COMMISSIONE D'INDAGINE

Seduta 07 - 04 Settembre 2001

Audizione del dottor Paolo Serventi Longhi, presidente della Federazione nazionale della stampa.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del dottor Paolo Serventi Longhi, presidente della Federazione nazionale per la stampa. Prima di dare inizio all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte dei componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Comunico che il dottor Paolo Serventi Longhi chiede di essere accompagnato dal dottor Marcello Zinola, segretario territoriale dell'associazione ligure dei giornalisti. Poiché abbiamo già consentito tale prassi con altri auditi, ritengo di poter accedere alla sua richiesta.
Ringrazio il dottor Paolo Serventi Longhi per aver accolto il nostro invito: ci scusiamo per averlo fatto attendere, ma avevamo previsto per l'audizione precedente un tempo inferiore, che invece non è stato sufficiente. Se lei ha preparato una relazione scritta, può leggerla, lasciarla agli atti del Comitato oppure riassumerla.
PAOLO SERVENTI LONGHI, Presidente della Federazione nazionale della stampa. Ringrazio lei, presidente. L'informazione


Pag. 77

è al servizio del Parlamento: dunque, siamo a disposizione. Se il presidente del Comitato è d'accordo, vorrei leggere e sintetizzare alcuni concetti ed alcune notizie rispetto al tema essenziale che penso di trattare. Intendo ringraziare il presidente ed il Comitato per aver voluto aprire una finestra sui problemi dell'informazione in occasione del vertice del G8 a Genova.
Ci sembra importante sottolineare innanzitutto lo straordinario lavoro che migliaia di giornalisti italiani e stranieri di tutte le testate, dall'emittenza radiotelevisiva nazionale - il servizio pubblico e privato - a quella locale, le agenzie di stampa, i quotidiani, i periodici, di ogni parte politica, l'importante lavoro dei siti informativi Internet, di tanti giornalisti free lance che lavorano autonomamente, hanno svolto in quei giorni. Nonostante grandi difficoltà di ogni genere delle quali parleremo nel dettaglio, anche se sinteticamente, il mondo dell'informazione è riuscito, a mio avviso, a documentare in maniera completa, corretta e pluralista gli eventi delle giornate di Genova.
Sottolineo in particolare il lavoro dei colleghi liguri, che sono rappresentati qui dal segretario del sindacato unitario, Marcello Zinola, che mi ha accompagnato. Sono stati anche punto di riferimento per molti giornalisti italiani e stranieri.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti e lasciano il campo, a mio avviso, a poche strumentalizzazioni. Ciò che è stato raccontato, con le parole e con l'immagine, è quanto è avvenuto a Genova, tanto che tutte le inchieste, da questa, presidente, a quelle della magistratura, si basano anche e soprattutto su documenti di fonte giornalistica. Presentiamo stamane una relazione della Federazione nazionale della stampa e dei giornalisti liguri, che si sono mossi congiuntamente con l'unico scopo di rivendicare, da parte di tutti i


Pag. 78

soggetti, la difesa del diritto di cronaca, la libertà di informazione, il sacrosanto diritto dei cittadini ad essere informati. In questo senso l'informazione sul G8 ha dimostrato l'impegno serio e professionale della gran parte dei giornalisti nella ricerca della verità, naturalmente nel rispetto delle opinioni legittimamente espresse da ciascun organo di stampa.
Ci soffermiamo oggi sulle difficoltà, sui problemi legati alla libertà di movimento dell'esercizio della professione giornalistica; sulla possibilità di individuare i giornalisti in maniera chiara, senza confusione, nelle giornate di manifestazione, da parte delle forze dell'ordine e dei manifestanti; sui rischi e sulle conseguenze che decine di giornalisti, foto-reporter, telecine operatori, free-lance di tutto il mondo, hanno dovuto subire. Giornalisti feriti, picchiati, minacciati, intimiditi hanno comunque fatto, ripeto, nella stragrande maggioranza dei casi, il proprio dovere. Lo dimostrano i documenti che consegniamo stamane: non solamente una relazione ma un vero e proprio dossier, anche con supporti elettronici, proprio per consentire alla Commissione di avere a disposizione tutte le notizie di cui noi disponiamo in questo momento. Tali documenti dimostrano la gravità, che non può essere taciuta, di alcuni episodi che hanno riguardato singoli o gruppi di giornalisti. Si tratta di episodi per i quali vi sono chiare testimonianze che, nello svolgere il nostro ruolo di tutela della categoria e della qualità dell'informazione (sono segretario del sindacato unitario dei giornalisti), abbiamo raccolto in questi mesi, da luglio ad oggi. Sin dalla fase preparatoria del vertice, presidente, ci siamo preoccupati dei problemi dell'informazione, della circolazione dei giornalisti nella città di Genova, della stessa sicurezza dei colleghi, della possibilità di informare correttamente i cittadini.


Pag. 79

Una preoccupazione che nasceva dalle imponenti misure di sicurezza e dalla volontà dei gruppi più o meno violenti di manifestanti di aggirarli.
Prima ancora che cominciasse il vertice, abbiamo sollecitato sia il Governo sia le istituzioni locali ad un confronto con noi sulle preoccupazioni che manifestavamo, soprattutto rispetto al problema della circolazione nella zona gialla e nella zona rossa. Il collega Zinola ed il presidente dell'ordine della Liguria hanno avuto incontri con il questore Colucci, con il prefetto di Genova e con altre istituzioni a livello locale e, dopo una serie di confronti, intorno al 5, 7, 8 luglio, hanno avuto la garanzia che non vi sarebbero state limitazioni alla circolazione dei giornalisti. Nel frattempo, si avviava la macchina degli accrediti dei giornalisti al G8, sia nella versione istituzionale dell'incontro tra i Grandi della terra, sia per quanto riguarda le manifestazioni di protesta. Ci risultano 4.400 giornalisti iscritti accreditati, oltre ad una serie di centinaia, migliaia di altri giornalisti non accreditati, i quali si muovevano autonomamente.
Il 12 luglio, il collega Zinola, il collega Lugli, dell'ordine, ed io, facemmo una conferenza stampa a Genova, proprio al fine di fare un appello alle istituzioni perché fosse garantito il rispetto del diritto di cronaca e della libertà di stampa. In quella circostanza, d'accordo con l'associazione, rendemmo nota la realizzazione di una pettorina identificativa dei giornalisti accreditati, la quale recava davanti la parola «Giornalisti» e dietro la parola «Press», nonché la scritta «Ordine ligure giornalisti, Associazione ligure giornalisti, Federazione della stampa». (Il dottor Serventi Longhi mostra ai componenti il Comitato una pettorina).


