PROCESSO DIAZ - La sentenza
5. Scuola Pascoli
Scuola Pascoli
Russo Giacomo (udienza 2/11/05)
(verbale – trascrizione)
La scuola Pascoli ha un cortile fatto a “elle” che prosegue dietro l’edificio. La facciata dà su Via Battisti. Il cancello raffigurato nelle foto n. 6 e n. 7, a lato del caseggiato, era chiuso da una catena. Entrando dal cancello si arriva in un cortile. La scala, come raffigurato nelle foto n. 8 e n. 9, porta sul lato frontale al primo piano, ove si trovano due portoni che erano chiusi. Di fronte c’è l’altra scuola. La cancellata dà sulla strada, ma c’è un altro muro perimetrale. Nella foto n. 13 è visibile il pianerottolo. Nella foto n. 16 si vede sullo sfondo Piazza Merani; via Cesare Battisti è quella con le macchine parcheggiate.
Nella foto n. 17 si vede in basso a destra l’ingresso laterale da cui sono entrato. La foto n. 21 è un controcampo della foto n. 17. Si nota il cancello e la scala. La foto n. 22 è una foto ravvicinata. Nella foto 25 si nota la parte del cortile che gira dietro all’edificio, ove si trovano altre porte a vetri; le foto n. 31 e n. 32 raffigurano particolari delle porte. Dalla parte posteriore del giardino si può accedere alla scuola. La porta visibile nella foto n. 33, scattata dalla soglia, conduce nel locale mensa (foto n. 42). Il corridoio raffigurato nella foto n. 59 ed il cui inizio è visibile nella foto 33 in fondo a sinistra, conduce alla palestra (foto n. 60) e ai bagni; in fondo ci sono locali cui si accede tramite una porta a vetri. Nella foto n. 62 si vedono le porte di accesso che danno sul corridoio di cui alla foto n. 59; ci sono anche porte che conducono a due spogliatoi attigui (foto n. 81).
Vicino all’ascensore visibile nella foto 33 c’è una rampa di scale, il cui inizio è visibile sulla destra nella foto n. 34, che conduce ai piani superiori. Dopo la prima rampa vi è l’ingresso principale della scuola (foto n. 107). Al primo e secondo piano c’era la scuola Diaz, negli altri piani la scuola Pascoli e all’ultimo una terrazza.
Nella foto n. 111 è visibile l’ingresso della sala medica (foto n. 114). Le aule, circa una trentina, sono disposte a ferro di cavallo. C’era il centro stampa del Genova Social Forum. La prima aula procedendo sulla destra è un magazzino. Un’altra aula è la sala “macchine” (foto 122), il cui interno con alcuni P.C. smontati, è visibile nella foto n. 124. L’aula era aperta anche se sottoposta a controllo da parte dell’A.G.. Nella foto n. 136 si possono notare P.C. aperti e danneggiati; erano privi di hard disk, memorie e processori. Qui è intervenuto il personale della terza Sezione del reparto investigazione. Io ho solo fotografato il materiale. Il nostro compito era immortalare lo stato dei luoghi.
La foto n. 140 raffigura l’ingresso della stanza successiva e la foto n. 143 la stanza adibita ad ufficio stampa; c’erano poi i bagni (foto n. 152), la segreteria operativa (foto 154 e 155.) ed altre stanze (foto n. 157, 158, 159), siamo nel corridoio parallelo a Via Cesare Battisti (foto 162).
Nel lato ovest del primo piano ci sono altre aule, in una c’è un internet point.
La foto 183 raffigura il corridoio lato est, su via Battisti, del secondo piano, su cui si aprono tutte le aule.
Tutti i piani sono uguali come disposizione dei locali. L’edificio è composto da 4 piani con il 5° che è una terrazza. I primi due piani sono identificati come Scuola Diaz. Alcuni locali erano adibiti a uffici. La mensa era rimasta tale.
Ho rinvenuto in cortile dei carretti con delle catene al loro interno. Ho repertato un ordigno lacrimogeno francese, trovato nella mensa vicino a un tavolino foto n. 50 (freccia n. 2). Ho repertato una maschera antigas verde militare, foto n. 80. In uno spogliatoio c’era una bottiglia di petrolio per uso industriale. Al terzo piano, nella “video room”, c’erano delle aste ed un casco artigianale con la scritta “Sbirri di merda” (foto 248, 249, 250, 251).
Battifora Monica (udienza 23/11/2005)
(verbale – trascrizione)
Sono infermiera, avevamo a disposizione la sala medica della scuola Pascoli. Io non sono mai entrata nella Pertini se non dopo i fatti avvenuti quella notte.
Sentii il rumore dell’elicottero. Vidi un gruppo di un centinaio di persone in divisa, non saprei dire se polizia o carabinieri. Ricordo con precisione un ragazzo, che alzò le braccia e non si mosse dalla strada; venne travolto immediatamente; sembrava un “birillo”. Ricordo che quelle persone avevano scarponi grossi; stavano andando verso la Pertini.
Ricordo che un ragazzo diceva “apriamo tutte le porte perché non abbiamo niente da nascondere”.
Entrò una persona delle forze dell’ordine, che era parzialmente in borghese, aveva una giacca con tasche ed un manganello. Chiese chi fossimo, e Massimo Costantini disse: “siamo medici”. Quell’uomo ci prese i documenti e li portò in un’altra stanza. Ci chiese di non andare alle finestre; sentivamo urla, rumori e colpi. Suppongo che fossero i computer che venivano rotti.
Quando mi sono sporta alla finestra vidi chiaramente le ambulanze del 118 che cominciavano a portare fuori i feriti. Ricordo le luci che si accendevano al piano di sopra della Pertini. Vidi il momento dell’apertura del portone, ricordo vari tentativi di entrare da parte delle forze dell’ordine; ricordo che il portone si aprì rapidamente. Le forze dell’ordine entrarono molto velocemente. Non ho visto il lancio di nessun oggetto. Sentivo tante urla. Io stavo piangendo in quel momento, avevo tanta paura. Temevo che salissero anche da noi.
Ricordo bene le barelle del 118 che uscivano. Dopo i feriti uscirono anche persone, che avevano le mani dietro la schiena; alcuni anche tirati per i capelli. Li conducevano fuori della Pertini. Poi è arrivato uno schieramento di Carabinieri. Preciso che la mia attenzione andava ai feriti.
A quel punto volevo andare alla Pertini; vi entrai fra i primi; sentii un odore che un medico o un infermiere riconosce subito: odore di urine, feci e sangue. Odore che si sente in determinate situazioni a seguito dell’adrenalina. Ricordo un sacco a pelo, che era sporco di sangue, in terra all’altezza del muro. Era nella palestra. Accanto al sacco a pelo vi era una macchia di urina, e chi è addetto ai lavori sa che è dovuta al rilassamento degli sfinteri a seguito di grande dolore e spavento. Il sangue era ancora fresco. Vi era sangue e capelli su un calorifero. Vi era sangue ovunque. Ricordo i guanti medici dei soccorritori sporchi di sangue lasciati per terra. Sono entrata con Massimo Costantini, ma il giro dentro l’ho fatto da sola.
Nella foto n. 113.: riconosco la sala medica ove eravamo noi; la foto n. 114. si riferisce alla stessa stanza vista dalla parte opposta; nella foto n. 115 si vede il corridoio su cui affacciava la nostra stanza; non ricordo con precisione se era la prima o la seconda stanza sopra il portone visibile nella foto n. 1; era la prima a sinistra delle stanze visibili nella foto n. 3.
Tornando al ragazzo visto sulla strada, che poi ho saputo che si chiamava Mark, ricordo che venne colpito con alcuni calci quando era in terra e che urtò contro la cancellata. Non so cosa sia stato di quella persona, perché poi i poliziotti entrarono nella nostra stanza.
La polizia mi prese i documenti e un agente rimase con noi. Non mi fu detto di non uscire, ma ero senza documenti e non ci ho neanche provato.
Ricordo che i poliziotti portavano caschi chiari, sull’azzurro, ma ho ricordi molto sfumati, non posso dire niente di più preciso.
L’agente che ci ha preso i documenti li ha portati fuori dalla stanza e poi è stato con noi per tutto il tempo, circa mezz’ora. Quindi è uscito, ci ha riportato i documenti e se n’è andato definitivamente. Ricordo che ci disse di smettere di rispondere ai cellulari e di non affacciarci alle finestre. Non ci disse il motivo.
Accanto a noi c’era la stanza legale. Era la stanza cui mi riferivo parlando di computer rotti. I servizi legali venivano svolti da avvocati.
Non ho visto nessun mezzo sfondare il cancello. Il ragazzo a terra che veniva colpito era fuori del cortile. Ricordo che vidi le luci accendersi ai piani superiori. Ricordo i caschi, ma non ricordo gli scudi. Ricordo alcuni poliziotti che tentavano di entrare da una finestra laterale. Circa i caschi mi sembra di ricordare che erano chiari, azzurri.
Lavoro all’istituto Pastorino come infermiera.
All’epoca del G8 facevo la volontaria come infermiera per il GSF. La mia presenza era di supporto a eventuali malesseri che si fossero potuti verificare. Al centro medico si poteva rivolgere chiunque. Non vi era un registro in cui annotavamo gli interventi sanitari effettuati. Le persone con lesioni gravi venivano mandate in ospedale. Ho curato anche lesioni traumatiche in quei giorni. Ricordo tante lesioni agli avambracci, lesioni al capo. Non so se le persone che venivano medicate andassero poi al dormitorio. La scuola Pertini non era un ospedale. Alla scuola Pascoli io sono rimasta dal giovedì fino alla domenica.
Nella foton. 72 mi sembra di riconoscere solo gli zainetti; il pavimento in tutta la scuola era così. Non mi sembra che la nostra stanza, l’infermeria, fosse ridotta così.
Non ho visto carrelli del supermercato, come quello visibile nella foto n. 76, che mi viene mostrata; finché sono rimasta all’interno della scuola non mi sembra di averne visti.
All’inizio avevamo dei pass, ma nel giro di un’ora questo sistema è stato accantonato. La mia funzione di paramedica si è svolta anche all’esterno della scuola, immediatamente dopo gli scontri. Ho prestato assistenza anche a bordo di un furgone. Sono stata anche identificata dalla polizia: il nostro furgone era in mezzo alla carica dei manifestanti e alcune persone avevano cercato di salirvi. Non ho avuto modo di vedere appartenenti ai black block in occasione degli scontri. Io ho medicato più che altro donne. Venivano anche persone che avevano traumatismi violenti da traumi difensivi. Non ricordo come erano vestite le persone che ho curato nella scuola Pascoli.
Tra le persone che abbiamo curato prima dell’arrivo della polizia c’erano anche persone che avevano ferite sanguinolente. Alcune le abbiamo curate noi, ma nessuno è stato identificato. Potevano poi decidere cosa fare, se tornare a casa oppure restare un po’ li da noi a riposarsi.
Non ricordo di aver visto le catene raffigurate nella foto n. 29; non ricordo di aver visto nella scuola l’oggetto visibile nella foto n. 56; devo dire che alcuni di noi avevano raccolto degli oggetti, io stessa a Punta Vagno avevo raccolto il bossolo di un lacrimogeno; non ricordo di aver visto la scritta che è raffigurata nella foto n. 65; non capisco che cosa raffiguri la foto n. 87, non facevamo uso di petrolio industriale; non ho visto le giacche e gli zaini di colore nero visibili nella foto n. 90, come non ho mai visto gli oggetti raffigurati nella foto n. 250; non riconosco il tavolo riprodotto nella foto n. 251, non ricordo le aste di metallo.
Brusetti Ronny (Udienza 24/11/2005; parte civile)
(verbale – trascrizione)
Sono arrivato a Genova la domenica prima per allestire il media center.
Abbiamo scelto la scuola Pascoli, che infatti, non essendovi rappresentanti del GSF, è stata consegnata a me il giovedì.
La sera del 21 ho visto arrivare in via Battisti un autobus, mi pare di linea, che si è fermato davanti alla scuola e su cui salivano diversi giovani; dietro all'autobus si è formata una coda di autovetture ed in fondo si è fermata anche un'auto della Polizia; dato quanto era accaduto fino allora mi sono preoccupato perché mi sembrava una provocazione. L'autobus è ripartito e così la vettura della Polizia è giunta davanti alla scuola. Le persone presenti hanno iniziato a gridare contro i poliziotti "assassini; che cosa fate qui". L'auto è ripartita velocemente verso piazza Merani seguita dagli insulti dei presenti; ho visto anche che veniva lanciata una bottiglia di birra che cadeva a circa un metro dal paraurti dell'auto della Polizia. L'auto ha comunque proseguito la marcia verso piazza Merani. Non ho visto altri veicoli della Polizia o di dimensioni maggiori di quelle comuni. Posso escludere che vi siano stati lanci di altri oggetti contro l'auto, se non di piccolissime dimensioni e quindi che non potevo vedere quali monetine ecc.. In sostanza le persone presenti si sono rivolte con gesti ed insulti contro l'auto della Polizia, ma nessuno si è avvicinato alla stessa, che peraltro ha subito accelerato dirigendosi verso piazza Merani. Ricordo che ci si era chiesto se fosse opportuno passare la notte tutti insieme presso la Pertini ovvero restare nella Pascoli, come poi abbiamo deciso. La palestra era adibita sia ad internet point, con alcuni computer a disposizione di tutti, di training per pacifisti ed anche di dormitorio.
L’accesso ai piani superiori della Pascoli era controllato, erano stati consegnati appositi tesserini. Nella Diaz l’ingresso era poco controllato e poteva dormirci chi voleva.
Molte persone che frequentavano la Diaz vestivano di nero, come anch’io.
Ricevemmo una telefonata che ci avvertiva che alcune persone erano bloccate dalla Polizia in una birreria di via Trento; tale fatto ci allarmò e così decidemmo di fare un giro tra le scuole per vedere quante persone erano rimaste a se quindi fosse stato possibile dormire tutti insieme, perché ci saremmo sentiti più sicuri. Vi erano però troppe persone e molti erano già a dormire cosicché rinunciammo.
Dopo circa un quarto d’ora vidi un plotone di poliziotti che scendeva verso la Diaz. Mi recai verso la Pascoli e dopo che tutti erano rientrati, entrai anch’io, accostando il cancello. Ricordo di aver visto che il cancello del cortile della Diaz veniva a sua volta accostato, cioè venivano chiuse le ante senza chiudere a chiave o con le catene, che invece pendevano a fianco dello stesso. Non ho visto che cosa succedeva al portone della Pertini. Mi sono diretto verso il seminterrato della Pascoli ed entrati abbiamo posto alcuni banchi vicino alle porte a vetri per rallentare l’irruenza, che avevamo notato nella Polizia. Ho visto poi arrivare un giovane sanguinante, che io identifico in Sebastian (Zehatschek), e che feci entrare, chiedendomi da dove arrivasse. Sentii poi il rumore della polizia che scendeva le scale con notevole irruenza; cercammo di porre alcuni banchi vicino alla porta, ma i poliziotti entrarono, lanciarono via i banchi ed iniziarono a picchiarci con i manganelli. Indietreggiammo dicendo che non c’era motivo di picchiarci ed i poliziotti ci dissero di andare in palestra, dove ci fecero stendere a terra con le mani dietro la nuca. Alla richiesta di alcuni di farci vedere un mandato, i poliziotti risposero che non era un telefilm e che ci avrebbero “massacrato”. Tutti quindi ci sdraiammo a terra.
Percepii l’intervento della Polizia che arrivava compatta a plotone come una carica e quindi mi preoccupai e cercai di proteggermi anche tentando di rallentarla.
I poliziotti avevano la divisa da ordine pubblico con imbottiture, casco e manganelli. Ne ho visti poi anche in abiti civili con una pettorina con la scritta Polizia. Mentre ero sdraiato a terra ho sentito urla di dolore; avevo paura e rabbia. Ad un tratto improvvisamente i poliziotti andarono via: uscii e poi rientrai nella Pascoli e trovai tutta la postazione del centro distrutta: i computer erano aperti ed il mio cellulare era rotto in terra.
La foto n. 34 raffigura la zona ove si trovavano i computer.
Il primo piano della scuola Pascoli era il piano amministrativo. Nella prima stanza vi era la sala server, ove ero io e altre persone che si occupavano di seguire la connettività e di documentarci. Vi erano anche dei banchi con computer e telefoni dedicati agli avvocati.
La foto n. 122 raffigura la porta della sala server o sala macchine; la n. 124 la stanza “a posteriori”; si vede la postazione che usavo; la foto n. 126 raffigura il lato della stanza ove vi erano gli avvocati; si vedono anche i computer aperti e danneggiati; nella foto n. 129 si vedono i computer danneggiati nell’angolo ove rispondevano gli avvocati, visibile anche nella foto n. 134; l’attrezzatura prima dell’irruzione era perfettamente integra; la foto n. 136 raffigura un altro computer che usavano gli avvocati.
Mi riconosco nel filmato Rep. 234 (estratto) che mi viene mostrato. Conosco Nadine Moser, che all’epoca aveva i capelli corti rossi. Tra le persone che si vedono al centro della strada non vi è Nadine, potrebbe essere in un gruppo di persone che si vede solo per un nanosecondo. Non riconosco la persona che ha guardato in macchina nel filmato. Era poco prima dell’irruzione, poi abbiamo sentito il rumore dell’elicottero.
Lavoro come informatico; sono precario. In quei giorni mi occupavo di mantenere attiva la connessione del media center.
Ero l’affidatario di entrambe le scuole; avevo la responsabilità delle cose affidatimi. Tale responsabilità dovevo trasferirla al rappresentante ufficiale del GSF, formalmente il passaggio di consegne non avvenne; la struttura era gestita collegialmente, io firmai e divenni custode di fatto, ma la gestione era collettiva.
L’accesso alla Pascoli era controllato, per il primo piano si poteva accedere con tutti i tesserini, ai piani 2 e 3 solo con l’esibizione dei tesserini verde chiaro e verde scuro; era un filtro differenziato. Il tesserino garantiva l’accesso ad aree destinate ad un determinato uso, a cui solo i titolari dei pass dovevano accedere, ma la situazione era confusa, fluida; si cercava di garantire l’accesso limitato alle strutture. Alla Pertini poteva entrare chiunque, alla Pascoli no. I pass venivano consegnati a chi doveva lavorare nell’area, anche magari alle fidanzate di chi poteva entrare.
Non ho visto le catene di ferro raffigurate nella foto 29, che sarebbero state rinvenute nel centro stampa; ho visto lo specchietto visibile nella foto 35; non so a chi appartenesse, si usavano per cercare di abbagliare le forze dell’ordine in caso di eventuale contatto con loro; so anche che c’era stata questa proposta di uso, ma non ero presente in strada; non ho mai visto la granata lacrimogena raffigurata nella foto 56; la scritta rinvenuta nella palestra “l’unico terrorista è lo stato” raffigurata nella foto 65 non c’era fino al sabato; quando io ero steso per terra con la faccia a terra, vi era un poliziotto vicino alla parete. Dopo l’irruzione chiunque poteva entrare nella scuola, anch’io sono tornato, ma non ho notato queste modifiche; dopo i fatti sono rientrato nelle due scuole senza necessità di sorpassare ostacoli, vi si poteva liberamente accedere, non vi era nessun filtro, la scuola si riempì di gente che veniva a dormire.
Non sono mai entrato nello spogliatoio della palestra e non ho visto nella Pascoli persone con maschere antigas visibili nella foto 80 né gli indumenti e i caschi raffigurati nella foto 90.
Non ricordo oggetti in particolare, ma un sacco di persone hanno lasciato roba dopo i fatti, trovata in giro in luoghi di accoglienza che venivano liberati, affinché i proprietari potessero recuperarla.
Costantini Massimo (Udienza 24/11/2005; parte civile)
(verbale – trascrizione)
Svolgo la mia attività di medico presso l’Istituto Tumori dell’Ospedale San Martino.
Il GSF aveva inviato una lettera all’Assessore alla sanità per consentire l’assistenza a chi ne avesse avuto bisogno, senza che venisse identificato, e ciò alla luce di quanto era avvenuto a Napoli. Ci era stato assegnato il locale infermeria della scuola Pascoli, che serviva come punto d’appoggio perché la nostra opera doveva avvenire all’esterno. Non era previsto un compito gravoso, ma soltanto di provvedere a qualche colpo di sole ovvero a qualche manganellata, in occasione delle previste azioni di protesta. Dal venerdì però tale previsione si è rivelata ottimistica, dato che molti erano i feriti che arrivavano da noi alla scuola Pascoli, che si era trasformata in un punto di primo soccorso. La mia maggiore esperienza è stata per le strade più che nella scuola. Ho seguito il corteo di piazza Alimonda e sono stato il primo medico a soccorrere Giuliani.
Il sabato verso le 19 sono tornato alla scuola Pascoli; ho visto ad un tratto, affacciandomi alla finestra, due automezzi della Polizia che procedevano assai lentamente, passando tra tutte le persone che sia sui marciapiedi sia sulla sede stradale parlavano tra loro, mangiavano e bevevano birra. Questo passaggio mi ha stupito proprio per quanto era avvenuto nei giorni precedenti. Le persone hanno cominciato a spostarsi; ho sentito urlare “assassini, assassini”; ho sentito il rumore di una bottiglia che si rompeva; da quanto ho potuto vedere nessuno ha lanciato altri oggetti; le auto della Polizia non si sono fermate ed hanno proseguito verso piazza Merani. Escludo che qualcuno abbia dato colpi alle macchine. Mi sono anche stupito che non vi fosse stata qualche reazione violenta.
