore a cui le avevo lasciate.
Mi portai subito nella palestra, non ricordo quale percorso feci; rividi così le bottiglie in terra depositate su uno striscione nero insieme ad altro materiale. Tutto era posto in terra sulla sinistra dell’ingresso. Vi era qualche capo di abbigliamento, un giubbotto del reparto mobile, mi pare qualche coltello. Le bottiglie non erano più all’interno del sacchetto, ma erano poggiate sullo striscione. Non chiesi a nessuno come vi fossero arrivate; non ho rivisto l’ispettore a cui le avevo lasciate.
Uno del personale che controllava i reperti poggiati sullo striscione mi disse che il giubbotto, che io avevo pensato fosse stato sottratto, era di un collega, che era stato colpito con un coltello; il giubbotto presentava in effetti un taglio. Ricordo solo il giubbotto, non il paraspalle.
Vidi in prossimità dello striscione il dr. Pifferi, che mi pare sia arrivato dopo; non parlammo molto di quello che era accaduto, perché venne detto che si doveva andare via. Il dr. Pifferi fece quindi raccogliere tutti i reperti, dicendoci di andare via, perché la situazione all’esterno stava diventando insostenibile.
Ho pensato che le bottiglie sullo striscione fossero quelle che mi erano state affidate, ma in effetti non posso esserne certa.
Riconosco il sacchetto nei fotogrammi (Rilievi RIS pag. 36) che mi vengono mostrati.
Non posso dire che le bottiglie visibili nella foto che mi viene mostrata (Conferenza stampa in Questura – Rep. 120 Raid 43) siano le stesse, ma certamente sono simili.
Ricordo lo striscione visibile nella foto che mi viene mostrata (Foto 13 - Raid 38); era lungo nero con una scritta gialla; non ricordo la scritta sotto quella gialla. Non ricordo di averlo visto mentre veniva spiegato, come sembra di intravedere nei filmati Rep. 199 (23:38:18 contatore – estratto) e Rep. 172 p. 2 (estratto).
Non ho più parlato delle bottiglie con il dr. Luperi.
Rientrammo in Questura; io rimasi nell’ufficio della Digos e misi in libertà il mio personale.
Vidi in Questura il dr. Mortola, il dr. Ferri ed altri colleghi che non conoscevo. Non parlai con i miei superiori su ciò che si doveva fare.
Prendevo disposizioni dal dr. Mortola da cui dipendevo; il dr. Luperi mi diede soltanto un incarico; non mi stupii perché mi sembrava rientrasse tra le sue competenze.
Nell’agosto del 2001 non parlai delle molotov perché si trattava di reperti sequestrati e quindi non ritenni rilevante l’incarico ricevuto dal dr. Luperi.
Venni poi richiamata dal P.M. probabilmente perché dalle indagini era risultato che il dr. Luperi mi aveva consegnato le molotov.
Fiorentino Giovanni (udienza 29/3/07)
(verbale – trascrizione)
Prestavo servizio alla direzione centrale servizi prevenzione il cui direttore era il Pref. Arnaldo La Barbera; il direttore centrale si dovette recare a Genova ed io lo accompagnai.
Verso le 21 mi chiamò il Prefetto dicendomi che lo dovevo accompagnare perché si doveva recare presso un istituto scolastico ove si doveva procedere ad una perquisizione.
Vi fu una riunione alla Questura tra i massimi vertici nell’ufficio del Questore, a cui parteciparono il direttore La Barbera, il Questore Colucci se non ricordo male, il Prefetto Andreassi, il dottor Gratteri. Io non partecipai a tale riunione, se non quando venivo chiamato dal Prefetto La Barbera.
Poi vi fu un briefing operativo cui partecipai anch’io; la stanza era piena di funzionari. Il prefetto La Barbera disse che si doveva intervenire e che per mettere in sicurezza l’edificio sarebbe intervenuto il reparto mobile; vennero organizzate diverse squadre e dopo circa una ventina di minuti ci recammo alla Diaz.
Ricordo che si disse che vi era stata un’aggressione ad una pattuglia della polizia e mi pare che il dr. Mortola chiese se la struttura era stata posta a disposizione dei manifestanti. Qualcuno disse che il dr. Mortola stava acquisendo informazioni su chi fosse il responsabile della struttura scolastica.
Alla riunione partecipò anche il dr. Luperi. Quanto dichiarai a suo tempo circa il fatto che fu Gratteri o Caldarozzi a parlare dell’aggressione alla pattuglia è certamente più preciso del mio attuale ricordo circa il fatto che fosse stato lo stesso Prefetto La Barbera.
Ricordo che il Pref. La Barbera parlava di un cancello che si doveva aprire per poi entrare nella struttura; vi fu una diversità di atteggiamento da parte del dr. Canterini che pensava di utilizzare i lacrimogeni; mi pare che il Prefetto decise poi di non usarli. Il dr. Mortola diceva che il cancello era aperto.
Nella riunione mi sembra che venne deciso di affidare un certo numero di uomini ad alcuni funzionari che io non conoscevo personalmente per organizzare diverse squadre. Fu quindi deciso che sarebbero state composte due colonne.
Ci recammo in auto alla Diaz; quando arrivammo il cancello era chiuso; dopo circa un quarto d’ora arrivò un mezzo della polizia che sfondò il cancello e poi si allontanò; entrarono quindi molti poliziotti, diretti ai due ingressi; nel frattempo si sentivano sulle impalcature dell’ala sinistra dell’edificio in ristrutturazione il rumore di passi.
Per quanto ricordo, anche se non con precisione, venne sfondato per primo il portone a sinistra; mi pare che con me vi fosse anche il Pref. La Barbera; non ne sono sicuro perché vi era una certa confusione e scarsa illuminazione; avevo incontrato anche un collega di Napoli, Conte Vincenzo, con cui mi fermai a parlare.
Non ricordo la scena visibile nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 189 min. 1,52 – estratto), avvenuta vicino ai contenitori della spazzatura; ricordo che il cancello era chiuso, ma non se in quel momento il portone fosse ancora aperto.
Nel filmato Rep. 234 p I mi riconosco (estratto) con la giacca chiara e la cravatta accanto al cofano dell’auto posteggiata; riconosco anche il Pref. La Barbera con un abito marroncino tra le due auto; nella foto del RIS a pag. 58 mi riconosco nel soggetto indicato con il n. 20 e riconosco il Pref. La Barbera in quello indicato con il n. 31.
Sentendo il rumore di passi sulle impalcature, mi preoccupai che qualcuno potesse cadere; qualcuno pensò che vi fosse una via di fuga sul retro.
Mi pare che dopo il portone a sinistra venne forzato anche quello centrale. Io ero un po’ più in alto rispetto all’ingresso della scuola, verso il centro della strada. Rimasi all’esterno finché l’operazione non si concluse ed entrai quindi dopo, mi pare con il Prefetto.
Non rimasi sempre a contatto con il Prefetto La Barbera; ricordo che vi fu una segnalazione che stavano per arrivare soggetti di area radicale; entrai quindi nel cortile. Vidi arrivare Agnoletto dalla parte bassa della strada. Avevo perso di vista il Prefetto che non era con me quando entrai nel cortile; mi pare che, come dichiarai a suo tempo, lo intravidi mentre saliva i primi gradini del portone.
Vidi poi Tognazzi appoggiato sul muretto a destra del cancello; in quel momento stavo uscendo dal cortile.
Non vidi alcun lancio di oggetti.
Mentre ero nel cortile vidi uscire dalla scuola il dr. Luperi, che teneva una busta di plastica ed attraversava il cortile; si rivolse a me e disse: “Vedi, abbiamo trovato anche queste”.
Nella busta vi erano delle bottiglie.
Ricordo che si parlava di un agente ferito, che aveva ricevuto qualcosa sul corpetto antiproiettile.
Non ricordo di aver visto il dr. Sgalla in quella circostanza; peraltro io lo conobbi soltanto successivamente. Nel cortile ricordo che vi era il dr. Gratteri con il casco, il dr. Sbordone, il dr. Canterini.
Nel cortile vi erano alcuni capannelli; c’erano insomma dei gruppi di tre o quattro persone che parlavano, questo è quello che ricordo.
Non vedendo più il Prefetto capii che era rientrato in Questura e quindi cercai anch’io di rientrare.
Nella foto 6 del primo fascicolo degli accertamenti svolti dal RIS (ff. 753 e seg. del faldone 2) mi riconosco di spalle con la giacca chiara; non ricordo che cosa stessero facendo i funzionari vicini all’ingresso; mi pare di riconoscere il dr. Mortola, senza capelli, e a sinistra di spalle il dr. Luperi.
Mi pare di vedere nella foto 11 anche il dr. Canterini; nella foto 16 vedo il dr. Luperi che sta telefonando; nella foto 15 vedo una busta, non so se è la stessa busta alla quale abbino il ricordo di quando il dottor Luperi mi disse “guarda, abbiamo sequestrato anche questa”, però mi sembra che sia una busta come quella, anche se non ne ricordo il colore.
Non ricordo con precisione la scena visibile nelle foto a pag. 32 e 33 dell’elaborato RIS, né di che cosa stessero parlando; ricordo con maggior precisione il dr. Luperi che attraversava il cortile e mi mostrò il sacchetto. Nella foto (pag. 33) riconosco il dr. Mortola al centro e al suo fianco il dr. Murgolo e all’interno sul lato sinistro del portone il dr. Luperi.
Non ricordo che cosa avvenne del sacchetto. Non riesco a ricordare che cosa dicessero i funzionari quando erano riuniti e Luperi teneva in mano la busta
Vedendo il filmato Rep. 199 min. 23:31:40 (estratto), ricordo che vi erano furgoni della polizia su cui venivano fatti salire i giovani che erano nella scuola e che vi erano anche alcuni feriti che venivano trasportati alle ambulanze.
Non ho visto il dr. Luperi uscire dalla scuola, l’ho visto venire dalla scuola verso di me attraversando il cortile.
Quando era insieme agli altri funzionari appariva soddisfatto del ritrovamento delle bottiglie molotov.
Non ricordo che sia stato chiesto o che si sia parlato di chi avesse trovato le molotov e dove fossero state trovate.
Nel filmato Rep. 199 min. 23:42:24 (estratto) mi riconosco mentre sto uscendo davanti alla persona alta con gli occhiali e che si copre, che mi pare fosse l’autista di un funzionario a cui poi chiesi un passaggio in Questura.
Nel Rep. 174 min. 2,44 (estratto) si vede la stessa scena, ma non riconosco il funzionario in vestito intero con il casco.
Nella foto raid 23 PZ Rep. 120 continuo a non riconoscere il funzionario con il casco
Quando tornai in Questura rividi il Pref. La Barbera che mi disse che era rientrato. Poi arrivò il dr. Luperi, che era molto stanco, e riferendo al Pref. La Barbera, commentò la vicenda lamentandosi che vi erano stati parecchi feriti. Disse anche che erano stati fermati diversi stranieri. Il dr. Luperi disse al Pref. La Barbera che aveva affidato personalmente ad una ragazza della scientifica le molotov.
Il dr. Luperi, in assenza del Pref. La Barbera era il funzionario più alto in grado, cui quindi tutti noi facevamo capo.
Nel cortile vicino alle scale vidi qualche pezzo di legno e di marmo; oggi non ricordo di aver visto anche lattine, ma se allora lo dissi, certamente avevo un migliore ricordo dei fatti.
Nel cortile sentii parlare dell’accoltellamento di un agente che si era salvato perché indossava un corpetto antiproiettile. Non so se ne parlò Canterini o qualcuno del suo reparto, o forse Luperi; non sono in grado di indicare con precisione chi parlò di tale fatto, ricordo che se ne parlava.
Non ricordo la motivazione che adduceva il dr. Canterini per utilizzare i fumogeni, ma era molto perplesso sull’operazione.
Quando venni sentito dal P.M. sapevo che vi erano problemi circa le bottiglie molotov.
Quando vidi Luperi era solo, lo vidi venire dalla direzione del portone a sinistra di quello principale.
Nella seconda foto da sinistra della pag. 32 RIS non riconosco la persona sull’estrema destra accanto a Gratteri; io sono al centro di spalle.
Schettini Ennio (udienza 4/4/07)
(verbale - trascrizione)
Mi sono occupato della redazione della notizia di reato insieme al collega Gallo.
La sera del 21 non ero in servizio; ero a cena con colleghi; rientrando in Questura verso le 23 - 23,30 o anche più tardi, sentii il rumore di sirene e di elicotteri che si dirigevano verso il quartiere di Albaro. Incuriosito, seguendo le sirene, arrivai in via Battisti. Lasciai il mio scooter un po’ prima perché vi erano molti mezzi; vidi ambulanze che caricavano feriti e capii che era successo qualcosa di grave. Tornai a casa e verso l’una venni chiamato dal dr. Dominici che mi disse di andare in Questura per redigere alcuni atti. In Questura vi era una gran confusione; vi erano moltissimi oggetti ammassati nei corridoi al secondo piano; mi dissero che vi era stata una perquisizione nel complesso scolastico Diaz e che erano stati trovati gli oggetti che avevo visto ammassati; vi erano mazze, indumenti, assi di legno, maglioni, striscioni con scritte, caschi, maschere antigas ecc.
All’epoca al secondo piano della Questura vi erano gli uffici del Questore e della Digos.
Non ho contribuito personalmente alla repertazione; vi era il personale addetto, tra cui tra cui Prisco Riccardo.
Il mio compito non fu facile perché dovevo ricostruire i fatti pur non avendovi partecipato, basandomi sulle relazioni di altri,
Il dr. Dominici mi chiamò perché probabilmente, data la massa di atti da redigere, dessi una mano ai colleghi. Non sono in grado di precisare le fonti a cui feci riferimento per redigere la notizia di reato; certamente la prima fu lo stesso dr. Dominici; la redazione continuò praticamente durante tutta la notte, anche perché giungevano continuamente nuove notizie;
Mi dissero che era stata disposta la perquisizione in seguito all’aggressione subita da una pattuglia che era transitata davanti alla scuola; che vi era stata resistenza per opporsi all’ingresso delle forze dell’ordine; che erano stati trovati oggetti vari che confermavano la presenza nella scuola di soggetti dell’antagonismo.
Il mio referente principale era il dr. Dominici; c’era anche il dr. Mortola; i miei ricordi sono ormai piuttosto scarsi; ricordo che quella notte il mio primo interlocutore fu il dr. Dominici; oggi non sono in grado di ricordare se il dr. Mortola mi diede informazioni maggiori di quelle riferite dal dr. Dominici.
Mi venne detto che le persone trovate all’interno della Diaz erano in stato di arresto per i reati di resistenza, lesioni, e probabilmente di altri di cui non ricordo i titoli connessi con il ritrovamento degli oggetti sequestrati, che si trovavano in locali accessibili a tutti, cosicché la loro detenzione doveva essere attribuita a tutti.
Per quanto riguarda le molotov non ricordo chi mi fornì le informazioni. I miei interlocutori in Questura furono anche il dr. Caldarozzi ed il dr. Grassi.
I colleghi impegnati nel redigere i verbali d’arresto erano il dr. Ferri, il dr. Ciccimarra ed il dr. Gava.
Quando arrivai in Questura vi erano moltissimi colleghi, poi durante la notte rimanemmo praticamente io e il collega Gallo.
Vi furono contatti telefonici con chi stava a Bolzaneto e verbali con chi stava in questura, ma non ricordo funzionari che si occupassero di compilare il verbale di perquisizione e sequestro.
Terminai la relazione verso le 7 del mattino dopo; ricordo che c’era luce. A fine stesura della nostra relazione la compilazione degli altri atti doveva essere già esaurita, lasciammo la comunicazione ai dirigenti, Dominici e Mortola, che la lessero davanti a noi e la firmarono.
Non ricordo se Mortola e Dominici abbiano letto con maggiore attenzione il punto della relazione in cui si parlava dell’ubicazione delle molotov.
Non ricordo chi abbia dato l’informazione circa il luogo di ubicazione delle molotov; io le bottiglie non le ho nemmeno viste e non ricordo se chiesi chi le avesse trovate. Dovevo solo fare una relazione di sintesi di quanto scritto e fatto da altri, sono stato un amanuense che chiedeva informazioni in modo sintetico.