Pag. 80

Tale pettorina fu consegnata a molti colleghi: ne lascio un esemplare al Comitato perché è stata anche oggetto di commenti e di episodi.
Facemmo, poi, un appello anche ai manifestanti, perché l'appello era naturalmente rivolto alle istituzioni, alle forze dell'ordine, ma anche al movimento della contestazione che si preannunciava massiccio. Tale appello riguardava il rispetto del diritto-dovere di informare e in esso sottolineammo che la libera informazione era una garanzia per tutti i soggetti: quindi, certamente per le istituzioni, nell'ambito delle leggi e della Costituzione italiana, ma anche per chi esprimeva legittimamente il proprio dissenso. Questa conferenza fu fatta perché avevamo qualche preoccupazione che, nonostante le assicurazioni, vi potessero essere elementi limitativi della libertà di circolazione, e quindi della libertà di informazione. Sottolineammo anche un problema che si era manifestato, quello della schermatura, per la telefonia mobile, di alcune zone, soprattutto della zona rossa ma anche di quella gialla, con le connesse difficoltà di comunicazione per i giornalisti. Fornimmo a tutti i colleghi giornalisti, italiani e stranieri, delle cartine ed alcune informazioni - documentazione che lascio al Comitato - sulla zona rossa e sulla zona gialla, su come potevano muoversi, a chi si potevano rivolgere, sull'utilizzo della pettorina: tutta una serie di elementi informativi che potessero aiutare i colleghi stessi. Tutto ciò, naturalmente, è più dettagliatamente descritto nella relazione che sto ora sintetizzando.
Intorno al 16 luglio esplose un problema molto importante: a circa 102-110 giornalisti fu rifiutato l'accredito che avevano richiesto. Intervenimmo sia con il Ministero degli affari esteri sia con quello dell'interno sia con il questore di Genova, proprio per sottolineare l'esigenza che gli accrediti fossero


Pag. 81

rilasciati molto liberamente e che non vi fossero discriminazioni di alcun tipo nel rilascio di essi. Proprio in relazione a questo rifiuto, l'associazione ligure dei giornalisti e l'Ordine presentarono due ricorsi ex articolo 700 del Codice di procedura civile per un procedimento d'urgenza della magistratura, al fine di far ottenere l'accredito ai due colleghi. Peraltro in quella circostanza fu anche presentata una denuncia penale per abuso d'ufficio, la quale è ancora oggetto di inchiesta da parte della magistratura. Rispetto a questa nostra sollecitazione, sia il Ministero degli affari esteri sia, successivamente, il Ministero dell'interno - non si capiva bene quale dei due soggetti fosse responsabile di aver respinto la richiesta degli accrediti - sbloccarono quasi tutti gli accrediti; l'ultimo fu sbloccato proprio il giorno 20; quindi, la sollecitazione ebbe un esito positivo. Su questa vicenda vi furono naturalmente diverse prese di posizione.
Lo stesso 16 luglio vi fu l'attentato alla stazione dei carabinieri di San Fruttuoso e noi ci schierammo evidentemente contro ogni forma di violenza: approfitto, tra l'altro, per confermare in questa sede la solidarietà della Federazione nazionale della stampa alle forze dell'ordine.
Successivamente, intervenimmo nuovamente su questo aspetto, perché qualche collega, nonostante avesse l'accredito, veniva poi respinto ai varchi.
Nella giornata del 19 luglio registrammo un altro grave episodio, sul quale peraltro non si è ancora riusciti a far chiarezza e del quale presentiamo documentazione visiva e testimonianze. Alcune delle pettorine identificative dei giornalisti, infatti, risultarono falsificate, nel senso che, all'interno delle manifestazioni di contestazione, si individuarono - con testimonianze, ripeto, visive e testuali - delle persone che indossavano una pettorina simile a quella della Federazione


Pag. 82

della stampa; ai colleghi risultava che fossero utilizzate da poliziotti fotografi e, comunque, da personale di pubblica sicurezza che fotografava i manifestanti e da altre persone non identificate. Le pettorine in questione riportavano le scritte «giornalista» e «press», ma non quelle di «Ordine ligure giornalista, Associazione ligure giornalisti, Federazione della stampa». Su queste e su altre questioni preannunciammo un esposto alla procura della Repubblica, che poi abbiamo presentato.
Il 20 luglio scrissi una lettera al ministro dell'interno proprio per sottolineare e segnalare questo fatto, che giudicavo molto grave e che necessitava di intervento. Non ebbi risposta, ma il questore di Genova, Colucci, precisò che non gli risultava che tale episodio si fosse verificato, mentre esso fu confermato e fu ripetuto nelle giornate successive, quindi sia nella giornata del 20, sia in quella del 21.
Nella giornata del 20 la sede di un quotidiano storico di Genova molto importante, il Corriere mercantile, che si trovava nelle aree degli scontri, fu assaltata per due volte da manifestanti violenti, senza che vi fosse una protezione della sede da parte delle forze dell'ordine. Ricevemmo preoccupate telefonate dai colleghi, i quali si sentivano quasi in ostaggio.
La questione però fu di breve durata e si sbloccò. Tutto ciò in un contesto nel quale, come tutti sanno, in alcune aree di Genova gruppi armati violenti si muovevano con una certa libertà. Nella notte tra il 21 e il 22 luglio - mi limito a trattare i fatti salienti - vi fu la perquisizione dei locali dove era ospitato il centro stampa e l'ufficio legale del Genoa social forum: tutto ciò è ben noto. Riguardo a tale perquisizione abbiamo documentato che la presenza di giornalisti fu molto massiccia: i colleghi Zinola e Lugli furono presenti all'esterno della scuola Diaz e quindi in qualche modo, poterono testimoniare


Pag. 83

insieme a tanti altri colleghi cosa era successo. Molte attrezzature che alcuni colleghi di agenzie di stampa, di quotidiani, di radio ed emittenti televisive avevano all'interno dell'edificio furono distrutte nella perquisizione; tre colleghi furono arrestati (un inglese, un tedesco e Guadagnucci de il Resto del Carlino di Bologna); altri colleghi, come Fletzer di Radio K, furono picchiati abbastanza brutalmente. Nel complesso abbiamo calcolato - avendo acquisito testimonianze in ordine a ciò che sto dicendo - tra i 20 e 30 giornalisti feriti; in base alle denunce dell'associazione dei giornalisti, fotoreporter e telecineoperatori a noi risultano feriti 20 fotografi e telecineoperatori, di cui 13 dalle forze di polizia e 7 dai manifestanti violenti. Per la questione della perquisizione del centro stampa della Diaz e per quella delle pettorine abbiamo presentato un esposto alla procura della Repubblica. Il segretario della federazione ligure dei giornalisti e il presidente dell'ordine furono, subito dopo, due delle quattro o cinque persone ascoltate come testimoni dalla procura della Repubblica di Genova.
Naturalmente abbiamo denunciato più volte il fatto che vi siano state aggressioni, singole e di gruppo, da parte dei manifestanti violenti nei confronti di giornalisti. Le denunce non partono soltanto da noi, ma giungono da altre organizzazioni di giornalisti (abbiamo allegato la documentazione relativa), come la Federazione mondiale dei giornalisti, che è l'unica organizzazione internazionale, e la Federazione europea dei giornalisti, che possiedono testimonianze di giornalisti stranieri che affermano che i problemi maggiori hanno riguardato i rapporti con le forze dell'ordine.
Volevamo e intendiamo sempre - ripeto - sottolineare l'esigenza che sia garantita la libertà di informazione e la