Il fatto mi aveva insospettito ed ho pensato che si stesse preparando una perquisizione, tanto che ho detto a mia moglie che era incinta di andare a casa. Nell’infermeria vi erano altri medici ed infermieri. Sono andato nella stanza a fianco dove si trovavano gli avvocati ed ho chiesto se qualche legale si sarebbe fermato; l’Avv. Ballerini mi disse che andavano tutti a casa e mi diede comunque il suo numero telefonico.
Quando stavo per andarmene a casa, ho sentito urlare da fuori: “Polizia, polizia”. Sono corso alla finestra ed ho visto parecchie decine di poliziotti che scendevano correndo da piazza Merani in via Battisti con il manganello in mano, urlando e con un atteggiamento molto aggressivo. Ho capito che stava accadendo qualcosa di molto grave; ho avuto una sensazione di panico. Un ragazzo chiuse il cancello della Pertini. Ho visto un ragazzo in mezzo alla strada che faceva con le mani alzate il gesto di fermarsi rivolto verso i poliziotti; questi non si sono fermati ed il ragazzo ha cercato di fuggire, voltandosi ma è caduto in terra, e almeno tre poliziotti hanno cominciato a pestarlo con il manganello per parecchi secondi, mentre il ragazzo cercava di proteggersi; infine ho visto un poliziotto che gli dava un calcio violento nella pancia. Il ragazzo era poco più verso piazza Merani rispetto al cancello della Pertini
I poliziotti avevano divise diverse: alcuni con divise imbottite, caschi, altri con maniche corte, altri con una pettorina sulla camicia; mi ricordo un poliziotto che cercava di scavalcare il cancello senza riuscirci. Ho subito chiamato al telefono l’Avv. Ballerini, a cui ho detto testualmente che ci stavano per ammazzare tutti; poi ho chiamato mia moglie alla quale ho detto di chiamare chiunque fosse potuto intervenire.
Subito dopo entrò un poliziotto con casco e manganello che ci domandò: “Voi chi siete ?” ed alla nostra risposta “medici”, si allontanò facendosi dare i nostri documenti. Poi rientrò, dicendoci di restare fermi. Dalla finestra si sentivano urla ed i telefonini suonavano; il poliziotto ci diceva di non andare alla finestra ed anzi di chiuderla perché potevano entrare gas lacrimogeni. Poi entrò una poliziotta e quindi un altro disse che serviva un medico; mi accompagnò giù nella palestra, dove vidi due ragazzi che avevano preso alcuni colpi; quindi tornai nell’infermeria, ove i miei colleghi mi ridiedero i documenti. Così scesi in strada.
Vidi i primi feriti che uscivano dalla Pertini; parlai con un giovane che sembrava dirigere l’operazione al quale chiesi di farmi entrare; quest’ultimo si allontanò un attimo e poi tornò da me dicendomi che i funzionari avevano risposto che finché l’operazione non era finita non poteva entrare nessuno. Vi era anche un deputato di Rifondazione che cercò di entrare, mostrando i suoi documenti, ma venne spinto fuori. Vidi uscire diversi feriti in cattive condizioni.
Quando l’operazione finì entrai nella Pertini insieme all’infermiera Battifora; all’interno c’era un tappeto di sacchi a pelo, spazzolini, giornali, magliette, mutande, tutto misto a sangue visibilmente fresco.
Prima dell’irruzione della Polizia non avevo visto feriti con fratture o con lesioni gravi nell’infermeria. Non era del resto un’infermeria, era una stanza vuota con l’insegna ‘infermeria’, Non ricordo che vi fossero carrelli della spesa, del tipo di quello visibile nella foto 76; li avrei presi per utilizzarli se ve ne fossero stati.
Ho seguito il passaggio delle macchine della polizia sulla strada, non mi ricordo di un autobus, né di altre macchine in movimento, le macchine della polizia non hanno avuto ostacoli da altri veicoli. Se le macchine hanno accelerato lo hanno fatto impercettibilmente, non ho sentito rumori di sgommate né avvisatori acustici.
Nanni Matteo (udienza 30/11/2005; parte civile)
(verbale – trascrizione)
Ero stato chiamato dal GSF per aiutare l'ufficio legale quale interprete di lingua tedesca, vivendo da molti anni in Germania. Operavamo in una stanza del primo piano della Pascoli, ove si trovavano due computer e quattro linee telefoniche. Ricevevamo molte richieste di aiuto legale da persone manifestanti; vi erano diversi avvocati che restavano in strada a seguire le manifestazioni, cosicché quando ricevevamo richieste di aiuto, informavamo i legali vicini al luogo in cui si trovava il richiedente, i quali potevano intervenire immediatamente. Poi venimmo a sapere che non era possibile l'assistenza immediata, poiché gli eventuali arrestati non potevano comunicare con l'avvocato per 24 ore.
La sera del 21, verso le ore 20, transitò un'auto a velocità piuttosto sostenuta (ne sentii soltanto il rumore). Sentii il rumore di una bottiglia che rimbalzava in terra senza rompersi e grida "no che cosa fate, lasciate perdere". Poi tutto rimase calmo. Continuai a scrivere sul computer i miei dati (denunce e nominativi di persone arrestate). Al momento non diedi molta rilevanza al fatto; soltanto dopo leggendo i giornali ripensai all'episodio.
Continuarono ad arrivare telefonate di persone che venivano arrestate ed il fatto mi stupì, perché ormai le manifestazioni erano terminate.
Successivamente verso le ore 23,30, sentii arrivare la polizia ed interpretandola coma una minaccia, mi impaurii e decisi di uscire dalla scuola attraverso la porta posteriore. Ero con Scribani e Tizzetti.
Ci trovammo così in una piazzetta dietro la Pascoli. Vidi arrivare una moltitudine di poliziotti da piazza Merani. Un gruppo più piccolo si staccò da quello principale e venne verso di noi, dicendoci di metterci in ginocchio. Pur molto contrariato, non reagii in alcun modo e mi misi in ginocchio.
I poliziotti, in divisa, avevano la faccia coperta da un fazzoletto. Ci fecero rialzare ed appoggiare ad un auto con le gambe aperte e ci perquisirono. Mi presero il portafoglio con i documenti, che non ho più rivisto. Venimmo divisi: Pizzetti ed io venimmo fatti distendere a terra e poi presi di forza e portati all'angolo tra la via Battisti e l'altra via dietro alla scuola, con la faccia contro il muro. A Tizzetti venne dato un calcio da dietro che lo fece cadere a terra. Poi mi fecero stendere a terra con le mani dietro la nuca. Ci misero le manette (legandoci i polsi con fascette di plastica), quindi ci portarono verso via Trento; vidi anche altre persone che venivano portate via dalla Pertini (quattro o cinque ragazzi) con le braccia legate. In via Trento vi era una colonna di veicoli della polizia. Fummo aggregati ad un altro gruppo di fermati; un poliziotto ci disse con fare arrogante e con accento romanesco di metterci faccia a terra, posizione umiliante e difficile da assumere con le braccia legate dietro la schiena.
Non chiesi che cosa stesse accadendo, perché, avendo visto che alle lamentele di Tizzetti i poliziotti avevano risposto picchiandolo, ritenevo fosse più vantaggioso non dire nulla. Non notai la presenza di superiori dei poliziotti. Eravamo in un gruppo di circa una decina di persone.
Poi sentii qualcuno dire: "Attenzione arrivano quei rompicoglioni dei giornalisti"; subito la situazione cambiò ed uno dei poliziotti ci disse di alzarci; quindi venimmo affidati ad un poliziotto genovese.
Riuscii a parlare con un giornalista e con l'Avv. Caruso, al quale dissi di avvertire mia madre e mio zio, che era all'epoca Questore vicario di Asti. Fui poi accompagnato insieme a Tizzetti verso piazza Merani. Vidi un avvocato che conoscevo e gli chiesi se poteva venire con me e quindi anche un parlamentare, il Sen. Martone, ci seguì. Il poliziotto ci disse che ci avrebbe portato alla polizia o in Questura, ma solo per identificarci e di non preoccuparci.
Successivamente ci disse: "Adesso vi tolgo le manette e poi sparite".
Alla nostra richiesta di restituirci i documenti, e non trovandoli rinunciò a farci andare via.
Arrivò anche l'Avv. Agustoni; quindi un poliziotto ci tagliò le fascette che ci legavano i polsi e ci disse di andarcene. L'Avv. Agustoni ci accompagnò lungo la strada che scende da piazza Merani verso la galleria sottostante.
Fui avvertito dell'arrivo della polizia verso le scuole dall’Avv. Tartarini.
Ho fatto una denuncia al consolato italiano di Friburgo circa la mancata restituzione dei documenti.
Sono attualmente docente universitario presso l'Università di Friburgo.
Nel filmato Rep. 164 . 101 p. II, che mi viene mostrato, vedo Via Trento e la strada che scende in Piazza Merani. Mi riconosco da dietro. Ho la maglietta bianca. Questo momento è successivo a quando eravamo sdraiati per terra. Riconosco anche Paolo Tizzetti con i capelli lunghi e la maglietta gialla. Il poliziotto che si accende la sigaretta è quello che ci ha preso in consegna e ci ha portati in piazza Merani. (Minuto 6.05). Mi riconosco anche al minuto 8.05. Ricordo la scena del ragazzo francese che paralava in inglese. Al min. 8.59 ci sono io che sto parlando. Si tratta di domande che mi venivano fatte da un giornalista ma io ero diffidente. Invitavo la persona con cui stavo parlando a chiamare l’Avv. Caruso. Vedo gli avvocati Rossi e Caruso. Siamo sempre nell’area ove prima al buio eravamo sdraiati per terra..
Nel Filmato n. 234 (min. 00,35) mi vedo nell’angolo, sono sdraiato per terra assieme a Tizzetti. É l’episodio successivo al calcio dato a Tizzetti.
Avevo ricevuto una telefonata dall’Avv. Laura Tartarini, che mi disse che stava arrivando la polizia verso di noi, e io ho capito verso le scuole. Mi sono spaventato.
Tartarini Laura (udienza 30/11/2005)
(verbale – trascrizione)
Quella sera stavo cercando qualcosa da mangiare e da bere; arrivata alla congiunzione tra Via Trento e Piazza Merani vidi arrivare parecchi mezzi della polizia del reparto mobile. Andavano verso Via Battisti con passo deciso. Chiamai al numero del nostro ufficio e li avvisai. Non mi chiesero nulla perché alcuni appartenenti del reparto mobile mi tolsero il telefono e mi dissero: “A signurì, nun se telefona”.
Scribani Giuseppe (udienza 30/11/2005; parte civile)
(verbale – trascrizione)
Mi trovavo nella scuola Pascoli perché facevo servizio di volontariato, per organizzare il centro di assistenza legale.
Nella sera mentre mi trovavo nella sala a noi affidata, sentii un certo trambusto all'esterno: una sgommata ed un rumore di vetri infanti; mi affacciai e vidi due veicoli della Polizia, uno dei quali era un Magnum (fuoristrada blindato). Nella stanza vi erano Tizzetti, Nanni ed alcuni avvocati.
Non vi furono reazioni all'episodio.
Temevo che potesse verificarsi un'irruzione della Polizia, sia per quanto era accaduto nei giorni precedenti sia perché forse qualcuno lo aveva paventato.
Successivamente senti alcuni rumori che mi allarmarono (rumore di vetri infranti); poiché conoscevo l'esistenza di una porta sul retro, senza nemmeno affacciarmi, insieme a Tizzetti e Nanni uscimmo sulla piazzetta sul retro. Quindi ho visto scendere in via Cesare Battisti un gruppo forse di carabinieri o di poliziotti, con elmi scuri in tenuta antisommossa; non posso dire con esattezza se avessero elmi scuri o invece azzurri.
Un gruppetto di tre o quattro poliziotti con una pettorina con la scritta “Polizia” ed il casco azzurro, si diresse verso di noi. Ci fermarono e chiesero i documenti a Tizzetti e Nanni. Ebbi la sensazione che mi conoscessero, anche perché il poliziotto che "si prese cura" di me non mi chiese i documenti, non mi perquisì e disse ad un altro poliziotto che a me avrebbe pensato lui.
Venimmo portati alla fine della discesa che porta in via Battisti, ove persi di vista i miei amici; venni quindi fatto sdraiare a terra davanti alla scuola Pertini. Qualcuno disse indicandomi: "Questo è l'uomo del dottore". Poi arrivò un poliziotto in abiti borghesi (vestito marrone), cui fui indicato, e subito dopo venni portato in piazza Merani e nuovamente fatto sdraiare a terra. Durante tutto tale periodo non riuscii praticamente a vedere quanto accadeva. Venni affidato ad un altro poliziotto, assai meno gentile nei miei confronti. Mi vennero messe le manette. Sentii il nome Fabbrocini nei dialoghi tra il mio custode ed altri poliziotti. Venni condotto in via Trento dal poliziotto che mi teneva da dietro con un manganello e posto in ginocchio. Erano arrivati i giornalisti, i legali ed anche un parlamentare, Martone. Fui portato in un furgone, presso cui venne anche l'Avv. Tartarini. Nessuno mi spiegò che cosa stesse accadendo, ma soltanto dal primo, di stare tranquillo e che ero un amico. Poi arrivò l'Avv. Caruso, che disse ai poliziotti che conosceva la mia identità; venni però ugualmente portato nella Caserma di Bolzaneto.
Fui lasciato per ultimo, da solo nel furgone, fermo davanti agli uffici. Salì un poliziotto che mi chiamò con il mio nome e cognome, prendendomi per un avvocato, ma io gli dissi che lavoravo in Comune come geometra. Mi accompagnò in un ufficio con la scritta Digos; il funzionario cui diedi, su sua richiesta, i miei documenti, mi disse che potevano riaccompagnarmi ove mi avevano preso e così venni infine riaccompagnato. Non ricordo che mi sia stato spiegato che cosa avessi fatto e quale fosse la mia situazione. Forse se ben ricordo mi venne detto che si era trattato di un errore.
Fui chiamato per organizzare l'ufficio di assistenza legale da Giovanni Ferretti di Rifondazione Comunista, mio amico.
Nel filmato (Rep. 234 parte II – min. 1.10 – estratto), che mi viene mostrato, mi si vede mentre vengo portato dallo stesso poliziotto con il manganello sul collo, e mi lascio trascinare, fino in P Merani dopo essere stato sdraiato a terra, dopo l’arrivo del signore con il vestito marrone).
Tizzetti Paolo (udienza 1/12/2005)
(verbale – trascrizione)
Sono amico di Scribani; non appartengo a nessuna associazione, ma ero venuto a Genova per dare una mano. Dal venerdì ho aiutato Scribani nella sala di assistenza legale della Pascoli; rispondevo al telefono.
La sera del 21 ho sentito un forte rombo ed il rumore di vetri infranti; nella strada vi erano molte bottiglie; ricordo il rombo di un motore. Mi sono affacciato appena ho potuto dopo qualche decina di secondi; non ho visto gli automezzi della Polizia, ho però sentito il vociare delle persone presenti che protestavano e insultavano, anche perché le auto dovevano essere passate a velocità sostenuta. Dopo qualche minuto sono sceso in strada ed ho visto che in terra vi erano diversi cocci di bottiglie. Gli animi erano certamente molto accesi. Sono poi subito tornato nella scuola. Dal pomeriggio in poi erano iniziate le partenze anche con pullman organizzati.
Più tardi ho sentito alcune voci dall'esterno "polizia arriva la polizia", e quasi contemporaneamente il rumore di passi pesanti (scarponi). Mi sono affacciato ed ho visto i poliziotti che scendevano dalla sinistra in via Battisti e dietro alcuni furgoni ed auto. Avevano il casco, manganello, scudo trasparente e qualcuno batteva il manganello sugli scudi. Quelli che stavano sotto sono rientrati ed hanno chiuso il cancello della Pascoli. Non ho visto chiudere il cancello della Pertini e non ho neppure notato se fosse chiuso od aperto. Dopo pochi secondi ho visto che la polizia stava spingendo il cancello; sono subito rientrato ed insieme a Scribani e Nanni siamo usciti da una porta sul retro in una piazzetta posteriore. Mentre cercavamo di allontanarci sono arrivati verso di noi alcuni poliziotti, in divisa, senza scudo. Oltre alla polizia dietro vi erano anche alcuni carabinieri. Ci hanno intimato di fermarci e di metterci faccia a terra; i poliziotti che ci hanno fermato non erano molti (5 o 6). Sentii una voce di donna che ci insultava e qualcuno che ci diceva "avete distrutto al città adesso ve la facciamo pagare". Un poliziotto mi ha schiacciato una mano con lo scarpone. Uno mi ha preso i documenti e mi ha spento il cellulare. Poi ci hanno fatto alzare e ci hanno separato; Scribani lo hanno portato da un'altra parte e siamo rimasti Nanni ed io. Ci hanno spinto verso la parete della strada; vi erano anche altre persone allineate con la faccia al muro. Ero l'ultimo della fila: avevo sulla destra Nanni. Ad un tratto un agente mi sferrò un calcio con l'anfibio sulla coscia ed io caddi a terra. Un suo collega o un superiore lo riprese pesantemente anche dicendogli "che cosa fai ci sono le telecamere". Non riuscivo a rialzarmi per il dolore alla gamba. Subito dopo ci hanno riportato nella piazzetta e ci hanno ammanettato, anzi ci hanno messo una fascetta di plastica ai polsi che si stringeva sempre di più ad ogni movimento e faceva male. Un poliziotto con accento meridionale mi chiese se mi faceva male ed alla mia risposta affermativa, strinse ancora di più la fascetta, dicendomi "tanto poi vi faremo anche più male". Ho quindi rivisto Scribani; ho sentito dai balconi dire: "Ma che cosa fate, lasciateli stare". Ad un tratto tutto cambiò, erano infatti arrivati i giornalisti, le telecamere ed alcuni avvocati. Ricordo un ragazzo francese che mostrava alle telecamere le manette. Arrivò quindi un ufficiale o comunque un superiore, che disse "adesso vi togliamo i lacci e le manette". A quel punto eravamo un po' staccati dagli altri fermati. C'era una gran confusione, mi pare anche tra le forze dell'ordine. L'ufficiale aveva un pizzetto ed il casco, forse non era in divisa ma aveva soltanto una pettorina, ma non ne sono sicuro. Ci ha quindi tagliato con un coltello le fascette ai polsi. Gli avvocati insistevano perché ci rilasciassero e dopo un po' il predetto superiore ci disse che potevamo andare. Abbiamo chiesto la restituzione dei documenti, che peraltro non si trovavano e così su consiglio dello stesso ufficiale ci allontanammo.
Nella sala della Pascoli vi erano diversi telefoni (6 o 7) e due computer. Quando siamo usciti erano tutti integri e funzionanti.
Mi riconosco nel filmato Rep. 164.159 p. I min. 4,45 (estratto), vedo il momento in cui ci hanno fatti alzare ed il ragazzo francese che mostra le manette (min. 5,31); avevo la maglietta gialla.
Nel Rep. 234 p. II dal sec. 17 (estratto), vedo Giuseppe Scribani, il ragazzo fermato con la camicia azzurra (min. 1,46); se quella che vedo(dal min. 8,36 ) è la Pascoli, allora vedo Via Battisti; su quel lato siamo stati fatti stare in piedi contro il muro. Sempre che quella che vedo sia l’entrata principale della Pascoli.
Quando mi hanno schiacciato la mano non avevo alcun atteggiamento di resistenza; è stato un momento così, ma non accidentale. Circa il calcio, il motivo è che ero l’ultimo della fila e se avesse voluto dare il calcio a qualcun altro non ci sarebbe riuscito. Non ho avuto alcun atteggiamento particolare. Ero di spalle e non potevo neppure aver avuto qualche sguardo strano
Tornando alla sera, ricordo di aver visto delle persone che spingevano dall’interno del cortile il cancello della scuola a mo’ di protezione. Le persone tenevano fermo il cancello e cercavano di fare barriera per impedire l’entrata della polizia. Non ho notato un atteggiamento difensivo dei poliziotti.
Io non ero stato avvisato da nessuno che stava arrivando la polizia.
Ricordo che Matteo Nanni disse genericamente a chi era nella stanza “ragazzi arriva la polizia”. Quando l’ha detto, è arrivata. Nanni era al telefono e, riattaccato il telefono, disse: “Ragazzi arriva la polizia”.
Fletzer Enrico (udienza 7/12/2005; parte civile)
(verbale – trascrizione)
Sono giornalista pubblicista. Collaboravo con il Manifesto, Radio K Centrale ed altre testate straniere. Sono riuscito ad avere l'accreditamento per il G8, ma soltanto su ingiunzione della magistratura per il sabato.
Avendo quindi dovuto cambiare i miei programmi mi sono recato presso la scuola Pascoli, ove vi erano le redazioni di alcuni giornali Il Manifesto, Liberazione, Carta e al piano superiore vi era Indymedia ed anche Radio Gap. Io ero appunto al II piano nella redazione di Radio Gap. Sono tornato verso le ore 22 alla scuola Pascoli, poi sono uscito per prendere alcune pizze e sono rientrato un po' prima di mezzanotte. Ho visto dopo un po' una carica di oltre 150 tra poliziotti e carabinieri che "assalivano" la scuola Diaz. Si sentivano urla, rumori vari; l'irruzione della Polizia faceva veramente paura. Mi pare che abbiano sfondato il cancello e forse anche il portone; tutto avvenne in brevissimo tempo. Non ho notato se venivano lanciati oggetti contro le forze dell'ordine. Temevo che vi sarebbe stata un'irruzione anche nella Pascoli. Mi sono spostato dalla redazione di Radio Gap in un'altra aula all'inizio delle scale. Sono arrivati alcuni poliziotti ai quali ho detto che era la redazione del Manifesto e che potevo mettermi in contatto con alcuni giornalisti di Genova (ero in contatto telefonico con Attilio Lugli, Presidente dell’ Ordine dei giornalisti di. Genova, che mi diceva di stare calmo) ed anche con la Federazione della Stampa. Gli agenti si sono inalberati e mi hanno colpito sulla testa con i manganelli. Sono caduto per terra colpito da una panca; ho quindi ricomposto il cellulare che era caduto a terra e si era aperto.