Fu una nostra perplessità quella di attribuire una enorme massa di oggetti indistintamente a 93 persone. Avrò chiesto a Mortola e Dominici come fare; ci venne detto di attribuirle a tutti, ma non so dire in questo momento chi me lo disse, se loro o altri. Quella notte in Questura vi erano centinaia di operatori che entravano e uscivano, io prendevo informazioni da chi aveva partecipato all’operazione.
Circa l’aggressione ci venne detto che uno degli agenti che realizzarono l’incursione alla Diaz venne colpito da uno degli occupanti con un coltello e che grazie al giubbotto non fu attinto al corpo. Ci dissero che la persona era stata inizialmente fermata e poi si era confusa tra i presenti alla Diaz e quindi non si sapeva più chi era stato l’autore del fatto. Vi era quella sera l’agente che aveva subito l’aggressione. Noi allegammo anche una sua relazione e quella di un ispettore vicino a lui.
Non ricordo se parlammo della divergenza tra quello che vi era scritto nella relazione e quello che era riportato nel verbale di sequestro in relazione al luogo di ritrovamento delle molotov. Qualcuno ci avrà detto che erano al primo piano se lo abbiamo scritto, ma non so chi.
Venni poi incaricato dal dr. Lalla di seguire le indagini successive perché nel verbale di sequestro apparivano oggetti che non risultavano in sequestro e tra tale materiale vi erano oggetti non indicati nel verbale di sequestro.
Ero stato chiamato io a redigere la CNR perché ero una delle persone più fresche in quel momento rispetto a chi aveva già lavorato. Molte volte la redazione delle CNR è affidata a persone che non hanno partecipato ai fatti. Nelle operazioni di ampio respiro solitamente chi redige la comunicazione ha partecipato all’attività. Il fatto delle bottiglie molotov era un elemento molto importante. Sicuramente abbiamo chiesto dove fossero state trovate e in che condizioni, ma non vi era nessuno che poteva darci dettagli sul punto.
Nei giorni successivi avrò avuto la curiosità di sapere chi li avesse trovate, ma non ebbi modo di apprenderlo. Di norma nella CNR si indica chi ha trovato la cosa sequestrata e dove.
Guaglione Pasquale(udienza 5/4/07)
(verbale – trascrizione)
Ufficialmente non ho ricevuto nessuna pressione o discriminazione, ma sono stato l’unica testa caduta per questo procedimento.
In data 8 agosto 2001, quando arrivò dalla Questura di Genova la richiesta di redigere le relazioni di servizio per i giorni 20, 21 e 22, redassi tre relazioni, indirizzate tanto alla Questura di Genova quanto al Questore di Bari.
I due ordigni li trovai quasi alla fine del servizio in corso Italia, mi pare all’altezza di via Medaglie d’Oro di Lunga Navigazione, se non vado errato, dietro ad un muretto coperto da una siepe da cui si poteva accedere al mare. Io stesso trovai le due bottiglie che erano contenute in un sacchetto di plastica senza scritte – oggi non ne ricordo il colore anche se a suo tempo dissi che non era bianco ma forse colorato; il collo era incappucciato da una pellicola trasparente che lo copriva; odorandole emettevano un forte odore di benzina.
A suo tempo presso la Procura di Bari mi vennero mostrate due o tre foto di bottiglie incendiarie rinvenute nel corso del vertice G8. Riconosco in quelle visibili nella foto (2) quelle che io ritrovai; si trattava di bottiglie riempite in modo diverso ed era caratteristica la bandierina ribaltata con la scritta Merlot; non le riconosco nella foto (3) che vedo adesso, ma quelle visibili nell’immagine precedente; le etichette non le riconosco mentre riconosco l’incappucciamento. Non riconosco assolutamente le bottiglie visibili nella foto (4).
Nelle foto a pag. 36 RIS vedo un sacchetto di colore azzurrino; non posso dire che si tratti dello stesso sacchetto anche se è dello stesso tipo di quello in cui si trovavano le molotov da me rinvenute.
La prima persona a cui feci vedere le molotov fu il mio autista, Vito Giandomenico, a cui dissi, non so perché: “Queste mi faranno perdere la promozione !”; poi per quanto ricordo le feci vedere al dr. Piccolotti e quindi al dr. Donnini a cui le consegnai e che le pose sul suo fuoristrada.
Confermo che il dr. Donnini era con un fuoristrada; oggi non ricordo se scese o se era già sceso ed era vicino al mezzo.
Gli mostrai le bottiglie e gli dissi che ero in difficoltà a tenerle, dato l’incarico che stavo svolgendo; lo stesso Donnini mi disse quindi che le prendeva lui; così fece e le pose nel fuoristrada del reparto mobile di Roma. Non ricordo l’autista del dr. Donnini; era in divisa e se non ricordo male anche il dr. Donnini.
Continuai il mio servizio in corso Italia. Vidi il dr. Murgolo, che era con due parlamentari e che mi diede il suo cellulare e mi disse di far retrocedere gli uomini, facendoli tornare nella posizione originale; venne anche il Questore di Genova che arrivò mentre stavamo retrocedendo.
Tornai verso la stazione Brignole, ove rimasi mi pare vicino all’angolo con via Tolemaide. Tornai poi in Questura ove incontrai il dr. Piccolotti che stava redigendo la sua relazione di servizio. Gli chiesi di inserire il rinvenimento delle bottiglie molotov, specificando in particolare che si trattava di bottiglie con il collo ricoperto da una pellicola trasparente e che io le avevo consegnate al dr. Donnini; peraltro tali ultimi particolari non vennero inseriti; il dr. Piccolotti disse in proposito: “Meno nomi si fanno meglio è”.
Ero solito annotare quanto facevo su un’agenda che ho successivamente consegnato alla Procura.
Riconosco la pagina della mia agenda che mi viene mostrata; ricordo che annotai il fine servizio alle ore 23,30 e rientro all’1,30 al Cenobio dei Dogi di Camogli. Potrebbe anche significare che la sala operativa aveva fissato la fine del servizio alla 23,30 e che io mi sia poi trattenuto alla Questura per un po’; per recarci a Camogli abbiamo avuto qualche difficoltà perché vi erano alcune strade chiuse. Non mi stupii che in Questura non vi fosse più nessuno; non sapevo del servizio alla scuola Diaz.
Considerai esaurito il mio compito in ordine alle molotov rinvenute avendo riferito in proposito ad un mio superiore.
Quando vidi il filmato della conferenza stampa rimasi perplesso per l’indicazione del luogo in cui si diceva che erano state trovate; le avevo riconosciute come quelle da me rinvenute.
Conosco il dr. Troiani, che riconosco nelle foto che mi vengono mostrate (ff. 6 e 56 RIS sogg. 15). Sotto la scritta FA riconosco il dr. Troiani (f. 32 seconda foto da sinistra).
Non ho saputo che il dr. Troiani abbia partecipato all’operazione alla Diaz.
Venni successivamente contattato dalla Guardia di Finanza, che mi disse che il PM dr. Seccia mi voleva vedere; lo raggiunsi nella stessa mattinata. Ricevetti poi alcune telefonate dal dr. Mortola, anzi dall’Ispettore Vice Questore (penso che ve ne sia uno solo) della Questura di Genova che mi chiedeva se fossi stato sentito dal dr. Seccia. Può darsi che abbia indicato in un primo momento il dr. Murgolo perché lo avevo conosciuto in corso Italia e mi aveva dato il suo cellulare.
Diedi al dr. Donnini il sacchetto con le bottiglie e comunque gli mostrai le bottiglie.
Sono stato condannato a undici mesi di reclusione per tentata concussione; sono stato poi riabilitato.
Prima di venire a Genova a deporre chiesi notizie alla Questura ed in particolare al dr. Amendola circa il luogo ove avrei potuto alloggiare e dove si trovava la Procura.
Confermo l’annotazione sulla mia agenda del 18/6/02, che mi viene mostrata, ed in particolare quella relativa ai “contatti con vice questore ispettore per rinvenimento molotov” .
Nel Rep. 164.149 p. 5 (estratto) mi riconosco nella persona con il braccio alzato che sta dando disposizioni.
Gallo Nicola (udienza 18/4/07)
(verbale – trascrizione)
Ero stato aggregato alla Digos di Genova per attività non di ordine pubblico ma più attinenti ai compiti Digos.
Il 21 luglio rientrai in Questura per iniziare il mio turno, alla sera, quando l’operazione alla Diaz era praticamente già conclusa.
In Questura vi erano numerosi operatori della Polizia e nei corridoi vidi diversi oggetti, zaini, vestiti ecc.; probabilmente come dichiarai a suo tempo vidi anche portarne all’interno alcuni; l’unica cosa che ricordo oggi è che il materiale veniva appoggiato nei corridoi e che la mole di tale materiale faceva pensare ad un’operazione di vaste dimensioni.
Il dirigente della Digos, Mortola, mi incaricò di redigere la notizia di reato, ponendo in rilievo alcune fasi dell’operazione che mi riferiva. Mi venne anche detto di riferirmi ai vari operatori per ottenere le informazioni necessarie per la redazione della notizia di reato. Vi erano altri colleghi a Bolzaneto, che compilavano il verbale di arresto, tra questi mi pare vi fosse il dr. Ferri ed il dr. Gava. In Questura vi era un ispettore dello SCO, Mazzoni, incaricato di redigere il verbale di perquisizione e sequestro. Non si trattava di un compito semplice, attesa la mole delle informazioni e dei fatti da riferire; venni coadiuvato in tale compito dal dr. Schettini.
Ricordo che il dr. Mortola mi disse che, prima dell’intervento alla Diaz, vi era stata un’aggressione ad una pattuglia della polizia che transitava in via Battisti con lancio di oggetti; parlai anche con il dr. Dominici.
La nostra prima preoccupazione era quella di informarci delle condizioni dei numerosi ricoverati.
Parlai con l’Ass. Nucera, che era venuto in Questura, perché disse di essere stato colpito con un coltello, mostrando il corpetto che presentava un taglio; vi era anche il dr. Canterini. Nucera ci spiegò che era stata una situazione concitata. Non sono in grado di precisare se il Nucera aveva ancora indosso la giacca con il taglio ovvero se la mostrò soltanto. Mi preoccupai soltanto di sottoporre a sequestro la giacca. Dissi inoltre al Nucera di redigere un’annotazione descrivendo tutti i particolari e tutto ciò che era avvenuto con la massima precisione. Vi era anche il suo capo-pattuglia, Panzieri ed il dr. Canterini.
Sulla fase iniziale dell’operazione è stato il dr. Mortola a chiarirmi la situazione. Quanto da me riportato nella notizia di reato lo ricavai dalle notizie che mi fornivano coloro che stavano redigendo il verbale d’arresto.
Delle molotov mi parlò il dr. Mortola. Mi preoccupai di farle spostare dal corridoio per riporle in un luogo più sicuro. Non ricordo chi mi riferì dove fossero state rinvenute.
I funzionari che io conoscevo erano Mortola, Dominici, Murgolo, Schettini, Ferri: Ferri non era in Questura, ma a Bolzaneto. In Questura vi erano anche Canterini, Caldarozzi, Gratteri che conobbi in quella circostanza.
I reati per i quali si procedeva all’arresto di coloro che si trovavano alla Diaz mi vennero indicati dai colleghi che stavano redigendo il verbale d’arresto, in particolare ricordo il dr. Ferri.
Delle responsabilità individuali si parlò con Ferri e con Mazzoni, con Nucera. Le indicazioni di massima le ebbi da Mortola.
Ricordo che con il dr. Di Sarro parlai il mattino successivo e gli dissi di leggere e controllare l’informativa di reato che avevo redatto, atteso che aveva partecipato all’operazione, ed egli la lesse e mi disse che andava bene. Non ricordo con precisione a che ora arrivò in Questura il dr. Di Sarro, certamente nella mattinata, potevano essere le dieci o le undici.
Pensavo che il dr. Di Sarro fosse al corrente dello svolgimento dell’operazione, anche perché doveva firmare il verbale di arresto
Il dr. Mortola mi disse che nella Diaz si trovavano diversi esponenti dell’antagonismo più estremo.
Quando vi erano tutti gli altri funzionari si parlava della logica degli eventi; quando parlai con Nucera ricordo ora che vi era anche Pifferi. Io e Schettini ci ponemmo il problema dell’individualizzazione delle condotte. Quando ricevetti l’incarico mi dissero che da un’altra parte procedevano per gli arresti; io mi posi il problema per il fatto di Nucera, circa la mancata individuazione del suo aggressore e cercai di porlo agli altri. Sentii Canterini dire che per la resistenza vi era Nucera e i reperti in sequestro, per gli arresti per associazione a delinquere c’era Ferri, ecc. Ma poi quando sentii Nucera non si riuscì a chiarire il fatto. Mi tenni in termini generali nella CNR, sapendo che il mattino dopo sarebbe stata rivista dai funzionari.
In relazione al ritrovamento delle molotov, io le vidi in questura con Mortola, mi disse che erano nella Diaz, il luogo esatto del ritrovamento l’ho chiesto, ma non so dire chi me lo abbia riferito; abbiamo indicato il primo piano, abbiamo sbagliato, dato che nel verbale di perquisizione è indicato un altro luogo. Non chiesi chi le avesse trovate. Mazzoni stava redigendo il verbale di perquisizione e sequestro in Questura.
Nell’informativa si fa riferimento al sequestro a Szabo Jonas di documenti, tra i quali un foglio manoscritto di istruzione per realizzare uno scudo per la manifestazione. Mi ricordo che mi hanno passato queste informazioni i colleghi che procedevano all’arresto.
Con Schettini dissi che sarebbe stato opportuno un controllo sulle macchine della polizia oggetto di lanci, poi pensammo che altri lo avrebbero fatto. Quanto alle molotov, me le fece vedere Mortola; gli dissi che andavano messe in un luogo dove non passasse nessuno, non ricordo se vi era anche Schettini. Con Schettini ne ho parlato.
Nel colloquio con Nucera lui appariva come un operatore che aveva subito da poco l’aggressione. Gli dissi di essere molto chiaro nell’esporre quanto gli era successo, che era il fatto più grave. Lui non aveva dimestichezza con l’attività di PG.
Ho conosciuto Scrofani in occasione della mia aggregazione; non mi pare di averlo intravisto nella notte del 21 e nella mattinata successiva.
Ricordo Dominici. Non conosco Marruzzo; mi è stato presentato anni dopo. Raffaele Grassi l’ho conosciuto ma non quella sera. Ho fatto attività di riscontro quando ho potuto farla. Nei limiti del possibile.
Eravamo in contatto con i colleghi che stavano redigendo il verbale di arresto a Bolzaneto; ricevevamo informazioni da loro e trasmettevamo a loro quelle in nostro possesso. Naturalmente nessuno di noi verificava la fondatezza di quanto ci veniva riferito da altri funzionari di PG.
Ho conosciuto il dr. Luperi a Genova in occasione del G8; era a capo di un centro di raccordo tra le varie polizie.
Manganelli Antonio (udienza 2/5/07)
(verbale – trascrizione)
Da giugno 2000 a novembre 2001 sono stato direttore centrale della polizia criminale. Venni incaricato dal capo della polizia di occuparmi del G8 di Genova circa un mese prima dell’inizio del vertice. Avevo l’incarico di verificare e bonificare l’area cosiddetta zona rossa. Si decise di procedere ad una serie di servizi tra cui perquisizioni ed ispezioni per prevenire fatti dannosi. Disposi che il direttore del sevizio operativo, il dr. Gratteri, organizzasse queste attività, con particolare riferimento agli stabili presenti nelle strade dove dovevano passare i partecipanti al vertice. L’incarico datomi dal capo della polizia prevedeva anche il potenziamento del controllo del territorio nelle zone gialle e verdi, con impiego di reparti di prevenzione crimine. Disposi così il rafforzamento del servizio volanti; il direttore del servizio controllo del territorio doveva inviare uomini di rinforzo, che furono 300. Concretamente incaricai i due direttori dei servizi, Gratteri e Morselli.
Gratteri mandò sul posto il dr. Caldarozzi e un paio di giorni prima del vertice si recò a Genova personalmente. Morselli mandò sul posto il dr. Maiorano
Lo SCO svolgeva funzione di monitoraggio dell’attività delle squadre mobili e di coordinamento delle indagini laddove necessario e un’eventuale funzione di supporto laddove una squadra mobile non riuscisse con i proprio uomini a gestire una determinata attività di indagine. Nel caso di specie il direttore dello SCO, avendo avuto incarico di censire le persone che potevano presentare qualche motivo di attenzione da parte delle forze di polizia, dopo aver fatto un sopralluogo e verificato il lavoro da iniziare il primo luglio, quantificò il numero di squadre cui affidarlo; in tutto tra uomini dello SCO e di squadre mobili penso che le persone impegnate fossero oltre trecento, con 10 funzionari.