Pag. 84

libera circolazione dei giornalisti: questo è l'unico intento che ci ha mosso e ci muove e che ci auguriamo possa essere garantito nelle prossime circostanze.
Non vorrei aggiungere altro, ho cercato di essere sintetico proprio perché la documentazione è molto ampia e riguarda dati, persone, fatti, nominativi e situazioni particolari.
PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Serventi Longhi. Da quello che ho compreso, oltre alla relazione lei può consegnarci anche diversi allegati, e di ciò le sono grato.
MICHELE SAPONARA. Dottor Serventi Longhi, lei, in un articolo apparso il 18 luglio di quest'anno su Il secolo XIX, nella rubrica «L'intervento», affermava tra l'altro: «In città nei prossimi giorni sarà difficile fare informazione, vivere direttamente gli eventi e riuscire a comunicarli in tempo reale». In una agenzia Adn Kronos del 23 luglio invitava inoltre le strutture della Federazione e dell'associazione regionale della stampa a mobilitarsi in relazione alle responsabilità delle forze dell'ordine nell'irruzione nel centro stampa, nell'ufficio legale e nel presidio sanitario del Genoa social forum: «i giornalisti sono stati picchiati e aggrediti dalle frange più violente della contestazione, ma hanno subito danni anche durante l'episodio accaduto nella notte tra sabato e domenica. Una libera informazione, tra i principali diritti costituzionali, deve essere garantita dalle istituzioni della Repubblica in ogni circostanza».
Formulo la mia domanda. Lei conosce la parte della relazione del dottor Micalizio che accenna ad una testimonianza del signor Kovac (che riferiva al questore): «Il signor Kovac, assai imbarazzato, nel corso della conversazione telefonica aveva ammesso che in effetti la scuola era stata utilizzata fino alla sera precedente come centro stampa e che


Pag. 85

dopo la conclusione della manifestazione internazionale, anche per la confusione conseguente alla partenza di migliaia di manifestanti, non era in grado di poter indicare chi fossero gli occupanti, affermando che era comunque possibile l'infiltrazione di elementi non conosciuti installatisi nel plesso scolastico». Le chiedo, quindi, se conosca tale circostanza.
Lei, inoltre, oggi ha ammesso che dei fatti di Genova è stata data ampia informazione e che i giornalisti hanno compiuto il loro dovere ed esercitato il loro diritto ampiamente e senza alcuna limitazione: ne abbiamo la prova attraverso gli articoli, le cassette, i film che sono stati girati da tanti operatori. La preoccupazione da lei manifestata in quell'intervento svolto prima dei fatti si è quindi rivelata infondata, oppure lei pensa ancora che il diritto di cronaca e la libertà di stampa possano essere stati lesi? Lei ha detto che si augura che ciò non avvenga. Poiché non espone fatti da lei vissuti, ma ciò che le è stato riferito, secondo lei il diritto di cronaca e la libertà di stampa vengono rispettati in questo momento?
PAOLO SERVENTI LONGHI, Presidente della Federazione nazionale della stampa. Il 18 luglio ho scritto un articolo per Il secolo XIX nel quale svolgevo un insieme di considerazioni e sottolineavo quanto fosse importante per l'intero sistema paese e per le istituzioni quello che stava per accadere, tanto ciò è vero che ho usato l'espressione «banco di prova». Confermo, naturalmente, che in quel momento avevo forti preoccupazioni, nonostante le assicurazioni e le garanzie, in quanto vi erano stati episodi in cui ad alcuni giornalisti presso i varchi era stato impedito di passare, erano verificate in situazioni effettivamente limitative della libertà di circolazione. La preoccupazione era soprattutto riferita alle modifiche che in quei giorni di ora in ora, venivano operate all'intero sistema di protezione della cosiddetta zona rossa. Le preoccupazioni,


Pag. 86

quindi, erano oggettive in quel momento. Lei mi pone poi la domanda su come io le giudico adesso. Cosa è accaduto? Non posso che confermare quello che noi abbiamo denunciato. Per quanto riguarda il centro stampa dico chiaramente quello che penso. Non ho alcun titolo...
Non ho alcun titolo per dire se una perquisizione andasse fatta o meno; se però si perquisisce una sede che è stata, anche prima, un centro stampa e si fermano delle persone, che necessità vi è di distruggere strumenti tecnici, computer e strumenti di trasmissione radio? Non eravamo presenti all'interno della scuola Diaz: riportiamo ciò che i nostri colleghi - che erano lì dentro - ci hanno raccontato essere accaduto. Da qui nasce la preoccupazione. Questo è un primo elemento.
Il secondo elemento, che documentiamo con nomi, cognomi e fatti, è certamente quello inerente gli interventi di singoli o piccoli gruppi di agenti, carabinieri e finanzieri (insomma di rappresentanti delle forze dell'ordine) che sono intervenuti nel fermare, limitare, bloccare, e persino distruggere, certamente in alcuni casi limitati, gli strumenti di comunicazione che i giornalisti presenti nelle diverse aree della città di Genova utilizzavano per esercitare il loro mestiere. La preoccupazione a posteriori mi sembra dunque giustificata. Non si sono verificati tanti episodi di questo tipo (ne documentiamo una ventina, anche se poi altri sono stati denunciati dalla Federazione internazionale e non riguardano colleghi italiani), ma vicende che definirei «pesanti» ci sono comunque state. Confermo che, per quanto riguarda la scuola Diaz, la mia impressione è stata - in relazione alla sede del centro stampa ed al di là del fatto che potevano essere lì presenti persone non identificabili che proprio quella notte vi si erano rifugiate -