Portavo una casacca gialla ed un cartellino che mi identificavano quale giornalista. Sono poi tornati gli stessi poliziotti che mi hanno nuovamente picchiato. Ho visto che alcuni poliziotti, un po' più tranquilli e con una pettorina con la scritta Polizia, erano nella redazione di Radio Gap (Global Audio Project); al piano di sopra nella sala di Indymedia ho visto che alcune persone erano state fatte stendere a terra. Dopo circa mezzora i poliziotti hanno cominciato ad andarsene.
Successivamente vi è stata una conferenza stampa, cui hanno partecipato numerosi giornalisti stranieri ed anche i consoli americano e tedesco.
I poliziotti che mi hanno colpito avevano un casco, non erano mascherati, avevano manganelli ordinari, non tonfa, ed una divisa blu.
Nelle foto B1 e successive, riconosco i caschi; nella B1 non mi pare di riconoscere i pantaloni.
C'era preoccupazione per le attrezzature e così sono rimasto nella scuola tutta la notte. Sono anche andato nella Pertini, dopo l'allontanamento della forze dell'ordine e ho visto sangue ovunque.
Mi riconosco nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 164.059 p. I dal min. 11,32 - estratto)
Il mattino sono andato all'Ospedale ove mi sono fatto visitare e refertare.
Nella saletta in cui venni colpito vi erano alcuni computer che erano caduti in terra all'atto dell'irruzione.
Hayton William (udienza 11/1/2006)
(verbale – trascrizione)
Sono giornalista e lavoro per la BBC, ma sono venuto a Genova come libero professionista; volevo trovarmi nei luoghi ove si sarebbero svolte le manifestazioni per dare al pubblico una visione completa di quanto avveniva. Ho così frequentato il Media Center presso la scuola Pascoli; il sabato con un mio collega, Nelson, sono arrivato verso le dieci di sera perché Mark Covell mi aveva detto che doveva farmi vedere alcuni filmati su Giuliani; nella strada l’atmosfera era molto rilassata; c’era gente che beveva birra e chiacchierava. Io dopo l’esperienza di Goteborg in cui la Polizia aveva effettuato una retata proprio quando tutto era finito, temevo che la cosa si ripetesse.
Ad un tratto sentii un certo trambusto; mi trovavo al terzo piano della scuola Pascoli; mi affacciai alla finestra e vidi che qualcosa stava succedendo nella scuola davanti, la Diaz; vi era un elicottero, mi pare che vi fosse qualcuno in terra sulla strada e qualcuno disse che era stato colpito; ho visto sul mio cellulare che erano le undici e 43; c’era gente che urlava sia nella scuola davanti sia sotto la Pascoli. Scesi quindi, mi pare, al primo piano; c’era un gruppo di circa una decina di persone del GSF, raggruppati dalla Polizia, che si coprivano; i poliziotti non erano in divisa, avevano i caschi ed un giubbotto con la scritta Polizia; uno del gruppo di persone protestò e venne subito colpito con un manganello; pensai quindi che fosse meglio risalire al terzo piano; ci fu una discussione circa l’opportunità di chiudersi dentro, ma poi prevalse l’opinione di non opporsi alla Polizia, che sarebbe comunque entrata; mi portai in un’altra stanza per telefonare alla BBC e mentre stavo telefonando entrò un poliziotto che mi disse di non farlo; io feci vedere al poliziotto il mio accredito quale giornalista straniero, ma il poliziotto continuò ad insistere minacciandomi con il manganello. Io mi appoggiai con le mani contro il muro insieme agli altri. In questo momento, mezzanotte e sei, ricevetti una telefonata dalla BBC sul mio cellulare ed il poliziotto mi disse che se il telefono avesse suonato di nuovo me lo avrebbero tolto. Sono rimasto da mezzanotte e sei fino a mezzanotte e quarantaquattro bloccato dalla Polizia. I poliziotti erano molto contenti di aver trovato alcune maschere a gas (anch’io ne avevo una perché sapevo che sarebbero stati usati gas lacrimogeni) ed un coltellino svizzero. Non mi sembrava che fosse stata una perquisizione approfondita; io non sono stato perquisito. Il mio collega Nelson che era a sua volta nel corridoio con le mani appoggiate al muro protestò, e venne subito picchiato con un manganello e portato giù; io stesso gridai che si trattava di un giornalista accreditato ma fu del tutto inutile. Io rimasi con le mani appoggiate al muro per circa quindici minuti.
L’atmosfera era surreale; vi era anche una pentola di pasta che la polizia offriva; una donna passò con un libretto che mostrava ai poliziotti i quali si allontanavano subito.
Quando riuscii ad uscire, vidi che vi erano in strada diversi feriti; dopo aver superato il cordone della Polizia, poiché non mi facevano più rientrare nel Media Center, entrai da una finestra, anche perché il mio telefonino si stava ricaricando all’interno del centro.
Dopo circa quindici minuti la Polizia si allontanò e tutti si recarono nella Diaz Pertini, ove vi era una situazione disastrosa: zaini sparsi, chiazze di sangue ancora umido a distanza così regolare da far pensare che alcune persone fossero state picchiate e ferite in sequenza ordinata e non casuale; molto sangue ovunque. Io feci un rapporto di tutto questo alla BBC non appena tornato al Media Center. Nella sala legale ho visto alcuni computer aperti. Quando in strada passarono le barelle alcune, persone rivolte ai poliziotti gridarono “assassini” e mi pare che venne lanciata anche una bottiglietta. Alcune persone alzarono le braccia proprio per proteggere i poliziotti, come si vede nella foto Rep 70H 0GGVA84T, che mi viene mostrata.
La sera mi ero incontrato con Covell, che poi, dopo circa una mezzora, si era allontanato e che ho rivisto soltanto tempo dopo in Inghilterra.
A tutti i giornalisti accreditati che si trovavano nel Media Center venne impedito di svolgere il loro lavoro durante l’intervento della Polizia.
Quando ho sentito il trambusto sulla strada sono sceso al primo piano dove ho visto alcune persone che stavano bloccando le porte con sedie e panche; sono poi tornato al terzo piano dove facevo la spola tra la finestra ed il retro per telefonare alla BBC.
Campbell Hamish (udienza 11/1/2006)
(verbale – trascrizione)
Ero venuto a Genova per il GSF; lavoro per un’associazione no profit che produce video. Io ed un mio collega lavoravamo al terzo o quarto piano della scuola Pascoli nel Media Center. Il sabato sono arrivato alla scuola verso le sei pomeridiane; nella giornata avevo accompagnato alcuni americani che riprendevano film sulle manifestazioni per conto di un network americano.
Al media center arrivavano notizie di persone che erano sparite per strada e di giornalisti a cui erano state sequestrate macchine fotografiche e videocamere; un gruppo di persone era venuto nella serata al Media Center dicendo che un gruppo di “hooligans” aveva lanciato alcune pietre contro un’auto della polizia. Vi furono diversi discorsi circa la possibilità di un’irruzione della polizia, ma io non ne ero convinto proprio perché ci trovavamo in un centro ufficiale autorizzato.
Ad un tratto sentii urlare che la polizia stava arrivando; mi sono affacciato alla finestra ed ho visto che in effetti la polizia stava entrando nella scuola di fronte. Abbiamo pensato che la polizia intendesse sottrarci le prove fotografiche di quanto era avvenuto in precedenza, anche perché sapevamo che erano state prese e rotte macchine fotografiche e videocamere e sottratti i nastri registrati.
Non sono rimasto molto alla finestra perché volevo soltanto capire se la polizia stava entrando anche nella scuola ove mi trovavo; mi è sembrato che stesse entrando soltanto nella Pertini e l’ho detto alle persone che erano al media center.
Sono salito sul tetto per vedere bene la situazione, ma poi ho pensato che se mi avessero trovato da solo sul tetto quanto meno mi avrebbero certamente preso la macchina fotografica; sono quindi sceso due piani ed ho visto un poliziotto; sono quindi corso al media center urlando che c’era la polizia; poi sono risalito sul tetto; sono entrato nella torretta dell’acqua che si trovava sul terrazzo e mi sono nascosto in uno stanzino insieme alla mia collega Marion. Abbiamo deciso di nascondere i nastri. Dopo circa un’ora - sul tempo però non posso essere preciso - abbiamo sentito dei rumori; siamo rimasti nello stanzino finché l’elicottero non si è allontanato. Siamo quindi usciti e sul tetto abbiamo trovato alcuni “sopravvissuti” che abbiamo intervistato.
Mentre ero nello stanzino da una finestrella ho anche effettuato alcune riprese. In precedenza avevo filmato l’irruzione della Polizia, l’aggressione a Mark Covell, lo sfondamento dei cancelli; ho anche filmato mentre scendevo le scale ed ho incontrato il poliziotto.
Mi sono poi recato nell’altro palazzo, dove ho visto e filmato scene orribili: c’era sangue in terra e sui muri; capelli attaccati ai caloriferi, porte rotte; sono entrato al piano terra e poi mi sono portato al primo piano; sono rimasto circa dieci, quindici minuti.
Quando sono tornato al Media Center mi hanno chiesto di filmare una porta sfondata e così siccome avevo riavvolto il nastro, il filmato ha coperto le riprese precedenti del sangue che avevo visto nella Pertini. Nella Pascoli ho visto che nel locale legale erano stati danneggiati i computer ai quali erano stati asportati gli hard disk. Le mie riprese sono un po’ confuse perché ho registrato alcuni pezzi sopra gli altri.
Ho visto i poliziotti rompere i vetri delle finestre della Pertini, evidentemente per spaventare quelli che si trovavano all’interno, dato che le finestre erano protette con sbarre.
I poliziotti tentavano di entrare tutti insieme attraverso il portone; ad un tratto ho anche visto che i poliziotti tenevano gli scudi in alto sopra la testa, ma non ho visto cadere alcun oggetto; i poliziotti non guardavano verso l’alto.
Riconosco nei filmati Rep. 239 p. III, IV e V, le mie riprese (irruzione nella Pertini; ingresso con scudi alzati, aggressione a Mark Covell, computer centro legale rotti e con dischi fissi sottratti).
Ho saputo che la persona picchiata era Mark soltanto successivamente e dopo aver riesaminato più volte i filmati e sentito le persone che avevano assistito al pestaggio.
Jones David Charles (udienza 26/1/2006)
(verbale – trascrizione)
Sono giornalista libero professionista; sono tornato verso le 23,30 nella scuola Pascoli con un mio amico con cui mi ero recato in centro.
Quattro o cinque camioncini della polizia si sono fermati vicino a noi sulla stradina (che congiunge piazza Merani a via Trento). I poliziotti sono scesi; io ed il mio amico abbiamo iniziato a camminare più velocemente; i poliziotti di un camioncino si sono schierati in gruppo formando alcune file. Noi ci siamo spaventati perché i poliziotti indossavano divise antisommosse e avevano i manganelli. La Polizia si muoveva molto velocemente; noi eravamo davanti ed eravamo entrati in via Battisti.
Sulla strada davanti alla Pascoli vi erano diverse persone che hanno iniziato a correre verso entrambi i palazzi. Quando noi siamo arrivati al cancello della Pascoli sulla strada non c’era più nessuno; siamo stati gli ultimi ad entrare nella Pascoli e dietro di noi sono state chiuse le porte. I poliziotti hanno iniziato a battere con i manganelli sulle porte, davanti alle quali era stato posto un tavolo. Sono salito al terzo piano nei locali di Indymedia; ho preso i video che avevo girato nel pomeriggio e li ho nascosti.
Ero in una stanza in fondo al corridoio; ho sentito molte grida e rumori di oggetti che si rompevano. Quando sono uscito nel corridoio vi erano molte persone con le facce e le mani contro il muro e poliziotti che li minacciavano con i manganelli. Mi dissero di mettermi nella stessa posizione degli altri; qualcuno è stato colpito con i manganelli perché non teneva le mani abbastanza in alto.
La maggior parte dei poliziotti era in borghese con pettorine con la scritta Polizia ed alcuni avevano anche i caschi. Hanno perquisito la stanza da cui ero uscito. Quando sono usciti avevano nastri video e floppy disk. Ricordo una donna poliziotto con una tuta argento e nero e con il manganello. Ad un tratto ci hanno lasciato sedere. C’era sempre molta tensione ma eravamo più tranquilli. La polizia passò anche una ciotola con riso o pasta invitandoci a mangiarne. Un poliziotto chiese se qualcuno veniva dall’Irlanda. Avevo nascosto i miei nastri perché pensavo che la polizia cercasse i video con riprese delle manifestazioni per prenderli.
Vi erano anche poliziotti in divisa con caschi. Ho notato molte discussioni tra i poliziotti. All’inizio sembrava che i poliziotti in borghese agissero da soli – io comunque non vedevo bene perché avevo la faccia contro il muro – quando ci hanno fatto sedere, ho visto che vicino alla porta vi erano discussioni; alcuni parlavano con cellulari; non ho visto però se vi fosse qualcuno che comandava.
Non credo che i poliziotti nella Pascoli fossero gli stessi da me visti scendere dai camioncini.
Curcio Anna (udienza 1/3/2006; assunta ex art. 210 c.p.p)
(verbale – trascrizione)
Il 21 sera mi trovavo presso la scuola Pascoli perché lavoravo nella redazione di Radio Gap, che era un’emittente che si occupava del G8. Vi era una sala adibita a regia ed un’altra a servizi al secondo piano dell’edificio. Non ho assistito al passaggio di una pattuglia della Polizia; ho soltanto sentito il rumore di una sgommata e qualche schiamazzo; successivamente ne ho sentito parlare e ne ho discusso con diverse persone.
Ad un tratto ho sentito un certo trambusto e mi sono affacciata alla finestra; vidi i poliziotti che in plotone arrivavano dalla sinistra e che fecero irruzione nel cortile della Pertini; attualmente non ricordo se vi fu lo sfondamento del cancello da parte di un mezzo della Polizia, ma forse quando ho reso le mie dichiarazioni un anno fa probabilmente avevo un ricordo migliore. I poliziotti urlavano e brandivano i manganelli. Non ho percepito lanci di oggetti sui poliziotti.
Dai rumori e dalle urla che si sentivano pensavamo che all’interno della Diaz stesse accadendo qualcosa di molto grave. Eravamo molto preoccupati. La radio stava trasmettendo. Poi ci accorgemmo che i telefoni fissi non erano più collegati e così ritengo che la trasmissione si sia interrotta, dato che utilizzava le linee telefoniche. Soltanto dopo circa un’ora le linee telefoniche tornarono in funzione.
Ci eravamo riuniti nell’ultima stanza del corridoio al secondo piano. Arrivarono alcuni poliziotti, tre o quattro, con fazzoletti che coprivano il viso e brandendo i manganelli. Mi pare che fossero in divisa, anche se altri hanno detto che erano in borghese. Ci dissero in modo assai violento di stare fermi, abbassare le tende, non avvicinarci alle finestre e preparare i documenti, dato che poi sarebbero venuti a prenderci. Nessuno spiegò che cosa stesse accadendo né il motivo dell’irruzione nella scuola Pascoli, o almeno io non ho sentito nulla del genere. Ci siamo messi in contatto tramite i telefoni cellulari con qualche parlamentare o avvocato.
In strada nel frattempo erano arrivati parlamentari, giornalisti, avvocati. I poliziotti che erano rimasti nel corridoio si erano allontanati e così uscimmo dalla Pascoli.
Nel filmato Rep. 192.20 (dal min. 9,23) (estratto), che mi viene mostrato, riconosco la porta con il poliziotto davanti, all’inizio del filmato, e le persone (due ragazze, Daniela con la maglietta azzurra e Gabriella che si intravede poco prima) che lavoravano in redazione.
Sono arrivata a Genova la domenica prima in qualità di giornalista. Radio Gap (Global Audio Project) era un network. Ho seguito una parte del corteo di venerdì mattina, fino all’intervento della Polizia. Sono rientrata alla radio verso le 15.
Non sono mai entrata nella scuola Pertini, se non dopo i fatti per verificare quanto vi fosse accaduto.
Sulle scale della Pascoli vi era uno sbarramento e soltanto chi era in possesso di un pass poteva salire ai piani superiori.
Il venerdì mattino, mentre mi trovavo in altri luoghi, mi arrivò dalla radio, da Giulio, che sembrava molto spaventato, una telefonata assai concitata in cui diceva che su via Battisti vi era un gruppo di black block; poi quando nel primo pomeriggio ritornai alla Pascoli mi dissero che tutto era a posto e che i black block non erano mai entrati nella scuola Pertini.
Non ho la tessera di giornalista; non sono professionista.
Il termine GAP, come ho riferito in occasione di un’intervista, richiamava anche i GAP, formazioni partigiane.
Achino Emanuele (udienza 9/3/2006)
(verbale – trascrizione)
Dalle ore 19 del sabato fino al mattino seguente rimasi nel complesso scolastico Diaz tra la scuola Pertini e la Pascoli, ove si trovava il Media Center. Cercavo di ritrovare un mio amico, Domenico Mercuri, che si era perso durante le cariche della Polizia. La situazione era tranquilla. Nella scuola Diaz sulla sinistra dell’ingresso vi era una postazione con tre computer; alla Pascoli vi erano più postazioni. Ho visitato tutta la scuola Pertini, proprio perché stavo cercando il mio amico. In tutto il complesso scolastico vi erano persone che riposavano, chiacchieravano e tutto era tranquillo.
Ero sul marciapiede della strada quando vidi passare due vetture della Polizia blu a velocità piuttosto sostenuta, in un modo cioè che io ritenetti molto pericoloso. Sentii un vociare da parte della gente che protestava ed il rumore di un oggetto che si frantumava in terra. I due veicoli si allontanarono.
Ero nel corridoio al secondo piano della Pascoli quando arrivò un giovane sanguinante in volto che in modo concitato diceva che le due scuole erano attaccate dalla Polizia. Rientrai nella stanza di Radio Gap e dalla finestra vidi avanzare un gruppo di poliziotti in plotone ordinato seguito da un plotone di carabinieri ed infine da un plotone della Guardia di Finanza. Vidi la Polizia sfondare il cancello con un mezzo, poi sfondare il portone e quindi entrare nella scuola. Fino a quel momento le luci della Pertini erano spente. Poi vennero accese. Vidi attraverso una finestra della Pertini una giovane bionda appoggiata al muro con il viso rivolto verso la finestra ed un agente che la colpiva ripetutamente con il manganello finché la giovane non cadde a terra.
La Polizia entrò anche nella Pascoli. Vidi i poliziotti entrare nella scuola dal retro; quando arrivarono i poliziotti nel locale di Radio GAP ove mi trovavo insieme a circa una ventina di persone, eravamo tutti con le mani alzate. Non conoscevo le altre persone che si trovavano nel locale di Radio GAP, ad eccezione di Alessandra Gallo. Abbiamo inutilmente chiesto se avessero un mandato; arrivò anche una deputata mi pare di Rifondazione che insisteva a sua volta per vedere il mandato, ma fu accompagnata fuori. Ci dissero di restare fermi perché sarebbero tornati per controllarci i documenti, ma non li vedemmo più.
Alberti Massimo (udienza 9/3/2006)
(verbale – trascrizione)
Ero a Genova per le manifestazioni contro il G8. La sera del 21 ero alla scuola Pascoli ove lavoravo per radio GAP.
La mattina del 20 nel corso di una manifestazione rimasi coinvolto in una carica dei Carabinieri e dopo essere stato fermato venni colpito ad un occhio con un manganello. Il 21 ho trascorso molto tempo al Pronto Soccorso per farmi medicare. La sera sono tornato a Radio Gap.
Verso le 21 dalla finestra del secondo piano della Pascoli vidi sfrecciare due auto della polizia; sentii diversi insulti rivolti dalle persone presenti alla polizia ed anche il lancio di un oggetto, probabilmente di plastica contro i veicoli. Commentammo tra di noi, anche scherzando, che forse la polizia cercava un pretesto per un’irruzione.
Poiché le segnalazioni circa gli interventi della polizia aumentavano, ci convincemmo che in effetti vi sarebbe stata un’irruzione. Decidemmo che in tal caso non ci saremmo allontanati; portammo quindi tutte le nostre cose nei locali di Radio GAP. Vidi un mio collega, Fletzer, porre una panca contro l’ingresso e gli dissi che era inutile. Quando arrivò la polizia negli studi di Radio GAP noi alzammo le mani; io misi un microfono davanti ad un poliziotto dicendogli che stavamo trasmettendo. I poliziotti, un uomo ed una donna, non erano in uniforme, avevano il casco ed il viso coperto da un fazzoletto. L’uomo ci disse che ci avrebbero soltanto controllato i documenti, si scoprì il volto e si tolse il casco. Poi si allontanarono senza neppure controllare i nostri documenti. A noi non furono arrecati danni; non venne toccato nulla. Ho visto poi alcuni poliziotti, non in divisa, che scendevano dal terzo piano, portando pezzi di computer e hard disk.
Scesi al primo piano ed entrai nella sala dei legali ove vidi i computer in terra rotti.
Dopo che la Polizia lasciò la scuola Pascoli, mi affacciai alla finestra e vidi attraverso le finestre della scuola di fronte che i poliziotti picchiavano con i manganelli i giovani che vi si trovavano; si sentivano grida e colpi.