A Genova la direzione era, come di norma, affidata alla Questura di Genova, coadiuvata da funzionari di altri luoghi.
Ero direttore centrale della polizia criminale e non ho quindi partecipato all’organizzazione dei servizi di prevenzione. Ero in Puglia per servizio e sono tornato a Roma il sabato.
Ricevetti le telefonate del dr. Gratteri e del dr. Caldarozzi, che mi davano notizia degli arresti effettuati all’interno della zona rossa.
Nella giornata di sabato sentii mi pare un paio di volte il dr. Gratteri che mi parlò di un furgone che distribuiva bastoni. Vi fu una perquisizione dell’edificio davanti al quale era parcheggiato il furgone; la fece la squadra mobile di Genova. In quella perquisizione non vi era personale dello SCO, ma solo della squadra mobile di Genova. A Genova vi era un numero consistenti di personale dello SCO, ma non impegnato in tale perquisizione. Sottolineo questo perché nei giorni successivi i giornali hanno detto che la perquisizione di cui ho parlato, alla scuola Klee, era stata fatta dallo SCO inteso come Servizio Centrale Operativo, mentre era stata fatta dalla Sezione Criminalità Organizzata, stessa sigla, ma altro ufficio.
Dell’operazione di cui ho parlato ho saputo soltanto dopo; Gratteri mi disse nelle conversazioni del sabato che vi era un furgone che distribuiva bastoni. Non mi accennò ad iniziative che avrebbe preso al riguardo. Seppi poi successivamente, una decina di giorni dopo, da Gratteri che l’edificio davanti al quale vi era il furgone era stato perquisito subito, ma non su sua disposizione, da un reparto non adibito a fatti investigativi e che successivamente Gratteri aveva parlato con il capo della Sezione Criminalità Organizzata perché andassero a fare una perquisizione con personale esperto.
Nella giornata del sabato non ho avuto notizia diretta di interventi della sezione centrale operativa. Preciso che preventivamente non venivo posto al corrente di tali operazioni; è certo che se era necessario l’impiego di personale del servizio centrale operativo anche per operazioni al di fuori della zona rossa, potevano essere utilizzati uomini del Servizio Centrale Operativo.
La sera verso le 23, venni informato dal dr. Gratteri con una telefonata sul mio telefono, passatami dalla Batteria del Viminale, che era stato deciso di perquisire un edificio al cui interno si riteneva vi fossero alcuni black block La perquisizione era stata decisa in una riunione tenuta con La Barbera, Andreassi, Colucci ed altri.
Era il frutto di un episodio avvenuto nella serata e cioè dell’aggressione di una pattuglia con lanci di oggetti; coloro che avevano effettuato i lanci erano rientrati nell’edificio scolastico della Diaz,
Il dr. Gratteri mi informò dopo la riunione nella quale era stata decisa la perquisizione. Gli esposi le mie perplessità in particolare circa l’orario notturno. Mi rispose che si trattava di una perplessità da lui già esposta, cui peraltro era stato risposto che se si fosse aspettata la mattina successiva vi sarebbe stato il rischio che i black block si allontanassero.
Il dr. Gratteri mi disse che si sarebbe recato personalmente alla Diaz e che sarebbe stata un’operazione importante con l’impiego di reparti consistenti.
Un paio d’ore dopo chiesi tramite il centralino del Viminale di mettermi in contatto con il dr. Gratteri. Parlai con lui per telefono; si sentiva un gran frastuono, un vociare, un battere; mi spiegò che vi erano stati feriti dall’una e dall’altra parte e che vi era una forte tensione. Gratteri mi disse che vi erano molti stranieri e che l’operazione era stata positiva perché erano state trovate bottiglie molotov, coltelli, bastoni, mazze ferrate, ecc.
Il giorno dopo andai al Viminale ed in ufficio vidi alla televisione alcune scene di quanto avvenuto; ebbi così l’impressione di un’operazione un po’ diversa da come l’avevo percepita; dalle immagini apparivano infatti ambulanze, feriti ecc. e quindi non mi sembrava si fosse trattato di un’operazione positiva. Nel corso della mattinata, verso le 10,30 – 11 parlai anche con il dr. Gratteri che mi informò che gli arrestati erano stati 93 e che era in corso l’identificazione dei ricoverati in ospedale.
Seppi che le ferite dei fermati potevano essere pregresse perché si disse che l’edifico perquisito era sede di sala medica per i feriti nelle manifestazioni, ma non ricordo se lo seppi dai giornali.
Colucci Francesco (udienza 3/5/07)
(verbale – trascrizione)
All’epoca ero Questore di Genova. In occasione del vertice G8 erano stati interessati numerosi funzionari e Questure.
Il 21 luglio erano a Genova il Pref. La Barbera, direttore dell’UCIGOS, il Pref. Andreassi, vice capo della polizia, il dr. Luperi, il dr. Gratteri, direttore SCO, il dr. Papa, il dr. Murgolo e altri.
Il Pref. La Barbera, che era già venuto a Genova nei giorni precedenti, arrivò in Questura nel pomeriggio del sabato. Spesso il prefetto era a Genova con i suoi funzionari, tra cui il dr. Luperi; non so se vi fossero esigenze particolari che imponevano la sua presenza a Genova quel sabato pomeriggio. Non vidi nulla di eccezionale nella sua venuta a Genova perché, come ho detto, il Pref. La Barbera era già venuto a Genova diverse volte.
Quando venni interrogato dal P.M. dissi ed oggi lo confermo, che probabilmente il Pref. La Barbera, che aveva il compito di mantenere il collegamento con le polizie straniere era venuto a Genova proprio per i suoi compiti specifici e quindi per consentire l’identificazione degli arrestati stranieri e sollecitare informazioni su di loro. Gli arrestati stranieri fino a quel momento erano pochi, ma vi era un flusso continuo di informazioni con le polizie estere.
A mio parere non vennero organizzati pattuglioni, ma soltanto date disposizioni al personale sul territorio di garantire il regolare deflusso dei manifestanti.
La sera mentre ero in ufficio insieme ad Andreassi, La Barbera, Gratteri, Murgolo e mi pare Luperi, giunsero il dr. Caldarozzi ed il dr. Di Bernardini che dissero di essere stati aggrediti con lancio di sassi durante il passaggio della pattuglia davanti al complesso scolastico Diaz.
Ci si chiese che cosa fare e così venne incaricato il dr. Mortola di recarsi sul posto per verificare la situazione, in modo di decidere se intervenire. Il dr. Mortola si recò sul posto in motocicletta, passando davanti all’edificio e al suo ritorno disse che sul posto vi era una situazione pesante, persone vestite di nero e con aspetto poco raccomandabile ed aggressivo.
Il dr. Mortola su mia indicazione telefonò anche a Kovac, che era il referente del GSF a cui il Comune aveva affidato la struttura scolastica; Kovac disse telefonicamente che avevano abbandonato quella sede perché era iniziato il deflusso e che non sapeva chi vi fosse entrato. Ciò Kovac disse telefonicamente al dr. Mortola, che mentre parlava al telefono ripeteva a voce alta in mia presenza.
Proprio in base a tale risposta si decise l’intervento. Se Kovac ci avesse detto che la scuola era ancora a loro disposizione non saremmo intervenuti perché sarebbe stato un atto politicamente controproducente.
Nessuno espresse perplessità se non il dr. Mortola che temeva le conseguenze dell’operazione, anche tenuto presente che ormai la manifestazione era terminata. Io gli dissi che in quella situazione avremmo comunque dovuto procedere.
Nella riunione si decise quindi in pieno accordo di intervenire per identificare gli aggressori e l’eventuale presenza di armi e quindi di effettuare una perquisizione. Gli aggrediti erano quelli che spingevano di più per intervenire. Certamente ero piuttosto condizionato dalla presenza dei vertici della polizia; capii che l’intervento era ben gradito, che vi erano in effetti gli elementi per disporlo e così venne deciso. Anch’io ero convinto comunque della necessità di intervenire.
L’intervento venne deciso verso le 22,30; telefonai al dr. Donnini per reperire il personale necessario; Donnini mi disse che era disponibile il reparto di Roma del dr. Canterini che stava terminando la cena. Il Pref. La Barbera sollecitò l’intervento dei Vigili del Fuoco e dell’elicottero. Facemmo quindi una seconda riunione con gli operativi; erano presenti oltre ai partecipanti alla prima riunione, ad eccezione del Pref. Andreassi, Canterini, ed i Carabinieri. Dopo la decisione circa alcuni dettagli operativi e la decisione di formare due squadre, mi allontanai.
Prima doveva intervenire il dr. Canterini per mettere in sicurezza l’edificio e quindi la Digos doveva eseguire la perquisizione. I Carabinieri avevano il compito di controllare la zona.
Poiché il dr. Lapi, che era il naturale coordinatore dell’operazione, si era ferito nel corso di alcuni scontri nella giornata, su suggerimento del Pref. Andreassi, chiesi al dr. Murgolo se voleva recarsi sul posto ed egli acconsentì.
Il dr. Murgolo aveva quindi il compito di coordinare i diversi reparti.
Il dr. Canterini avrebbe voluto utilizzare i lacrimogeni ma il Pref. La Barbera ed io gli consigliammo di procedere nel modo più tranquillo e soft.
Su suggerimento del Pref. Andreassi telefonai al Capo della Polizia per avvertirlo che il nostro personale aveva subito un‘aggressione; che ci stavamo accingendo a fare una perquisizione presso un istituto scolastico e che avremmo utilizzato anche i Carabinieri per il controllo esterno.
Successivamente informai il Sindaco ed il Prefetto di Genova e mi pare anche il dr. Sgalla, il nostro portavoce; penso che sia stata una mia iniziativa. Non so se lo feci personalmente, ma comunque venne avvertita anche la dr.ssa Canepa, Sost. P.M. di turno.
Vidi i reparti partire davanti alla Questura ed anche il Pref. La Barbera, che mi disse che si recava anche lui sul posto. Ricordo che la cosa mi stupì tanto che glielo dissi.
Rientrai nel mio ufficio; successivamente ricevetti alcune telefonate su quanto avveniva; in una di queste che non ricordo da chi proveniva, ma probabilmente dal dr. Mortola o dal dr. Dominici venivo avvertito che sul posto erano state trovate anche delle bottiglie molotov; a suo tempo dissi che la telefonata poteva provenire dal dr. Luperi, ma ripensandoci penso che difficilmente Luperi mi avrebbe telefonato per avvertirmi.
Il dr. Luperi ricordo che mi telefonò più volte sollecitandomi l’invio di mezzi per trasportare gli arrestati in Questura.
Qualcuno mi avvertì anche della presenza di feriti.
Un agente venne nel mio ufficio, o forse lo incontrai nel corridoio, e mi disse che era stato aggredito nell’entrare alla Diaz e mi mostrò un giubbotto, che presentava uno squarcio; non ricordo se l’agente indossasse il giubbotto o se lo sia tolto e me l’abbia mostrato, ricordo bene soltanto lo squarcio. Probabilmente l’agente era insieme al dr. Canterini.
Successivamente venni informato che erano state tratte in arresto 93 persone.
Mi venne anche detto che erano stati rinvenuti medicinali, garze, disinfettanti e sangue raggrumato, e che di conseguenza si poteva pensare che nella scuola Diaz potessero essere stati ricoverati alcuni feriti negli scontri.
So che una squadra per errore aveva sbagliato obiettivo ed era entrata nella scuola di fronte, dove c’era il centro stampa. L’intervento alla Pascoli fu un errore, anche se nel fonogramma si parla di una verifica ai locali. Per dare la più ampia collaborazione al Tribunale mi sono rammentato di questo episodio. Era doveroso comunicare al capo della polizia quanto successo. Tutto ciò che è avvenuto alla Diaz mi è stato riferito da altre persone, da qui la mia incertezza nel riferire. Credo che la fonte dell’informazione sull’errore alla Pascoli sia stato il dott. Mortola.
Confermo oggi che la notizia delle molotov non mi venne data da Luperi.
I riferimenti erano il Pref. La Barbera, il Pref. Andreassi e Gratteri per lo SCO, anche se vi era il Pref. Andreassi, che quale vice capo della polizia, era suo superiore gerarchico. Luperi aveva quale suo superiore il Pref. La Barbera.
Luperi arrivò in Questura tra gli ultimi.
Quando un funzionario porta la fascia tricolore significa che è il responsabile dell’ordine pubblico; il dr. Murgolo per quanto ne so non portava la fascia tricolore.
Mi pare che l’aggressione alla pattuglia sia avvenuta verso le 20,30, era infatti ancora giorno. Se nella relazione si indicano le 22,30 si tratta di un evidente errore.
Quando ho saputo delle molotov, mi dissero che erano state trovate all’interno della Diaz, ma non dove di preciso e chi le avesse trovate. Avevo saputo nel pomeriggio che erano state trovate delle molotov in altro luogo.
Nella riunione non vennero espresse perplessità circa il fatto che la perquisizione dovesse avvenire di notte.
Quando Di Bernardini mi riferì dell’aggressione, parlò di pietre e di calci alle macchine.
Andreassi Ansoino (udienza 23/5/07)
(verbale – trascrizione)
Ero il vice capo vicario della polizia. Fui incaricato dal capo della polizia di soprintendere ai servizi di ordine pubblico per il G8; il Pref. Manganelli si occupava della sicurezza all’interno della zona rossa il Pref. Longo degli aspetti logistici; il Pref. Pansa dell’attività di polizia di frontiera.
Ero stato nominato direttore della missione; seppi dell’incarico da un telegramma e soltanto dopo la mia rimozione venni a sapere che con lo stesso decreto ero stato posto fuori ruolo, mentre io ritenevo che, pur facendo parte della struttura di missione, continuassi ad essere vicecapo della polizia e mantenessi quindi le mie funzioni
Il mio mandato si riferiva al vertice G8 ed in particolare a compiti di organizzazione e non di ordine pubblico.
La giornata del sabato si annunciava difficile in particolare per quanto accaduto il giorno prima. I problemi iniziarono già al mattino quando un elicottero vide un furgone che distribuiva mazze e bastoni ai manifestanti. Mi arrivò poi una telefonata dal capo della polizia che mi disse di affidare l’incarico al dr. Gratteri (Servizio Centrale Operativo), che diresse così la perquisizione alla Paul Klee, nel corso della quale vennero rinvenuti anche pezzi di autoradio della polizia e vennero arrestate circa una ventina di persone.
La direttiva di affidare l’incarico al dr. Gratteri preludeva a mio parere a voler passare ad una linea più incisiva con arresti, per cancellare l’immagine di una polizia rimasta inerte di fronte agli episodi di saccheggi e devastazione.
In questa linea, a mio parere, si pone anche l’invio del Pref. La Barbera per dirigere le operazioni. La manifestazione era ormai terminata quando arrivò La Barbera verso le ore 16. Ufficialmente il suo incarico era quello di sollecitare gli ufficiali di collegamento straneri per identificare gli arrestati stranieri, ma per questo era già presente Luperi. Io pensai quindi che fosse stato inviato nell’ambito della direttiva di cui ho detto. Il capo della polizia voleva che venissero fatti dei pattuglioni, affidati non alla polizia locale, ma a funzionari della squadra mobile e dello SCO. I pattuglioni erano diretti a trovare ed arrestare i black block. Io avevo molte perplessità ance perché ritenevo che ormai le manifestazioni erano terminate e che la popolazione era stufa di disordini, mentre i pattuglioni potevano soltanto portare ad ulteriori disordini.
Non manifestai peraltro le mie perplessità, ma disposi in conformità.
I pattuglioni vennero subito organizzati; quello affidato al dr. Bernardini passò davanti alla Diaz e venne fatto oggetto di un fitto lancio di bottiglie ed altri oggetti da parte di un numero consistente di black block, di persone cioè vestite di nero che gridavano: “Sono pochi, diamogli addosso”. Secondo quanto riferito dal dr. Bernardini e dal dr. Caldarozzi, tale aggressione era stata talmente violenta che gli operatori dovettero allontanarsi velocemente per non essere sopraffatti. Ricordo che un mezzo era stato danneggiato; se a suo tempo esclusi di aver sentito qualcosa in proposito, probabilmente il ricordo di oggi dipende da qualche evento successivo.