Pag. 87

quella di un intervento esagerato, fortemente penalizzante ed anche di tipo violento (almeno così mi risulta, non essendo testimone diretto dei fatti).
KATIA ZANOTTI. Dottor Serventi Longhi, le rivolgerò tre quesiti. Prima di farlo, vorrei precisare che condivido il giudizio da lei espresso sull'impegno rigoroso e serio e sulla professionalità della stampa. Da questo punto di vista devo dire che ho anche apprezzato - questa mattina abbiamo ricevuto un dossier prodotto, almeno così credo, dall'associazione e dal sindacato, dossier che ho avuto modo di leggere in queste ultime ore - il pronunciamento suo e dell'ordine dei giornalisti della Liguria nei giorni antecedenti lo svolgimento del G8 in difesa del diritto di cronaca e della libertà di stampa.
Tuttavia, in questi giorni il questore di Genova, il dottor Fioriolli, fa riferimento ad un dossier, inoltrato in procura, contenente un attacco nei confronti della stampa, o comunque una sottolineatura non positiva del ruolo svolto dai giornalisti che si sarebbero fatti strumentalizzare dai violenti per costruire false verità. Il questore successivamente ha corretto il tiro precisando che in realtà non era ai giornalisti che voleva fare riferimento, in quanto semplici annotatori delle informazioni ricevute. Tuttavia nel dossier vengono citati alcuni episodi su cui credo la magistratura di Genova, se ho capito bene leggendo i giornali, ha avviato un'inchiesta.
Dottor Serventi Longhi, le chiedo se si siano verificati errori nell'informazione relativamente agli avvenimenti di quei giorni a Genova. Le chiedo inoltre se le risulti che a Napoli fossero già stati compiuti atti di violenza: erano cioè già state utilizzate modalità violente contro la stampa a Napoli, o Genova rappresenta in modo così eclatante il primo esempio di utilizzo di violenza nei confronti dei giornalisti (nel dossier tutto ciò è ampiamente stigmatizzato dalle associazioni internazionali e


Pag. 88

dall'ordine internazionale della stampa con tutte le relative denunce)? Un'ultima domanda: lei ha fatto riferimento alla perquisizione della polizia al centro stampa del GSF. Al riguardo la polizia ha sempre sostenuto che questa perquisizione è avvenuta in base ad un regolare mandato della magistratura; sono comunque note le devastazioni, i pestaggi, la vicenda che ha riguardato il giornalista de Il Resto del Carlino. A fronte di queste devastazioni, di queste sottrazioni di materiale, è stata sporta denuncia nei confronti della polizia?
PAOLO SERVENTI LONGHI, Presidente della Federazione nazionale della stampa. Faccio il giornalista da venticinque anni e so perfettamente che questo è un mestiere che certamente espone, soprattutto in casi di cronaca, a qualche errore, a molti errori. L'importante, naturalmente, è saperli riconoscere ed individuare e, talvolta, saperli colpire. Abbiamo una deontologia professionale che ci impone un comportamento corretto, per raccontare il più possibile la verità commentandola poi come meglio crediamo.
Sull'interrogativo se tali errori si siano verificati anche in riferimento agli accadimenti di Genova, devo dire che ho letto con molta attenzione le due dichiarazioni del dottor Fioriolli; ho anche dichiarato di non condividere la prima di queste. Ho poi appreso dai giornali e dai colleghi di un'inchiesta riguardante alcuni articoli: se non sbaglio, non sono più di cinque (ma questo non appartiene alle mie responsabilità) e si tratta quindi di un numero limitato di notizie fornite da alcuni organi di stampa. Il dottor Fioriolli, come lei ha ricordato, ha chiarito poi che non ce l'aveva con i giornalisti, ma con coloro che hanno fornito agli stessi queste false informazioni, inducendoli così in errore.


Pag. 89

Credo che ciò sia possibile, ma credo anche che la mole, la massa di notizie, di informazioni, di documentazioni visive riguardanti tutto il G8 non possa essere inficiata da qualche errore indotto. A me sembra - mi fa piacere che lei lo sottolinei - che complessivamente - ripeto, complessivamente - il mondo dell'informazione abbia risposto ad un richiamo molto forte, quello cioè di fornire un'informazione corretta.
Circa gli accadimenti di Napoli, ho notizie - non sono preparato dal punto di vista documentale, ma posso sicuramente produrre alcune prove - di violenze, verificatesi in misura certamente minore ed in una localizzazione particolare, piazza Plebiscito, quando ci furono le cariche delle forze dell'ordine che non consentirono alla parte preponderante dei cortei di muoversi .
In quelle circostanze si verificarono, sia da parte delle forze dell'ordine sia da parte di una frazione dei manifestanti violenti, situazioni limitative dell'esercizio della professione giornalistica. Non mi risultano feriti, cioè persone che abbiano conseguito traumi o altre conseguenze fisiche gravi, ma mi risulta che episodi limitativi del genere si siano verificati anche a Napoli.
Per quanto riguarda il centro stampa, confermo che l'Associazione ligure dei giornalisti e l'ordine ligure dei giornalisti, d'accordo con la Federazione della stampa, hanno presentato alla procura della Repubblica di Genova un ampio esposto del quale una parte importante e consistente è riferita alla perquisizione del centro stampa e della sede del Genoa social forum. Credo che il collega Zinola ne abbia anche una copia che lasciamo al Comitato.
LUCIANO VIOLANTE. Quando lei segnalò il problema delle pettorine «clonate», quale è stata la risposta che ricevette?


Pag. 90

PAOLO SERVENTI LONGHI, Presidente della Federazione nazionale della stampa. Il pomeriggio del giorno in cui noi denunciammo tale fatto grave (venerdì 20), attraverso una lettera al ministro dell'interno contenuta nel dossier, non ricevemmo da questi alcuna risposta. Ai colleghi dell'Associazione ligure dei giornalisti e dell'Ordine ligure dei giornalisti il questore, dottor Colucci, escluse che questo episodio potesse essere reale. Nelle fasi successive - come ho precisato - tale episodio fu reiterato, nel senso che addirittura da un filmato che abbiamo acquisito (è un filmato, mi pare, del TG5, di Mediaset), successivo al momento in cui il questore negava che l'episodio potesse essersi verificato, risulta la presenza di una persona armata di pistola, con una pettorina gialla con la scritta «giornalisti». Vi sono altre testimonianze di reiterazione, sia nelle ultime ore della giornata di venerdì, sia nella giornata di sabato.
LUCIANO VIOLANTE. Non avete mai ricevuto altre risposte oltre quella, nonostante abbiate segnalato altri episodi?
PAOLO SERVENTI LONGHI, Presidente della Federazione nazionale della stampa. Mi pare che non abbiamo ricevuto ulteriori risposte.
SAURO TURRONI. Innanzitutto vorrei chiedere al dottor Serventi Longhi se egli abbia altra documentazione in possesso poiché ha affermato nella sua relazione, sebbene molto sintetica, che avrebbe prodotto altri elementi. In merito ad alcuni di essi vorrei avere informazioni. Leggendo, infatti, alcuni articoli che sono presenti anche nelle nostre rassegne, sembra che emerga un fatto: nella giornata del 20, la manifestazione non autorizzata delle tute bianche parte dallo