Radio Onda d’Urto era una delle emittenti del network Radio GAP che trasmetteva a Brescia e Milano. Esiste da circa 20 anni. Le nostre trasmissioni non sono state interrotte; abbiamo soltanto dovuto cambiare i programmi perché abbiamo riferito quanto ci stava accadendo. Anna Curcio faceva parte della redazione di Radio GAP. Il giorno prima eravamo insieme alla manifestazione finché il corteo non si divise verso il lungo mare e Anna Curcio lo seguì, mentre io rimasi all’altezza del media center.
Durante la manifestazione di venerdì ero stato colpito a seguito di una carica: quando già ero immobilizzato, un CC mi aveva rotto con una manganellata una lente e mi ero ferito ad un occhio. Mi recai all’ospedale la mattina successiva. Non ricordo se la Curcio mi consigliò di dire al Pronto Soccorso che ero caduto dalle scale; ricordo che mi chiamò per sapere come stavo. In ospedale effettivamente dissi di essere caduto dalle scale, all’epoca non ero ancora iscritto all’albo dei giornalisti. Dissi così perché girava la voce che ci fossero forze dell’ordine nei pronto soccorso per fermare i feriti negli scontri. Non volevo complicazioni con la Polizia. Ho poi fatto una denuncia in proposito dicendo quanto in effetti era accaduto.
Conosco Mingo e Giulio Piantadosi che lavoravano in Radio GAP. Anche Mingo era stato fermato. Nel pomeriggio da qualcuno della redazione di Radio GAP mi venne detto che nella mattina avevano avuto paura perché sembrava che i black block volessero fare irruzione nel media center.
Ricevevamo diverse telefonate che ci avvertivano circa la presenza di forze di polizia in alcune zone e noi trasmettevamo la notizia via radio.
I redattori di Onda Rossa si erano messi in contatto con il Genoa Social Forum. Conosco Kovac del GSF.
Mi era stato riferito che Vincenzo Kovac era stato aggredito dai black block nel giorno precedente.
Arzaroli Graziella (udienza 9/3/2006)
(verbale – trascrizione)
Ero a Genova come volontaria infermiera. La sera del 21 ero rientrata alla Pascoli nella sala dove si riuniva il gruppo sanitari al primo piano; nella parte posteriore ci avevano assegnato una sala ove potevamo dormire.
Prima di mezzanotte ero nella stanza adiacente a quella degli avvocati.
Ad un tratto vidi un gruppo di poliziotti che scendeva lungo via Battisti. Vidi che due poliziotti picchiavano una persona che stava dormendo, che cioè era distesa in terra.
Vidi poi un blindato che sfondava il cancello; entrati nel cortile i poliziotti con gli scudi uniti a testuggine sfondarono il portone. Alle finestre della Pertini non vi era nessuno e nulla venne gettato contro i poliziotti. Sentii diversi rumori e grida.
Nella stanza ove mi trovavo entrarono due ragazzi che posero una panca davanti alla porta; poco dopo arrivarono i poliziotti che ci dissero di sederci nel corridoio. Poi ne arrivarono altri che entrarono nella sala degli avvocati e subito dopo sentii rumori di oggetti che venivano infranti; una poliziotta nel frattempo continuava a battere sulla porta con il manganello. Una ragazza vicino a me si sentì male ed io la soccorsi. Avevo la maglietta con la scritta “Sanitario” e così mi sono alzata e sono andata alla finestra; ho visto uscire dalla Pertini i primi feriti. I poliziotti che entrarono nella stanza ove mi trovavo erano in divisa antisommossa; la poliziotta era in divisa, ma non ricordo se antisommossa
Cessati i colpi alla porta, arrivò la parlamentare Mascia. L’operazione nella stanza degli avvocati è finita con l’arrivo della parlamentare.
Prima dell’intervento della polizia le luci della Pertini erano spente e vi era un gran silenzio.
Bria Francesca (udienza 15/3/2006)
(verbale – trascrizione)
La sera del 21 mi trovavo al Media Center presso la scuola Pascoli, quale giornalista freelance. Usavo i computer al terzo piano e qualche volta scendevo al secondo ove si trovavano le radio.
Mentre ero sul marciapiede prospiciente la scuola Diaz rivolta verso la Pascoli, verso le 20, 21 ho assistito al passaggio di due veicoli della Polizia, una volante ed una jeep. Dapprima procedevano a velocità ridotta poi improvvisamente hanno accelerato allontanandosi ad alta velocità. Vi sono stati alcuni insulti ed è stata lanciata una bottiglia che non ha colpito l’auto ma è caduta a terra. Vi saranno state venti trenta persone.
Sono rientrata al Centro Media a lavorare. Ero scesa nella stanza dei legali, ad un tratto ho sentito gridare “polizia, polizia”, mi sono affacciata alla finestra ed ho visto molti poliziotti che scendevano su via Battisti verso le scuole. Ho telefonato per avvisare di quanto stava accadendo ad alcuni legali ad Agnoletto e ai giornali. Ho sentito alcuni rumori dal basso e poi sono arrivati due o tre poliziotti che urlando “giù per terra, faccia a terra”, hanno iniziato a rompere i computer con i manganelli. Ho visto rompere il primo computer e poi ho sentito il rumore dei colpi sugli altri computer. Ho ricevuto anch’io un colpo con il manganello, ma non forte. Tutto durò circa una decina di minuti; poi ci hanno portato nel corridoio e ci hanno detto di metterci faccia al muro; dopo circa altri dieci minuti ci hanno fatto sedere vicino al muro del corridoio.
I poliziotti erano vestiti con la divisa classica della polizia, giubbotti imbottiti con i caschi; altri erano in borghese e portavano una pettorina con la scritta “Polizia”; c’era anche una donna.
Arrivarono poi anche due parlamentari, l’On. Mascia e l’On. Morgantini, che chiesero ai poliziotti se vi fosse un ordine di perquisizione, senza ottenere soddisfazione. Rientrai nella sala legale e vidi tutti i computer rotti; dal primo che avevo visto rompere, mancava anche l’hard disk.
Ho successivamente ritrovato la mia borsa ed il mio computer, che avevo lasciato al piano superiore: erano in ordine.
Lavoravo al Media Center ed ho passato quindi molto tempo nella Pascoli.
Ho visto poche persone che si recavano nella sala infermeria sia il sabato sia il venerdì.
Nelle foto B2 e B3 riconosco le divise dei poliziotti e nel filmato Rep 192 p. 20 parte 3 min 08,34 (estratto) il piano e la poliziotta bionda.
Galvan Fabrizio (udienza 15/3/2006)
(verbale – trascrizione)
Mi occupavo della parte tecnica del Media Center del GSF e cioè della parte informatica, della struttura elettrica ecc. La sera del 21 mi trovavo al primo piano nella sala “macchine” che coincideva con la sale legale; era il nodo dei collegamenti internet. Vi erano tre computer nostri; poi vi era l’apparato della Telecom; dall’altro lato della stanza vi erano tre computer dei legali; vi erano alcune sedie e sul lato sinistro vi erano altri due computer che servivano di riserva.
Non ero presente, ma mi venne raccontato dopo, che verso le 21 era passata una pattuglia della Polizia.
Arrivò una telefonata che ci avvertiva che sulla piazzetta sulla sinistra di via Battisti (piazza Merani) si stavano concentrando forze di polizia; sono uscito anche per avvertire che stava arrivando la polizia ed ho visto che i poliziotti stavano scendendo verso le scuole. Sono subito rientrato nella sala macchine. Poco dopo sono arrivati alcuni poliziotti di cui uno in borghese con una pettorina e la scritta “Polizia”, che dissero di metterci tutti stesi sul pavimento a faccia a terra. Sentii il rumore di rotture di computer, ed anzi di uno mi arrivarono in testa le casse (altoparlanti). Ci fecero mettere in ginocchio nel corridoio e così restammo per circa cinque dieci minuti; poi ci fecero sedere; arrivarono quindi anche alcuni parlamentari. Tutto durò circa una mezzora dall’ingresso della Polizia sino al momento in cui i poliziotti iniziarono ad allontanarsi.
I poliziotti inizialmente avevano i caschi; poi li ho visto senza.
Quando tutto finì feci un giro di ispezione per la scuola per vedere che cosa fosse accaduto alle macchine che avevo installato (circa 50). Nelle stanze in cui mi sono recato ho visto che nei piani superiori non erano stati rotti i computer, mentre nella sala macchine vi erano diversi computer a terra; quelli nell’angolo, di riserva, erano rimasti al loro posto; altri erano aperti e apparivano evidentemente danneggiati, alcuni erano stati buttati a terra, tra questi ve n’erano sicuramente alcuni dei legali.
Nel filmato Rep. 192 p. 20 parte 3 min. 7,50 (estratto), che mi viene mostrato, riconosco la stanza dei legali e le persone nel corridoio che erano sedute insieme a me.
Io dormivo nella sala del Media Center, ove non era consentito l’accesso se non muniti di pass.
Nella sala legale vi erano almeno due se non quattro telefoni. Non ricordo se i telefoni fossero danneggiati. I computer più colpiti erano quelli degli avvocati.
I due computer di riserva erano in un angolo ed in parte smontati perché servivano per eventuali necessità di ricambi. Accertai anche che da un computer mancava un hard disk.
Non ho visto feriti
Testoni Laura (udienza 22/3/2006)
(verbale – trascrizione)
Mi occupavo dell’aggiornamento del sito Web del GSF e quindi lavoravo all’interno della scuola Pascoli al primo piano. La scuola Pertini, di fronte, doveva originariamente essere adibita a spazio internet; peraltro dopo l’intensa pioggia del giovedì notte che allagò alcuni dei luoghi destinati ad alloggiare i partecipanti alle manifestazioni contro il vertice G8, la scuola Pertini venne adibita a dormitorio. Escludo che persone apparentemente riconducibili all’area black block frequentassero il complesso scolastico Diaz.
Il giorno 20, venerdì mattina, vedemmo passare nella via Battisti, da monte a mare, un gruppo di cinque sette persone vestite di nero e mi pare con il cappuccio sulla testa, che pensammo fossero appartenenti a tale area; accostammo quindi il cancello e quelle persone passarono oltre.
La sera del 21, tra le 19 e le 21, mentre mi trovavo all’interno del Media Center, sentii il rumore di veicoli che passavano sgommando ed un colpo come quello di un tamponamento, di un impatto contro qualcosa. Scesi ed i presenti mi dissero che erano passate una o due macchine della Polizia a velocità molto sostenuta. Ho notato un certo nervosismo e molta preoccupazione; cercai quindi di calmare gli animi. Successivamente tornai al Media Center. Decidemmo di passare la notte alla Pascoli anche perché avevamo saputo che la stazione Brignole era chiusa e che di conseguenza tutte le persone che sarebbero dovute ripartire non sapevano più che cosa fare. Erano inoltre arrivate notizie circa la presenza di poliziotti che controllavano tutti coloro che si recavano nei pochi locali rimasti aperti nella zona.
Mi stavo recando in una pizzeria in via Trento, e stavo ritornando indietro avendo dimenticato il portafoglio, quando sentii gridare: “Arriva la polizia”. Siamo subito rientrati nella Pascoli chiudendo sia il cancello sia la porta d’ingresso; davanti alla porta venne anche posta la scrivania che serviva all’accoglienza.
Ho visto arrivare un poliziotto che agitava un manganello; sono entrata nei locali del Media Center ove si trovava l’On. Morgantini, che stava telefonando. Siamo usciti e ci siamo recati anche al secondo piano. Ho visto un poliziotto cui dissi: “Attenti che state facendo una cosa gravissima”.
Un altro poliziotto che mi vide telefonare con il mio cellulare mi disse di spegnerlo, minacciandomi in caso contrario di rompermelo. Vi erano decine di poliziotti ad ogni piano.
Alcuni poliziotti erano in divisa, alcuni portavano il casco, altri lo tenevano in mano. Arrivai al terzo piano, ove le persone erano tutte nei corridoi, alcune con le mani appoggiate al muro ed altre sedute a terra. Vidi i poliziotti entrare nelle aule ed uscirne con vari oggetti, ma non so dire di che cosa si trattasse. Dopo un certo tempo che non so quantificare con esattezza, ma forse circa una mezzora, ci accorgemmo che i poliziotti cominciavano ad allontanarsi. Scesi al primo piano nella sala stampa; mi affacciai alla finestra e vidi che vi erano gli elicotteri.
La divisa dei poliziotti potrebbe essere quella visibile nella foto B2 e le pettorine quelle visibili nella fotoB17, anche se non sono sicura che vi fosse la scritta “Polizia”.
Mi riconosco nel filmato192.20 p. 3 min. 8,40 (estratto): si tratta dell’interno della scuola Pascoli.
Per salire ai piani superiori della Pascoli era necessario avere un pass; al piano terra c’era una piccola infermeria.
L’attività dei giuristi democratici era quella di fornire generica assistenza ed era stata coordinata con il GSF; gli avvocati saranno stati una cinquantina se non di più; si recavano alle manifestazioni e portavano una maglietta identificativa. Nella sala in uso ai legali vi erano alcuni computer che almeno in parte erano utilizzati da detti legali. Quando sono entrata nella sala legale dopo l’irruzione della polizia i computer in uso ai legali erano visibilmente rotti ed è possibile che fossero stati sottratti alcuni pezzi.
Il GSF nacque alla fine del 2000 mediante un patto di lavoro nel quale si specificavano gli obiettivi del gruppo, e cioè sensibilizzare ed informare sui problemi della globalizzazione. Io aderii quale appartenente all’ARCI.
Vi era un comitato di portavoce e le decisioni venivano prese tramite assemblee plenarie che venivano convocate in luoghi pubblici. A maggio venne appunto organizzato un meeting anche con associazioni straniere. Il portavoce era Vittorio Agnoletto, che per quanto ricordo venne nominato a Porto Alegre. Vi furono diversi incontri sia con le autorità centrali sia con quelle locali; vennero infatti messi a disposizione del GSF locali e attrezzature.
Dopo i fatti di Genova il GSF si dovette interessare prevalentemente di tutelare la sua onorabilità di fronte a tutti coloro che lo rappresentavano quale un’accolita di delinquenti
Sono bibliotecaria all’università.
Nel dicembre del 2001 si è deciso di sciogliere il GSF che continuò la sua attività fino alla primavera successiva.
Valenti Matteo Massimo (udienza 22/3/2006)
(verbale – trascrizione)
Lavoravo nella scuola Pascoli nell’ultima stanza sulla destra entrando al terzo piano. Il 21, mentre rientravo nella scuola la sera verso le 20, ho visto alcune vetture della polizia che passavano in via Battisti a forte velocità, vi era un Magnum seguito da due autovetture; sentii il rumore di un colpo, come di un qualcosa che colpiva una macchina, e comunque i veicoli si allontanarono. Vi furono diverse proteste da parte dei presenti che probabilmente si erano dovuti scansare per il passaggio veloce di tali veicoli. Tutto durò pochi minuti.
Salii a lavorare; trascorso un po’ di tempo che non so valutare, forse un’ora, sentii forti rumori provenire dalla strada, urla, e così mi affacciai e vidi un centinaio di poliziotti che cercavano di aprire il cancello della Pertini e che poi lo sfondavano con un mezzo. I poliziotti sfondarono quindi anche il portone della Pertini ed entrarono; i rumori di cose rotte e le urla proseguirono; dalle finestre si vedevano i poliziotti picchiare con i manganelli le persone che si trovavano in terra, si vedeva cioè il gesto, ma non le persone. Io riprendevo tutto con la mia telecamera.
Insieme a me vi era Raffaele Vizzuti ed un altro ragazzo di Roma Manolo (Luppichini), di cui non conosco il cognome, Andrea Masu, Sara Menafra, giornalista del Manifesto. Erano giunte notizie di controlli nei locali vicini al complesso scolastico ed anche di arresti. C’era quindi un’atmosfera piuttosto tesa e preoccupata.
I poliziotti che vidi entrare nella Pertini erano in divisa da ordine pubblico con caschi.
Ricordo anche di aver visto attraverso una finestra un ragazzo o una ragazza che cadeva a terra dopo il colpo di un poliziotto.
La polizia entrò nella Pascoli mentre io stavo riprendendo e fui così costretto ad interrompere. Nascosi la telecamera nella stanza. Sentii grida e rumori di oggetti rotti dal piano inferiore. I poliziotti arrivarono al primo piano e ci fecero uscire dalle stanze e mettere seduti a terra lungo il corridoio; ci dissero di spegnere i cellulari. I poliziotti erano in borghese, indossavano una pettorina con la scritta “Polizia” ed il casco. C’era un poliziotto più robusto che dava gli ordini ed entrava ed usciva da tutte le stanze.
Quando la polizia si allontanò rientrai nella stanza ove ritrovai la mia telecamera, ma senza la cassetta registrata, che conteneva le riprese sia del giorno sia di quanto avvenuto presso la Diaz. Arrivò un cameraman della Rai che ci riprese.
Il filmato che mi viene mostrato (Rep. 175) è quello da me ripreso. Nessuno mi disse che mi era stata sequestrata la cassetta. Al momento della zoomata al min. 4,17 (estratto) si vede la scena che ho descritto circa la ragazza colpita; è stata ripresa soltanto la fine.
Lavoro con le telecamere da molto tempo, occupandomi di comunicazione video.
Nella zoomata di cui ho parlato ho notato un’interruzione che non può essere una pausa perché troppo breve, ma sicuramente si tratta di un’immagine mancante. In sede di interrogatorio mi sono stati fatti vedere alcuni filmati tra i quali riconobbi il mio.
Per salire ai piani superiori della Pascoli si doveva avere un pass.
Riconosco nelle foto 245 e 246 la porta della video room; mi pare che le foto 247, 248, 249, 250 e 251 si riferiscano alla video room, ma non vi sono più gli strumenti ed i computer, quindi non posso esserne sicuro; non ho mai visto né il casco né gli oggetti sul tavolo.
Ghiara Malfante Luisa (udienza 23/3/2006)
(verbale – trascrizione)
Svolgevo, quale volontaria, attività di interprete per il GSF e collaboravo quindi anche con l’Ass. Giuristi Democratici. La sera del 21 verso le 19 - 19,30, mentre ero nella sala legale della scuola Pascoli, ove si trovavano alcuni computer, sentii il suono di una sirena, mi affacciai e vidi passare una volante della polizia a velocità piuttosto sostenuta e le poche persone che si trovavano in parte sulla sede stradale si spostarono per evitarla. Rimasi nella sala, non ricordo particolari commenti circa l’episodio.
Più tardi, all’imbrunire, verso le 21 -, 21,30 mentre ero alla finestra vidi passare a velocità sostenuta due vetture della Polizia, una volante ed una più grande (Magnum); vi erano numerose persone sulla strada ed anche nel cortile della Diaz; i presenti iniziarono ad inveire contro la pattuglia ed alcuni cercarono anche di inseguire i due veicoli, venendo subito fermati da altri; sentii anche il rumore di vetro infranto immediatamente dopo il passaggio dei veicoli. Scesi poi in strada, dopo circa un’ora, ma non notai sulla strada molti cocci di vetri.
L’attività dei legali consisteva principalmente nel raccogliere testimonianze e dare informazioni; alcuni computer erano destinati soltanto all’uso da parte dei legali.
Mi sono decisa spontaneamente a presentarmi quale teste soltanto dopo circa un anno e mezzo, perché solo dopo diverso tempo ho capito, in particolare dalle notizie date dai media e dalla lettura di articoli di stampa, che il passaggio della pattuglia aveva avuto una notevole incidenza circa la successiva azione della Polizia presso la scuola Diaz.
Ho avuto la sensazione che nel primo episodio la sirena del mezzo della polizia sia stata azionata nel momento in cui transitava.
Sono andata via dalla Pascoli verso le ore 22,30 circa per quanto ricordo.
Non ho visto autobus sulla via Battisti in occasione del passaggio dei veicoli della Polizia.
Cordano Enrico (udienza 23/3/2006)
(verbale – trascrizione)
Sono biologo e svolgo attività di educatore. Insieme ad altri all’interno del GSF ho cercato di organizzare una struttura di assistenza sanitaria; abbiamo utilizzato come punto di riferimento l’aula medica della scuola Pascoli, che si trova al primo piano davanti all’ascensore. Per tale servizio erano impegnati il dr. Costantini, l’infermiera Battifora ed altri.
La sera del 21 mentre mi trovavo nell’ufficio stampa e stavo scrivendo un comunicato insieme a Stefano Lenzi, verso mezzanotte, ho visto scendere su via Battisti un gruppo numeroso di poliziotti in tenuta antisommossa; avevano il casco, una bandana che copriva il volto, il manganello e indossavano una divisa con rinforzi. Vidi anche colpire con manganelli alcune persone che si trovavano sulla strada ed in particolare una vicino al cancello, mi pare sulla sua destra, che venne picchiata anche con calci; detta persona non reagiva in alcun modo: era ferma in piedi quando venne colpito. I poliziotti portavano scarponi anfibi. Ho percepito lo sfondamento del cancello anche se non ricordo con precisione le modalità ed ho visto i poliziotti entrare prima nel cortile e poi nella scuola. Non ho visto lanci di oggetti dalle finestre della Pertini. Ho lasciato l’aula e mi sono recato nella sala medica, ove si trovavano Costantini e Battifora ed altri volontari. Rimanemmo all’interno di questa sala; dal basso arrivavano forti rumori che ci allarmavano sempre di più; entrò un poliziotto, mi pare in borghese, che ci chiese in modo molto tranquillo i documenti e li trattenne. Rimanemmo nella stanza, penso per circa un’ora; quindi ci vennero restituiti i documenti. Si sentivano le urla dei ragazzi della Pertini, il rumore degli elicotteri e di cose sfasciate, l’odore dei lacrimogeni. Uscii dalla stanza e vidi così che nell’aula dei legali erano stati distrutti i computer. All’interno del Media Center vi era l’On. Morgantini. Scesi in strada ove più cordoni delle forze dell’ordine impedivano l’accesso alla Pertini; c’erano alcuni parlamentari, Agnoletto, avvocati, il regista Tognazzi. Quando ero già risalito nella sala medica della Pascoli, vidi arrivare le ambulanze; iniziarono quindi ad uscire numerosi ragazzi palesemente feriti e poi diversi ragazzi arrestati. Infine le forze dell’ordine si allontanarono e noi entrammo nella Pertini.