Vi fu una riunione in Questura con La Barbera, Colucci, Gratteri, Mortola, Dominici; la reazione dei presenti fu di andare subito a vedere che cosa succedesse in effetti alla Diaz, anche perché la massa degli aggressori era rientrata nella scuola. Mortola si portò quindi sul posto e disse che vi erano persone vestite di nero, delle vedette ecc.
Mortola telefonò poi al rappresentante del GSF, che rispose che lo stabile era stato da loro abbandonato; così ci disse Mortola.
Tutto ciò avvenne, se ben ricordo, verso le 21 - 21 e 30; si decise così, tutti d’accordo, di fare una perquisizione, dato che, se i presupposti erano veri, l’intervento doveva essere fatto subito.
La perquisizione non era la finalità principale dell’operazione, l’intento era quello di procedere all’arresto dei black block, di coloro cioè che avevano aggredito la pattuglia.
Erano tutti d’accordo, forse Colucci un po’ meno. Le perplessità vi furono, ma soltanto sui rischi dell’intervento e sulla sua esecuzione, dato che l’operazione per quanto era avvenuto doveva essere fatta. Ricordo che dissi a La Barbera di stare attento.
Successivamente vi fu una telefonata del capo della polizia che voleva assicurarsi che La Barbera si fosse recato sul posto.
La riunione si chiuse con la decisione circa i reparti da impiegare: si telefonò a Donnini che ci disse che era disponibile la squadra speciale del reparto mobile di Roma. Tale squadra era stata costituita in occasione del G8 di Genova con una selezione dei volontari; una commissione aveva scelto i membri, accertandone la loro lucidità, capacità ed assenza di precedenti negativi.
Io quindi proprio per tali motivi, ritenni tale squadra adatta al compito. Non doveva procedere alla perquisizione, ma soltanto essere utilizzata in caso di necessità per ordine pubblico. Io non ipotizzavo la necessità di un’irruzione.
Vi fu una seconda riunione nell’attigua sala riunioni, cui non partecipai; vissi infatti l’operazione come una calamità; non volevo esserne coinvolto e dato che la sua organizzazione non era mio compito, mi astenni dal partecipare alla seconda riunione.
Consigliai al Questore di informare il capo della polizia, perché non si trattava di una semplice perquisizione, ma di un’operazione foriera di notevoli sviluppi.
Non seppi chi fosse stato incaricato di dirigere l’operazione.
Certamente la presenza sul posto di La Barbera e di altri funzionari del dipartimento non contribuiva a chiarire la linea di comando. Non mi risulta che fosse stato individuato un responsabile a livello tecnico.
Sul posto vi erano Gratteri, Luperi, Mortola, mi pare Dominici, Canterini.
La presenza sul posto di un prefetto non atterrebbe alla linea di comando, ma nella specie il Pref. La Barbera, per il suo prestigio e la sua personalità, era un punto di riferimento per tutti. In mancanza di un responsabile generale ognuno fa riferimento al suo comandante.
Tutti i provvedimenti erano stati presi direttamente dal capo della polizia; la presenza quindi di La Barbera era certamente significativa.
Anche la presenza del dr. Sgalla, responsabile dei contatti con la stampa e dipendente esclusivamente dal capo della polizia dimostrava l’intervento diretto del capo della polizia.
Luperi si recò sul posto perché vi era andato La Barbera; Gratteri avendo avuto un ruolo fino dalla mattinata nella risposta alle devastazioni si recò a sua volta sul posto, ma certamente ne ebbe disposizione da qualcuno. Il personale che guidava i pattuglioni era collegato allo SCO e quindi a Gratteri. Lo SCO era il riferimento di tutte le squadre mobili della Questura, come l’UCIGOS per le DIGOS.
Io rimasi in Questura durante lo svolgimento dell’operazione.
Giunse la notizia che vi era stata una notevole resistenza; che la squadra speciale aveva dovuto sfondare un cancello ed entrare sotto il lancio di bottiglie e mattoni; che vi era stato un accoltellamento, che la resistenza era stata violenta e vi erano molti feriti. Mi pare che la telefonata sia pervenuta da Murgolo; ero con il Questore e non ricordo se la telefonata venne fatta a lui.
Il dr. Murgolo era il vicequestore vicario di Bologna, il dr. Papa era il capo gabinetto di Napoli; io stesso richiesi la presenza di questi funzionari quando si organizzò il G8, trattandosi di ottimi funzionari; suggerii al Questore di farsi assistere dal dr. Calesini, da Papa e da Murgolo. Io stesso chiesi a Murgolo di recarsi alla Diaz in relazione ai probabili riflessi che l’operazione poteva avere sull’ordine pubblico. Non credo che Murgolo avesse ricevuto altri incarichi o direttive; io lo consideravo a margine dell’operazione Diaz.
Nel corso di una telefonata, probabilmente di Murgolo, mi venne comunicato anche il ritrovamento delle bottiglie molotov.
Mi pare che prima rientrò Murgolo e poi La Barbera e Gratteri, che avevano un atteggiamento soddisfatto per l’esito dell’operazione.
In un’altra telefonata, forse dello stesso Sgalla, si disse che alcune persone avevano ferite pregresse, con sangue ormai raggrumato ed evidentemente subite in altre occasioni.
Il tentativo di accoltellamento mi venne prima riferito telefonicamente, poi l’agente venne da me insieme a Canterini; vidi un corpetto che presentava alcuni segni e mi pare una casacca che non ricordo se fosse da lui indossata o se l’avesse tolta, che presentava uno strappo.
Con Sgalla ed il capo della polizia si decise di dare un comunicato breve ai giornalisti, mostrando loro quanto rinvenuto; il comunicato venne letto da una collega e lasciò insoddisfatti i giornalisti che avrebbero voluto avere ulteriori notizie circa gli avvenimenti. Anche Sgalla era presente e ribadì soltanto il contenuto del comunicato.
Secondo me nulla di più si poteva fare, anche perché l’entità ed il tipo dei reperti non dava l’impressione che si fossero individuati i gruppi che avevano devastato la città.
Era possibile che qualcuno degli arrestati presentasse ferite pregresse ma certamente non tutti.
Sostanzialmente tutti riconoscevano nel Pref. La Barbera il capo dell’operazione.
Il capo della polizia mi disse di incaricare il dr. Gratteri dell’operazione alla Klee, ma non so se poi Gratteri abbia in effetti condotto l’operazione.
In teoria il Pref. La Barbera sarebbe stato a me subordinato, in quanto ero vice capo della polizia, ma a quei livelli il rapporto gerarchico sfuma.
Per me il reparto speciale mobile era destinato soltanto ad appoggio, ma l’espressione porre in sicurezza l’edificio è imprecisa; l’utilizzo della squadra doveva essere conseguenza della necessità di un’azione diretta a tal fine. Non so che cosa si sia deciso in proposito nella seconda riunione.
Nella Polizia esiste in effetti una regola non scritta: che cioè di fronte a devastazioni e scorribande si debba procedere almeno ad un certo numero di arresti; cercare di individuare i responsabili ed arrestarli.
Luperi aveva esclusivamente un compito informativo e cioè dirigeva la sala di raccolta dei contatti con le polizie straniere. Era all’UCIGOS al Viminale.
Mi pare che Mortola abbia telefonato a Kovac in nostra presenza, ma non ne sono sicuro.
Durante la notte ricevetti una telefonata dal capo della polizia che mi disse di aver a sua volta ricevuto una telefonata dall’On Bertinotti il quale chiedeva notizie di quanto stava accadendo alla Diaz; gli chiesi se avesse informato il ministro e alla sua risposta negativa gli dissi di farlo quanto prima.
La sera della domenica su richiesta del capo della polizia rilasciai un’intervista alla televisione per difendere l’operato della polizia.
Capovani Maurizio (udienza 3/10/07)
(verbale – trascrizione)
Faccio parte della Digos; il 21 luglio venni avvertito dal mio comandante Di Sarro di tenermi pronto per un’operazione. Ero alla guida e con me c’erano l’assistente Garbati, l’agente scelto Vannozzi, il sovrintendente Bassani e l’assistente capo Pantanella.
Arrivai nei pressi della Diaz da via Trento; i Carabinieri erano già sul posto; vi era una gran folla e tanta confusione. Le ambulanze sono arrivate dopo. I colleghi scesero e con l’Ag. Sc. Vannozzi andai a posteggiare. Scendemmo quindi a piedi verso la Diaz. Entrammo nella Pascoli; avevo visto del personale che correva verso la scuola e li ho seguiti nella speranza di trovare i miei colleghi. Sono entrato da una porticina laterale salendo delle scale. Vi erano persone in borghese con una casacca con la scritta Polizia, ma io non li conoscevo. Non ricordo di aver visto persone in divisa da ordine pubblico. C’era tanta gente. Vi erano anche alcune persone sedute a terra, tranquille. Sono quindi uscito subito.
L’8 di agosto feci una relazione su quanto avevo fatto la sera del 21; prima non avevo ritenuto di redigerla perché non avevo fatto praticamente nulla, poi parlando con il mio funzionario, Di Sarro, che mi disse che sarebbe stato meglio che redigessi una relazione, dato che ero presente, decisi di farla. Anche i colleghi che erano con me fecero una relazione l’8 agosto.
Bassani Anacleto (udienza 3/10/07)
(verbale – trascrizione)
Attualmente lavoro nella divisione anticrimine; nel 2001 ero aggregato alla Digos.
Il 21 luglio ero sotto alla questura con i colleghi Capovani, Pantanelli, Garbati e un’altra collega che adesso non è più a Genova, mi sembra Vannozzi. Il dr. Di Sarro ci disse che dovevamo fare un servizio di osservazione alla Diaz. Si trattava di un servizio generico diretto a verificare che non avvenissero fatti illeciti.
Ci siamo quindi recati alla scuola Diaz; quando arrivammo c’erano già molti mezzi e molta confusione. Capovani che guidava la macchina rimase con la collega Vannozzi e andò a cercare un posteggio. Io scesi con gli altri due colleghi; vidi molti carabinieri, poliziotti, divise di diverso tipo. La Diaz era sulla mia sinistra; all’epoca non conoscevo l’ubicazione degli edifici.
Successivamente vidi arrivare le ambulanze.
Ho visto una persona che faceva riprese dal secondo piano della Pascoli. Dal momento che era in corso un’operazione di polizia sono salito per chiedere spiegazioni, ma non l’ho trovata. All’interno c’era personale sia in divisa sia in borghese con pettorine, c’erano anche dei ragazzi lungo il percorso che ho fatto per salire.
Sono entrato in una stanza, ma non ho trovato la persona che cercavo. Su un tavolo c’erano quattro cassette abbandonate che ho recuperato; le portai in Questura e le riposi insieme ad altro materiale, come qualcuno, che non ricordo, mi disse di fare. Feci una relazione su richiesta del dr. Di Sarro, mi pare qualche giorno dopo, perché mi disse che non c’era nulla circa il recupero delle cassette. Vedendo la mia relazione mi accorgo che la data è l’8 agosto.
Non ho visto alcuna attività che potesse riferirsi ad una perquisizione.
Pantanella Giovanni (udienza 3/10/07)
(verbale – trascrizione)
Facevo parte della Digos. La sera del 21 nulla sapevo della scuola Diaz. Sapevo soltanto che era un luogo di raccolta dei manifestanti contro il G8. Avevamo l’incarico con la collega Garbati, di svolgere un servizio di osservazione.
Quando arrivammo c’erano già tutti i mezzi della polizia e dei carabinieri. I colleghi erano all’interno della Diaz con divisa antisommossa; sulla destra erano in borghese con pettorina.
Noi dovevamo fare riferimento al dr. Di Sarro. Dovevamo controllare che non venissero commessi atti illeciti.
Mentre eravamo in strada abbiamo scorto una persona che stava filmando da una finestra della Pascoli. Abbiamo quindi pensato di identificarlo; abbiamo cercato senza successo di allertare un collega che era vicino alla finestra; siamo entrati e saliti al secondo piano; siamo entrati nella stanza ma non abbiamo più trovato nessuno. Abbiamo invece trovato quattro cassette abbandonate che abbiamo acquisito. Le cassette si trovavano su un banchetto sotto la finestra. Siamo poi scesi e tornati dove eravamo prima.
Nel corridoio del secondo piano vi era personale in borghese con la pettorina e ragazzi seduti a terra vicino alla parete.
Tornati in Questura nel nostro ufficio al secondo piano trovammo nel corridoio alcuni colleghi che non conoscevo che ci dissero di lasciare a loro le cassette e che avrebbero provveduto a redigere il verbale e a repertarle. Feci una relazione di servizio insieme al collega Bassani, che provvide a redigerla materialmente; io la sottoscrissi. La relazione venne redatta l’8 agosto.
Vidi sui banchi altre videocamere e materiale informatico. Noi le cassette le abbiamo date alla collega e la collega ha detto: “Dai qua che facciamo noi il verbale e i reperti”.
Del Gais Ugo (udienza 15/11/07)
(verbale – trascrizione)
Ero stato incaricato di fare una cinturazione degli edifici; ero sottotenente dei CC.
Vi fu un briefing in Questura in cui ci dissero appunto che i carabinieri dovevano fare la cinturazione della Diaz, edificio ove si trovavano coloro che avevano partecipato alle devastazioni dei giorni precedenti.
Non avevo un riferimento preciso nella polizia; vi era un funzionario cui mi rapportavo.
Mi pare che la polizia abbia sparato un candelotto lacrimogeno dal lato opposto alla Diaz. Vidi la traiettoria verso la scuola davanti alla Pertini.
Noi eravamo schierati alla destra del cancello guardando la scuola. Non ricordo di aver visto alcun ferito vicino al cancello.
L’attività di cinturazione è iniziata prima che la PS entrasse; non avevamo personale per bloccare tutto intorno alla scuola. Ci fu una voce che diceva che qualcun aveva cercato di allontanarsi; dal nostro lato non è uscito nessuno, non posso escludere che da altre parti qualcuno sia scappato. All’inizio a destra fuori della scuola sulla strada c’era solo il nostro reparto, poi arrivarono altri CC, era una situazione concitata. Il retro della scuola per noi non era visibile.
Calesini Giovanni (udienza 15/11/07)
(verbale – trascrizione)
Ero il vicario del Questore. Il 20 ed il 21 ero in servizio in piazza con compiti di ordine pubblico.
La sera del 21, mentre ero a cena alla Fiera del Mare, arrivò al dr. Crea la telefonata che dava notizia dell’operazione e con cui si chiedeva l’intervento del VII nucleo.
Canterini, che era anche lui a cena, andò in Questura. Mi recai anch’io in Questura, ove rimasi fino a mezzanotte; ricordo che il Questore che era nel suo ufficio se non ricordo male con Andreassi, mi sollecitava perché inviassi mezzi alla Diaz. Non partecipai a nessuna riunione in Questura né alla gestione del servizio.
Quando decisero la perquisizione non pensarono di nominare un dirigente del servizio che nel caso avrei dovuto essere io.
Vi furono diverse cose illogiche quella sera; in primo luogo il fatto che io non fossi stato incaricato di dirigere l’operazione e poi il fatto che non fossero stati portati mezzi sufficienti per portare via gli arrestati.
Successivamente mi recai alla Diaz con i blindati e con gli ultimi tre plotoni di carabinieri; quando arrivammo la scuola era già circondata; io non avevo la fascia tricolore ed il casco che avevo dimenticato di prendere e Murgolo, che stava andando via, me li diede.
Disposi i tre plotoni di carabinieri.
Seppi soltanto il giorno dopo che si era trattato di una perquisizione ex art. 41. Al momento sapevo soltanto che vi era stata un’irruzione della polizia nella Diaz.
Un’altra cosa poca usuale è che venne avvisata la magistratura; come lessi sui giornali, il dr. Mortola aveva avvisato il magistrato.
Rimasi poi praticamente solo senza mezzi per rientrare; l’On. Mascia mi si avvicinò, si presentò ed io ne fui molto sollevato, perché avevo un interlocutore valido con cui rapportarmi.
Per me si trattò soltanto di un servizio di ordine pubblico.