Pag. 91

stadio Carlini alle ore 13,30. Nelle ore precedenti si sarebbero verificati numerosi scontri e incidenti in vari luoghi della città. Vi erano giornalisti che hanno potuto documentare e fornire un'indicazione precisa sui tempi, sui luoghi e sui partecipanti a tali scontri verificatisi prima della partenza del corteo? Siete stati in grado comunque di documentare - vi erano infatti 4.400 giornalisti presenti - i tempi e luoghi degli scontri e i loro protagonisti?
La seconda domanda riguarda la questione Diaz-Pertini. Abbiamo appurato che gli edifici erano due: la scuola Diaz, utilizzata come dormitorio, che è stato oggetto della cosiddetta perquisizione, e la scuola Pertini, sede del centro stampa che - come ci è stato riferito in una delle prime audizioni - sarebbe stata perquisita erroneamente. Vorrei sapere se voi, nella ricostruzione di quei fatti che hanno riguardato quella erronea perquisizione del centro stampa, abbiate identificato i materiali che sono stati sottratti, distrutti e manomessi, e, nello stesso tempo, se sappiate quali erano i giornalisti presenti all'interno di tale centro stampa. Per esempio il giornalista Guadagnucci de il Resto del Carlino (che mi pare abbia avuto un braccio rotto ed una ferita alla testa), Mark Covel si trovavano lì, come altri giornalisti arrestati.
Ultima domanda: nella documentazione che ci è stata fornita in precedenza, tra le comunicazioni e gli atti che avete prodotto vi sono due elenchi di giornalisti che sono stati colpiti dai manifestanti e dai poliziotti e che sono stati quindi oggetto di violenza. Poiché dalla visione di taluni filmati abbiamo potuto osservare che le persone che indossavano la pettorina gialla sono state inseguite non tanto con l'obiettivo di dar loro una randellata in testa o di allontanarle ma con quello di sottrarre loro la telecamera o la macchina fotografica, le chiedo se, così come avete fornito l'elenco completo o abbastanza


Pag. 92

completo dei giornalisti che sono stati colpiti dagli uni e dagli altri e a cui è stato sottratto lo strumento del loro lavoro esista un elenco altrettanto dettagliato dei luoghi, del tipo di scontri, degli strumenti di lavoro che sono stati sottratti, manomessi o aperti per impedire di conoscere quanto stava accadendo. Anche a proposito delle pettorine «clonate», false, c'è un'indicazione dei luoghi dove ciò si è verificato?
PAOLO SERVENTI LONGHI, Presidente della Federazione nazionale della stampa. Sull'evoluzione della giornata di venerdì ho conoscenze non dirette; conosco cioè quanto mi hanno riferito i colleghi dell'associazione, dell'ordine della Liguria e naturalmente ciò che ho letto sui giornali (che loro conoscono meglio di me). Naturalmente, non posso che fornire al Comitato l'elenco, il più possibile completo e comunque sicuramente ricco di nomi e cognomi con possibilità di identificazione, dei giornalisti che sono stati direttamente testimoni di tutti gli eventi e i fatti di quei tre giorni. In particolare, per quanto riguarda la scuola Diaz-Pertini, nella relazione che noi oggi consegnamo - sono quindi documenti che si aggiungono a quelli che abbiamo fatto pervenire nei giorni scorsi al Comitato - è contenuto il racconto dei fatti, narrato anche in prima persona perché è stato redatto personalmente dal collega Zinola. Tra le altre cose, leggo rapidamente alcune frasi, se mi è consentito, signor presidente: «...arrestato e denunciato per associazione a delinquere, finalizzata alla devastazione, per essere poi scarcerato dal PM, il giornalista del il Resto del Carlino, Lorenzo Guadagnucci, reo di essersi trovato all'interno della scuola dormitorio Diaz-Pertini, durante il blitz nella notte del 21 e 22 luglio. Guadagnucci è rimasto in stato di arresto nell'ospedale Galliera con una lesione al braccio provocata da un manganello, modello Tonfa - riteniamo - impugnato alla rovescia, a mo'


Pag. 93

di martello; Sam Cole, inglese, e il fotografo Jérome Delay, dell'Associated Press Television News sono rimasti feriti l'uno dalla Polizia e l'altro da una sprangata di un manifestante; Timothy Fadek, dell'agenzia francese Gamma, ferito dalla Polizia mentre riprendeva i dimostranti..» e c'è tutta una serie di testimonianze concrete.
Vi è poi un lungo resoconto della notte presso la scuola Diaz nel quale si sottolineano i nomi, se non ricordo male, di Guadagnucci, del giornalista francese Philippe Blanchard, forse arrestato, del collega Enrico Fletzer, picchiato, e di un collega inglese, nonché le testimonianze, da parte di questi colleghi e di altri, delle devastazioni agli strumenti tecnologici dell'informazione che erano all'interno della scuola Diaz e della scuola Pertini.
Per quanto riguarda i giornalisti, sicuramente noi abbiamo degli elenchi completi di nomi e cognomi, con la descrizione di situazioni nelle quali vi sono stati dei conflitti che hanno prodotto il ferimento di questi colleghi, soprattutto per quanto riguarda l'informazione visiva. Infatti è evidente che i colleghi dell'informazione visiva, e non soltanto loro, sono più esposti dei colleghi che devono raccontare le vicende, dovendo «entrare in contatto», per la specificità della propria professione, con le vicende. Consegnerò un elenco che descrive venti situazioni riguardanti l'informazione visiva. Altre testimonianze, facenti parte del dossier, riguardano colleghi, anche famosi, che hanno raccontato sui loro giornali i relativi episodi. Cito per esempio la collega Sarzanini del Corriere della Sera ed altri che hanno descritto le situazioni in cui personalmente sono venuti a trovarsi.
Vi sono state situazioni nelle quali, da parte delle forze dell'ordine prevalentemente, ma non solo, sono state devastate apparecchiature fotografiche e telecamere, al punto da spingere


Pag. 94

l'associazione ligure dei giornalisti e il relativo ordine, d'intesa con la provincia di Genova, a ipotizzare la possibilità di rimborsi delle spese che tali giornalisti, molti dei quali free lance e quindi non dipendenti di aziende, devono affrontare per sostituire gli strumenti. Sotto questo profilo, mi sembra siano stati stanziati già alcuni milioni, versati a tali giornalisti a titolo di rimborso con l'intervento della provincia di Genova.
GRAZIELLA MASCIA. Credo anch'io che le testimonianze delle quali sono stati protagonisti i giornalisti e il lavoro che è stato svolto in quel giorno sia stato determinante per comprendere meglio e documentare ciò che è avvenuto. Penso anche che se il Comitato è riunito molto lo si debba a tale lavoro.
Vorrei formulare pochissime domande specifiche; molte risposte infatti sono già state anticipate dalla sua relazione.
Lei ci ha riferito di quanti giornalisti siano stati direttamente coinvolti, riportando ferite. Spero, chiedendole conferma, che, per quanto riguarda le iniziative da voi intraprese anche dal punto di vista legale, dalla documentazione fornita sia possibile rilevare l'insieme di tali testimonianze dirette. Mi sembra di capire che si tratti anche di testimonianze che affermano che il coinvolgimento non si è determinato soltanto nelle situazioni «calde», bensì in diverse fasi di quelle giornate. Che giudizio avete tratto, come Federazione della stampa, rispetto a ciò che è avvenuto in quei giorni, essendo molto atipico l'atteggiamento che si è determinato nei confronti dei media?
Vorrei inoltre chiederle una conferma con riferimento alla vicenda delle pettorine. Anche noi, da ciò che abbiamo letto e soprattutto visto, abbiamo tratto la convinzione che le persone che utilizzavano tale indumento, fossero armate. Avete soltanto questa testimonianza da lei citata o ne avete altre?