La situazione era tragica, vi erano sul pavimento pozze di sangue ancora fresco, sangue sulle pareti, un odore acre, sacchi a pelo ammucchiati; sono salito al primo piano ove ho visto che c’era il regista Tognazzi, e poi ho preferito andarmene.
Non abbiamo mai utilizzato né la Pascoli né la Pertini come ricovero per i feriti, per cui non saremmo neppure stati attrezzati. L’assistenza sanitaria era prevista per eventuali malori o piccole necessità di soccorso sulle strade. Avevamo un furgoncino, un’ambulanza ed un furgone. Agivamo in sintonia e collaborazione con il servizio sanitario. Vi era sempre un medico presente che, in caso di necessità di ricovero, provvedeva a chiamare il 118.
In via San Martino ero sul pulmino insieme ad un medico e ad un avvocato; vedemmo alcuni poliziotti che picchiavano un ragazzo, spingendolo nella caserma e quindi ci fermammo ed entrammo per aiutarlo.
Il 19 non abbiamo praticamente effettuato alcun intervento se non forse per qualche colpo di calore; il 20 siamo intervenuti ripetutamente con il pulmino, in particolare presso la caserma dei CC. di via San Martino, ove ci fecero entrare. Il 21 ero alla Pascoli.
Huth Andreas (udienza 6/4/2006, parte civile)
(verbale – trascrizione)
Sono giornalista ed ero venuto a Genova per osservare le manifestazioni contro il vertice G8 insieme ad alcuni amici Tino Plumecke e due altri di Berlino. Avevo anche un pass per accedere alla zona rossa.
La sera del 21 mi trovavo all’interno della scuola Pascoli per utilizzare internet; ero al quarto piano, considerato quale primo piano quello terreno.
Mi pare di riconoscere nella foto 228 l’ingresso del corridoio; nella foto 231 il corridoio, vi si trovava un ufficio, una cucina ed una stanza; non ricordo la porta raffigurata nella foto 245, perché la porta era sempre aperta; la stanza potrebbe essere quella visibile nella foto 247.
Siamo arrivati alla scuola Pascoli verso le ore 22. L’atmosfera era piuttosto tesa ed agitata dato quanto era successo sia il giorno prima sia durante le manifestazioni della giornata; vi era la paura che la scuola venisse sgomberata dalla polizia.
Mi trovavo nel posto riservato alla Indymedia tedesca e abbiamo sentito alcune persone urlare: “Polizia, polizia”. Nella stanza una ragazza ha chiuso la finestra per paura dei lacrimogeni; molti erano in preda al panico; abbiamo cercato di calmarli.
Sono andato alla finestra della cucina, ma davanti c’era un albero, e quindi nell’ultima stanza, che indico sulla piantina che mi viene mostrata; dalla finestra ho visto che i poliziotti entravano nel cortile della scuola di fronte; non mi ricordo di aver visto aprire il cancello; i poliziotti corsero verso il portone principale e verso la porta più piccola a sinistra; sfondarono entrambe le porte; attualmente non ricordo quale venne aperta per prima. Vidi i poliziotti entrare nella scuola, rompere i vetri delle finestre e correre nei corridoi; sentii delle urla molto forti e disperate.
I poliziotti indossavano un’uniforme blu scura, portavano caschi blu chiari e scudi rotondi. Ho visto i poliziotti sfondare le porte delle aule con i piedi e le braccia.
Abbiamo gridato dalle finestre: “Siamo giornalisti”, ed un mio amico in inglese: “I media vi stanno guardando”.
Non ho visto nessuno lanciare oggetti dalle finestre.
Mentre ero alla finestra qualcuno mi toccò sulla spalla e, voltatomi, ho visto un poliziotto con casco e manganello; la terza persona che si trovava all’altra finestra si girò di scatto ed il poliziotto gli si avvicinò con atteggiamento aggressivo; ci disse che dovevamo uscire nel corridoio e così abbiamo fatto; nel corridoio vi erano persone inginocchiate ed altre sdraiate in terra; ci hanno fatto sedere; vicino a me vi era una coppia che teneva le braccia dietro la nuca. Dicemmo loro che non dovevano restare in tale posizione; feci vedere ad un poliziotto il mio pass ed il mio tesserino di giornalista, e gli chiesi perché dovevamo restare seduti; mi indicò ad un altro poliziotto che mi fece segno di alzarmi. Sono andato nel corridoio ed ho visto un poliziotto più anziano che sembrava desse ordini agli altri. Questo mi afferrò, mi colpì tre volte al viso e mi disse qualcosa di minaccioso, di cui ho capito solo la parola “cazzo”; mi spinse contro la parete, poi mi fece scendere le scale; mi pose in un angolo delle scale, mi scosse e mi strappò la pettorina gialla della stampa. Mi portò quindi nel seminterrato, ponendomi le mani dietro la schiena, tirandole verso l’alto e provocandomi dolore.
Nelle foto 42 e 43, che mi vengono mostrate, riconosco la sala ove c’erano i computer e dove sono stato portato.
Vi erano circa dieci quindici persone; c’era odore di gas lacrimogeni; alcune persone avevano fazzoletti davanti al viso, e tra queste vi erano due giornalisti inglesi che avevano il tesserino della stampa appeso al collo. Il poliziotto mi lasciò nella stanza, facendomi inginocchiare e poi si allontanò. Rimase un altro poliziotto vicino alla porta. Qualcuno dei presenti era seduto altri erano inginocchiati. Ero molto agitato; dopo qualche minuto venne un uomo del GSF, dicendoci che la polizia stava eseguendo una perquisizione e che quando aveva finito avremmo potuto andarcene.
Dopo qualche minuto ho lasciato la stanza; il poliziotto alla porta era infatti andato via.
Sul pianerottolo ho visto alcuni poliziotti che picchiavano un ragazzo apparentemente diciottenne e quindi sono subito rientrato nella sala. Quando la Polizia lasciò l’edificio uscii e rividi il mio amico Plumecke, cui raccontai quanto mi era accaduto. Ero molto spaventato e sono tornato al terzo piano.
Sono andato in altre stanze, ove ho visto che i computer erano stati danneggiati.
Riconosco nel filmato Rep. 192 P. 3 min. 5,59 (estratto) i computer danneggiati: ho visto anche questa stanza.
Ho poi visto dalla finestra che molti feriti venivano portati via su barelle; ho visto che vi erano discussioni tra giornalisti e poliziotti e appartenenti al GSF. Ho visto due tedeschi feriti e sanguinanti che venivano alla Pascoli dalla Diaz e che ci raccontarono quanto era avvenuto nella Pertini
Ho dormito nei locali di Indymedia su un terrazzo.
Il poliziotto che mi percosse e mi portò nel seminterrato non era molto alto circa un metro e settanta, magro anche nel viso poteva avere circa cinquanta anni e aveva capelli grigi corti; aveva la barba lunga di qualche giorno; non aveva un’uniforme ma una pettorina blu scura con la scritta “Polizia”. Mi pare portasse guanti neri, ma non ne sono sicuro. Non aveva il casco, gli ho visto i capelli.
Ho riconosciuto in alcune fotografie tale poliziotto. Lo riconosco nelle foto allegate all’incidente probatorio n. 3817, 3818 e 3819 , che mi vengono mostrate.
Per entrare nella Pascoli era richiesto il pass ve ne erano di tipi diversi a seconda dei piani cui era consentito l’accesso; all’ingresso dei piani vi era il controllo.
Sono arrivato a Genova il 16 insieme a Plumecke Tino e a due amici berlinesi. Abbiamo dormito due notti in un parco “Valletta Cambiaso” e le altre notti allo stadio Carlini.
Mi recavo spesso alla scuola Pascoli, qualche volta vi restavo un’ora qualche volta tre o quattro ore. Vi andavo tutti i giorni. Collaboravo con Indymedia.
Quando uscii dalla sala incontrai Nadine Moser a cui raccontai quanto mi era accaduto. Non ricordo, ma è possibile che abbia avuto anche prima contatti con lei.
Nell’ottobre 2001 mi sono presentato spontaneamente nell’ufficio del PM. Avevo sentito che ci sarebbero stati dei processi contro i poliziotti entrati nelle scuole e dato che avevo vissuto l’esperienza, volevo aiutare affinché i poliziotti venissero giudicati. Avevo saputo da amici che c’era la possibilità di poter fare una denuncia e non mi sono lasciato sfuggire la possibilità
Ho scritto alcuni articoli, ma all’epoca ero più occupato nello studio. Non ho riportato ferite ma il viso mi faceva molto male.
Plumecke Tino (udienza 6/4/2006)
(verbale – trascrizione)
Ero a Genova insieme a Huth Andreas; ero giornalista accreditato per accedere alla zona rossa.
Siamo arrivati alla scuola Pascoli verso le ore 22. Ci siamo recati al terzo piano nella sala ove lavoravamo per Indymedia; vi erano alcuni computer. Siamo rimasti in questa stanza fino a quando abbiamo sentito gridare “polizia” dal corridoio. Siamo usciti nel corridoio ed abbiamo parlato con altre persone; mi sono affacciato ad una finestra da dove potevo vedere l’ingresso della Pascoli, ma da lì non potevo vedere l’ingresso della Diaz. Sono quindi andato in una stanza nella parte dell’edificio che dà verso via Battisti, ma la presenza di un albero impediva la visuale; mi sono così recato nell’ultima stanza da cui si poteva vedere l’ingresso della Diaz.
Segno sulla piantina che mi viene mostrata con numeri progressivi le stanze di cui ho detto, della seconda segno due numeri perché non ricordo con precisione quale fosse.
Vidi così la polizia che entrava nella Diaz; sentii urla e colpi; vidi i poliziotti rompere con i manganelli i vetri di alcune finestre e sfondare con violenza le porte di alcune aule. Vidi anche alcune persone che cercavano di uscire dalla scuola utilizzando le impalcature esistenti.
Non ho visto scontri con i poliziotti né lanci di oggetti contro di loro.
I poliziotti erano in uniforme blu, avevano il casco ed il manganello.
Riconosco nella foto B17 la pettorina che portavano i poliziotti nella scuola Pascoli.
Mentre eravamo alla finestra arrivò un poliziotto che ci toccò sulla spalla e che ci disse che dovevamo recarci in corridoio; aveva un atteggiamento minaccioso, teneva il manganello in alto; nella stanza vi era anche un’altra persona contro cui si diresse con uno scatto quando questa si girò.
Nel corridoio c’erano diverse persone, alcune in ginocchio altre stese ed altre sedute; il poliziotto ci disse che dovevamo inginocchiarci; Andreas disse in italiano: “Siamo giornalisti” ed in tedesco: “Perché ci dobbiamo inginocchiare?”. Il poliziotto lo minacciò con il manganello, dicendo qualcosa in italiano. Poco dopo arrivò un altro poliziotto più anziano che chiamò Andreas vicino a sé e poi lo condusse giù lungo le scale. Venni poi chiamato al telefono da una mia vicina di casa Kathrine Ottovay, che mi disse che era stata picchiata ed aveva un braccio rotto e che il suo fidanzato Schmiedierer aveva una ferita alla testa e doveva essere portato in ospedale. Subito dopo un poliziotto mi prese il telefono.
Si sentivano dalle stanze rumori di oggetti spostati; vidi alcuni poliziotti che portavano fuori videocassette ed altro materiale che poi venivano posti su un tavolo nel corridoio e quindi portati via.
Tutto durò circa una mezzora, periodo in cui rimasi nel corridoio. Quando mi rialzai la polizia era andata via.
Il poliziotto che portò via Andreas indossava i jeans ed aveva una pettorina, non aveva il casco; era un po’ anziano, capelli abbastanza grigi e una barba grigia folta, era di corporatura normale.
Vidi almeno tre poliziotti rompere i vetri delle finestre al primo piano (sopra al piano terra).
Arrivai a Genova il lunedì insieme ad Andreas.
La sera del sabato nel cortile della Diaz vi erano più persone del solito. Avevo sentito dire che molti erano venuti alla Diaz perché non si sentivano sicuri altrove.
Halbroth Anneke (udienza 6/4/2006)
(verbale – trascrizione)
Lavoravo per Indymedia al terzo piano della Pascoli. Scrivevo notizie che poi venivano trasmesse nel notiziario. Tutto il terzo piano era destinato ad Indymedia. Al piano terra vi era lo spazio riservato al GSF. Vi era Radio GAP mi pare al secondo piano.
La sera del sabato vidi una piccola macchina della polizia passare sulla strada dalla destra verso sinistra; in quel momento sulla strada vi erano alcune persone, non molte; ho sentito un rumore sordo come di un colpo di una bottiglia di plastica rispetto a quello di una di vetro. Mi trovavo alla finestra della stanza che indico sulla piantina che mi viene mostrata. L’auto passò molto lentamente; non notai alcuna particolare reazione se non verbali, come un mormorio un po’ più alto. Tutto durò poco tempo quello necessario al transito dell’auto.
Poco prima di mezzanotte mentre mi trovavo davanti alla vetrata sulla strada, ho visto arrivare dalla sinistra un gruppo numeroso di poliziotti, in uniforme scura con caschi e scudi.
Sono subito tornata al terzo piano; ho radunato tutte le mie cose, il computer e sono andata nel bagno alla fine del corridoio. Dopo pochi minuti arrivarono i poliziotti; le persone che si trovavano nel corridoio si posero ai lati, alcuni seduti a terra. Anch’io andai nel corridoio. I poliziotti erano molto aggressivi, ma non ci hanno colpito; vi erano alcuni poliziotti in abiti civili che ci dissero in italiano ed in modo aggressivo di sederci. Mi sono seduta contro la parete destra. Non erano in uniforme ma portavano una pettorina con la scritta “Polizia”; avevano caschi e manganelli. Vidi due o tre poliziotti che entrarono nella stanza davanti a me, l’ultima prima del bagno. Non potevo vedere tutto quello che accadeva nella stanza; mi pare che abbiano guardato qua e là senza effettuare una vera e propria perquisizione; hanno preso qualche videocamera o macchina fotografica. Un poliziotto teneva in mano un casco speciale, disegnato con un sostegno per una luce. Non potevamo parlare, telefonare, bere e non sapevamo perché dovevamo restare seduti. Dopo circa mezzora è arrivata una squadra televisiva della RAI e da quel momento tutto divenne più calmo e accettabile. La troupe fece alcune riprese; noi potemmo riprendere a parlare e ci venne chiesto se avevamo bisogno di qualcosa, soccorsi, bevande ecc. Ho avuto occasione di vedere moltissimi filmati su quanto accaduto. Alcuni amici videro un filmato della BBC e mi dissero che mi avevano riconosciuto. Vidi qualcuno che veniva portato via, ma oggi non ricordo bene. Arrivarono poi altre persone che secondo me erano poliziotti con tesserino di riconoscimento; una signora che poi ho saputo essere una parlamentare. L’ho vista parlare con la polizia, ma io non ho sentito che cosa diceva perché ero piuttosto lontana. Poi la polizia andò via. Tornai nella stanza ove prima lavoravo; ho visto che le mie cose erano rimaste dove le avevo lasciate; mi sono affacciata e ho visto che nella strada vi erano molti poliziotti, persone ferite, ambulanze che andavano e venivano. Ho visto che la Polizia aveva sacchi neri, del tipo di quelli utilizzati per le salme e penso che molti dei presenti abbiano pensato che vi fossero dei morti. Mi sono quindi recata nella Diaz e sono salita al primo piano; vi era sangue dovunque e oggetti sparsi. Sono subito andata via.
Per entrare nella Pascoli vi erano diversi pass: uno per il GSF ed uno per Indymedia. Ai piani vi era un controllo. La sala medica era dopo il posto di controllo del primo pass. Non ho visto feriti nella scuola Pascoli.
Davanti alla porta a vetri del terzo piano vennero posti alcuni banchi per impedire l’accesso, ma non ebbero alcun effetto.
All’epoca ero referente del Bundestag.
Moser Nadine (udienza 6/4/2006)
(verbale – trascrizione)
Il 21 mi trovavo alla scuola Pascoli, ove ero arrivata la stessa sera, per svolgere la mia attività per Indymedia. Ero arrivata dalla Germania con alcuni amici di cui conosco soltanto i nomi. Ero nella stanza che indico sulla piantina (la seconda del corridoio più lungo).
Mentre stavo arrivando alla Pascoli vidi passare lentamente, anzi molto lentamente praticamente a passo d’uomo, sulla via Battisti un’auto della Polizia; sulla strada c’erano alcune persone che dissero qualcosa verso la pattuglia; la gente era molto arrabbiata; vidi anche volare una bottiglia di plastica verso la vettura senza colpirla.
Subito dopo sono entrata nella scuola ed ho lavorato al computer. Verso le 21.30 abbiamo ricevuto una chiamata da una pizzeria nelle cui vicinanze erano state appena arrestate alcune persone. Ci siamo quindi recati in quella pizzeria che si trova nei pressi, dopo una piccola piazza, per verificare che cosa fosse successo.
Non so dire se il filmato Rep 234 P 1 min. 00,06 a 00,26 (spezzone) si riferisca al momento in cui mi ero recata in pizzeria; riconosco la persona che mi chiama, era Ronny Brusetti.
Nella pizzeria ci dissero che la polizia aveva appena portato via alcune persone; all’interno vi erano alcuni che avevano partecipato alle manifestazioni.
Rientrai nella scuola Pascoli e dopo un po’ sentii qualcuno gridare che c’era la polizia; mi affacciai alla finestra e vidi la polizia che scendeva lungo via Battisti. Sono scesa al piano terra, portandomi il mio minidisk. C’era Ronny con cui poi sono salita sul tetto; da lì ho visto come veniva aggredito in strada Mark Covell, che io conoscevo. Vidi Mark, il cui soprannome è Sky, a terra rannicchiato sulla destra del cancello del cortile della Diaz ed i poliziotti che lo picchiavano, colpendolo anche con calci.
Mi ricordai che avevo lasciato alcuni minidisk nella stanza ove lavoravo e quindi vi ritornai per cercarli. Mi sentii toccare sulla spalla con un manganello ed un poliziotto disse “stop, stop” e quindi mi fece segno di lasciare i dischetti, di uscire dalla stanza e di sedermi nel corridoio. Era in abiti civili e portava una pettorina blu scura con la scritta “Polizia”; mi pare avesse un fazzoletto rosso scuro al collo ed il casco. Nel corridoio vi erano alcune persone ed altre arrivarono dopo; tutti erano seduti lungo il corridoio contro la parete. All’inizio mi pare vi fossero tre poliziotti, poi ne arrivarono altri. Fecero uscire tutti dalle stanze, poi vi entrarono e prelevarono materiale vario che posero su un tavolo nel corridoio; dall’ultima stanza uscì un poliziotto, portando una scatola nera, presero maschere antigas e caschi scuri.
Vidi Andreas (Huth), che chiese ai poliziotti perché dovevamo stare seduti, e che eravamo giornalisti internazionali; parlò con un poliziotto piuttosto robusto, che già appariva arrabbiato, il quale chiamò un altro poliziotto; quest’ultimo andò con Andreas nel vano delle scale; vidi che aveva una mano sulla sua testa e lo teneva giù. Il secondo poliziotto era più vecchio, aveva la barba grigia, era in abiti civili, non so dire se portasse un casco.
Arrivarono poi altre persone, una signora, alcuni parlamentari, una troupe televisiva.
La polizia andò via e così ci potemmo rialzare. Ho ritrovato i miei minidisk; nella stanza della radio ove lavoravo non era stato portato via nulla; in altre stanze, quali quelle al piano terra del GSF, i computer erano rotti. Ricordo il rumore degli elicotteri sia durante l’irruzione della Polizia sia quando uscii per andare in pizzeria.
Per entrare nella Pascoli era richiesto un pass; dopo la porta d’entrata vi era il controllo del pass del GSF; per accedere ad Indymedia avevamo un pass di colore verde scuro.
Ho visto prima di questi fatti alcuni giornalisti di Indymedia che erano feriti.
La porta d’ingresso della scuola venne chiusa e davanti vennero posti alcuni banchi.
Ho conosciuto a Genova Andreas Huth all’Indymedia Center; l’ho rivisto a Genova quando venni sentita dal P.M. e parlammo insieme dei fatti del G8.
Il poliziotto più robusto che parlò con Andreas aveva un fazzoletto rosso al collo ed il casco e chiamò quello più anziano.
Segno sulla piantina con un cerchio il luogo ove mi trovavo e con una A quello ove si trovava Andreas.
Il poliziotto aveva la mano sulla sua testa e lo ha spinto verso il basso; da quel momento non l’ho più visto; probabilmente ho immaginato che gli avesse spinto la testa in terra come ho dichiarato al P.M..
Mi pare di riconoscere nella foto A2 la divisa dei carabinieri; ho visto alcuni carabinieri davanti alla scuola; non sono in grado di dire se si trattasse dell’uniforme di quelli che picchiavano Covell; l’ho dichiarato innanzi al P.M., ma oggi non posso dire nulla in proposito, ma soltanto che la divisa era scura.