Entrai poi insieme all’On. Mascia nella scuola Pertini, ove vidi tutto sotto sopra, e le macchie di sangue che poi vennero fotografate e pubblicate sui giornali.
Il rischio di essere aggrediti era elevato. Infine tornai in Questura ove era in corso una riunione cui partecipava per quanto ricordo il vice capo della Polizia il Pref. La Barbera.
Chiesi se fossero state trovate armi e mi venne risposto che erano state trovate cose di grande interesse per noi. L’On. Mascia mi aveva chiesto di farle sapere se fosse stato trovato qualcosa ed io le telefonai dicendole che il giorno dopo sarebbe stata fatta una conferenza stampa, ma che in effetti erano state rinvenute diverse cose di rilievo.
Nel filmato, Rep. 177.5 p. 19 min. 8,30 (estratto), mi riconosco con la fascia tricolore.
Il filmato Rep. L. 147 p.c. (estratto) riproduce il momento in cui Murgolo mi dà la fascia. Da questo momento assumo la direzione del servizio di ordine pubblico. Non avevo compiti di polizia giudiziaria.
Nel Rep. 177.5 p. 19 min. 10,03 (estratto) mi si vede mentre guardo dove disporre i carabinieri; tra le persone con cui parlo prima una potrebbe essere Caldarozzi.
Non ricordo di aver saputo che sarebbe arrivato a Genova il dr. Berrettoni, dell’UCIGOS, vice del Pref. La Barbera.
Non so se prima di avermi consegnato la fascia, il dr. Murgolo dirigesse il sevizio di Ordine Pubblico; quando me la consegnò non la indossava, ma l’aveva in tasca. Tutti i funzionari dovevano portare con sé la fascia ed ognuno poteva essere incaricato di dirigere il sevizio di Ordine Pubblico.
Non ho visto nessuno con la fascia tricolore.
La presenza di Andreassi, vice capo vicario della PS, anche se non vi era un provvedimento espresso, significava che dava lui gli ordini. È persona di grande responsabilità che usa autorevolezza e non autoritarietà, ma era evidente che i servizi venivano effettuati se lui era d’accordo. Non so se fosse informato del servizio alla Diaz. Non partecipai a riunioni di funzionari in cui si definiva un successo l’operazione.
Luperi all’epoca era consigliere ministeriale ed era responsabile della sala internazionale; aveva l’incarico di gestire le informazioni che pervenivano dalle polizie straniere.
Si tratta di una figura anomala; non ha a disposizione personale, ma di volta in volta effettua i servizi che il capo gli affida. Il suo riferimento era il Pref. La Barbera.
Il fatto che un prefetto come La Barbera si rechi sul luogo di un’operazione è del tutto anomalo e provoca sicuramente difficoltà operative.
La Barbera era il più alto in grado, nessuno poteva operare diversamente da quello che lui diceva.
Luperi faceva riferimento a La Barbera, capo dell’ UCIGOS, struttura che non prevede la figura del consigliere ministeriale. Il consigliere effettua i compiti che gli vengono assegnati dal suo capo, in questo caso era chiaro che il suo punto di riferimento fosse La Barbera. È possibile che La Barbera avesse chiesto a Luperi di andare con lui alla Diaz ad accompagnarlo.
La Barbera come capo dell’ UCIGOS, direttore centrale, ha tale autorevolezza che nessuno può opporglisi, indipendentemente dai poteri dell’ufficio che riveste.
Quanto ai rapporti tra il vicecapo vicario Andreassi, il direttore centrale La Barbera, e il dirigente superiore Gratteri, come gradi, il vicecapo vicario prevale sul direttore centrale; Gratteri era dirigente superiore, viene dopo nella gerarchia. La responsabilità dell’ordine pubblico è in capo al Questore. Gratteri doveva fare riferimento al direttore centrale della polizia criminale, presso cui è lo SCO; tale direttore non era presente a Genova.
Filocamo Fulvio (udienza 15/11/07)
(verbale – trascrizione)
Facevo parte della squadra mobile della Questura di Parma, avremmo dovuto occuparci del monitoraggio della zona rossa, secondo le disposizioni iniziali dateci dal servizio centrale operativo. Nella giornata del sabato prestai servizio dalla mezzanotte alle sette. Giorni dopo mi venne chiesto di fare un appunto su quanto svolto in occasione della irruzione alla Diaz; ero già in vacanza e lo compilai in condizioni particolari; alla data si potrebbe risalire; era indirizzato al direttore dello SCO, all’epoca Gratteri.
Non ho svolto servizi di ordine pubblico.
Il sabato sera arrivai alla Diaz se ben ricordo verso l’una insieme al dr. Pifferi. Non ricordo di aver ricevuto particolari telefonate.
Mi fu detto, mi pare dal dr. Gratteri, di occuparmi della repertazione del materiale rinvenuto nel corso della perquisizione. Iniziai tale attività, ma poco dopo la situazione precipitò e dovetti interromperla. Quando entrai nella scuola vi erano già alcuni oggetti accumulati, mi pare su un telo nero, forse uno striscione, che poi venne ripiegato come un fagotto e portato via.
Non ho un ricordo preciso. Mi pare che entrando vi fosse una sala con legno alle pareti. Credo di aver aiutato a portare via parte del materiale nell’involucro. Mi pare vi fosse qualche bastone qualche coltello, ma non ricordo bene.
Fuori dall’edificio vi erano già alcune ambulanze e mi pare che stessero portando fuori qualche ragazzo ferito. Vi era un gruppo di persone che discutevano: mi pare vi fosse qualcuno che si lamentava di non essere stato fatto entrare nonostante avesse mostrato il tesserino di parlamentare o di giornalista; forse vi era anche il dr. Sgalla.
Se ben ricordo passai prima in Questura e poi mi recai negli ospedali ove mi resi conto che vi erano persone ricoverate.
Verosimilmente fu il dr. Pifferi a dirmi che cosa stava accadendo alla Diaz.
Nell’atrio si vedeva che qualcosa era successo, vi erano persone e terra, ricordo degli zainetti e dei sacchi a pelo messi alla rinfusa. Io mi resi conto che i reperti non erano collegabili a persone determinate, in quel momento non mi fermai a riflettere. Rimasi in contatto tutta la notte con Caldarozzi e Ferri, mentre facevo il giro di almeno due ospedali. Probabilmente ho riferito i numeri dei feriti. Tra chi redigeva gli atti vi erano persone a me gerarchicamente superiori. Non so esattamente chi ha firmato gli atti, ritengo che Caldarozzi e Ferri fossero tra i firmatati. Nel verbale, che io non ho visto, vi sono ufficiali di PG più in alto in grado di me, come Caldarozzi e Ferri.
Nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 234 p. 5 - estratto) mi riconosco di spalle con la maglietta verde, sono insieme al dr. Pifferi. Anche nei filmati Rep. 199 (estratto) e Rep. 70 (estratto) mi riconosco; deve essere il momento di cui ho parlato in cui vi erano le proteste.
Nel filmato Rep. 151.29.3 (estratto) mi riconosco mentre i sacchi vengono posti sul mezzo blindato.
Non ricordo di aver visto bottiglie molotov.
Probabilmente furono il dr. Caldarozzi e il dr. Ferri a dirmi di recarmi presso gli ospedali.
Non ho visto molotov in mano a qualcuno, ma non mi sembra che la presenza delle molotov fosse in discussione. Io non ricordo di averle viste. Poi le vidi in televisione; la presenza delle molotov per me non era un elemento fondamentale; ricordo che vi erano mazze lunghe un metro. A me non sembra che vi sia una differenza enorme tra una mazza da baseball e una molotov, sono entrambi oggetti pericolosi.
Bonalumi Patrizia (udienza 29/11/07)
(verbale – trascrizione)
All’epoca ero coniuge del dr. Di Sarro; successivamente mi sono separata.
Sono Vice Questore e all’epoca curavo i rapporti con i media; venni infatti incaricata di leggere alla stampa il comunicato ufficiale la domenica dopo i fatti.
La sera del 21 chiamai telefonicamente Di Sarro un paio di volte; poi non ricordo se il suo cellulare era stato prestato a qualcuno e quindi chiamai un paio di volte un suo collaboratore Giovanni Alagna, come mi aveva detto il mio ex marito nel caso in cui non fossi riuscita a telefonargli direttamente. In una telefonata rimasi al telefono con lui circa un quarto d’ora. Mi pare che tale telefonata sia avvenuta verso la mezzanotte.
La conferenza stampa avvenne verso mezzogiorno. Mi fu consegnato un foglio che dovevo leggere; sapevo che avrei dovuto tenere la conferenza insieme al dr. Sgalla.
Di Sarro rientrò a casa mi pare verso le due o le tre della notte tra il 21 ed il 22.
Non mi pare che alla conferenza fosse presente Di Sarro.
Non sono in grado di dire con precisione dove si trovasse Alagna al momento della telefonata; mi disse che Di Sarro era fuori dal cortile o comunque del cancello.
Adornato Antonio (udienza 16/01/08)
(verbale - trascrizione)
All’epoca prestavo servizio presso il I Rep. Mobile di Roma; ero aggregato alla Questura di Genova in occasione del vertice G8.
Comandavo un contingente di 150 uomini che il 21 mattino fece servizio all’interno della zona rossa. Tornando pranzammo sulla nave; eravamo all’interno della “cittadella”. Sentimmo che i contingenti schierati sul lungomare avevano necessità di lacrimogeni; così li portammo ai reparti; mentre mi trovavo sul lungomare venni colpito al braccio da un oggetto, un sasso, lanciato dalla destra da un gruppetto di manifestanti. Quando tornai alla cittadella nel tardo pomeriggio, 17,30 – 18,00, venni contattato dal dr. Troiani che mi interpellò per reperire personale per effettuare pattuglioni. Se non ricordo male la richiesta proveniva dal dr. Donnini.
Il mio autista, Tiziano Tulini, tornò verso la nave ove reperì del personale; ricordo che si trattava di otto nove unità; erano in divisa da ordine pubblico: basco, giacca blu, cinturone bianco, pantaloni grigi.
Non so con precisione come sia stato impegnato il personale; ho saputo e presumo che abbia partecipato al pattuglione coinvolto nell’incidente presso la scuola Diaz che poi determinò l’operazione.
Mi feci curare e quindi andai a cena nella cittadella. Non ricordo di aver sentito nella sera il dr. Troiani.
Nella foto che mi viene mostrata riconosco i mezzi: il primo più in basso è il Magnum quelli più in alto i Ducati; non riesco a individuare il funzionario vicino al Magnum come persona conosciuta.
Non ricordo con precisione a che ora sentii che veniva richiesto il personale per la perquisizione alla Diaz, mi pare dopo cena verso le 21,30 – 22,00.
Tulini Tiziano (udienza 16/01/08)
(verbale - trascrizione)
Nel luglio 2001 espletavo il servizio di operatore presso il reparto mobile di Roma; in occasione del G8 ero a Genova, quale autista del dr. Adornato.
Il 21 luglio, verso le tre del pomeriggio abbiamo pranzato e tornati alla cittadella, vedemmo un collega che ci avvertì che vi erano problemi sul lungomare. Visto che vi era carenza di personale libero ci chiesero di portare una cassa di lacrimogeni ai reparti sul lungomare.
Arrivati sul posto, mi misi la maschera antigas e distribuimmo i lacrimogeni. Il dr. Adornato venne colpito ad un braccio da un oggetto contundente lanciato da sotto, dalla spiaggia.
Quando ritornammo alla cittadella - saranno state le 17,30 – 18,0 - incontrammo il dr. Troiani, che conoscevamo, e che ci disse che il dr. Donnini cercava personale e mezzi per un non meglio precisato servizio; il dr. Troiani chiese al dr. Adornato di cercare personale libero presso la nave ed io così chiesi a quelli che incontravo del reparto mobile se fossero liberi dal servizio; scesero dalla nave otto o nove persone che diedero la loro disponibilità in proposito. Erano in divisa blu con cinturone bianco e casco blu.
Ricordo solo due nomi dei volontari: Cavalli e Vitale.
Riccitelli Mauro (udienza 24/01/08)
(verbale - trascrizione)
Nel 2001 prestavo servizio al Servizio Centrale Operativo ed in occasione del G8 venni aggregato a Genova. I miei compiti erano legati a quelli dello SCO e quindi mi occupavo della sicurezza, dei servizi all'interno della zona rossa.
Il direttore del servizio centrale era il dr. Gratteri ed il vicedirettore il dr. Caldarozzi.
Nel tardo pomeriggio del 21 ci venne detto che avremmo dovuto effettuare dei pattuglioni.
Nella mia pattuglia c’era il dr. Caldarozzi che era in macchina con me; c’era anche il dr. Ferri che avevo conosciuto in quei giorni.
Dal momento in cui il dr. Caldarozzi ci disse di prepararci a quello in cui partimmo trascorse circa mezzora.
Per un po’ girammo nelle vicinanze della Questura, poi su indicazione del dr. Caldarozzi ci recammo verso un locale bar in cui era stato segnalato che accadeva qualcosa di irregolare; era in via Trento.
Quando arrivammo la situazione era tranquilla; iniziammo a controllare i documenti, ma subito dovemmo interrompere il controllo perché ci era stato segnalato che in un altro bar poco distante sempre in via Trento vi era bisogno di rinforzi.
Quando arrivammo non trovammo una situazione particolarmente agitata, anche se un po’ più movimentata.
Ricordo però che qualcuno dei colleghi era molto arrabbiato contro lo scout, una donna, che li aveva portati in una zona pericolosa.
Il dr. Caldarozzi ed il dr. Ferri dissero quindi di andare via e di rientrare in Questura, perché era apparso chiaro che non eravamo in sicurezza.
Dopo circa un’ora e mezza il dr. Caldarozzi disse che ci saremmo dovuti recare presso una scuola ove era stata indicata la presenza di black block.
Nell’auto in cui mi trovavo vi era l’Isp. Mazzoni, l’Ass. Conte e nell’altra c’era il dr. Gratteri, il dr. Caldarozzi .
Noi eravamo tra gli ultimi mezzi. Il nostro autista non conosceva le strade al di fuori della zona rossa e così sbagliò strada. Quando arrivammo posteggiammo praticamente davanti al bar in cui avevamo fatto il primo controllo.
Scesi, ci dirigemmo verso piazza Merani; poco più avanti a me c’era il dr. Gratteri; sentii un colpo sordo e quindi gli dissi di mettersi il casco. Ci avvicinammo alla scuola; c’era un elicottero che illuminava la zona, e vedemmo alcuni giovani che fuggivano dalle impalcature intorno all’edificio scolastico. Vi era molto rumore e si sentivano delle grida.
Una persona che stava cercando di fuggire venne fermata dal personale. Fino a quel momento il dr. Gratteri era con me; poi lo persi di vista.
Nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 234 p. 1 cont. 00.23.03 - estratto) si vede il dr. Caldarozzi senza casco; si sentono le urla ed il rumore di cui ho detto (00:24:04:000); mi riconosco con la mano sulla spalla del dr. Gratteri, mentre lo porto via perché era senza casco.
Dopo avvenne l’episodio della persona che cercava di fuggire.
Lasciai il dr. Gratteri e mi diressi verso il cortile della scuola Diaz dove trovai sulle scale di ingresso il dr. Caldarozzi, che era senza casco (lo teneva in mano); mi disse di entrare nella scuola per vedere come era la situazione.
Entrai e salii al primo piano. Vidi nel corridoio alcuni ragazzi seduti contro il muro con un sanitario che li stava accudendo. Sono sceso nella palestra.
Uscii per dire al dr. Caldarozzi che la situazione era ormai cristallizzata; che vi erano feriti ma che non vi erano più disordini.
Rientrai nella scuola e mi preoccupai dei feriti. Al piano terra vi era un dottore, che così si qualificò, al quale dissi di verificare quali fossero i feriti da curare più urgentemente in modo da provvedere a farli trasportare per primi all’ospedale. Quando arrivarono i barellieri mi occupai di far trasportare i feriti.
Vidi in effetti un funzionario della squadra mobile di Roma, il dr. Di Bernardini, che aveva in mano un sacchetto di plastica che conteneva qualcosa; era entrato nel cono di luce del locale palestra vicino al portone; era solo. Io ero tra le due colonne dell’ingresso della palestra; voltandomi vidi il dr. Di Bernardini che certamente doveva essere vicino alla porta all’interno della scuola. Non posso dire se stesse uscendo.