Pag. 95

Desidero altresì avere chiarimenti su due questioni. Lei ci ha riferito sulle prime difficoltà, poi risolte immediatamente, rispetto al rilascio dei pass. Vi sono state anche direttive particolari relativamente alle limitazioni dell'attività di ripresa o talune problematiche che si sono determinate da questo punto di vista? Inoltre mi sembra chiaro che il centro stampa non fosse nella scuola Pertini, dove è avvenuta l'irruzione della Polizia con le relative conseguenze, bensì nella scuola di fronte, dove - come riferitoci dai dirigenti delle forze dell'ordine che abbiamo audito - queste ultime sarebbero entrate per errore. Nella relazione dell'ispettore si afferma che dal momento che non è stata opposta resistenza, non è accaduto nulla. Lei conferma invece che qualcosa è successo, dal momento che sono state sottratte o distrutte delle apparecchiature di alcuni giornalisti?
Infine, ho letto in diversi articoli di giornalisti del ruolo mediatico che avrebbe potuto avere l'irruzione nella scuola Diaz. In particolare, quella sera si è sentito dire da giornalisti che avevano inteso che quella stessa sera sarebbe successo qualcosa. Si faceva riferimento alla scuola. Lei ne ha notizia? Infatti, dagli orari di ricostruzione di ciò che è successivamente accaduto e di cui i colleghi giornalisti hanno riferito, si era capito che nell'aria c'era qualcosa.
PAOLO SERVENTI LONGHI, Presidente della Federazione nazionale della stampa. Un'idea di carattere generale rispetto alle garanzie l'informazione e gli operatori necessitano per esercitare i propri diritti me la sono fatta ed è quella che, complessivamente, il mondo dell'informazione abbia compiuto il proprio dovere, pagando dei prezzi pesanti. Certamente, nella fase preparatoria, abbiamo ricevuto messaggi limitativi, come sulla questione dei pass. Contro queste limitazioni e difficoltà ci siamo battuti ed abbiamo protestato. In questa


Pag. 96

sede, devo dire che non è mai stata ufficializzata la ragione per la quale alcuni di questi pass venivano negati. È stato fatto, come dire, trapelare, non in maniera ufficiale, che la ragione fosse legata ai precedenti, in termini di partecipazioni a manifestazioni pubbliche che hanno avuto anche risvolti di tipo violento, che i singoli giornalisti avevano nel loro passato. Non abbiamo, ripeto, su questo elemento nè lettere, nè scritti, né dichiarazioni di alcune delle istituzioni. Abbiamo un elemento che veniva riferito ai singoli, nel momento in cui questi ultimi chiedevano le ragioni del diniego. È probabile che i singoli siano maggiormente informati e che lo siano direttamente sotto questo profilo.
Personalmente, ho notizie di un solo caso di persona individuabile, non tra i manifestanti, che indossava una pettorina e che aveva un'arma in mano. Posso dichiarare che nella documentazione ulteriore, sia visiva che documentale, vi sono diversi casi, come mi suggerisce il collega Zinola.
Ciò che abbiamo potuto accertare, con riferimento alla vicenda della scuola Diaz, è che i giornalisti non erano riuniti soltanto in un locale. Vi era una stanza che in qualche modo veniva utilizzata da alcuni colleghi free lance che lavoravano per alcuni quotidiani - per esempio Il Manifesto-; in un'altra stanza vi erano attrezzature radio; in un'altra ancora vi erano attrezzature dell'ufficio legale del Genoa social forum, utilizzato anche da una parte dei giornalisti. È quindi difficile individuare esattamente i diversi siti. È chiaro che in una situazione di caos quale quella presente in quell'edificio, i giornalisti si sparpagliavano tra i diversi piani.
Per esempio, a noi risulta che al secondo e al quarto piano della scuola Diaz vi fossero giornalisti ed attrezzature. Risulta, inoltre, che una parte di questi giornalisti siano stati quelli


Pag. 97

arrestati, quelli picchiati, e che le attrezzature che avevano, soprattutto al secondo piano più che al quarto, siano state distrutte.
Riguardo alla questione effettivamente delicata del ruolo mediatico, i colleghi di Genova, i colleghi Zinola e Lugli, hanno avuto non solo sentore, ma testimonianze raccolte da alcuni giornalisti che effettivamente voci di interventi di perquisizione, importanti e decisive, sarebbero circolate nelle ore successive, vale a dire a manifestazione finita, prima che potessero partire i manifestanti. Mi pare di aver capito che nella documentazione predisposta dall'associazione ligure vi è un documento proprio su questo argomento in particolare.
MARCO BOATO. Ringrazio il dottor Serventi Longhi e il dottor Zinola per il lavoro svolto, e loro tramite la stampa in generale, di qualunque coloritura politica e culturale. Tramite i nostri Uffici, abbiamo fotocopiato una selezione di molte centinaia, credo si possa dire ormai di migliaia, di articoli, di tutta la stampa nazionale ed in parte anche estera e, se tra quelle migliaia di articoli ve ne fossero cinque o sette, o anche qualcuno in più, che riportasse informazioni non corrette, credo che sarebbe una percentuale statistica talmente infima rispetto al panorama della stampa di qualunque colore - non sto facendo un discorso politico - che ha a che fare semplicemente con la democrazia e con l'articolo 21 della Costituzione. Dopo di che, credo sia utile denunciare i casi in cui ci sia una palese violazione, non da parte dei giornalisti ma da parte di chi ha fornito testimonianze e informazioni false; ci sono anche gli strumenti giudiziari per perseguirli. Tuttavia, parlare di cinque casi di fronte a migliaia di articoli, credo sia abbastanza significativo del contrario.
Non rifaccio le domande che già hanno posto altri colleghi che mi hanno preceduto. Le cito qualche riga del materiale che