Gallo Alessandra (udienza 12/4/2006)
(verbale – trascrizione)
Il sabato ero alla scuola Pascoli, ove svolgevo attività di traduttrice presso il Media Center per Radio GAP.
Mi pare di essere arrivata nel tardo pomeriggio verso le ore 20.
Mi pare che mentre ero nel cortile della scuola, sia passata una camionetta delle Forze dell’Ordine; non era ancora buio. Sentii il rumore di un veicolo e giratami vidi la camionetta; mi pare che qualcuno abbia gridato qualcosa; c’erano persone sulla strada, tanto che io collegai le grida a qualcuno che avesse rischiato di essere investito. Mi pare che il veicolo si sia fermato e poi si sia subito allontanato; tutto durò pochi istanti. Per quanto ricordo l’episodio non ebbe conseguenze.
Io tornai al mio lavoro; la situazione all’interno della Pascoli era molto tranquilla.
Mi recai nella Diaz Pertini verso le ore 23; anche lì tutto era tranquillo, vi erano alcuni che dormivano, alcuni che utilizzavano internet, alcuni che chiacchieravano.
Mentre ero nei locali di Radio GAP, sentii alcuni rumori dall’esterno e affacciatami, vidi che dalla sinistra stavano arrivando diverse persone in divisa; vidi che una persona che si trovava sul loro percorso nonostante avesse alzato le mani, venne travolta e malmenata. Qualcuno disse di chiudere le finestre perché potevano essere lanciati i lacrimogeni. Chiusi alcune finestre e poi guardai nuovamente all’esterno; sentii alcune urla dai piani inferiori. Alcuni posero qualche scrivania ed altre cose davanti alla porta d’ingresso. Ero, se ben ricordo, nell’ultima stanza del corridoio al secondo piano; uno della radio trasmise in diretta quanto stava accadendo. Sentii altri rumori e quindi vidi arrivare nella stanza due poliziotti. Non ricordo se indossavano caschi, mi pare che almeno uno l’avesse. Mi pare che uno fosse più giovane e l’altro sui 45/50 anni un po’ più grasso. Dopo un po’ arrivò una parlamentare di Rifondazione che era ferita; successivamente la rividi in televisione e per quanto ricordo era l’On. Mascia. Vidi anche un giovane ferito, biondo con gli occhi azzurri, che disse di essere stato aggredito e picchiato con una panca. Uno dei due poliziotti rimase vicino alla porta e l’altro fece un giro all’interno. Quando la Polizia si allontanò, scendemmo in strada. Vidi arrivare alcune ambulanze e feriti che uscivano dalla Diaz, alcuni sorretti altri su barelle.
Ricordo che nella sala degli avvocati era sparito il foglio con i nomi delle persone di cui non si avevano più notizie e non si sapeva dove fossero finite; vi erano alcuni computer danneggiati. Mi pare che i locali di Indymedia fossero a soqquadro.
L’accesso al primo piano della Pascoli era libero, ma per salire ai piani superiori era necessario esibire un pass; vi erano controlli all’ingresso di ciascun piano.
Salvati Marino (udienza 12/4/2006)
(verbale – trascrizione)
La sera del 21 ero nella scuola Pascoli, ove svolgevo attività di programmatore informatico per radio GAP.
Nella prima serata ho sentito il rumore del passaggio di veicoli a velocità elevata ed affacciatomi ho visto l’ultima macchina che si stava allontanando; vi furono alcune urla contro i veicoli da parte della gente che si trovava ai bordi della strada. La macchina non rallentò e si allontanò. Tutto tornò tranquillo subito dopo.
Mentre ero nei locali di radio GAP arrivò qualcuno che disse che c’era la Polizia in strada; mi affacciai e vidi che in effetti la via era piena di persone in divisa; i poliziotti cercarono di aprire il cancello del cortile della Diaz, scuotendolo senza peraltro riuscirvi; poi arrivò un mezzo che lo sfondò e così tutti entrarono nel cortile della Diaz. Mi preoccupai insieme agli altri di radunare le nostre cose e trasportarle nella stanza del mixer; poi diedi un’altra occhiata dalla finestra su quanto accadeva nella scuola davanti e vidi attraverso le finestre della Pertini, mi pare in diversi piani, alcuni ragazzi nei corridoi con le mani contro il muro, ed al secondo piano un poliziotto, con una pettorina blu ed in abiti civili, che passava dietro di loro e che ne colpiva uno con una manganellata sulla schiena.
Nella stanza del mixer in cui mi trovavo vi erano numerose persone alla finestra.
Stavamo trasmettendo in diretta; alcuni chiusero l’ingresso del corridoio con banchi e sedie; dopo poco arrivò la Polizia; entrarono due agenti che ci chiesero che cosa stessimo facendo ed alla domanda di qualcuno se avessero un’autorizzazione, risposero di non preoccuparci che sarebbe arrivata; spensero il mixer, interrompendo così la trasmissione; soppesarono gli zaini guardandoli dall’esterno e ci dissero di preparare i documenti. Dopo un po’ circa 15/20 minuti ci salutarono e si allontanarono; noi riaccendemmo il mixer e riprendemmo la trasmissione. Durante il periodo in cui i poliziotti rimasero vicino alla porta sentii dal piano superiore, ove si trovavano i locali di Indymedia diversi rumori di oggetti che cadevano e venivano rotti.
Gli agenti erano in divisa antisommossa senza casco in testa; mi pare si trattasse di carabinieri ma non ne sono affatto sicuro.
Quando la Polizia lasciò l’edificio, scendemmo per andare a vedere che cosa stesse accadendo nell’altra scuola; al primo piano vidi che nella sala degli avvocati vi erano alcuni computer smontati e danneggiati.
Mi recai poi nella scuola Pertini ove tutto era caotico, zaini sparsi, macchie di sangue ecc.
La divisa degli agenti che entrarono nella stanza della Pascoli dove mi trovavo, mi sembra molto simile a quella visibile nella foto A2, che mi viene mostrata; non ricordo nelle divise visibili nelle foro A2 e B2 la cintura chiara che certamente mi avrebbe colpito; ricordo che la divisa era scura.
Clementoni Francesca (udienza 12/4/2006)
(verbale – trascrizione)
Ero a Genova dalla domenica precedente, quale giornalista, anche se non ufficialmente riconosciuta, di una radio associata a radio GAP; rimasi nella redazione presso la Pascoli tutta la settimana; soltanto il sabato partecipai ad una manifestazione esterna.
Rientrai nella scuola verso le ore 19.
Nella serata vi furono due passaggi di veicoli della polizia uno verso le 20,30 ed un altro dopo circa un’ora.
Vidi dalla finestra il primo passaggio: si trattava di due veicoli che procedevano lentamente, il primo era un’auto ed il secondo più grosso, un Magnum; sulla strada vi erano alcuni ragazzi circa una ventina.
Nel secondo passò soltanto una volante con i colori della Polizia, arrivò piuttosto velocemente poi rallentò davanti alla scuola e quindi si allontanò; vi furono diverse grida ostili contro tale veicolo; vi saranno state sulla strada un decina quindicina di persone. La mia attenzione fu attratta dal vociare e quindi mi affacciai alla finestra. Dopo il passaggio, un ragazzo con un gesto di stizza lanciò una lattina sulla strada.
Non sono sicura che i passaggi siano avvenuti nell’ordine in cui ho detto ovvero se sia prima passata una sola auto e quindi i due veicoli.
Questi passaggi della Polizia ci allarmarono, tanto che iniziammo a telefonare a giornalisti e parlamentari (Ramon Mantovani, Vittorio Agnoletto, Giovanna Botteri ecc.), per dire loro di mantenersi reperibili in modo che li potessimo rintracciare in caso di necessità. Temevamo infatti che le scuole potessero essere “visitate” dalle forze dell’ordine. Con gli altri redattori di radio GAP, Lorenzo Galeazzi, Gabriella Podobnich, Massimo Alberti, Carboni, decidemmo che sarebbe stato più sicuro rimanere insieme nella scuola.
Mi recavo spesso nella scuola Pertini, sia per avere notizie nel corso delle diverse giornate sulle manifestazioni sia per organizzare incontri ecc.
Verso mezzanotte sentii il rumore di una marcia sulla strada e affacciatami vidi circa un’ottantina di poliziotti in divisa antisommossa che da destra cioè dal mare si dirigevano verso la Diaz, dietro agli agenti a piedi vi erano mezzi blindati e per quanto ricordo ambulanze; ho quindi ritelefonato alle persone che avevo in precedenza chiamato, per avvertirle di quanto stava accadendo. Sentii poi forti rumori e grida provenienti dalla scuola di fronte.
Temendo che la polizia entrasse anche nella Pascoli, ponemmo davanti al portone d’ingresso alcuni banchi ed altri oggetti, al fine di ritardare l’eventuale ingresso delle forze dell’ordine in attesa che intervenissero le persone che avevamo chiamato. Abbiamo trasportato tutte le nostre cose nella sala di trasmissione. La trasmissione era in corso, tenuta da Massimo Alberti e Lorenzo Galeazzi.
Arrivarono quindi i primi agenti che erano in divisa antisommossa scura; poi entrarono altre due persone, nella stessa tenuta, una della quali, togliendosi il casco, disse: “State tranquilli” e rivolta agli altri poliziotti: “Fermi, fermi è tutto a posto”. Gli chiedemmo se avessero un mandato e ci rispose che non era necessario e di preparare i documenti.
Dopo un po’ salì nei nostri studi l’On. Mascia. Successivamente la Polizia lasciò l’edificio.
L’accesso ai piani era regolato con pass.
Il venerdì pomeriggio passò sulla strada un gruppo di giovani, cinque o sei, che noi ritenemmo appartenenti ai black block, erano vestiti di nero, con passamontagna e il viso coperto, almeno così mi pare; stavano correndo e si arrestarono davanti alla scuola: un gruppo di persone dalla Pascoli si avvicinò e disse loro di allontanarsi, perché da noi non avrebbero trovato accoglienza; io ero nel cortile e sentii il dialogo, che avveniva in italiano Non ricordo chi fossero coloro che parlarono ai predetti giovani.
Conosco Anna Curcio, mi pare che fosse in redazione quando passarono i black block ma non ne sono sicura.
Podobnich Gabriella (parte civile, assunta all’udienza del 12/4/2006)
(verbale – trascrizione)
Sono giornalista pubblicista e lavoravo per radio GAP nei locali della scuola Pascoli.
La sera del 21, era ancora chiaro, sentii passare una pattuglia della Polizia. Ero seduta nella sala di radio GAP e non considerai il fatto rilevante, tanto che non ne parlammo alla radio.
Verso mezzanotte sentimmo rumori e grida sulla strada; ero nella stanza di trasmissione; mi affacciai e vidi un gruppo di poliziotti in divisa antisommossa (forse vi era anche qualcuno in borghese ma non lo ricordo), che stavano picchiando una persona che urlava, vicino al cancello della Diaz. Compresi così che stava accadendo qualcosa di molto pesante. Vidi i poliziotti sfondare il cancello entrare nel cortile, sfondare il portone ed entrare nella Diaz. Quindi iniziammo a sentire urla e colpi provenire dalla Diaz. Non ho visto gettare oggetti dalle finestre sulle forze dell’ordine.
Decidemmo di restare tutti insieme nella sala trasmissione. In diretta stava trasmettendo Lorenzo Galeazzi che raccontava quanto stava accadendo.
La polizia entrò anche nella Pascoli ed arrivò al secondo piano ove mi trovavo; vi era molta confusione e paura; i poliziotti in divisa antisommossa (così almeno mi pare), casco e manganello, entrarono nella stanza; mi diressi verso di loro, dicendo che eravamo del tutto pacifici e che stavamo trasmettendo in diretta. Riuscii in tal modo a fermarli. Con Daniela (Morando) uscimmo dalla stanza e ci recammo al primo piano, ove vidi nel corridoio alcune persone sedute in terra; guardammo in diverse stanze; in alcune e soprattutto nella sala del GSF vi erano computer rotti; vidi anche un poliziotto che portava via un hard disk. Vi erano poliziotti in divisa, altri in borghese, una donna, alcuni con una pettorina; ci recammo anche al piano dove si trovavano i locali di Indymedia poi siamo scesi al piano terra. Durante tale percorso abbiamo registrato quanto vedevamo. Vi era ancora la polizia; stranamente noi non siamo stati bloccati. La situazione era caotica.
Quando venni sentita dal P.M. produssi un CD su cui è registrato il servizio giornalistico, che abbiamo poi redatto, sui fatti avvenuti nel corso dell’irruzione della Polizia, nel quale è riportato quanto registrato.
Capii che la persona che portava via l’hardware era un poliziotto, anche se era in borghese, dal suo atteggiamento; l’involucro che portava con sé sarà stato di circa 40 centimetri; non sono esperta di computer; preciso che ho visto un pezzo di computer che poteva essere un hard disk o altro hardware.
Non ricordo nulla di un passaggio di un gruppo di black block nei pressi della scuola, né ricordo che qualcuno me ne abbia parlato.
Mi sono allontanata dalla finestra quando i poliziotti entrarono nella scuola Diaz Pertini dopo aver aperto il portone. Non ho visto lancio di oggetti sui poliziotti.
Galeazzi Lorenzo (parte civile, assunto all’udienza del 12/4/2006)
(verbale – trascrizione)
Ero a Genova quale conduttore radiofonico di Radio GAP.
Sono stato tutta la giornata presso la scuola Pascoli, tranne all’ora di cena, quando con alcuni colleghi mi sono recato a mangiare una pizza. Le sale assegnate a Radio Gap si trovavano in fondo al corridoio del secondo piano. Una sala era adibita a riunioni e preparazioni e l’altra alla trasmissione.
Non ho visto il passaggio di pattuglie di polizia, ne ho solo sentito parlare.
Dopo essere stato in pizzeria rientrai alla Pascoli verso le 21 - 21,30. La situazione era piuttosto tesa. Ho ripreso la trasmissione in diretta.
Ad un tratto ho iniziato a sentire un certo trambusto e grida sulla strada. Mi sono affacciato alla finestra ed ho visto le forze dell’ordine che scendevano da sinistra verso le scuole. Ho poi assistito ai diversi tentativi di sfondamento del cancello da parte della Polizia. Mi recavo alla finestra e poi tornavo a sedermi per proseguire il mio lavoro, quindi ritornavo alla finestra e così via.
Vidi attraverso le finestre della Diaz i poliziotti che agitavano manganelli dall’alto verso il basso; l’altezza della finestra mi impediva di vedere in basso, ma il gesto dei poliziotti era tipico di colpi inferti dall’alto verso il basso contro qualcuno che evidentemente si trovava in basso.
La polizia entrò poi nella Pascoli; sentii diversi rumori provenire dal basso e quindi dopo poco i poliziotti entrarono nella sala da dove stavo trasmettendo. La porta del corridoio era stata bloccata con banchi e sedie.
Nella sala di trasmissione saremo stati circa una trentina; tutti erano con le mani alzate ed i documenti in mano. Entrarono tre o quattro poliziotti; uno si tolse il casco e disse di stare tranquilli che non ci avrebbero fatto niente. Disse anche che la scuola era “occupata” da noi. Io cercai di proseguire la trasmissione. La trasmissione si interrupe subito dopo l’ingresso delle forze dell’ordine, probabilmente per un guasto tecnico.
La voce maschile udibile nella riproduzione del nastro che mi viene fatto ascoltare è la mia; l’interruzione è dovuta alla caduta dello streaming, di cui noi non ci accorgemmo. La voce femminile è quella di Daniela (Morando) e l’altra maschile è quella di Massimo Alberti.
Non vidi alcuna perquisizione. Non ricordo di aver visto poliziotti con gli scudi alzati sopra la testa all’atto dell’irruzione nella scuola Diaz. Non ho visto persone appoggiate al muro nei corridoi della Diaz. Conosco Marino Salvati che era nella stessa stanza in cui mi trovavo. Conosco Gabriella Podobnich e Francesca Clementoni.
Forte Mauro (parte civile, assunto all’udienza del 13/4/2006)
(verbale – trascrizione)
Lavoravo per Indymedia presso la scuola Pascoli nei locali al terzo piano.
Sentii parlare del passaggio di una pattuglia della Polizia, ma io arrivai alla scuola dopo che era già avvenuto.
L’atmosfera era abbastanza tranquilla, anche se vi era una certa tensione per quanto era accaduto il giorno prima.
Sentii un certo trambusto sulla strada e un vociare circa l’arrivo della polizia. Mi affacciai alla finestra, non ricordo se ero al secondo o al terzo piano in una stanza che era al buio; vidi la polizia che si ammassava contro il cancello, vidi poi lo sfondamento del cancello con un mezzo e quello del portone. Vi erano alcuni che riprendevano la scena con la telecamera, uno era Luppichini.
Durante tutto il periodo dell’irruzione della Polizia non vidi gettare oggetti contro i poliziotti. Vi era molto panico; tutti correvano cercando di mettersi in salvo.
Dopo un po’ sentii dire che la polizia stava entrando anche nella Pascoli; forse sono sceso al secondo piano, ma non ricordo bene; comunque quando arrivò la polizia ero al terzo piano. Abbiamo pensato di barricare la porta, ma poi decidemmo che sarebbe stato controproducente e togliemmo quindi tutto. I poliziotti entrarono e ci fecero sedere a terra. Non ricordo come fossero vestiti gli agenti: avevano i caschi ed i manganelli.
Gli agenti entrarono nelle stanze ed anche nei bagni; qualcuno di noi aveva tentato di bruciare un foglio ove erano scritti i nostri nomi e i numeri di telefono, buttandolo poi nel water ed io vidi un poliziotto che lo aveva recuperato.
Arrivò poi Riccardo Chartroux che stava riprendendo la scena; la situazione quindi divenne più tranquilla, la tensione si alleggerì; arrivò anche una parlamentare e le cose ritornarono pressoché normali.
Alcuni poliziotti entravano nelle stanze e ne uscivano portando via qualche videocassetta.
Miriconosco nel filmato Bliz Indy, mentre alzo il braccio al min. 2,42; mi pare di avere visto anche Manolo e Raffaele Luppichini; al min. 1,40 mi pare di riconoscere Daniela nella ragazza con la maglietta blu.
Vidi che i poliziotti nell’attraversare il portone alzavano gli scudi sopra la loro testa.
Messuti Raffaele (parte civile, assunto all’udienza del 3/4/2006)
(verbale – trascrizione)
Mi trovavo nella scuola Pascoli perché mi occupo di attività di informazioni ed all’epoca collaboravo con Indymedia.
Sono rimasto nella scuola salvo brevi intervalli per pranzo e per cena.
Tra le 20 e le 21 mentre mi trovavo vicino all’ingresso sul retro della Pascoli, sentii un certo trambusto verso la strada e così vidi l’ultima delle auto che stava passando e si stava allontanando; quando arrivai al cancello l’auto era già nella piazza; sentii alcune grida e probabilmente venne lanciata qualche bottiglietta d’acqua; io personalmente non vidi lanciare bottigliette, ma ricordo che qualcuno lo disse.
Mentre ero nell’ultima aula del terzo piano, vicino ai bagni, sentii dire da qualcuno che stava arrivando un plotone di poliziotti; ci affacciammo alla finestra ed in effetti vidi un gruppo di poliziotti che scendeva verso le scuole. Venimmo presi dalla paura; mi allontanai un attimo per fare una telefonata. Poco dopo arrivarono i poliziotti; ci fecero uscire dalle stanze e ci venne vietato di usare i telefoni; ci fecero quindi sedere in terra nel corridoio con le spalle al muro.
I poliziotti erano in borghese con il casco ed una pettorina; uno aveva una bandana sul volto. Alcuni poliziotti entrarono nelle stanze, Non ho avuto modo di vedere quello che avveniva all’interno. Quando uscirono dalla stanza video di Indymedia avevano con loro una scatola con i nastri ripresi da Indymedia.
Nessuno dei poliziotti ci spiegò che cosa stessero facendo nonostante le nostre ripetute richieste. Dopo circa una mezzora, dopo cioè l’arrivo di Chartroux, i poliziotti iniziarono a lasciare l’edificio.
Luppichini Manolo (parte civile, assunto all’udienza del 13/4/2006)
(verbale – trascrizione)
Mi occupavo del montaggio del materiale video di Indymedia. Arrivai alla scuola Pascoli verso le ore 23,30, dopo aver cenato.
Mentre ero nella sala video al terzo piano, sentii un fragore e urla dall’esterno; mi affacciai ala finestra e vidi un plotone di polizia che si ammassava contro il cancello della scuola Diaz. Ho subito iniziato a riprendere quanto accadeva con la mia telecamera. Vidi i poliziotti sfondare con un mezzo il cancello, entrare nel cortile, spingere e quindi sfondare il portone centrale e quello laterale sinistro della scuola. Ripresi attraverso una finestra un poliziotto che prendeva un ragazzo per i capelli e colpirlo. Vidi inoltre i poliziotti che correvano nei corridoi. Vicino a me c’era Andrea Masu ed altri che non ricordo con precisione. Anche altri stavano riprendendo la scena.
Ho continuato a riprendere finché sentii dire che la polizia era arrivata al nostro piano. I poliziotti ci allontanarono immediatamente dalle finestre. Erano almeno in due e indossavano una pettorina, avevano il casco ed il manganello. Ci fecero uscire nel corridoio e seder vicino al muro.
Quando arrivarono i poliziotti nascosi la mia telecamera; Andrea posò la sua su un tavolo.