Il sacchetto visibile nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 199 cont. 23:38:40 - estratto) è come quello da me visto di colore azzurrino.
I funzionari rimasero per lungo tempo nel cortile.
Vidi poi che vicino alla porta venne steso in terra uno striscione con una scritta inneggiante a qualche movimento anarchico sul quale vennero riposti gli oggetti reperiti nella scuola.
Lo striscione venne poi usato come un sacco e utilizzato per trasportare tutti i reperti.
Si era sparsa la voce che stava sopraggiungendo un gruppo di black block e così venne deciso di rientrare in Questura. Rientrai insieme ai dr. Gratteri e Caldarozzi.
L’Isp. Mazzoni mi disse poi che dovevamo recarci nei locali della Digos per dare una mano; nel corridoio vidi lo striscione con i reperti della Diaz; non vidi bottiglie molotov. Iniziammo quindi a classificare i reperti, dividendoli per categorie: coltelli, mascherine, videocassette ecc. L’operazione di classificazione poi si interruppe perché intervenne la scientifica e noi ritenemmo quindi opportuno allontanarci. Restammo fino alle sette - otto circa del mattino.
Conte Giuseppe (udienza 24/01/08)
(verbale - trascrizione)
Il 21 luglio per la prima volta uscimmo dalla zona rossa per partecipare ad un pattuglione; ricevemmo l’incarico dal dr. Gratteri e dal dr. Caldarozzi. Parteciparono al pattugliane il dr. Di Bernardini ed il dr. Ferri. Eravamo in macchina io, il dottor Caldarozzi, sicuramente, l’Ispettore Riccitelli, l’Ispettore Mazzoni; sull’altra vettura vi era uno “scout” pratico di Genova.
Il dr. Caldarozzi, che aveva probabilmente ricevuto un’indicazione, ci portò presso un bar mi pare si chiamasse Piramide. Mentre stavamo controllando gli avventori il titolare ci disse che probabilmente le persone che cercavamo erano presso un altro bar. Il dr. Caldarozzi credo che fece una telefonata e quindi ci recammo presso l’altro bar che mi pare si chiamasse Planet, ove c’era il dr. Ferri. Subito dopo giunse un’auto su cui si trovava il dr. Di Bernardini che, senza neppure scendere dalla macchina, ci disse di andare subito via.
Tornati alla Questura vidi che alcuni colleghi riprendevano una collega, lo scout, che li aveva portati in un luogo pericoloso.
Il dr. Caldarozzi ci disse poi che avremmo dovuto effettuare una perquisizione.
Partimmo in coda agli altri veicoli: le ultime due vetture; nella penultima vi erano il dr. Gratteri, il dr. Caldarozzi e l’autista, che credo fosse l’Ass. Songini, del servizio centrale operativo sempre di Roma e nell’ultima autovettura da me guidata, l’Ispettore Mazzoni, l’Ispettore Riccitelli.
Seguendo l’auto che ci precedeva sbagliammo strada ed arrivammo infine nei pressi del bar da cui ci eravamo allontanati.
Ricordo che vi erano parecchi mezzi sul piazzale; vi era un gran rumore; sentimmo un boato e quindi ci spostammo sul marciapiede destro opposto alla scuola Diaz.
Vidi anche il pref. La Barbera con il casco sul lato destro della piazza, era nelle vicinanze dei dr Gratteri e Caldarozzi. Abbiamo deciso di tornare all’auto per prendere i caschi.
Tornato dopo aver preso i caschi, trovammo il dr. Gratteri ed il dr. Caldarozzi nel cortile davanti alla scuola con altri funzionari con cui stavano parlando.
Entrai nella scuola; la situazione era ormai stabile; i colleghi stavano sistemando i reperti su un telo nero vicino all’ingresso; vi era anche qualche paramedico; poi uscii e riferii la situazione al dr. Caldarozzi che entrò a sua volta un attimo e poi uscì.
La situazione divenne sempre più accesa e così andammo via. Vi erano con noi due giornalisti il sig. Ruotolo che salì sull’auto con il dr. Gratteri e la sig.ra Fusani di Repubblica che salì sull’auto con me, il dr. Caldarozzi, l’Ispettore Mazzoni e l’ispettori Ricitelli.
Nella notte mi pare che accompagnai il dr. Grassi, un altro funzionario dello SCO, presso un ospedale.
Rientrato in Questura mi pare che o il dr. Caldarozzi o il dr, Grassi mi disse di andare nei locali della Digos per dare una mano,
Iniziammo così a catalogare i reperti; c’erano l’Ispettore Massimo Mazzoni, del servizio centrale operativo, l’Ispettore Riccitelli Mauro Ubaldo, Adriano Callini, sempre del servizio centrale operativo, l’Ispettore Ippolito Santo, sempre del servizio centrale operativo, altro personale della Digos che era lì negli uffici e un funzionario di cui non ricordo il nome, di media statura anzi un po’ più basso della media, che trattava con Mazzoni.
Vi erano magliette nere, alcuni zaini, fotocamere.
Alveti Patrizio (udienza 24/01/08)
(verbale - trascrizione)
Sono Ass. capo della Polstato. All’epoca ero a Genova alle dipendenze del dr. Di Bernardini.
Avevo saputo da alcuni colleghi sotto la Questura che una pattuglia con il dr. Di Bernardini era stata assaltata e presa a sassate e che alcuni mezzi erano stati danneggiati.
Ero in macchina con altri tre colleghi Simi Fabrizio, Luigi Fazio e Selvaggio; sapevo di dover fare una perquisizione presso un edificio; abbiamo seguito il flusso dei mezzi. Non ero pratico di Genova.
Arrivati sul posto, ci dividemmo ed io seguii il dr. Di Bernardini, dirigendomi verso una scuola che poi seppi era la Pascoli. Entrammo nella scuola, il dr. Di Bernardini non era più davanti a noi. Vi era un cancelletto che qualcuno aprì ed io insieme ad altri colleghi salimmo al secondo piano; entrammo e rimanemmo sorpresi perché ci aspettavamo di vedere persone che ci assalivano – ci avevano detto che vi sarebbero stati i black block - mentre le persone che incontravamo erano giornalisti, molto tranquilli. Dicemmo di stare calmi e la situazione rimase del tutto tranquilla; anzi alcuni stavano cenando e continuarono a mangiare gli spaghetti.
Affacciandomi alla finestra vidi la scuola di fronte, la Diaz, e i colleghi che cercavano di entrarvi. Vi erano anche persone affacciate ai piani superiori della Diaz che lanciavano oggetti sui colleghi.
Incontrai il dr. Gava, che conoscevo, e gli chiesi se avessimo sbagliato scuola e lui mi disse che non lo sapeva. Credo che poi abbia preso contatto con altri colleghi; noi rimanemmo sul pianerottolo e quindi arrivò l’ordine di uscire.
Rimanemmo nella Pascoli non per molto tempo; non procedemmo ad alcuna perquisizione.
Al secondo piano, in cui mi trovavo insieme agli uomini del dr. Gava non vidi alcuna violenza.
In quel momento non comandava nessuno; al mio piano c’era solo il dr. Gava al quale quindi io mi riferivo. Il dr. Gava non ci dava disposizioni.
Arrivò anche una parlamentare che parlò con il collega Luigi Fazio e che era molto agitata.
Quando scesi vidi alcune persone dalle finestre dalla Pascoli che lanciavano oggetti e urlavano contro di noi.
Quando mi affacciai dalla finestra della Pascoli vidi in un attimo le persone affacciate alle finestre della Diaz che lanciavano qualcosa; si tratta di un flash, un’immagine di un attimo, non sarei in grado di dire da che piano e che cosa venisse lanciato. Mi preoccupai soltanto del fatto che forse ci trovavamo nella scuola sbagliata.
Entrati nella Pascoli, le persone che erano presenti alzarono le mani; noi dicemmo di sedersi a bordo del muro. Non ho visto alcuno dare ordine di porsi con le mani contro il muro e gambe allargate. Non ho visto perquisire nessuno.
Non ricordo se il dr. Gava avesse una radio portatile, se a suo tempo dichiarai che l’aveva certamente è così.
Il dr. Di Bernardini lo vidi all’esterno della scuola; quando entrammo non lo vidi più.
Ricordo che Fazio disse a qualcuno che senza l’autorizzazione non si potevano fare riprese televisive.
Nessuno mi chiese di fare una relazione su quanto accaduto.
Sascaro Davide (udienza 30/01/08)
(verbale – trascrizione)
Sono Ass. presso la Questura di Oristano; all’epoca ero in servizio presso la Questura di Genova.
La sera del 21 mi venne comunicato, mi pare dall’Isp. Apicella, il mio capo, che avremmo dovuto recarci ad effettuare una perquisizione presso un edificio occupato.
Ero in macchina con l’Ass. Capo Coletta ed un altro di cui non ricordo il nome. Seguivamo la colonna di veicoli. Siamo scesi ed arrivati di fronte ad una delle due scuole vidi che i colleghi stavano cercando di aprire un cancello. Dalla scuola venivano lanciati oggetti vari, bottiglie, lattine ecc. Indossai infatti il casco ai primi rumori di oggetti che cadevano.
Seguii i colleghi che entravano nella scuola Pascoli e salii le scale, giungendo al primo o al secondo piano, ove entrai in una sala in cui si trovava una stazione radio. Il mio capo pattuglia era l’Isp Apicella, ma dopo essere entrato con lui nella scuola lo persi di vista e quindi seguii il dr. Gava che conoscevo ed avevo visto all’interno della scuola. Cercammo di aprire una porta che era ostruita da banchi e sedie; quando entrai trovai una situazione del tutto diversa da quella che mi aspettavo; tutto era tranquillo, vi era una quarantina di persone; c’era una radio e stavano trasmettendo in diretta. Dicemmo di stare tranquilli, che dovevamo fare una perquisizione. Una volta entrati non avendo trovato persone violente non eseguimmo la perquisizione perché ci convincemmo che non era il luogo in cui avremmo dovuto farla.
Quando entrai vidi colleghi che entravano in varie stanze, non vidi atti di perquisizione; quando scesi i colleghi erano già andati via; non vidi alcun atto di violenza.
Uscii quindi in strada, ove vidi il dr. Ferri; lo chiamai e gli chiesi che cosa dovevamo fare; risalimmo insieme e giunti ove si trovava il dr. Gava, diede l’ordine di scendere e uscire dalla scuola.
Le persone che si trovavano all’interno, almeno dove ero entrato io, erano del tutto tranquille; si sedettero e mostrarono i documenti, non vi fu alcun atteggiamento ostile nei nostri confronti. Ad un certo punto arrivarono dei giornalisti con telecamere. Non impedimmo loro di filmare, noi stavamo già uscendo. Non vidi colleghi che portavano oggetti o pezzi di computer.
Mi pare di aver percorso la via Battisti in discesa; vi erano altri mezzi delle forze dell’ordine sulla strada. Non mi resi conto che vi era stata un’irruzione nella scuola Pertini; me ne accorsi soltanto quando uscii dalla Pascoli.
Passando nei corridoi vidi persone sedute vicino al muro.
Quando entrammo nell’aula dicemmo di spegnere la radio e così staccarono la spina e iniziarono a lamentarsi che gli avevamo fatto spegnere la radio.
Quando rientrai con il dr. Ferri non ricordo che vi fosse un parlamentare.
Scendendo guardai se vi fossero ancora colleghi ma non ne vidi.
Al dr. Ferri mi pare che dissi che all’interno della scuola vi erano pochi operatori per procedere ad una perquisizione e gli chiesi che cosa dovevamo fare.
Randine Franco (udienza 30/01/08)
(verbale – trascrizione)
Facevo parte dell’unità di crisi giunta a Genova da tutta Italia. La sera del 21 mi recai alla Diaz con il collega Russo.
Non eravamo stati informati di quello che avremmo dovuto fare; sapevamo che si doveva perquisire un edificio ove si trovavano i black block.
Quando arrivammo era ormai tutto concluso; vi erano i giornalisti e le troupe televisive.
Non sapevo che i colleghi fossero entrati nella Pascoli; non vidi colleghi entrare o uscire dalla scuola Pascoli.
Mele Salvatore (udienza 31/01/08)
(verbale – trascrizione)
Sono Ass. Capo, e all’epoca ero a Genova. Il dr. Gava era il mio superiore diretto.
La sera del 21 il dr. Gava ci disse che dovevamo andare in Questura per effettuare un servizio. Alla Questura ci disse che dovevamo recarci in una scuola, ove si trovavano dei black block, che si chiamava Diaz Pascoli.
Ci recammo sul posto, e arrivati, un collega di Genova ci disse di andare nella scuola a destra, la Pascoli, eravamo in sei oltre al dr. Gava. Entrammo nell’edificio e salimmo al secondo piano, salimmo quattro rampe di scale, perché al piano terra ed al primo vi erano già alcuni colleghi, entrati poco prima di noi.
Il dr. Gava ci disse di presidiare le persone che erano già sedute nel corridoio; rimanemmo finché arrivò una parlamentare europea, che parlò con il dr. Gava. Dopo un po’ il dr. Gava ci disse che dovevamo andare via. Non vidi alcun atto di perquisizione né alcuna violenza; le persone che si trovavano al secondo piano continuarono a mangiare e parlare tra loro.
Quando andammo via non ci fermammo ai piani inferiori e non so dire quindi se vi fossero oggetti rotti nelle stanze.
Noi entrammo per ultimi; davanti a noi erano entrati altri colleghi, credo anche della squadra mobile di Roma, non li conoscevo.
Quando arrivammo al secondo piano tutte le persone erano nel corridoio; nelle aule e nei bagni non vi era nessuno; dicemmo a tutti di sedersi.
Mentre noi eravamo sul posto non vidi alcuna troupe televisiva. Rimanemmo sul posto pochissimo tempo; quando uscimmo su ordine del dr. Gava, all’interno rimasero altri colleghi.
Non sentii grida e rumori di colpi.
Oggi non ricordo i locali visibili nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 192. 20 p III min. 5,30 - estratto); le persone erano sedute così; ribadisco però che nelle aule non vi era nessuno.
Durante la nostra presenza non ho visto colleghi prendere oggetti o portare scatole.
Galistu Tonino (udienza 31/01/08)
(verbale – trascrizione)
Isp. Capo Sq. Mobile Nuoro. All’epoca ero distaccato a Genova alle dipendenze del dr. Gava.
La sera del sabato il dr. Gava ci chiamò dicendoci che vi era un servizio da effettuare. Dalla Questura ci recammo alla Pascoli. Io non conoscevo i luoghi e le scuole; soltanto successivamente seppi che la scuola in cui eravamo entrati era la Pascoli. Seguimmo le auto degli altri colleghi. Eravamo in sette. Entrammo nella scuola al seguito dei colleghi; salimmo al secondo piano perché nei primi vi erano già altri colleghi. Il nostro compito per quanto ne sapevamo era di cercare le persone che avevano determinato i disordini dei giorni precedenti. Tutte le persone al secondo piano erano tranquillissime, continuarono a cenare. Successivamente arrivò una euro parlamentare e poi il dr. Gava ci disse di andare via. Non vidi effettuare alcun atto di perquisizione, né violenze.
Il dr. Gava ci inviò poi all’ospedale per identificare i feriti provenienti dalle scuole.
Nelle aule non vidi oggetti o computer rotti.
Non ricordo se quando uscimmo rimase sul posto altro personale, probabilmente qualcuno rimase.
Non ho visto lanciare oggetti dalle finestre della scuola.
Non vidi troupe televisive; sentii probabilmente qualche urlo quando entrammo ma poi tutto divenne tranquillo.
Riconosco i luoghi visibili nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 234 p I min. 21.34.00 – estratto); quando arrivammo sulla strada vi erano già diversi mezzi.
Il corridoio visibile nel filmato (Rep. 192.20 p. III min. 05.30 - estratto) mi pare simile a quello in cui sono entrato; non ricordo l’aula. Nel corridoio in cui sono entrato vi erano persone sedute in terra con alcune sedie davanti che venivano utilizzate come piatti.
Non sono salito al terzo piano. Il dr. Gava rimase sempre con noi, ne sono sicuro.
Bellu Massimiliano (udienza 31/01/08)
(verbale – trascrizione)
Sono Ass. Sq. Mobile di Nuoro. All’epoca ero distaccato a Genova con tutta la squadriglia antisequestro, alle dipendenze del dr. Gava.