Pag. 98

lei ci ha riassunto e consegnato. Nel dossier che ci è stato già distribuito (che credo lei abbia fatto avere anticipatamente al Comitato), alle pagine 40, 41 e 42 (quelle scritte a mano, non so se da voi), datato 29 agosto 2001, c'è un dossier nel dossier intitolato «30 luglio, il prezzo pagato a Genova dai giornalisti dell'informazione visiva». È riportata una serie di casi in parte citati da lei, in parte no, perché non li ha citati tutti. Ne voglio ricordare uno perché ha a che fare con un aspetto particolare, quello più tragico di tutta questa vicenda, cioè la morte del giovane Carlo Giuliani e quello che si è verificato in quei tragici minuti. Si tratta del primo dei casi che voi citate, quello di Eligio Paoni, fotoreporter dell'agenzia Contrasto, brutalmente pestato e ferito gravemente alla testa (che in più ha riportato la frattura di una mano) dai carabinieri mentre riprendeva la scena della morte di Carlo Giuliani. I militari gli hanno anche distrutto una macchina fotografica e lo hanno costretto a consegnare la pellicola di un'altra fotocamera che era riuscito a tenere al riparo dalle manganellate e dai calci delle forze dell'ordine. Eligio Paoni, in una testimonianza che viene riportata nel vostro dossier - non la leggo perché è molto lunga e dettagliata, la richiamo per i colleghi che volessero prenderne visione -, conclude così: «Da 12 anni lavoro per Contrasto. Sono stato in Bosnia durante la guerra, mi hanno puntato un fucile alla testa in Somalia, sono stato rapito da Hamas e non ho mai provato un senso di terrore e intimidazione così forte: oggi non ho paura di andare a fotografare qualche conflitto in un paese sperduto; il rischio è calcolato. Oggi ho paura di tornare a fotografare quello che succede nelle piazze e nelle strade del mio paese: fate qualche cosa, non lasciate che quanto è accaduto cada nel dimenticatoio». Mi pare che lo stiate facendo, perché non cada nel dimenticatoio. Tuttavia, le chiedo se disponga di qualche informazione


Pag. 99

ulteriore, intanto se questo dossier, che non ha firma, sia redatto a cura dell'associazione ligure della stampa o della Federazione nazionale della stampa. Mentre altri sono firmati, questo dossier, intitolato «30 luglio, il prezzo pagato a Genova dai giornalisti dell'informazione visiva», non ha una firma ed è però molto dettagliato. Inoltre, le chiedo se sul caso specifico di Eligio Paoni lei abbia qualche circostanza ulteriore da riferire, in particolare rispetto al materiale che gli è stato sequestrato, trattandosi di materiale assai delicato che riguarda l'episodio più tragico di quei giorni.
PAOLO SERVENTI LONGHI, Presidente della Federazione nazionale della stampa. Allego oggi un'ulteriore documentazione riguardante i colleghi dell'informazione visiva. Presso l'associazione lombarda dei giornalisti è istituito un gruppo di specializzazione dei giornalisti dell'informazione visiva, presieduto dal giornalista freelance Amedeo Vergani: faccio nomi e cognomi, perché così è possibile risalire ad essi. Nell'ulteriore documentazione, curata dallo stesso Amedeo Vergani, che abbiamo inserito nel nostro sito Internet, vi sono i casi dettagliati di 20 situazioni, con i motivi e i luoghi dove sono avvenuti i singoli fatti.
Per quanto riguarda il caso del collega Eligio Paoni, se non vado errato, abbiamo anche una documentazione visiva, che alleghiamo agli atti. Come loro potranno vedere...
MARCO BOATO. Nel senso che qualcuno ha ripreso la scena?
PAOLO SERVENTI LONGHI, Presidente della Federazione nazionale della stampa. Esatto. Abbiamo anche una serie di fotografie e di filmati riguardanti situazioni in cui giornalisti, operatori dell'informazione, fotoreporter, telecineoperatori,


Pag. 100

vengono limitati in maniera violenta nell'esercizio della loro professione. A me sembra grave, molto grave, che in alcuni episodi non solo si sia teso ad impedire ai colleghi, telecinereporter e fotoreporter, di riprendere i fatti, ma che siano stati distrutti gli strumenti di comunicazione, addirittura sfilati dalle macchine, strappati ed esposti alla luce i rullini fotografici, rendendoli così inservibili. Da questo punto di vista, mi sembra un elemento di particolare preoccupazione, anche se molto limitato, riguardante solo pochi esponenti delle forze dell'ordine.
GIAN FRANCO ANEDDA. Riprendendo un comunicato del 22 luglio, lei ha ricordato oggi che nel corso della perquisizione le forze nell'ordine hanno distrutto computer e attrezzature radio private, fermato giornalisti e reso inutilizzabile una struttura informativa. È anche indicato che questa denunzia è stata fatta dall'Associazione della stampa e dall'Ordine dei giornalisti per episodi riferiti dai colleghi. Può citare i nomi dei colleghi che hanno riferito gli episodi ai quali hanno assistito?
PAOLO SERVENTI LONGHI, Presidente della Federazione nazionale della stampa. Ovviamente, do il nome di Enrico Fletzer, direttore di Radio K di Bologna, del collega Guadagnucci de il Resto del Carlino, dei due colleghi stranieri, il francese Blanchard ed il collega inglese di cui in questo momento non ricordo il nome. Sicuramente, come testimoni diretti, non dentro la scuola ma fuori di essa, cito i nomi dei colleghi Marcello Zinola e Attilio Lugli, che sono il segretario dell'Associazione stampa e il presidente dell'Ordine dei giornalisti di Genova, che sono stati tra i primi ad arrivare alla scuola, avvisati e informati di quanto stava succedendo dal giornalista Enrico Fletzer, che aveva dentro la scuola un telefonino. Mentre stavano sfondando il cancello, da questo


Pag. 101

telefonino è partita la telefonata al collega Zinola, con la quale lo si avvisava che stava cominciando l'irruzione. Quindi, abbiamo la possibilità, se lo ritengono, di avere un testimonianza sui fatti.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor presidente, intervengo solo per avere due chiarimenti, perché le mie domande sono già state anticipate da altri colleghi. L'iniziativa della pettorina è stata assunta da voi autonomamente o era stata concordata anche con le forze dell'ordine? Chiedo inoltre se vi siano stati, anche dopo lo sblocco di tutti i pass, episodi in cui dei giornalisti, muniti del pass di ingresso, sono stati bloccati presso alcune delle porte d'accesso e, in caso affermativo, se vi sia stata coincidenza fra i giornalisti fermati e quei 100 giornalisti che inizialmente non avevano ottenuto il pass.
PAOLO SERVENTI LONGHI, Presidente della Federazione nazionale della stampa. La decisione di realizzare le pettorine è stata assunta dall'associazione ligure dei giornalisti e dall'ordine ligure dei giornalisti, d'intesa con la Federazione nazionale della stampa in piena autonomia, naturalmente informandone successivamente le forze dell'ordine. Addirittura, in un primo momento, ne realizzammo 400; successivamente, di fronte all'enorme richiesta proveniente da tutto il mondo per l'iniziativa di un sindacato, sia pure importante come il nostro, abbiamo dovuto farne stampare altre 400: quindi, ne sono state distribuite 800. Per quanto riguarda la seconda domanda, secondo le notizie di cui sono in possesso, la stragrande maggioranza dei giornalisti che prima si erano visti negare il pass, ottenendolo successivamente (ritengo anche a seguito del nostro intervento), si è poi mossa nei luoghi del G8 in assoluta libertà.


