RASSEGNA STAMPA
LA REPUBBLICA - I torturati del G8: "Pignorate i ministeri"
Genova, 12 giugno 2009
I torturati del G8: "Pignorate i ministeri"
LE VITTIME di Bolzaneto, la caserma del G8, chiedono il pignoramento dei
beni dei loro «torturatori» e di quelli dei ministeri di appartenenza.
Nonostante il tribunale abbia condannato a versare un anticipo complessivo
di due milioni di euro, dopo un anno Viminale e Ministero della Giustizia
non hanno tirato fuori un centesimo e tantomeno preso contatto con le
duecento e passa vittime. Che a questo punto hanno avviato le esecuzioni
civili: si rifaranno su scrivanie, computer, «volanti» e furgoni per il
trasporto dei detenuti.
Torture a Bolzaneto le vittime chiedono il pignoramento dei ministeri
Lo Stato condannato a una provvisionale di due milioni. Non ha ancora
pagato
MASSIMO CALANDRI
Le vittime della caserma di Bolzaneto chiedono il pignoramento dei beni
dei loro «torturatori», che nonostante la sentenza di condanna si
rifiutano di risarcire i danni. A nove anni dai fatti di Genova e dopo le
scuse ufficiali dello Stato, nessuno dei colpevoli ha ancora pagato. Non
il ministero dell´Interno, non quello di Giustizia. Nemmeno gli agenti, le
guardie carcerarie, i medici personalmente responsabili dei soprusi e
delle violenze nella prigione del G8. Penalmente, la prescrizione ha già
cancellato i reati. Ma undici mesi fa il tribunale del capoluogo ligure
aveva fissato in due milioni di euro la provvisionale da versare – subito
- a circa duecento no-global. Un anticipo sulla somma complessiva da
definire civilmente. A gennaio l´Avvocatura dello Stato aveva appellato la
decisione, chiedendo ai giudici la sospensione del risarcimento: la
risposta non arriverà prima di questo autunno. Nel frattempo i condannati
avrebbero comunque dovuto mettere mano al portafogli, o almeno contattare
formalmente le vittime. Invece, nulla. Due volte umiliati da questo
silenzio, i duecento e passa di Bolzaneto hanno avviato attraverso i loro
avvocati le esecuzioni civili. Chiedono il pignoramento dei beni dei
ministeri fino al raggiungimento del valore dovuto: scrivanie, computer,
persino «volanti» o furgoni per il trasporto dei detenuti, compresi
eventuali depositi bancari presso la Tesoreria.
Renato Delucchi, presidente della terza sezione, riconoscendo l´esistenza
di un «campo» aveva ammesso la sconfitta della giustizia italiana. Ma nel
luglio passato il tribunale era stato costretto ad applicare le leggi
italiane a disposizione - che non disciplinano il reato di tortura - e
aveva escluso il dolo e l´aggravante dei ‘futili motivi´: condanne per 23
anni e 9 mesi, più il risarcimento. Meno di un terzo di quanto chiesto
dalla pubblica accusa. Lo Stato italiano aveva preso le distanze da
poliziotti e agenti di custodia: sostenendo che in quei giorni del G8 era
cessato il "nesso organico" tra le forze dell´ordine e il ministero di
appartenenza, Viminale e Ministero di Giustizia si erano rifiutati di
essere considerati responsabili in solido, proprio perché i loro uomini
non si erano comportati come "servitori dello Stato". Una tesi però
rifiutata dalla corte, che aveva presentato il conto anche ai ministeri.
All´inizio di quest´anno, tutti i protagonisti del dibattimento hanno
fatto appello alla sentenza. Soprattutto i pubblici ministeri Patrizia
Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati, che nella loro richiesta hanno
sottolineato la matrice ‘politica´ della barbarie di Bolzaneto,
denunciando che le ‘azioni illegali´ delle forze dell´ordine erano
«dirette al disprezzo, all´umiliazione e alla vessazione di queste persone
proprio per la loro appartenenza ideologica». La data del nuovo processo,
affidato alla seconda sezione della corte d´appello, non è ancora stata
fissata. Con ogni probabilità se ne parlerà in autunno.