Consegnai successivamente i miei nastri al GLF. Non so ma non credo che Andrea abbia recuperato i suoi. Dopo circa un quarto d’ora venti minuti, periodo durante il quale continuavamo a sentire rumori e grida, arrivarono Chartroux con la sua troupe e quindi una parlamentare. Subito dopo la situazione si calmò; la polizia iniziò a lasciare l’edificio. Quando rientrai nella sala video notai che mancavano alcune casette, tra le quali anche alcune di Andrea.
Poi scesi per le scale, vidi il microambulatorio e quindi mi recai nella strada. Nella Diaz l’azione continuava ed io la ripresi dall’esterno. Quando tutto finì, rientrai nella Pascoli e feci altre riprese, all’interno dello spazio dei legali, dove mi resi conto della manomissione di computer.
Riconosco le mie riprese nei filmati, Rep. 198 P2 I dal min. 1,19 al min. 2,48 (estratto) e Rep 192 P20 p. III min 5,55 (estratto), che mi vengono mostrati: si vede la scena che ho descritto ed i danni ai computer nella sala dei legali.
Minisci Alessandro (udienza 24/5/06)
(verbale – trascrizione)
La sera del 21 luglio, dopo la manifestazione, verso le ore 18, mi sono recato nella scuola Pascoli, ove era la sede del GSF, in quanto ero collaboratore della rete Indymedia; vi erano infatti locali dislocati su più piani con attrezzature per la raccolta e la divulgazione delle notizie.
Eravamo occupati alla riorganizzazione del materiale fotografico e documentale raccolto sui fatti avvenuti in quei giorni. Ogni tanto uscivamo sulla strada e poi rientravamo; tutto appariva tranquillo.
Ad un tratto qualcuno diede l’allarme, dicendo che stavano arrivando le forze dell’ordine; io ero in strada e vidi sopraggiungere dai due lati della via Battisti due plotoni di carabinieri e polizia; dato quello che era successo in quei giorni, il mio primo istinto fu quello di trovare un rifugio e quindi insieme agli altri rientrai nella Pascoli e mi portai nell’ufficio stampa al primo piano, ove mi affacciai alla finestra. L’ingresso della polizia venne rallentato dalla chiusura del cancello e del portone.
Vidi sulla strada una persona che veniva picchiata da due o tre agenti; non sono in grado di dire se si trattava di poliziotti o carabinieri; la persona veniva trascinata verso il cancello, rannicchiata in terra e colpita con calci e manganellate. In seguito seppi che si trattava di un corrispondente inglese di Indymedia, detto “Sky”. Il fatto avvenne sul marciapiede opposto e cioè quello prospiciente la Diaz Pertini.
Subito dopo vi fu l’irruzione anche nella Pascoli. L’ingresso fu burrascoso; la porta venne sfondata ed i poliziotti urlarono di stenderci a terra con la faccia rivolta a terra e di non muoverci; sentii quindi il rumore di tutte le attrezzature che si trovavano nella stanza che venivano scagliate a terra. Non ricordo il numero esatto dei poliziotti entrati nella stanza, direi da cinque a otto. Molti avevano divise imbottite, casco e manganello; non ricordo se quelli che entrarono nella stanza portassero tutti le stesse divise, ricordo che dopo vidi anche poliziotti vestiti in modo diverso.
Ho potuto scorgere tre tipi di abbigliamento degli agenti: uno imbottito, pesante, con caschi e protezioni, uno senza protezione con camicie con maniche corte, per lo più con il casco ed un terzo tipo, con pettorine, indossato da persone più mobili, che sembravano occuparsi del coordinamento più che dell’azione.
Ho assistito al colpo inferto da un poliziotto ad un giovane che si trovava vicino a me ed io stesso venni colpito con uno schiaffo da un poliziotto in uniforme imbottita più alto di me, con i capelli bianchi che uscivano dal casco.
Fummo portati nel corridoio ove ci fecero accovacciare a terra su un lato, con i poliziotti che ci controllavano; ricordo anche una donna poliziotto, con la camicia in maniche corte, che era sull’angolo.
Nella stanza, quando entrarono, ho sentito un poliziotto che, mentre continuava a rompere i fax ed i monitor, chiedeva: “Dove avete le armi e la droga ?”.
La situazione si calmò con l’arrivo dell’On. Morgantini, che riusciva a muoversi all’interno con una certa libertà e che, comunque, con la sua presenza ci dava tranquillità.
Dopo un periodo che non riesco a quantificare con precisione, i poliziotti lasciarono il piano in cui mi trovavo e l’edificio e così riprendemmo a muoverci.
Sono poi rientrato nella sala stampa, ove ho visto tutte le attrezzature completamente distrutte; alcune macchine erano aperte e scassate; mi sono quindi affacciato alla finestra per vedere che cosa stesse accadendo; sulla strada vi era ormai molta gente.
Nel filmato Rep. 192.20, min. 8,40 (estratto) riconosco uno dei corridoi della Pascoli; la stanza visibile al min. 5,32,07 del contatore potrebbe essere la stanza al secondo piano, ma non mi pare si tratti del primo piano.
I poliziotti con la pettorina si muovevano tra i diversi piani ed erano gli unici che parlavano e comunicavano informazioni; non sono in grado di ricordare le frasi che dicevano.
Non ricordo alcun passaggio di auto della polizia nella serata.
Secondo me il gruppo dei cosiddetti black-block era soltanto una creazione mediatica, una deformazione dell’informazione, funzionale al pestaggio della Diaz.
Pavarini Federico (parte civile, assunto all’udienza del 24/5/06)
(verbale – trascrizione)
Il 21 mi trovavo all’interno della Pascoli, ero lì dalle 11.20 di sera.
Ero presso l’entrata; aspettavo il mio amico Manfredi Provenzano, con cui dormivo a casa di Urgeghe Marta, che doveva essersi recato nella Diaz Pertini per utilizzare i computer che vi si trovavano. Stavo per andare a cercarlo, quando vidi una folla di persone che rientrava velocemente nella Pascoli; mi fermai sul portone e poi chiusi la porta di vetro interna con la catena; quindi arrivarono gli agenti di polizia. Rimasi nella palestra insieme a circa un’altra decina di persone e poco dopo dalle scale entrarono due agenti che colpirono con i manganelli due persone che si trovavano a loro più vicine. Poi ci fecero stendere a terra dicendoci di restare zitti. Entrò quindi un terzo poliziotto; restammo sdraiati a terra con la faccia a terra per circa una ventina di minuti. I poliziotti poi si allontanarono e così potemmo riprendere a muoverci. Salii agli altri piani, ove vidi alcune persone sedute a terra nei corridoi; vi erano ancora alcuni poliziotti, che però si allontanarono poco dopo.
Vidi successivamente nelle varie stanze con attrezzature informatiche diverse macchine aperte.
Gli agenti in palestra avevano una pettorina blu, con scritto polizia in bianco, e casco
Scesi in strada ma non riuscii a vedere granché perché vi era un cordone di poliziotti che impedivano la visuale.
Mi sono presentato spontaneamente a rendere le mie dichiarazioni nel febbraio 2005.
Urgeghe Marta (parte civile, assunta all’udienza del 24/5/06)
(verbale – trascrizione)
Ero arrivata in macchina in via Battisti verso le 23,30; sono entrata nella Pascoli ove mi sono trattenuta una ventina di minuti a parlare con amici. Ad un tratto un ragazzo disse che stava arrivando la polizia; uscii in strada e vidi che in effetti stavano arrivando alcune camionette della polizia. Rientrai e avvertii di quanto stava accadendo; salii al primo piano nella prima stanza e dalla finestra vidi i poliziotti scendere in modo concitato dalle camionette e caricare le persone sulla strada. Fui presa dal panico e mi diressi insieme ad altri nella terza stanza, ove ci chiudemmo, restando in attesa della polizia.
Quando i poliziotti aprirono la porta arrivò anche l’On. Morgantini, che si qualificò; un’agente ci fece uscire e sedere nel corridoio.
Dopo un po’ vidi uscire dalla prima stanza del corridoio poliziotti con alcuni sacchetti; quindi dopo circa una mezzora la polizia si allontanò.
Alcuni poliziotti indossavano la divisa antisommossa con il casco ed altri erano in borghese con una pettorina, il casco blu ed il manganello.
Non ho visto danneggiare i computer; quando la Polizia si allontanò scesi in strada e poi risalii al primo piano e dalla finestra vidi quello che accadeva fuori.
Lenzi Stefano, (udienza 1/6/06)
(verbale – trascrizione)
Risiedo a Genova da anni; avevo incarico di coordinamento dell’ufficio stampa del GSF; operavo quindi nell’istituto Pascoli.
Il 21 luglio dopo il corteo sono passato a casa in via Ruspoli e quindi mi sono recato al Media Center verso le 20,30; mi sono messo al lavoro nella sala stampa al primo piano, nella terza sala dall’ingresso del corridoio, per preparare i comunicati del giorno dopo anche perché vi doveva essere la conferenza stampa conclusiva.
Vi erano due stanze destinate alla stampa.: una aperta e accessibile ai giornalisti generici e dove lavoravano i traduttori e un’altra, ove lavoravo io, adibita proprio ad ufficio stampa, in questa vi erano anche l’On. Morgantini, il Sig. Vandelbello, il dr. Enrico Cordano.
Verso le 21 sentii il rumore di uno o due motori e di auto che sgommavano e di vetri infranti. Tutto durò pochi istanti e non mi sembrò un fatto rilevante.
Verso la mezzanotte sentii alcune voci dalla strada: “Polizia, arriva la polizia”. Mi affacciai alla finestra e vidi la strada piena di persone in divisa, sulla strada vi erano i carabinieri; le luci della Pertini erano accese.
Pochi minuti dopo qualcuno disse: “Arrivano qui !”
Mi recai quindi nell’ufficio legale ove sapevo che vi era l’elenco degli avvocati affisso al muro e chiamai due avvocati che conoscevo, mi pare Sandra e Caruso. Nella sala vi era una certa Francesca di Roma, cui avevo dato il cellulare perché chiamasse Agnoletto, e ricordo anche un altro ragazzo con una benda sull’occhio.
Nel filmato (Rep. 173 p. 6 min. 20,23 - estratto): riconosco il ragazzo con la benda.
Sentii passi pesanti sulle scale e quindi arrivarono i poliziotti; uno in tenuta antisommossa ci fece stendere con la faccia a terra; vidi quindi i poliziotti che con i manganelli ruppero un telefono e sentii il rumore dei computer che venivano rotti e che poi vidi infatti danneggiati; vidi cadere diversi oggetti; riuscii anche a vedere che i poliziotti svuotarono gli zaini. I poliziotti poi ci fecero uscire nel corridoio, nella parte corta dopo l’angolo, e ci fecero restare con la faccia al muro e le braccia dietro la nuca; quindi dopo poco ci fecero voltare e sedere a terra; c’era un agente in tenuta antisommosa che ci dava questi ordini; l’On Morgantini cercò di parlare con i poliziotti e la situazione cominciò a divenire più distesa. Chiesi di poter tornare nella stanza a riprendere il mio cellulare; mi venne consentito, ma non ritrovai il cellulare.
Ricordo che vi era una persona in borghese, vestita di chiaro, con gli occhiali, di età fra i trenta e i quaranta anni, che sembrava dare disposizioni. L’agente che mi piantonava aveva l’accento meridionale. Vi era anche una donna bionda, che mi pare avesse il casco. La divisa era simile a quella visibile nella foto B1.
Ad un tratto tutti i poliziotti si riunirono nel corridoio opposto e quindi si allontanarono. Uscii dalla scuola.
Almeno al primo piano l’accanimento della polizia contro oggetti ed attrezzature avvenne soltanto nella sala stampa.
Nel filmato che mi viene mostrato (CD giuristi democratici min. 01,48,55) riconosco la situazione della stanza legale; i computer sulla destra non erano stati danneggiati.
Trotta Marco (udienza 7/6/06)
(verbale – trascrizione)
Sono venuto a Genova come corrispondente di una radio tedesca, per riferire quanto accadeva nel corso delle manifestazioni anti G8. Non sono giornalista; ero e sono studente.
Ho così avuto occasione di recarmi presso il complesso scolastico Diaz. Avevo saputo che i media indipendenti si trovavano nella scuola Pascoli e che quindi potevo utilizzare l’attrezzatura ivi esistente per mettermi in contatto con la mia radio a Stoccarda. Svolgevo lì il mio lavoro; mi avevano dato un pass.
Al primo piano c’era il centro stampa del GSF; al terzo piano vi era radio GAP ed una specie di spaccio; vi era anche un’attrezzatura per l’elaborazione ed il montaggio dei video, che venivano poi immessi in internet.
La sera del 21 mi trovavo nella scuola; non ricordo con precisione da quale ora; probabilmente dalle 19 o 20 mi trovavo nelle vicinanze della scuola per fare alcune interviste.
C’era una certa tensione, perché sembrava vi fosse una maggior presenza della polizia nei dintorni della scuola. Non ho visto personalmente poliziotti in divisa né il passaggio di mezzi della polizia.
Poco prima di mezzanotte ero nella strada e nel cortile della Diaz Pertini, per fare le mie interviste.
Ad un tratto scoppiò un tumulto ed io capii che stava arrivando un gran numero di poliziotti. Vidi arrivare le macchine della polizia dall’alto della strada. Rientrai quindi velocemente nella scuola Pascoli insieme ad altri; ero uno degli ultimi; non ricordo se dietro di me sia stato chiuso il portone.
Sono corso al terzo piano e nel corridoio ho cercato le persone che conoscevo; sono quindi andato alla finestra per vedere che cosa accadeva sulla strada. Vidi che si adunavano sempre più forze di polizia; vidi gli agenti entrare nel cortile della Pertini e nella scuola; avvertii quelli che avevano le telecamere che ripresero l’azione. Vidi poi che la polizia cercava di entrare nella nostra scuola. Mi recai quindi nell’ultima stanza al terzo piano a prendere un piccolo registratore che non dava nell’occhio e che posi, acceso, sul davanzale della finestra del corridoio. La polizia era già entrata nella Pascoli; sul nostro piano molti cercarono di telefonare per informare le varie organizzazioni di cui facevano parte di quanto stava accadendo; alcuni chiamavano gli avvocati; c’era molta confusione. Sentii che la polizia era arrivata al piano sotto il nostro; si sentivano cadere oggetti, urla, colpi ed anche rumori di vetri infranti. Qualcuno chiuse la porta di vetro del corridoio del nostro piano, ponendovi davanti un armadio. Infine i poliziotti sfondarono la porta ed entrarono nel corridoio, dicendo di non muoverci; io ero nella stanza del montaggio video insieme ad altri ed i poliziotti ci fecero uscire nel corridoio e ci fecero stendere tutti a terra contro il muro.
Iniziarono a perquisire le stanze e a controllare tutto quello che si trovava sui tavoli; vidi anche che i poliziotti portavano fuori una o due scatole di cartone; non so che cosa vi avessero riposto; so che noi ad esempio non ritrovammo più una nostra cassetta video.
I poliziotti ci dicevano di stare zitti; uno dei presenti chiese perché dovevamo stare zitti e disse che era un giornalista, un poliziotto lo minacciò puntandogli contro un manganello, mi pare di tipo “tonfa”, e dicendo: “devi stare zitto, cazzo! C’è qualcun altro che vuole parlare ?”. Seppi successivamente che il ragazzo che aveva parlato era Andreas Huth.
Dopo un po’ ci fu permesso di sederci con la schiena rivolta verso il muro; tutto era ormai molto tranquillo; si sentivano soltanto le urla che provenivano dalla scuola Pertini.
Vi fu poi una violenta discussione tra un poliziotto ed un’altra persona vicino alla porta d’ingresso e subito dopo la polizia lasciò il terzo piano. Mi recai quindi alla finestra. Vidi così che la polizia era entrata nella scuola Pertini. Vidi sulla strada diverse ambulanze e molte persone in abiti civili, cui veniva impedito di entrare nel cortile della scuola da un cordone di polizia; vi era molto rumore; c’era anche un elicottero.
Mi recai poi nelle diverse stanze del terzo piano della Pascoli; vi erano persone che cercavano di ripristinare i collegamenti delle apparecchiature. Non ho visto apparecchi distrutti, soltanto una gran confusione; carte in terra alcuni computer rovesciati. Sono salito sul terrazzo e sono anche sceso ad un piano che non ricordo, ove vidi in una stanza alcuni computer rotti.
Non vidi asportare la nostra cassetta video, che però c’era prima dell’intervento della polizia e non c’era più dopo. La video camera era di Stephen Stiegmeier,che aveva ripreso i primi momenti dell’intervento della Polizia e che mi disse che aveva ripreso alcuni pestaggi avvenuti nella scuola.
La maggior parte dei poliziotti che vidi nella Pascoli era in abbigliamento civile, indossavano caschi; alcuni avevano il volto coperto se ben ricordo con un fazzoletto fin sopra il naso; avevano manganelli; alcuni avevano giubbotti di protezione, una pettorina con la scritta “Polizia” in giallo.
Il poliziotto che vidi minacciare Huth era piuttosto corpulento, non aveva il fazzoletto sul volto, ma non ricordo maggiori particolari circa il suo aspetto ed il suo abbigliamento.
Segno con i numeri 1, 2 e 3 sulla piantina che mi viene mostrata le stanze dalle cui finestre mi affacciai sulla strada; dalla finestra dell’ultima stanza vennero effettuate le riprese con la telecamera di cui ho detto. La stanza segnata con il n. 1 è quella da cui abbiamo filmato prima della perquisizione e dove mi sono recato dopo la perquisizione. Le stanze n. 2 e 3 sono quelle da cui mi sono affacciato. La stanza n. 3 è quella da cui ho preso il microfono. Con il n. 4 indico la posizione in cui mi trovavo seduto. Il piccolo registratore lo misi pressoché nel punto che indico con il n. 5.
Ritrovai il mio registratore dopo che la polizia lasciò il nostro piano; diedi la registrazione agli addetti di radio GAP che la immisero in internet; portai il minidisk con la registrazione in Germania.
Parlai di questa registrazione con il mio avvocato circa un anno dopo e gliela feci sentire; mi chiese di mandarne una copia al Pubblico Ministero. Riconosco la busta e la lettera con cui inviai la registrazione.
Carboni Massimiliano (udienza 7/6/2006)
(verbale – trascrizione)
Il 21 sera mi trovavo presso la scuola Pascoli; ero corrispondente di Radio GAP per radio Onda Rossa di Roma.
Verso le 21,30, mentre ero sul cancello di ingresso della Pascoli, vidi passare piuttosto velocemente un piccolo convoglio, mi pare vi fossero due macchine con le insegne della polizia di cui una più grande e forse altre due senza alcun segno identificativo. Sulla strada vi era molta gente; c’era stato anche un autobus di linea che si era fermato nei pressi della scuola. Le persone che erano sulla strada furono costrette a scansarsi e quindi vi furono diversi insulti nei confronti delle auto; non ricordo che siano stati lanciati oggetti contro tali auto, io non li ho visti. Non vi furono altre reazioni. Tale fatto aumentò il generale stato di paura.
Più tardi, mentre stavamo mangiando nella sala di Indymedia, sentii gridare “polizia” e affacciatomi, vidi scendere lungo via Battisti un gran numero di agenti con i caschi blu. Sono corso al piano terra, verso la porta di ingresso posta sotto il livello della strada; vidi che la polizia invece entrò attraverso il portone all’altezza della strada. I poliziotti erano in tenuta antisommossa, casco fazzoletto sul volto; un ragazzo che si trovava vicino all’ingresso si riparò dietro un banco ed un poliziotto si sfogò colpendo con il manganello il banco; i poliziotti ci dissero di inginocchiarci a terra con le mani alzate. Riconosco nella foto 43 il locale ove mi trovavo.
Dopo un po’ altri poliziotti in abiti civili ci fecero abbassare le mani e poi sedere. Uno dei poliziotti, più tranquillo, fece chiudere le finestre perché disse poteva entrare il fumo dei lacrimogeni, che peraltro io non vidi né sentii. La tensione si attenuò. Poi ci dissero che potevamo uscire, ma noi rimanemmo nella stanza, anche perché dall’esterno si sentivano rumori poco rassicuranti.
Sentii arrivare Agnoletto. Restammo ancora un po’ nella stanza; io telefonai e infine uscii.
Tornai nella stanza al secondo piano ove vidi che le attrezzature della radio non erano state danneggiate. Conosco Fletzer che era l’unico giornalista accreditato; portava la pettorina da giornalista e mi disse di essere stato aggredito.
Conosco Anna Curcio che era una redattrice di radio GAP, conosco Stefano Kovac che era rappresentante del Consorzio Italiano di Solidarietà.
Morgantini Luisa (udienza 15/6/2006)
(verbale – trascrizione)
Ero e sono parlamentare europea. Il 21 sera mi trovavo nell’ufficio stampa della scuola Pascoli; vi ero arrivata verso le ore 18-19. Per salire al primo piano vi era un controllo ed era necessario un pass. La situazione all’interno dei locali era molto tranquilla. Alcuni giovani mi avevano chiesto di restare nell’edificio perché così erano più tranquilli, tenuto conto di quanto era avvenuto nel corso della giornata.
Mentre stavo scrivendo al computer sentii gridare: “Polizia, polizia”; affacciatami alla finestra vidi un gran numero di poliziotti che provenendo dalla sinistra si avventava contro il cancello del cortile della scuola Pertini; vidi quindi arrivare un mezzo della Polizia che sfondava il cancello; i poliziotti si lanciavano poi contro il portone centrale e le finestre laterali; con i manganelli rompevano i vetri delle finestre laterali; non ho visto oggetti lanciati dalle finestre, anzi mi sembrava che le finestre fossero chiuse.
