RASSEGNA STAMPA
CORRIERE SERA - «Avevano picconi e accette
Noi i bersagli per 1.200 euro»
Roma, 19 dicembre 2010
Il colloquio - «Per noi è una vocazione, abbiamo difeso Roma da un'orda di barbari»
«Avevano picconi e accette
Noi i bersagli per 1.200 euro»
Il poliziotto: mi chiamano Drago, se arrestassero mio figlio lo picchierei
«Dio non voglia che questi, un giorno, raggiungano il loro scopo:
uccidere uno di noi. Come gli ultrà hanno fatto con Raciti. Perché allora non
so proprio come andrebbe a finire. I politici, gli onorevoli come li chiamo io,
devono capire che bisogna cambiare strada. Subito». «Drago» è una montagna. Lo
è nell'aspetto, ma anche dentro. Due lauree brevi, una famiglia da mantenere.
Gianluca Salvatori («Ma se non dite Luca Drago nessuno mi riconosce», ci tiene
a sottolineare) ha 43 anni, è un assistente capo della polizia. E un punto di
riferimento per gli agenti del Reparto mobile di Roma. Un celerino, insomma.
Di quelli che martedì scorso si sono ritrovati a fronteggiare centinaia di
teppisti scatenati.
«Da soli, in 25, abbiamo respinto 5 mila energumeni armati di "male e peggio",
picconi, accette: ma quando ci daranno qualcosa di meglio di uno scudo e un
manganello? Dove sono gli idranti e i "capsulum" (un potente lancia-peperoncino)?», chiede «Drago», che a piazza del Popolo ha preso colpi al
petto e a una spalla, ed è finito in ospedale.
Luca è un giellista (dal Gl40, piccolo fucile usato per sparare lacrimogeni) e
guida i blindati. È anche impegnato nei sindacati, come segretario provinciale
della Consap. Ma la sua casa è la caserma di Ponte Galeria. Sulla carta oltre
500 uomini, «ma alla fine siamo 250. Un gruppo unito, legato da affetto
fraterno, una squadra più simile a una famiglia». Con una vita in prima linea.
«Per 1.200 euro al mese, più 13 di indennità nei giorni di ordine pubblico -
svela l'agente -. Quanto guadagniamo all'ora nemmeno ve lo dico perché è
ridicolo. I nostri colleghi spagnoli prendono quasi il triplo, gli altri anche
di più. Ce la battiamo solo con i greci, ma lì è un'altra storia».
Quasi tutti i giorni con casco, scudo e mimetica imbottita. Nelle
manifestazioni e allo stadio. Gli insulti nemmeno li sente più: «Di quelli non
mi preoccupo - aggiunge il poliziotto - non mi offendo, anzi non ci offendiamo,
noi del Reparto: li guardi in faccia, questi ragazzini, anche loro con i
caschi e gli scudi. A qualcuno gliel'ho anche detto: "Ma lo capisci che con un
arresto ti rovino il futuro?" C'è chi ti sta a sentire, chi ti ringrazia, come
uno di Pisa che ho incontrato in ospedale. Ma tanti se ne fregano. E magari un
giorno te li ritrovi a fare politica».
«Drago» c'era anche a largo Goldoni, durante l'aggressione al finanziere. Con i
suoi («Compagni, camerati, colleghi? Come li devo chiamare per non essere
etichettato?») è fra coloro che sono corsi in aiuto del militare. «C'erano
tutte le condizioni perché usasse la pistola che volevano portargli via -
spiega l'assistente capo - ma lui non l'ha fatto. Immaginate cosa sarebbe
successo se un manifestante fosse riuscito a prenderla? Nell'ordine pubblico
non si può sbagliare, non è come fare le indagini, dove c'è il tempo di fare
correzioni. Da noi no. Quello che si prevede non è mai quello che accade. E in
piazza non siamo solo poliziotti: siamo i supplenti di un governo, come anche
ha detto il capo della polizia, di destra o di sinistra che sia, che invece
non ci tutela come dovrebbe. I politici promettono aiuti che non arrivano mai
e noi sacrifichiamo le nostre vite, privato compreso».
Essere un celerino vuol dire anche questo: «Certo, crediamo in quello che
facciamo, per me è una vocazione. Martedì, come le altre volte, siamo stati i
difensori di Roma contro un'orda di barbari. Ma anche noi abbiamo il diritto
di tornare a casa tutti interi. Abbiamo madri, mogli e figli che ci aspettano.
Proprio come i teppisti che fermiamo. Invece ci lapidano e ci ordinano di
stare fermi, immobili. A subire di tutto. Non dico che le "teste calde" che ci
sono fra noi facciano bene a sfogarsi. È chiaro che sbagliano, ma dopo 12 ore
di questa storia...».
Alcuni fra i 53 feriti delle forze dell'ordine vogliono costituirsi parte
civile contro chi li ha fatti finire in ospedale negli scontri a via del Corso
e piazza del Popolo. Finora per tutti loro l'unica soddisfazione di una
giornata drammatica è stato l'sms di ringraziamento inviato dal questore
Francesco Tagliente. «Un onore, un conforto, non era mai successo prima»,
spiega «Drago», che però protesta: «Se un agente sbaglia paga tre volte
rispetto a un cittadino normale, ma i danni fatti da questi teppisti a chi li
chiediamo? Ai genitori? Tanto nemmeno loro capiscono: sempre martedì, in
commissariato, ne ho incontrati alcuni - racconta l'agente -. Volevano notizie
dei figli fermati. Per loro era come se fosse stato normale. "Dobbiamo
aspettare che ste' m.... decidono se carcerarlo oppure no", diceva uno. Ma che
scherziamo? Se succedesse a mio figlio il primo a picchiarlo sarei io».
L'ultimo affronto poi è arrivato con la scarcerazione dei 22 arrestati di
martedì. E su questo «Drago» chiude il discorso: «Ormai si sentono legittimati
a fare tutto. Legittimati dalla giustizia che li mette fuori dopo tutto quel
casino. E a ripresentarsi in piazza la settimana prossima. Ma ci saremo anche
noi, come sempre».
Rinaldo Frignani