Pag. 102

Mi risulta che in alcune situazioni, presso alcuni varchi, qualche singolo collega, non direttamente collegato a quei 102 di cui parlavo prima, abbia avuto problemi a qualificarsi e a passare. Vi è stato anche un episodio, raccontato da alcuni direttori, riguardante giornalisti «VIP» che, giunti a Genova con un aereo, sono rimasti ai Magazzini del cotone per alcune ore, perché non riuscivano ad entrare; ma questo è un altro problema.
FRANCO BASSANINI. Lei ci ha parlato di apparecchiature fotografiche e televisive rotte e di rullini distrutti per l'intervento delle forze dell'ordine, pur essendo stati tali episodi isolati durante le manifestazioni; nella scuola di via Battisti, invece, si è verificato un episodio non isolato perché - se ho capito bene e lei me lo conferma - in quel caso è stato distrutto quasi tutto, con una azione quasi sistematica. La mia domanda è la seguente: perché ciò è avvenuto? Che idea vi siete fatti? Il fatto in sé è ovviamente grave, ma sarebbe ancora più grave se vi fosse stata un'intenzione. Ciò è avvenuto per uno scoppio di violenza gratuita oppure perché si volevano distruggere documenti che potevano essere rilevanti o imbarazzanti? Avete tentato di raccogliere dagli interessati una sorta di inventario dei materiali e degli oggetti che sono stati distrutti e avete cercato di svolgere un'indagine per capire se qualcuno di loro avesse materiale particolarmente sensibile? Vi siete chiesti cosa c'entrasse la distruzione con la perquisizione? La perquisizione mira ad acquisire materiale e non a distruggerlo; mira ad acquisirlo così com'è e, anzi, normalmente durante le perquisizioni lo si acquisisce in modo molto circospetto, salvaguardando persino le impronte digitali: distruggerlo è proprio l'opposto di una perquisizione.


Pag. 103

PAOLO SERVENTI LONGHI, Presidente della Federazione nazionale della stampa. Senatore Bassanini, lo dicemmo già nella conferenza stampa del 12 luglio a Genova: eravamo preoccupati per uno stato complessivo di tensione che si stava diffondendo in tutto il sistema ed anche nelle istituzioni (la stampa e l'informazione hanno contribuito in parte a determinarlo) rispetto all'attesa spasmodica di ciò che stava per succedere.
Certamente posso dichiarare, in base alle testimonianze dei colleghi che erano sul campo, che tra le forze dell'ordine vi era uno stato di altissima tensione. Tale elemento certamente era riscontrabile in maniera palmare rispetto a tutte le testimonianze possibili che vi sono state.
Vi sono certamente anche situazioni e casi particolari, come quelli del collega Paoni, del collega olandese de Heer e altri casi di colleghi a cui è stato sottratto materiale, sono state rotte la telecamera o la macchina fotografica o sottratto il rullino; essi certamente avevano raccolto materiale riguardante le cariche della polizia che, in alcuni casi, si sono svolte anche con una certa violenza, così come alcuni colleghi sono stati picchiati dal cosiddetto blocco nero perché, a loro volta, avevano documentato alcune immagini relative alle aggressioni e alle violenze di alcuni manifestanti. Certamente, si è determinato, nei casi che ho citato (non voglio, però, drammatizzare), un oggettivo tentativo, da parte di chi si è sentito in qualche modo a rischio rispetto ad una documentazione, di eliminare tale rischio. Ciò è successo già altre volte e a Genova, certamente, è accaduto con particolare evidenza.
Durante la cosiddetta perquisizione è stato distrutto del materiale. Non ci risulta che nella scuola sia stato distrutto materiale fotografico o di teleripresa, bensì computer, materiale di lavoro giornalistico e di trasmissione di alcune radio


Pag. 104

che avevano baracchini, microfoni e così via; invece, sulla piazza si è molto diffuso il tentativo di sottrarre ed impedire la documentazione visiva.
ANTONIO IOVENE. Signor presidente, vorrei ringraziare il presidente della Federazione nazionale della stampa per le informazioni forniteci oggi e per il lavoro che i giornalisti hanno svolto in questi giorni ed in queste settimane.
Vorrei porre un'unica domanda, dato che si è ritornati a più riprese sulla vicenda delle pettorine clonate. Se ne è parlato oggi ed anche in altre audizioni: in molti casi si è smentita la presenza di poliziotti o forze dell'ordine che indossavano tali pettorine. Invece, nella documentazione integrativa che ci ha inviato il Capo della Polizia successivamente alla sua audizione, a seguito delle domande che alcuni di noi gli avevano rivolto in merito a tale vicenda, è contenuta una lettera che conferma che alcuni cameramen della polizia scientifica incaricati di filmare quanto accadeva nel corso delle manifestazioni, in quanto a diretto contatto con i gruppi più pericolosi e privi di mezzi protettivi, sono stati in un primo tempo muniti di casacca fluorescente. In data 20 luglio, tuttavia, è stata ordinato a tutti gli operatori di non indossare dette casacche. Per un difetto di ricezione radio la nota, diffusa più volte, non ha raggiunto l'operatore di una pattuglia motomontata che, quindi, ha indossato la casacca fluorescente. Vorrei sapere se tale circostanza, quella, cioè, che vi fosse una decisione della polizia scientifica, fosse da lei conosciuta.
PAOLO SERVENTI LONGHI, Presidente della Federazione nazionale della stampa. No, non eravamo a conoscenza di questo. Abbiamo denunciato sin dal primo momento l'esistenza di pettorine anche perché a noi risulta dalla documentazione che le pettorine di cui erano dotati i funzionari o


Pag. 105

agenti di pubblica sicurezza (e non so di quale altro corpo dello Stato) avevano la scritta «giornalista». Al riguardo abbiamo un filmato, se non sbaglio quello del TG5.
PRESIDENTE. La ringrazio anche per la copiosa documentazione fornitaci e per quella che riterrà di inviarci, compresa quella cui è stato fatto cenno nell'audizione odierna. Le auguriamo buon lavoro, dottor Serventi Longhi.
Sospendo la seduta fino alle 15.
La seduta, sospesa alle 14,15, è ripresa alle 15,05.