Ad un tratto sentii aprire la porta della stanza in cui mi trovavo e vidi entrare alcuni poliziotti, due o tre. Mi qualificai immediatamente; telefonai all’On. Bertinotti e anche alla RAI. Parlai con un poliziotto, chiedendo che cosa stesse accadendo ed egli mi rispose che si trattava di un controllo di sicurezza. Ricordo che il poliziotto con cui ho parlato aveva un casco, ma non se era in divisa. Mi sembrava che avesse una posizione di comando.
Le persone che erano nella stanza vennero fatte uscire, mentre io rimasi a telefonare. Quando uscii vidi che molti ragazzi erano in ginocchio rivolti verso il muro. Mi sono recata nella stanza dei legali ed ho visto tutti i computer che erano sulla sinistra, rotti; vi erano anche poliziotti che avevano in mano fotocopie di passaporti; nella parte destra vi erano altri computer ma non ricordo se fossero integri. Sono poi andata nella stanza a fianco, dove si trovavano medici ed infermieri, ove non era successo nulla. Sono salita insieme ad una ragazza di nome Laura al piano superiore (il II) dove c’erano le radio ed anche lì non era successo nulla; anche al terzo piano infine non era successo nulla. Non ricordo se al secondo piano vi fossero persone sedute nel corridoio, ma mi pare di si. Adesso che mi viene letto quanto da me già dichiarato ricordo che in effetti le persone sedute nel corridoio erano al terzo piano, mentre non ricordo di averne viste al secondo.
Alle mie domande su quanto stesse accadendo i poliziotti rispondevano in modo vago ed anche spesso maleducato ed insofferente. Uno mi disse che non potevo dare ordini alla polizia ed io gli risposi che stavo soltanto ricordando i diritti dei cittadini.
Sono scesa ed ho visto che le attrezzature all’entrata erano rotte. Uscita all’esterno dal cancello (la polizia si era in buona parte allontanata dalla Pascoli), vidi moltissime persone tra le quali alcuni parlamentari, l’On. Mascia, Agnoletto, funzionari di polizia; io e Malabarba ci siamo qualificati; Vidi che iniziavano ad uscire i feriti, che sanguinavano. Parlammo con Sgalla ed altri funzionari ai quali chiedemmo che cosa stesse accadendo; mi venne risposto che erano state trovate bottiglie molotov, ma che non era successo nulla di particolare, che le ferite erano pregresse e che si era trattato di un normale controllo.
Arrivarono poi le ambulanze. Una ragazza turca, che appariva in gravi condizioni, mi disse di essere stata aggredita e colpita dai poliziotti; la sono andata a trovare all’ospedale anche il giorno dopo.
Nel periodo in cui rimasi alla Pascoli e ogni tanto guardavo dalla finestra, non vidi entrare alla Pertini persone con ferite evidenti.
Nel Rep. 177 p.5 p.19 min. 13,50 (estratto) mi pare di aver intravisto un signore con la barba che potrebbe essere uno dei funzionari che stavano discutendo all’esterno della Pertini.
Non mi pare di aver parlato con nessuna delle persone visibili nel filmato Rep 174 min. 3,02.
Nella registrazione che mi viene fatta ascoltare (cassetta Pascoli) riconosco tra le altre la mia voce, almeno così mi pare, ma non capisco quello che dico, perché il volume è troppo basso.
Nella foto che mi viene mostrata (n. 6 faldone PM n. 1 pag. 1016 e ss.) mi pare di riconoscere il poliziotto che parlò con me nella stanza in cui mi trovavo.
Sono entrata nella Pertini solo quando tutto terminò perché prima mi venne impedito.
La situazione all’interno della Pertini era allucinante: vi erano ragazzi che si aggiravano come fantasmi; zaini e libri sparsi in terra e soprattutto sangue. Vidi chiazze di sangue freschissime sia al piano terra sia sulle pareti della scala. Vidi anche mi pare sulla sinistra entrando alcuni computer rotti.
Non ho visto passare autovetture della polizia verso le 21, ma l’episodio mi è stato riferito.
Vidi aprire dalla polizia il portone laterale ma non ricordo di aver visto aprire quello principale.
Morando Daniela (parte civile, quale rappresentante della coop Laboratorio 2001, assunta all’udienza del 22/11/06)
(verbale – trascrizione)
Lavoravo per una radio presso la scuola Pascoli. Il 21 rimasi nella la scuola, in un’aula al secondo piano, tutto il giorno. La sera stavamo cercando di concludere le trasmissioni.
Mi ero allontanata una mezzora per la cena; l’atmosfera era piuttosto tesa.
Nulla so circa il passaggio di una pattuglia della polizia davanti alle scuole.
Ad un tratto sentii forti rumori provenire dalla strada; quindi grida e rumori dalla stessa scuola. Stavo trasmettendo in diretta, quando sentii che la porta del corridoio veniva aperta e poi vidi aprirsi anche la porta dell’aula in cui mi trovavo ed entrare alcuni poliziotti. La maggior parte delle persone che si trovavano nella stanza si era posta vicino al muro alle mie spalle; avevamo preso le nostre cose personali e chiuso la porta. Qualcuno aveva chiuso anche la porta del corridoio ponendovi davanti alcuni banchi.
I poliziotti circa cinque o sei in tenuta antisommossa con il casco entrarono nell’aula; chiedemmo che cosa stesse succedendo e dicemmo che eravamo in diretta e che c’era un milione di persone che ci ascoltava. I poliziotti continuavano a ruotare i manganelli e a colpire i banchi senza darci alcuna risposta o dirci qualcosa. Eravamo molto spaventati. C’era un poliziotto che ci guardava in modo particolare e che quando io dissi di non farci del male, mi guardò con aria molto stupita.
Non mi pare che ci siano stati dati ordini se non forse di non uscire dall’aula.
All’interno rimasero tre o quattro poliziotti, gli altri entravano ed uscivano.
Dopo circa dieci minuti uscirono dall’aula; ci interessammo subito di capire se la trasmissione si era interrotta e così apprendemmo che per qualche minuto o secondo, proprio in corrispondenza dell’ingresso dei poliziotti si era in effetti interrotta, ma non ne conosco le cause.
Quando mi affacciai alla finestra vi erano già le ambulanze che portavano via i feriti. Feci poi un giro per la Pascoli. Salii al terzo piano, ove vidi tutte le persone sedute nel corridoio e controllate dai poliziotti, che avevano pettorine con la scritta “Polizia”. Ero con un’altra collega e circolavamo abbastanza liberamente.
Nel filmato Rep. 192.20 p. 3 min 9,16 (estratto) mi riconosco nella persona con la maglietta azzurra, ero nella stanza assegnata al legal forum; i poliziotti mi stavano chiedendo perché stessimo girando ed io rispondevo chiedendo che cosa stesse accadendo.
Nella stanza dei legali vi era una grande confusione: i computer rotti e senza gli hard disk, cumuli di carte sui tavoli ecc.
Riconosco la mia voce nella registrazione della trasmissione in diretta che mi viene fatta ascoltare (“Sgombero”).
Ho avuto poi problemi sul lavoro perché avevo subito un trauma a livello psicologico. Rimasi assente dal mio lavoro di infermiera per circa un mese.
Di Marco Vito (udienza 29/11/06)
(verbale – trascrizione)
Ero a Genova in occasione del vertice G8 quale responsabile di una radio che faceva parte del network Radio Gap; avevo portato anche le attrezzature della radio all’interno della scuola Pascoli. Attualmente svolgo attività di consulenza per lo sviluppo della televisione digitale terrestre.
Il pomeriggio del venerdì ed il sabato sono sempre stato all’interno della scuola Pascoli; non mi sono mai allontanato dalla struttura se non il venerdì pomeriggio, quando circolava notizia di scontri nelle strade limitrofe alla scuola, e sono quindi uscito per spostare la mia auto che era posteggiata nei pressi.
Al ritorno, verso le 16, vidi scendere lungo la strada un gruppo di ragazzi, uno con un tamburo, vestiti in modo simile ai c.d. black block; ero alla finestra del secondo piano e vidi alcune persone uscire dalla scuola e invitare i ragazzi a non entrare nella scuola e ad allontanarsi. Tra le persone scese a parlare vi erano Clementoni Francesca di radio città 103 e Luca di radio Onda rossa di Roma. Il gruppo sembrava volesse entrare nella Pertini, ma il cancello era chiuso e dopo la discussione si allontanò. Non ho assistito ad altri tentativi di persone riconducibili ai c.d. black block di entrare nelle scuole. L’ingresso alla Pascoli era controllato, c’era un pass.
Non mi presentai subito a riferire queste circostanze perché lavoravo a Bruxelles per la Telecom,. Andai a lavorare a Bruxelles nel 2004. Decisi poi di testimoniare e mi presentai nel maggio, giugno 2006 al P.M. Cardona.
Dopo i fatti di Genova avevo cercato di rimuoverne il ricordo; soltanto successivamente parlando con Galeazzi venni a sapere che alcune circostanze non erano state chiarite, in particolare riguardo all’interruzione della trasmissione di radio Gap, dovuta allo spegnimento dell’apparecchio ISDN, che avevo visto direttamente e così decisi di testimoniare.
Neslen Arthur (udienza 19/4/07)
(verbale – trascrizione)
Lavoravo e lavoro come giornalista.
Il 21 luglio mi trovavo in via Battisti, presso la scuola Pascoli, nei locali di Indymedia, ove sono arrivato verso le 22. Nulla è accaduto fino circa a mezzanotte. Ero al terzo piano; mi accorsi che la polizia era schierata in strada; dalla finestra ho visto i poliziotti in armatura, sembrava un’armata. Le persone avevano paura che venissero lanciati lacrimogeni e così vennero chiuse le finestre; non avevo idea di che cosa volessero, anche perché l’edificio era del tutto tranquillo.
I poliziotti sembrava che procedessero lungo la strada; mi pare di ricordare un furgone della polizia che si stava avvicinando all’edificio di fronte. Scesi al piano terra; vi erano persone che cercavano di barricare la porta di ingresso con tutto ciò che trovavano; vi era molta paura. Qualcuno mi disse di risalire e di dire a tutti di stare calmi. Arrivai mi pare al primo piano, ma forse tra il primo ed il secondo; vidi alcuni poliziotti con i manganelli alzati ed alcuni giovani che erano in ginocchio a terra nel corridoio. Non so se i giovani siano stati colpiti; io non mi fermai perché a mia volta avevo paura di essere picchiato. Alcuni poliziotti avevano un’uniforme blu alcuni erano in jeans con maglietta e giubbotto con la scritta polizia, alcuni avevano il casco.
Avevamo messo un tavolo in mezzo come barricata; i poliziotti lo gettarono di lato, erano molto arrabbiati; ci hanno fatto appoggiare al muro con la punta delle dita e le gambe allargate. Nel frattempo i poliziotti entravano ed uscivano dalle stanze, portando alcune scatole di materiale vario.
Ero vicino ad una ragazza molto giovane che sembrava avesse problemi respiratori o un attacco di panico; cercai di rassicurarla e così facendo staccai la mano dal muro. Un poliziotto venne verso di me in modo molto aggressivo urlando qualcosa. La ragazza era sempre più preoccupata; io feci un gesto verso di lei come per dire che qualcosa non andava con il poliziotto; questi mi vide e venuto vicino a me mi prese per il collo e mi trascinò giù per le scale; nei punti in cui non vi erano altre persone mi colpiva nel fianco con il manganello. Gli chiesi che cosa non andasse ed egli si mise ad urlare e mi colpì sulla schiena e sulla gamba. Arrivammo al piano terra, ove c’era un altro gruppo di poliziotti in tenuta antisommossa.
Avevo gli accrediti della stampa appesi al collo e dissi invano ripetutamente ai poliziotti che ero un giornalista, fatto che venne anche confermato da un altro giornalista mio amico.
Il poliziotto mi riprese per il collo e mi portò ai piani superiori, continuando ad urlare qualcosa in italiano che io non comprendevo.
Ad un tratto sentii qualcuno, che credo fosse una parlamentare italiana, gridare qualcosa ai poliziotti; sembrava avesse autorità e potesse sfidare la polizia. Era sulla quarantina, con i capelli grigi, abbastanza magra ed era insieme ad un uomo, alta circa m. 1,65 1,70.
Non sono sicuro che i poliziotti cercassero qualcosa; non so se avessero guardato nelle scatole, so soltanto che li vidi portarle via.
L’atmosfera nei minuti successivi iniziò a calmarsi e dopo circa una ventina di minuti ci lasciarono alzare. Sono sceso al piano terra; avevo sentito che un mio amico, Mark Covell, era stato colpito e cercavo quindi di averne notizie. Poi uscii in strada.
Era chiaro che nella scuola di fronte vi erano stati incidenti.
Ricordo di aver visto un’equipe televisiva all’esterno della scuola.
Nel filmato (Rep. 192.20 p 3, al min. 5.30.57 del contatore – estratto), riconosco Francesco Rojs, che mi disse di salire a dire di stare calmi e che tutto era sotto controllo.
Non riconosco le persone raffigurate nelle foto da 7 a 10 del Faldone 1 n. 1060.
Ballerini Alessandra (udienza 20/9/07)
(verbale – trascrizione)
Facevo parte dei giuristi democratici e avevamo deciso di assistere coloro che ne avessero avuto bisogno nel corso del vertice G8.
Avevamo un punto di incontro in piazzale Kennedy e un altro alla scuola Pascoli. Nella scuola vi era il centro ove operava il nostro coordinatore, Giuseppe Scribani, che ci indicava i luoghi ove era più necessaria la nostra presenza. La sera facevamo il punto della situazione e di quanto era accaduto nella giornata.
Avevamo una stanza con computer e stampanti al primo piano della scuola Pascoli.
La sera del 21 Costantini, un altro ragazzo svizzero e Scribani mi chiesero di fermarmi la notte; dato che sono civilista dissi loro di cercare un penalista, ma che in caso di necessità mi chiamassero e così mi recai a casa verso le 23,30 perché ero stanchissima. Mentre stavo entrando a casa ricevetti una telefonata da Scribani che mi disse di tornare subito perché li "stavano ammazzando tutti”.
All’inizio di via Battisti la polizia fermò la macchina di mio padre, che mi aveva accompagnato, su cui mi trovavo; mostrai il mio tesserino di avvocato, dicendo che dovevo assistere alla perquisizione, ma non mi fecero passare; un poliziotto mi gridò che se difendevo i no-global ero una merda e che dovevo morire anch’io. Rimasi sul posto schiacciata contro le ringhiere della scuola; iniziarono quindi ad arrivare alcuni colleghi e poi Agnoletto; feci un esposto ed una querela in proposito.
Quando riuscii ad entrare nella scuola vidi che nella nostra stanza i computer erano stati smontati e erano stati portati via gli hard disk.
Nella scuola Pertini la situazione era disastrosa; vi era sangue ovunque; ricordo in particolare un termosifone tutto macchiato di sangue.
Nelle foto che mi vengono mostrate (123 e seguenti) riconosco la stanza ove lavoravamo, i computer smontati e le carte sparse ovunque.
Avevo redatto una lista delle persone portate a Bolzaneto, di cui non si sapeva più nulla.
Gli arrestati ed anche coloro per i quali non era stato convalidato l’arresto, sono poi stati espulsi dall’Italia in quanto considerati pericolosi; vennero espulsi anche i cittadini europei ed anche una cittadina italo-svizzera. Tutti vennero fisicamente accompagnati alla frontiera.
Nel filmato (Rep. 177.5 parte 19 min. 4,91 - estratto): riconosco alcuni colleghi, ma io sono nella parte opposta della strada verso piazza Merani.
Cattini Susanna (udienza 20/9/07)
(verbale – trascrizione)
Faccio parte dei giuristi democratici ed ho partecipato come avvocato alle manifestazioni del 20 e 21. Indossavamo magliette gialle e seguivamo i diversi manifestanti divisi in gruppetti. Eravamo circa un centinaio ed i genovesi coordinavano l’attività di tutti. Avevamo due punti di riferimento: uno al media center in via Battisti ed un altro, privo di attrezzature, in piazzale Kennedy.
Davamo informazioni alle persone che si presentavano e raccoglievamo le denunce. Io ho prestato la mia attività prevalentemente in piazzale Kennedy; mi sono recata solo una volta in via Battisti.
Il 21 sera mi trovavo in piazzale Kennedy e verso mezzanotte ricevemmo una telefonata dall’ufficio di via Battisti che ci chiedeva di intervenire perché vi era una perquisizione; mi recai sul posto insieme ai colleghi Andrea Sandra di Genova, Gianluca Vitale di Torino e Roberto Galli di Milano, ma non riuscii ad entrare perché c’era un cordone di polizia che ci impediva il passaggio.
Nel filmato (Rep.177.5 p. 19 min 5,07 – estratto) che mi viene mostrato mi riconosco con occhiali e maglietta gialla e con il tesserino in mano.
Più tardi, dopo l’uscita della polizia, entrai nella Pascoli; nella sala degli avvocati vi era il maggior disordine: i computer erano a terra rotti; i computer che non erano in uso agli avvocati erano invece integri ed ancora accesi.
Nelle foto (124 e seguenti) riconosco sulla destra i computer ancora integri, mentre sulla sinistra vi erano gli altri tutti rotti.
Bianco Paola (udienza 8/11/2007)
(verbale – trascrizione)
Ero infermiera volontaria del GSF.
La sera del 21 ero nella sala infermeria della scuola Pascoli. Ad un tratto sentii rumori all’esterno e affacciatami vidi la polizia in assetto di attacco che stava entrando nella scuola; i carabinieri stavano entrando nel cortile dell’altra scuola. Contemporaneamente entrarono nella Pascoli.
Nella stanza ove mi trovavo entrarono due poliziotti; ci chiesero che cosa facessimo e noi rispondemmo che eravamo infermieri.
Dall’esterno si sentivano urla che provenivano sia dalla Pascoli sia dalla Diaz.
Siamo tornati alla Pascoli verso le 22,30; tutto era tranquillo; poi mentre eravamo nell’infermeria, dopo circa una mezzora, sentii il rumore di un elicottero e affacciatami vidi quanto ho detto: i poliziotti a sinistra e i carabinieri a destra che si univano per entrare nelle scuole. Si sentivano come ho detto grida e rumori. Per entrare nella Diaz la polizia dovette spingere e sfondare il cancello del cortile.
I due poliziotti ci chiesero i documenti che poi ci restituirono.
Quando i poliziotti andarono via, curammo un ragazzo ferito che aveva una ferita alla testa; poi scendemmo ed entrammo nella Diaz ,ove vidi alcuni ragazzi con contusioni; i più gravi erano stati portati via dal 118; noi demmo il ghiaccio ad alcuni; c’era una gran confusione; c’erano ancora i poliziotti che cercavano di fare uscire tutti dalla scuola, ma senza decisione, soltanto a parole.
Vi erano giovani che cercavano di recuperare le proprie cose.
Ritornai nell’infermeria ove restai fino all’una le due di notte o anche dopo; arrivavano giovani che erano stati percossi ed erano però riusciti a scappare dalla polizia. C’era l’On. Morgantini, alcuni avvocati, giornalisti. Verso le tre circa tornai a casa.
Rep. 164.059, min 2,12 (estratto): non riconosco la persona col cerotto sul labbro; il ragazzo che abbiamo curato era alto pelato biondiccio nordico.
Con noi vi era il dr. Costantini.
Schiavi Gloria (udienza 8/11/2007)
(verbale – trascrizione)
Sono infermiera professionale e avevo risposto alla richiesta del GSF. Il venerdì ero stata assegnata al corteo delle tute bianche.
Il sabato avevo iniziato a seguire un corteo; poi dopo le cariche mi ero ricongiunta con un’ambulanza a prestare soccorso. Infine rientrai nella Pascoli verso le sette e trenta otto, e iniziai a riordinare tutto il materiale dell’infermeria insieme agli altri medici ed infermiere. Tutto era tranquillo, vi era poca gente perché molti erano usciti a cena.
Arrivò un ragazzo che aveva una ferita alla testa e che non voleva recarsi all’ospedale; lo suturai e nel frattempo sentii il rumore di un elicottero; sarà passata una o due ore da quando ero arrivata.
Terminai di assistere il ragazzo e mi affacciai alla finestra. Vidi arrivare dalla sinistra quattro o cinque cellulari della Polizia in contemporanea con ambulanze. Venne sfondato il cancello che era chiuso con una catenella; poi iniziammo a sentire gridare dall’interno.
Sentii quindi passi pesanti nel corridoio e grida dal piano superiore. Ad un tratto entrarono due poliziotti, il primo con casco e manganello; il secondo che disse al primo che ci avrebbe pensato lui; sembrava un po’ imbarazzato per quanto stava accadendo. Ci fece restare nell’ambulatorio, ci chiese i documenti che poi ci restituì.
Dalla finestra si vedevano le ambulanze e i gruppi di persone.
Infine il poliziotto ci disse che potevamo muoverci. Siamo usciti ed abbiamo visto la stanza dei legali con i computer rotti; scendemmo in strada ed entrammo nella Pertini, ove vi era una gran confusione, indumenti, zaini sparsi e macchie di sangue ovunque. Vi erano giornalisti, mi pare l’On. Morgantini, Agnoletto. All’interno della Diaz non vi erano più poliziotti
Ritornai nella scuola Pascoli, raccolsi i miei effetti personali e andai via.
Rimasi molto spaventata, non riuscii a dormire per diverso tempo.
Il ragazzo che ho suturato disse che era da circa due ore che era in quella situazione e che non sapeva che cosa fare. Arrivò verso le 20,30 – 21.
Penso di essere andata via verso mezzanotte l’una. Mi pare che i cellulari siano arrivati verso le 22.