Ci dissero che dovevamo recarci a controllare un luogo in cui si trovavano persone che avevano determinato i disordini dei giorni precedenti; seguimmo i colleghi e arrivammo sul luogo. Sempre seguendo i colleghi entrammo tra gli ultimi nella scuola sulla destra scendendo.
Salimmo al secondo piano; quando arrivammo trovammo le persone già nel corridoio; controllammo che nelle aule non vi fosse nessuno e facemmo sedere coloro che si trovavano nel corridoio. Alcuni continuarono cenare.
Non effettuammo né vidi effettuare alcun atto di perquisizione.
Arrivò poi una parlamentare europea che parlò con il dr, Gava; dopo poco il dr. Gava ci disse di uscire, rivolgendosi a noi di Nuoro. Scendemmo sempre insieme al dr. Gava e uscimmo dalla scuola; poi il dr. Gava ci disse di recarci all’ospedale per identificare i feriti che giungevano dalla scuola.
Non feci caso all’edificio di fronte. Sulla strada la situazione era tranquilla. Sentii delle grida di persone spaventate. Non vidi colleghi entrare nell’edificio di fronte.
Non ricordo l’aula visibile nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 192.20 p. III min. 05.30 - estratto); quando noi arrivammo nelle aule non vi era nessuno.
Mi pare che salimmo quattro rampe di scale. Non vidi colleghi raccogliere oggetti o portare scatole.
Restammo nella scuola una ventina di minuti circa.
Non vidi persone con telecamere.
Mannu Antonio (udienza 31/01/08)
(verbale – trascrizione)
All’epoca ero distaccato a Genova con tutta la squadriglia di Nuoro; eravamo alle dipendenze del dr. Gava.
La sera del 21 il dr. Gava ci disse che dovevamo recarci in una scuola a controllare alcuni manifestanti. Al seguito di colleghi arrivammo presso la scuola; ero alla guida e parcheggiai vicino alla scuola; sempre seguendo i colleghi insieme al dr. Gava entrammo nella scuola; salimmo al secondo piano perché al primo vi erano già altri colleghi.
Non riconosco bene né la strada né l’edificio visibile nel filmato (Rep. 234 p I min. 21.34.00 – estratto) anche perché era buio e noi entrammo subito; non ricordo però mezzi sulla strada.
Le persone nel corridoio erano tranquille; le facemmo sedere a terra; continuarono a cenare.
Non vennero eseguiti atti di perquisizione. Arrivò poi una signora che parlò con il dr. Gava. Dopo un po’ il dr. Gava ci disse: “Nuoro fuori” e così uscimmo tutti insieme. Poi ci recammo all’ospedale per identificare i feriti provenienti della scuola.
Quando entrai nella scuola non sentii grida o rumori particolari.
Campete Giancarlo (udienza 06/02/08)
(verbale – trascrizione)
Faccio parte del reparto operativo comando provinciale di Genova dei CC.
Ho sequestrato il complesso scolastico Diaz Pascoli il 23 luglio su disposizione del mio superiore Cap. Caldari.
Presso la scuola Pascoli ho rinvenuto e sequestrato materiale informatico e di abbigliamento, felpe magliette bianche, bandiere con disegnati organi umani, maschere antigas, occhiali da piscina, rinforzi, ginocchiere e gomitiere, fazzoletti; al primo piano materiale informatico; il materiale informatico veniva restituito, a parte gli hard disk che venivano mandati al Racis di Roma per gli accertamenti di loro competenza, mentre parte del materiale anche di abbigliamento, qualche casco, veniva mandato al RIS di Parma anch’esso per gli accertamenti del caso.
Sono state effettuate fotografie del materiale sequestrato che sono state trasmesse all’autorità giudiziaria. Vi è un fascicolo fotografico con le foto di tutti gli oggetti sequestrati.
Ricordo che vi erano 33 maglie varie, quasi tutte di colore nero e alcune con le scritte, 9 capi d’abbigliamento, principalmente di colore nero, uno stemma in stoffa nera recante la scritta Czarni Block.
Vi era un casco con una cresta, gli altri mi pare fossero normali caschi da motociclista. Vi erano pezzi di stoffa neri, con disegnati organi umani, mi pare un teschio con scritte contro la polizia, polmoni. Vi erano anche passamontagna scuri; comunque tutto è fotografato.
Io ho solo eseguito il sequestro; le indagini sono state effettuate da altri colleghi, probabilmente dal ROS.
So che personale del Magg. Vox ha sequestrato anche materiale cartaceo. La dr.ssa Spagnolli, funzionario del Comune, non mi pare fosse presente al momento del sequestro. Prima che arrivassimo noi era stato portato via altro materiale informatico da parte del personale del Comune come mi disse la dr.ssa Spagnolli.
Ho agito da supporto per il personale di Roma nel verificare il materiale informatico.
Parte del materiale era funzionante, parte era distrutto; vi erano “case” aperti e distrutti mancanti anche di hard disk.
Come rilevo dal verbale di accertamento tecnico del primo agosto 2001, vi erano computer privi di hard disk, di scheda madre, di ram, di processore, di scheda video.
Tutto il materiale venne collocato presso la torre Nord di San Benigno che ci era stata concessa dal Comune.
Non venne tutto sequestrato lo stesso giorno; prima di noi vi era stato il personale del Comune che aveva portato via il materiale ancora funzionante.
Il materiale di abbigliamento venne rinvenuto in un locale adibito a spogliatoio nel seminterrato.
Pau Andrea (udienza 06/02/08)
(verbale – trascrizione)
Presto servizio al reparto operativo Carabinieri terza sezione del comando provinciale di Genova.
Fummo delegati al sequestro dell’edificio Diaz Pascoli al n. 6 di via Battisti, l’edificio cioè salendo sulla sinistra.
Abbiamo sequestrato materiale informatico: monitor, computer ecc., vestiario, occhiali, maschere, ginocchiere protezioni, caschi, maglie di colore prevalentemente nero con scritte: tutto è stato fotografato. Vi erano undici caschi da motociclista, di vari colori per quanto ricordo normali; caschi anti infortuni da lavoro, uno con una scritta contro il vertice G8. Non ho eseguito alcuna indagine circa il materiale sequestrato. Credo che poi gli accertamenti circa gli oggetti siano stati eseguiti dal ROS. Vi erano anche dieci bandiere nere, con raffigurati organi umani, cuore, reni; una di queste invece era di colore rosso con una sigla SWP ed un pugno chiuso.
Sono stati rinvenuti anche due passamontagna neri.
Il vestiario venne rinvenuto in un ripostiglio al seminterrato. Il materiale informatico era al primo piano in una stanza.
Il sequestro avvenne alle 19 del 23 luglio; il verbale venne poi redatto verso le 21,30.
Giuliano Giovanni (udienza 14/02/08)
(verbale – trascrizione)
La sera dopo le operazioni di perquisizione il dr. Mortola mi chiese di utilizzare il cellulare a mia disposizione perché il suo si era scaricato; stava parlando con il P.M. di turno, almeno così mi disse. Mi pare che il cellulare fosse un Siemens di colore nero. Eravamo vicini nel cortile subito all’esterno della scuola.
Nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 199 p. 1 I Can 23.42.00 – estratto) è possibile che il telefonino usato dal dr. Mortola sia il mio, ma non riesco a collocare con precisione la scena; poteva essere in effetti l’occasione di cui ho parlato ma non posso precisarlo.
Non ricordo se il dr. Mortola tenne il mio cellulare per un po’ o me lo abbia restituito subito; quando rientrai in Questura l’avevo.
Non ricordo assolutamente il numero del mio cellulare, che peraltro mi era stato fornito dalla Questura nei giorni del G8; era un’utenza Wind.
Apicella Maurizio (udienza 14/02/08)
(verbale – trascrizione)
La sera del 21 arrivai da via Trento seguendo il corteo dei mezzi; scesi da piazza Merani; inizialmente entrambe le scuole avevano il cancello chiuso; io mi diressi verso la scuola a destra, la Pascoli. Avevo ricevuto indicazioni dalla Digos e gli scout sul posto mi indicarono la scuola a destra. Appena entrato capii che vi era stato un errore perché all’interno vi erano soltanto persone accreditate per il G8, giornalisti ecc. Nel cortile mi cadde vicino un bicchiere. I rapporti con i presenti furono del tutto civili. Uscii e informatomi dal dr. Ferri e Gava, risalii e diedi disposizioni ai miei uomini di uscire. Non vidi alcun atto di violenza.
Nei giorni successivi feci qualche accertamento sugli oggetti sequestrati; se non mi ricordo male mi venne richiesto di fare i rilievi dattiloscopici sulle bottiglie molotov rinvenute, che mi pare di aver portato alla scientifica in Corso Saffi su disposizione probabilmente dei miei comandanti, il dottor Dominici e il dottor Scrofani, deceduto purtroppo, cui facevo capo.
Ricordo anche che fummo incaricati di fornire al P.M. due elenchi del personale che si era recato rispettivamente nelle due scuole.
Il dr Dominici, cui mi rapportavo quale mio dirigente, non voleva che io partecipassi all’azione nella Pascoli.
Conte Vincenzo (udienza 05/03/08)
(verbale – trascrizione)
Nella tarda serata del 21 luglio, mentre ero sotto la Questura, il mio dirigente Sbordone mi disse che dovevamo recarci per un servizio presso la scuola Diaz. Non so dire se seguimmo qualcuno; quando arrivammo sul posto vi era già tanta polizia; vi era un folto gruppo di agenti in divisa, del reparto mobile, davanti al cancello della scuola; noi non avevamo materiale di ordine pubblico e restammo quindi ad una certa distanza. Entrammo poi dopo circa dieci minuti nella scuola, in una grande stanza ove si trovavano diverse persone e forze dell’ordine; guardammo se vi fossero soggetti di Napoli che conoscevamo, ma non ne vedemmo. Vi era un gruppo di funzionari in borghese, tra i quali conoscevo soltanto il Pref. La Barbera, che parlavano tra loro; si avvicinò a loro anche il mio dirigente Sbordone. Vidi colleghi che controllavano alcuni zainetti e che chiedevano documenti. Dopo un po’ uscimmo.
Nulla sapevo circa le finalità dell’operazione; il dr. Sbordone mi disse che dovevamo verificare se vi fosse qualcuno da noi conosciuto.
Vidi giungere alcune ambulanze e uscire feriti dalla scuola.
Gabriele Ivo (udienza 12/03/08; assunto ex art. 210 c.p.p )
(verbale – trascrizione)
Ero a Genova per il G8. Nella notte tra il sabato e la domenica venimmo chiamati per l’operazione alla Diaz.
Il cancello del cortile venne sfondato con uno dei nostri mezzi. Poi ci dividemmo verso i due portoni che erano chiusi. Il portone centrale era barricato con mobili, visibili dall’esterno da una finestra.
Io appena entrato venni colpito al collo e alla spalla, non ricordo da che cosa o da chi; venni accompagnato fuori; non rimasi solo. Ero nelle adiacenze del portone.
Poi, dopo pochi minuti, quattro o cinque, vidi uscire i colleghi che si ricompattavano sul lato sinistro del portone.
Appartenevo alla squadra del Sovr. Compagnone; oltre a me vi era Gabriele Nico, mio fratello, Sauro Roberto, Mariano Amatore e Nucera Massimo; quando lo vidi uscire notai che era piuttosto scosso e gli chiesi se andava tutto bene. Sul lato sinistro del suo giubbotto notai che vi era un taglio.
Poco dopo lo vidi che si schierava con noi; non ricordo se aveva lo stesso giubbotto, né di averlo visto in maglietta.
Nel cortile, prima di entrare, si sarebbero dovuti tenere gli scudi in alto perché così è previsto; io materialmente non li ho visti alzare.
Entrai nell’edificio non tra i primi. Sentii un colpo sul lato destro del collo, poteva essere anche il portone che rimbalzava; avvenne mentre entravo, nel trambusto che si determinò, poteva essere una gomitata di un collega. Rimasi stordito per qualche minuto. Quando entrammo ero inquadrato nella mia squadra.
Non ricordo se quella sera avevamo con noi il trasmettitore.
De Donno Alessandro (udienza 12/03/08; assunto ex art. 210 c.p.p )
(verbale – trascrizione)
Sono operatore del I reparto mobile di Roma.
Siamo stati impiegati per ordine pubblico durante il G8; siamo stati attaccati più volte nel corso delle diverse giornate.
Il sabato abbiamo sempre operato in occasione dei disordini. Partecipai nella serata all’operazione presso la scuola Diaz.
Entrammo nella scuola; il portone era chiuso; l’ordine era di bonificare la scuola nel più breve tempo possibile; salimmo fino al terzo piano e poi tornammo subito indietro dopo circa due minuti. Uscimmo e ci inquadrammo nel piazzale. Nucera uscì dopo di me e lo vidi piuttosto strano, tanto che mi chiesi che cosa gli fosse successo; poi lo vidi andare con il comandante verso sinistra dove vi erano altri dirigenti. Venne poi a inquadrarsi con noi: non aveva più il giubbotto ed era in maglietta. Successivamente ci disse che era stato aggredito da una persona con un coltello.
Ero nella squadra del Sovr. Compagnone. Seguii il mio caposquadra sulle scale. Arrivai al terzo piano con la mia squadra; poi persi di vista i colleghi; vi erano anche colleghi con la pettorina e la scritta Polizia. Non vidi nessun ragazzo ferito. Quando arrivai al terzo piano sentii l’ordine di scendere e di sistemarsi nel piazzale.
La ricetrasmittente era ormai quasi scarica, avendo operato tutto il giorno, e quindi non sentii nessun ordine dato tramite detto apparato.
Dal tetto della scuola arrivavano diversi oggetti: calcinacci, pietre, pezzi di muro, ecc.
De Bari Luigi (udienza 13/03/07)
(verbale – trascrizione)
Ero comandante di una pattuglia di CC.
Il sabato sera venni chiamato perché radunassi il mio personale per effettuare un servizio genericamente indicato come “incursione”.
Ci recammo così in via Battisti ove venimmo dislocati all’esterno dell’edificio scolastico Diaz per effettuare la “cinturazione”
La situazione era piuttosto caotica: vi erano civili sulla strada, manifestanti che gridavano.
Ricevetti un “sampietrino” sull’elmetto e alzata la testa, vidi che venivano lanciati oggetti vari, tra i quali anche sedie e notai una scrivania a metà di una finestra.
Io arrivai dalla sinistra guardando il cancello della Diaz, dalla strada in discesa. Ci dislocammo perpendicolarmente davanti all’ingresso della Diaz Pertini sulla destra guardando il cancello. Successivamente, dopo il deflusso dei feriti presenti all'interno della scuola, ci siamo posizionati sul lato opposto, sempre nella stessa posizione e quindi perpendicolari rispetto al decorso della strada, per chiuderla.
Non ho assistito alle fasi visibili nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 239 p. 3 min. 22:14:54 del contatore - estratto).
Il funzionario con cui iniziai il servizio era il dr. Caldaci.
Quando arrivai sul posto non mi pare vi fossero ambulanze e non vidi feriti.
Non vidi alcuna persona ferita vicino al cancello.
Ribadisco che venni colpito da un sampietrino e quindi vidi lanci di sedie ed un oggetto di dimensioni più rilevanti a cavallo di una finestra. Il lancio avveniva dalla scuola Diaz Pertini.
Ciò avvenne mentre stavamo scendendo e posizionandoci.
A suo tempo dissi di aver sentito il rumore di una schianto; vidi un grosso oggetto a cavallo di una finestra e successivamente sentii il rumore che attribuii allo schianto della stesso oggetto; non lo vidi cadere a terra.
La finestra era sul lato sinistro dell’edificio non visibile nelle foto che mi vengono mostrate. Non mi pare vi fossero ponteggi davanti alla finestra. Non ho accertato se vi fossero resti in terra. Non so dire da dove sia arrivato il sampietrino.
Non sono in grado di dire se il contingente visibile nel filmato che mi viene mostrato (cons. tecnica parti civili) fosse il nostro.
Inizialmente noi eravamo posizionati perpendicolarmente vicino al cancello e successivamente sempre perpendicolarmente ma rispetto all’ingresso sulla sinistra, all’inizio della via.
La finestra di cui ho detta era laterale a sinistra dell’edificio; non dava su via Battisti.
Frittella Giorgio (udienza 13/03/07; assunto ex art. 210 c.p.p.)
(verbale – trascrizione)
All’epoca dei fatti appartenevo al VII nucleo di Roma.
Partecipai all’irruzione nella scuola Diaz; avevo come caposquadra l’Isp. Tucci. I miei ricordi sono piuttosto vaghi.
Quando arrivammo il cancello era chiuso con una catena; io non ero nei pressi e non ricordo come venne aperto. Quando venne aperto entrammo nel piazzale; il portone era bloccato.
Non ricordo rumore di oggetti che cadevano anche perché vi era molto chiasso; eravamo in tanti ed avevamo anche gli auricolari.
Entrai dal portone centrale non tra i primi perché, avendo lo scudo, avevo maggior difficoltà a passare. Persi quasi subito il contatto con il mio caposquadra. Cercai di ricongiungermi con gli altri; provai a cercarli; entrai in una palestra e poi andai verso sinistra e feci un piano di scale, senza peraltro trovarli. Un mio collega mi disse che si doveva uscire perché vi erano già troppe forze di polizia. Uscii nell’atrio e poco dopo vidi uscire man mano i colleghi della mia squadra.
Non vidi colluttazioni e nemmeno bene chi c’era all’interno della scuola.
Ricordo di aver visto Nucera uscire dal portone; era molto provato; solo in seguito, negli alloggi, venni a sapere che era stato aggredito. Tornò ad inquadrarsi in maglietta senza giubbotto.
Ci venne detto che dovevamo effettuare una perquisizione in un edificio ove si pensava si trovassero manifestanti molto violenti. I capi squadra avevano sul casco un nastro di riconoscimento.
Quando entrai mi pare vi fosse penombra. Non mi pare di essere arrivato al secondo piano.
Mastroianni Pietro (udienza 19/03/08)
(verbale – trascrizione)
Opero nel reparto di Siderno; nel 2001 fummo impiegati nel servizio di presidio del territorio, dal 28 giugno fino ai primi di agosto.
Il 21 luglio fummo impiegati con turno dalle 13 alle 19; prima venimmo mandati in zona Fiera per accompagnare i fermati del pomeriggio alla Caserma di Bolzaneto.
In tarda sera venimmo impiegati in un servizio di cinturazione; il nostro dirigente dr. Fabbrocini ci comunicò di recarci presso la Questura perché in ausilio del reparto mobile avremmo dovuto effettuare un servizio di cinturazione dell’edificio scolastico ove si riteneva che vi fossero appartenenti ai back block.
Il nostro reparto non svolge funzioni di polizia giudiziaria.
Ci incolonnammo con altri veicoli e arrivammo in una piazza che dista circa cento metri dalla scuola; quando arrivai nei pressi dell’ingresso il servizio era già iniziato; il personale del reparto mobile stava già procedendo.
Dopo l’operazione venni contattato dal dr. Fabbrocini che ci disse che dovevamo effettuare un servizio di scorta delle ambulanze che stavano arrivando.
Non entrai nella scuola Diaz e nemmeno nella Pascoli. Il nostro incarico era quello di effettuare la cinturazione della scuola Diaz.
Vidi alcune persone che tentavano di darsi alla fuga attraverso le impalcature.
Feci una relazione di servizio datata 11/7/2002, nella quale descrissi il servizio da me operato.
Seppi che due colleghi del mio equipaggio erano entrati nella scuola Pascoli.
Eravamo in divisa atlantica: pantaloni azzurri camicia azzurra cinturone nero, casco e sfollagente.
L’agente visibile all’ingresso nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 192.20 parte III minuto 8.47 - estratto) potrebbe essere del mio reparto, il cinturone utilizzato potrebbe essere del nostro reparto, con la divisa che utilizziamo normalmente.
La relazione venne eseguita soltanto l’anno dopo perché mi venne richiesta in seguito all’inizio del procedimento.
Quando arrivai vidi che dalle impalcature cadevano oggetti; non sono in grado di specificare che tipo di oggetti cadevano, ma sono certo che i colleghi erano oggetto della loro caduta; poteva trattarsi di calcinacci.
L’ingresso che era già aperto quando arrivai era quello all’angolo dell’edificio; io ero all’esterno del cortile di fronte al cancello; le impalcature di cui ho detto erano quelle visibili sulla sinistra nella foto n. 1.
Non sono in grado di specificare di quali oggetti si trattasse né le loro dimensioni.
Greco Stefano (udienza 19/03/08)
(verbale – trascrizione)
Sono in forza al reparto prevenzione crimine di Siderno. La mia pattuglia venne chiamata per andare in aiuto alla squadra mobile, per prelevare persone e portarle a Bolzaneto; poi la centrale ci mandò a cercare un furgone bianco sospetto, infine venimmo inviati alle scuole Diaz e Pascoli, era tardi, verso l’una.
Quando arrivammo ci fermammo nella piazza, mi pare alle spalle della scuola. Via radio ci avevano detto di andare là perché vi erano problemi con i manifestanti. Scendemmo dalle macchine, indossammo gli u-boot e rimanemmo lì. Il mio capo era Fabbrocini; non ci diede ordini specifici; forse lo vidi di sfuggita quella sera, in mezzo alla folla.
D’Arrigo Giovanni (udienza 19/03/08)
(verbale – trascrizione)
All’epoca prestavo servizio presso il reparto prevenzione crimine Calabria di Siderno.
La sera del 21 verso l’una venimmo contattati dal nostro dirigente il dr. Fabbrocini, che ci disse di recarci presso la scuola Diaz per cinturare la zona, ove altri colleghi dovevano svolgere una perquisizione. L’ordine ci giunse via radio e poi lo vidi nel piazzale ove si trovavano i nostri mezzi, e ci ribadì l’ordine.
Io arrivai molto tardi, dopo l’una.
Carta Mauro (udienza 19/03/08)
(verbale – trascrizione)
All’epoca dei fatti ero aggregato al ministero degli interni reparti speciali; ero l’autista di Valerio Donnini, dirigente superiore.
Nel pomeriggio del 21 ero di base in fiera, accompagnavo il dirigente in questura o dove doveva andare.
Avevo conosciuto l’Ass.te Burgio; non ricordo di aver svolto un servizio con lui il pomeriggio del 21.
Il pomeriggio del 21 ricordo che ero in fiera ed un collega di un altro reparto mi chiese di aiutarlo a portare delle bottigliette da distribuire ai colleghi.
Non ho partecipato a pattuglioni di controllo del territorio, dovevo essere a disposizione con la macchina per il dirigente.
Ho conosciuto Troiani in fiera, sicuramente l’ho visto in fiera, all’esterno non so dire. La sera del sabato ero in servizio. Accompagnai Donnini in albergo dopo la cena; stavo in disparte, non so cosa abbiano detto a cena.
Il pomeriggio del 21 la macchina rimase in fiera, non so come Donnini sia andato in corso Italia, non so neanche se ci andò. Non vidi Donnini quando distribuii l’acqua
Fenelli Margherita (udienza 20/03/08; assunta ex art. 210 c.p.p.)
(verbale – trascrizione)
Appartenevo alla Squadra Mobile di Genova avevo il compito di “scout”. Accompagnavo e guidavo i colleghi; avevo assegnata la zona dei vicoli e di Prè.
Il 21 sera dopo il servizio giornaliero, ci dissero di rientrare perché doveva essere effettuato un servizio presso una scuola.
Insieme all’Ass. Capo Coletta abbiamo seguito la colonna: eravamo tra gli ultimi. Arrivammo infatti quando ormai il servizio era in corso. Sono scesa verso gli edifici dove doveva avvenire il controllo; cercavo quelli che conoscevo e non avendoli trovati sono tornata alla macchina (una 500 gialla). Persi di vista anche Coletta.
Non entrai nella scuola; mi affacciai al portone principale; vi era tanta confusione, tanta gente; andai quindi subito via.
Ricordo che cadevano oggetti dall’edificio della Diaz, tanto che mi misi subito il casco. Non sono in grado di dire che cosa fossero e non ricordo neppure da dove cadessero. Ricordo che cadeva qualcosa dall’alto ma non che cosa e da dove.
Forse qualcuno dei miei colleghi, Apicella, deve essere entrato alla Pascoli.
Sono stata indagata perché veniva cercata un’agente bionda con i capelli che uscivano dal casco vista all’interno della Pascoli.
Alagna Giovanni (udienza 20/03/08)
(verbale – trascrizione)
All’epoca prestavo servizio alla Digos.
Il 21 svolsi servizio per tutta la giornata in elicottero per servizio di osservazione.
La sera il dr. Di Sarro mi disse che avremmo dovuto fare un servizio di osservazione nelle strade intorno a via Battisti.
Dalla Questura partirono diverse vetture; io partii con la mia macchina e mi fermai presso la Guardia di Finanza. Arrivai quando già i colleghi erano nel cortile.
Non ho visto oggetti cadere, era buio e sentivo rumori in particolare di vetri rotti.
Non entrai nella scuola; rimasi sul posto fino verso l’una perché poi Di Sarro ci disse di tornare alla Questura, ove si temeva qualche attacco di dimostranti.
La sera ricordo che mi chiamò la dr.ssa Bonalumi, moglie del dr. Di Sarro, con la quale rimasi al telefono per qualche minuto.
Entrammo nella scuola parecchio dopo il termine dell’operazione per verificare se vi fossero uscite sul retro. Uscimmo dopo un brevissimo lasso di tempo.
Non ricordo di aver visto in terra nel cortile oggetti, vetri o altro; c’era poca illuminazione; non posso escludere che ce ne fossero.
Barbacetto Giuseppe (udienza 20/03/08)
(verbale – trascrizione)
Lavoravo presso la Digos di Genova, sez. informativa.
Il pomeriggio del 21 siamo stati nella zona rossa e quando terminò il vertice rientrammo in Questura. Ricordo che avevano deciso di fare dei pattuglioni con personale misto per controllare il deflusso dei manifestanti: era l’imbrunire.
Partecipai ad un pattuglione con il dr. Di Sarro; rientrai poi al termine del servizio presso la Questura; saranno state le 22 circa, ma non ricordo.
Rimanemmo lì in attesa di disposizioni, poi ci dissero che dovevamo fare un servizio. C’era una confusione notevole; sono salito in macchina e ci siamo accodati a dei furgoni con colori di istituto. Non sapevo di preciso dove dovevamo andare.
Arrivammo alla Diaz quando ormai vi erano già molti colleghi: la zona era bloccata. C’erano moltissimi poliziotti, carabinieri, tanto che non riuscivamo ad arrivare.
Mi pare di aver incontrato forse il dr. Mortola, che ci disse di fare un servizio di osservazione intorno alla Diaz.
Ero insieme a personale in divisa e non dovevamo far passare nessuno.
Non so quanto tempo restammo sul posto; poi rientrammo in Questura, dato che giravano voci di un attacco alla Questura.
Dalla Diaz vidi che tiravano della roba; ricordo che ad alcune persone che volevano avvicinarsi alla scuola dissi che era pericoloso perché tiravano oggetti.
Biundo Antonino (udienza 20/03/08)
(verbale – trascrizione)
Svolgevamo servizio di osservazione; il mio superiore era l’Isp. Pascolini; seguivamo da lontano gli spostamenti dei manifestanti più facinorosi.
Sabato siamo rimasti tutto il giorno su ponte Carrea vicino alle scuole che erano adibite ad ospitare manifestanti.
La sera rientrati alla Questura ci dissero che dovevamo fare dei pattuglioni per osservare il regolare deflusso dei manifestanti.
Nuovamente rientrati in Questura il dr. Di Sarro ci disse che dovevamo recarci presso la scuola Diaz.
Abbiamo posteggiato l’auto in via Trento, ove già si trovavano moltissimi poliziotti. Ci recammo poi a piedi in piazza Merani, ove restammo sotto la pensilina degli autobus.
Arrivava moltissima Polizia; l’Isp. Pascolini disse di tornare in via Trento, ove poi vedemmo passare il nostro dirigente, dr. Mortola, che stava rientrando e così lo seguimmo e tornammo in ufficio in questura; sarà stata l’una e venti l’una e trenta.
Pascolini Roberto (udienza 20/03/08)
(verbale – trascrizione)
Durante il G8 lavoravo per la sezione informativa della Digos, la mia squadra aveva un ruolo periferico, di osservazione, non di intervento.
La sera del 21 venni chiamato per effettuare alcune attività di controllo del territorio. Mi misi a disposizione del dr. Di Sarro. Terminato il servizio, rientrai nel mio ufficio e seppi che dovevamo recarci presso la Diaz.
Arrivammo nella zona ove la presenza della polizia era notevole.
Vidi aprire il cancello e quindi ci portammo nella piazza d’accesso alla via Battisti.
Andammo poi in via Trento ove vidi passare l’auto del mio dirigente dr. Mortola e così lo seguimmo in Questura. Rimasi nel mio ufficio ancora mezzora un’ora.
Mi pare di aver visto nell’ufficio opposto a quello del mio dirigente il giubbotto del collega; forse anche altro materiale ma non vorrei confondermi con quanto poi visto in televisione.
Non posso escludere lanci di oggetti, ma non li ricordo.
Ero con il Sovr. Biundo con il quale rimasi durante tutto il servizio.
Costantino Giovanni (udienza 26/03/08)
(verbale – trascrizione)
Il mio riferimento istituzionale era il Pref. Andreassi; il mio compito era di supporto al prefetto; nelle giornate del G8 avevamo compiti meno precisi. Ero l’aiutante di campo di Andreassi, come lui mi ha definito.
Il sabato seguii la questione del furgone con i bastoni; dai monitor dell’elicottero che sorvegliava le zone vidi alcune persone che caricavano bastoni su un furgone. Si ritenne quindi opportuno fare intervenire i colleghi. Il dr. Scrofani mi disse allora che il magistrato voleva un’annotazione circa quanto avevo visto ed io redassi la relazione a mia firma che riconosco in quella che mi viene mostrata. Non so se sia poi stato chiesto qualcosa al magistrato né che cosa sia avvenuto. Ricordo soltanto che venne mandato un contingente.
La sera del 21 eravamo tutti nell’ufficio del Questore in attesa che si completasse il deflusso dei manifestanti; c’erano Andreassi, La Barbera, il Questore e Luperi, credo. Arrivarono due colleghi che fecero presente di essere stati oggetto di una sassaiola; non ricordo chi fossero i colleghi, mi pare una donna ed un uomo. Si innescò così una discussione su che cosa fare; ricordo che la linea comune emersa fu quella che, tenuto conto della gravità del fatto, era opportuno intervenire. Il Pref. Andreassi si disse peraltro preoccupato delle conseguenze di un intervento sull’ordine pubblico. Tutti alla fine ritenevano che un intervento dovesse essere fatto, anche se vi erano perplessità sui suoi effetti sull’ordine pubblico, ma essendoci stata un’aggressione, occorreva intervenire, era un atto dovuto. Non partecipai alle successive riunioni, ma rimasi in Questura.
Ricevetti poi qualche telefonata da colleghi, tra i quali ricordo il dr. Murgolo, che mi chiedevano di far presente che vi era bisogno di ambulanze e di veicoli per il trasporto di persone arrestate.
Francione Michele (udienza 02/04/08)
(verbale – trascrizione)
Non sono più in servizio come carabiniere; al tempo del G8 ero al battaglione di Mestre come sottotenente; venimmo a Genova per il vertice per l’ordine pubblico.
La sera del 21 luglio ci mandarono alla scuola Diaz. Arrivammo sul posto quando già l’operazione era pressoché conclusa; vi era una gran confusione, vi erano le ambulanze e iniziavano a portare fuori i feriti. Poteva essere l’una, l’una e trenta.
Noi avevamo il compito di fare un cordone per contenere i manifestanti; vi fu qualche spinta, qualche lancio di oggetti; io venni colpito da una pietra lanciata dalla scuola di fronte; sarà stata di circa quindici centimetri. Avevo il casco; la pietra ha colpito il casco, io ho sentito il colpo e il collega davanti a me si è girato per la botta. Non ho potuto vedere chi avesse lanciato la pietra, ero con le spalle alla Diaz e venni colpito frontalmente; la pietra venne lanciata da qualche piano della Pascoli.
Io avevo messo la maschera antigas e mentre stavo agganciando il casco ho ricevuto la pietra.